MARGHERITA da Cortona, santa
MARGHERITA da Cortona, santa. – Nacque a Laviano, presso Castiglione del Lago, a poca distanza dal lago Trasimeno, nel 1247. La famiglia era di umili origini: il padre coltivava terreni presi in affitto dal Comune di Perugia. A otto anni M. restò orfana di madre e il padre si risposò presto con una donna cui la Legenda di M. attribuisce i caratteri tipici della «cattiva matrigna». A sedici anni, all’età in cui avrebbe dovuto sposare un giovane del suo ceto, M. fuggì di casa per seguire un nobile di Montepulciano, Arsenio, di cui divenne la concubina per circa nove anni e cui diede un figlio.
In questo periodo, secondo il testo agiografico, avrebbe condiviso la vita del suo giovane amante, ricco e incurante della morale come della religione: M. amava mostrarsi vestita di abiti eleganti, ornata di gioielli e partecipare a feste e conviti. Questa vita spensierata si concluse con la morte, forse in un incidente di caccia, forse in un agguato, di Arsenio.
Data la sua situazione «irregolare», a M. non restò che tornare col figlio nella casa paterna, dove però non trovò solidarietà né comprensione. Decise allora di tentare la sorte a Cortona, dove poté contare sull’aiuto di due nobildonne, Marinaria e Raineria, che le offrirono alloggio. In un primo periodo M., per mantenere se stessa e il figlio, accudì le ricche cortonesi nel periodo del parto.
Ben presto venne a contatto con i francescani, presenti in città sin dagli inizi del Duecento; sotto la loro influenza M. maturò una radicale conversione. Confessò pubblicamente i propri peccati e assunse la forma di vita della penitente. Solo dopo alcuni anni (nel 1275 o, meno probabilmente, nel 1277) i frati minori l’accolsero formalmente tra i penitenti loro legati alla presenza di fra Rainaldo da Castiglione, superiore della custodia di Arezzo.
Non è esatto definirla già in questa fase terziaria francescana, perché dal punto di vista del diritto canonico si può parlare di Terz’Ordine di S. Francesco solo dal 1289, quando il papa francescano Niccolò IV emanò la bolla Supra montem, nella quale la paternità dell’intero movimento penitenziale è attribuita anacronisticamente a Francesco, che invece aveva personalmente vissuto l’esperienza della penitenza come tanti suoi contemporanei; inoltre si tentò, senza successo, di collocare tutti i penitenti sotto la guida dei frati minori.
Ma, al di là del fatto giuridico, è certo che M. prese dimora in una piccola cella presso la chiesa di S. Francesco e che la sua guida spirituale fu assunta prima da fra Giovanni da Castiglion Fiorentino e, quando questi fu trasferito ad Arezzo, da fra Giunta di Bevignate, autore, dopo la sua morte, della Legenda di Margherita.
Le più antiche testimonianze iconografiche che, certamente, vollero ritrarla in modo immediatamente riconoscibile, mostrano comunque che M. non assunse l’abito di colore bigio (né bianco né nero), che contraddistingueva di norma i penitenti: appare infatti spesso vestita di una tunica «a quadri», simile a quella indossata dalla più o meno contemporanea Chiara da Rimini.
Per essere più libera di consacrarsi totalmente a Dio, M. affidò il figlio a un precettore di Arezzo; dopo alcuni anni il giovane, evidentemente sotto l’influenza spirituale della madre, entrò nell’Ordine dei minori. Nella sua cella M. condusse una vita di durissima penitenza.
Se un tempo aveva amato le vesti costose; se nelle sue visioni le veniva promesso di comparire, dopo la morte, di fronte al Signore coperta di una tunica tutta intessuta d’oro, nel suo umile rifugio M. si accontentava delle vesti più povere, sempre di qualità scadente, rappezzate e sudice. Come Francesco, era sempre disposta a donare quei poveri indumenti a chi le sembrasse ancor più miserabile e non esitava a dare in elemosina le maniche della tunica (che allora erano spesso unite alla veste solo da nastri) o il velo che portava sul capo. Altrettanto austero era il suo vitto: pane, acqua, a volte qualche erba scondita, seguendo l’esempio dei padri del deserto.
Ricchissima era invece la sua vita spirituale: le continue preghiere, le intense meditazioni della Passione di Cristo erano compensate da numerose visioni, in cui le venne più volte assicurata la salvezza eterna e la certezza di essere stata «eletta» dal Cristo a sua sposa. La mistica di M. è infatti cristocentrica e sponsale, come in altri casi di donne sotto l’influenza spirituale dei mendicanti; ma in lei il rapporto con lo Sposo raggiunge toni di intensità e di passionalità rare.
Anche in questa fase della sua vita M. non trascurò comunque di operare a favore del prossimo sofferente, fondando, grazie all’aiuto della nobiltà cortonese e forse dello stesso Uguccio Casali detto il Vecchio, che si avviava a diventare signore della città, un piccolo ospedale dove curare malati, poveri e pellegrini. Il gruppo di devoti che si unirono a lei nell’attività assistenziale diede vita alla Confraternita di S. Maria della Misericordia, che vide approvato lo statuto nel 1286 dal vescovo di Arezzo, della cui diocesi Cortona faceva parte. Come molti altri, chierici e laici, ispirati dalla pastorale mendicante, M. volle operare per la pace, proponendosi come mediatrice tra le fazioni che si disputavano il potere in città e tra Cortona e Arezzo, impegnate in un conflitto secolare.
Nel 1288 il suo consigliere spirituale, fra Giovanni da Castiglion Fiorentino, fu trasferito ad Arezzo e le fu assegnato come confessore fra Giunta di Bevignate. Ma proprio in quegli anni maturò in M. la decisione di sottrarsi alle distrazioni della vita cittadina, che le impedivano di raccogliersi in preghiera e meditazione come avrebbe voluto, per quanto già vivesse rinchiusa in una cella. Si trasferì allora in un’altra cella, a qualche distanza dal centro abitato, in prossimità della rocca, accanto alle rovine della chiesa di S. Basilio. Proprio dietro sua richiesta, il Comune di Cortona si impegnò a ricostruire il modesto edificio, segno questo dell’influenza e dell’autorità che M. esercitava sulla popolazione del luogo, che – sempre più spesso – si rivolgeva a lei per ottenerne l’intercessione presso Dio.
La nuova residenza si tradusse presto anche in un’interruzione del legame che la univa ai frati minori; nel 1290, quando, dopo l’emanazione della Supra montem, avrebbe dovuto rafforzare il proprio rapporto di dipendenza spirituale dai figli di S. Francesco, ormai gli unici autorizzati a esercitare il ruolo di visitatori nei confronti dei penitenti, M. si sottrasse invece alla loro cura; nei suoi ultimi anni di vita suo confessore fu infatti un secolare, ser Badia Venturi, rettore della restaurata chiesa di S. Basilio.
Fu ser Badia a fornire a fra Giunta i particolari relativi agli ultimi anni di vita di M., confluiti poi nel testo agiografico. M. morì a Cortona il 22 febbr. 1297.
Quando si diffuse la notizia della sua morte, la popolazione cortonese, che la venerava già come una santa, volle che il suo corpo venisse imbalsamato e, vestito di porpora, fosse esposto alla venerazione dei fedeli nella chiesa di S. Basilio. L’edificio, negli anni immediatamente successivi, fu ampliato e parzialmente ricostruito in forme gotiche. Venne inoltre ornato di un ciclo di affreschi (ora perduti, ma noti attraverso una copia ad acquerello, autenticata da un notaio, dai cui atti venne tratta nel 1634 e allegata agli atti del processo apostolico da poco autorizzato dalla S. Sede), opera di maestranze senesi, probabilmente legate a Pietro Lorenzetti. Di questa chiesa ben poco è rimasto, a causa di una radicale trasformazione del complesso nel sec. XIX.
La chiesa in cui fu sepolta M. divenne presto centro di una devozione civica favorita dai nuovi signori di Cortona, i Casali, che scelsero di farsi seppellire accanto alle spoglie di Margherita. Gli statuti del 1325, anno in cui Cortona fu affrancata dalla dipendenza da Arezzo ed eretta in diocesi, segnalano già il contributo economico del Comune in occasione della festa di M., la cui memoria veniva celebrata da una processione cui partecipavano tutte le istituzioni e i mestieri cittadini. I frati minori non si rassegnarono però a rinunciare a quella che consideravano una loro figlia spirituale. Pochi anni dopo la morte di M., e quando già si andava affermando il suo culto in città, fra Giunta ricevette l’incarico di scrivere la Vita di M., rivendicando il carattere francescano della sua religiosità, presentandola come una «novella Maddalena» e come «luce del Terz’Ordine francescano». Il testo di Giunta fu letto, come risulta da una nota apposta dallo stesso autore alla fine della sua opera, da molti eminenti personaggi dell’Ordine ma, soprattutto, dal cardinale legato Napoleone Orsini che, nel 1308, si fece consegnare una copia del testo, lo fece ricopiare, ne approvò il contenuto ed esortò tutti a favorire la circolazione dello scritto e a predicare vita, virtù e miracoli di Margherita. Il potente cardinale Orsini – membro di una delle famiglie romane di antica nobiltà e fautore non solo degli spirituali francescani, ma anche delle nuove forme di religiosità femminile, di cui M. è un fulgido esempio – si impegnò anche a far mettere per iscritto i miracoli operati grazie alla sua intercessione. L’intervento del cardinale a favore del riconoscimento della santità di M. fu immediatamente avvertito come di singolare importanza. La scena della registrazione notarile dei miracoli di fronte a Napoleone Orsini e al vescovo, anacronisticamente identificato col primo vescovo di Cortona (che non fu diocesi fino al 1325), fu inserita nel ciclo che decorava le pareti della chiesa-santuario ben presto nota col nome di S. Margherita.
Ma anche se poté godere dell’appoggio del cardinale Orsini e della devozione di un’intera città, la causa di M. non trovò favorevole accoglienza presso i papi e la Curia. La santità femminile, con il suo carattere «non disciplinato» e segnata da un misticismo sospetto a molti uomini di Chiesa, dovette attendere secoli per essere riconosciuta. Solo grazie a una serie di favorevoli circostanze, Leone X, prestando ascolto alle insistenze del nobile cortonese e cardinale Silvio Passerini, che aveva avuto modo di conoscere e apprezzare prima della sua elezione al pontificato, concesse, nel 1516, la celebrazione della festa di M. nella diocesi di Cortona. Urbano VIII estese tale privilegio all’intero Ordine francescano; nel 1629 fu finalmente autorizzata l’apertura del processo apostolico, che portò il 16 maggio 1728 al riconoscimento formale della santità di Margherita.
La complessa figura spirituale di M. ha attirato l’interesse anche di scrittori dal forte afflato religioso: subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, il futuro premio Nobel F. Mauriac pubblicava Sainte Marguerite de Cortone (Paris 1945, trad. italiana Milano 1952), mentre nei primi anni del XX secolo il danese J.J. Jörgensen, neoconvertito al cattolicesimo, la collocava in un trittico femminile fortemente segnato dal francescanesimo insieme con Angela da Foligno e Camilla Battista da Varano (In excelsis: Angela da Foligno, M. da C., Camilla Battista Varano, Bari 1959).
Altrettanto successo ha riscosso M. nelle arti visive (cfr. Bibl. sanctorum, VIII, coll. 770-773). Il suo cenotafio, in S. Margherita a Cortona, è un superbo lavoro di scultura gotica di Agnolo e Francesco di Pietro. In pieno secolo XX, il cortonese Gino Severini ha dedicato a M. una grande immagine in mosaico, quale ex voto della città, sfuggita alle devastazioni della seconda guerra mondiale.
Fonti e Bibl.: Il testo di Giunta di Bevignate fu edito parzialmente per la prima volta in Acta sanctorum, Februarii, III, Antverpiae 1658, pp. 298-357; poi per intero da L. Bargigli da Pelago, Antica leggenda della vita e de’ miracoli di s. M. da C., Lucca 1793; poi ancora in Legenda de vita et miraculis beatae Margaritae de Cortona, a cura di F. Iozzelli, Grottaferrata 1997; per i manoscritti e le traduzioni si veda Repertorium fontium historiae Medii Aevi, VI, pp. 477 s.; gli atti del processo di canonizzazione, conservati in almeno cinque codici, sono stati editi, a partire da uno dei tre manoscritti cortonesi, tradotti in italiano da O. Montenovesi, I fioretti di santa M. da C., in Miscell. francescana, XLVI (1946), pp. 254-293.
La bibliografia relativa a M. è ricchissima ma sovente di taglio devozionale. Si segnalano qui le opere degli ultimi decenni che hanno maggiormente contribuito alla conoscenza storica del personaggio: F. Cardini, Agiografia e politica: M. da C. e le vicende di una città inquieta, in Studi francescani, LXXVI (1979), pp. 127-136; C. Frugoni, Le mistiche, le visioni e l’iconografia: rapporti ed influssi, in Temi e problemi nella mistica femminile trecentesca. Atti del XX Convegno del Centro di studi sulla spiritualità medievale-Acc. Tudertina… 1979, Todi 1983, pp. 137-179; E. Menestò, La mistica di M. da C., ibid., pp. 181-206; La «Supra montem» di Niccolò IV (1289). Genesi e diffusione di una regola, a cura di R. Pazzelli - L. Temperini, Roma 1988; A. Vauchez, La santità nel Medioevo, Bologna 1989, ad ind.; D. Mirri, Cronaca dei lavori edilizi della nuova chiesa di S. Margherita in Cortona, a cura di E. Mori, Cortona 1989; R. Rusconi, M. da C. peccatrice redenta e patrona cittadina, in E. Menestò - R. Rusconi, Umbria sacra e civile, Torino 1989, pp. 89-104; A. Vauchez, I laici nel Medioevo. Pratiche ed esperienze religiose, Milano 1989, ad ind.; A. Benvenuti, Cristomimesi al femminile, in Id., «In castro poenitentiae». Santità e società femminile nell’Italia medievale, Roma 1990, pp. 141-168; A. Benvenuti Papi, in Storia dei santi e della santità cristiana, VII, [Paris] 1991, pp. 185-190; A. Calufetti, L’esperienza della Croce nel racconto di due convertite: s. M. da C.… e la b. Angela da Foligno…, in Studi francescani, LXXXIX (1992), pp. 207-222; M.C. Iacobelli, Una donna senza volto. Lineamenti antropologico-culturali della santità di M. da C., Roma 1992; C. Perol, Les Marguerite de Cortone, lecture onomastique d’une cité toscane (XIVe-XXe siècle), in Mélanges de l’École française de Rome, CIV (1992), pp. 611-641; D. Bornstein, The uses of the body: the Church and the cult of s. M. da C., in Church History, LXII (1993), pp. 163-177; F. Iozzelli, I miracoli nella «Legenda» di s. M. da C., in Archivum Franciscanum historicum, LXXXVI (1993), pp. 217-276; J. Cannon, Marguerite et les Cortonais, in La religion civique à l’époque médiévale et moderne (chrétienté et islam). Atti del Colloquio…, Nanterre… 1993, a cura di A. Vauchez, Rome 1995, pp. 403-413; F. Iozzelli, M. da C. «nuova Maddalena», in Studi francescani, XCIII (1996), pp. 347-359; Mariano d’Alatri, S. M. da C. e il Terz’Ordine francescano, in M. da C., Quaderni di spiritualità francescana, XVIII (1997), pp. 87-99; M. Sensi, S. M. nel contesto storico sociale cortonese, ibid., pp. 9-49; A. Vauchez, Aspetti umani e mistico-religiosi nell’epoca di s. M., ibid., pp. 61-85; M. da C. Una storia emblematica di devozione narrata per testi e immagini, a cura di L. Corti - R. Spinelli, Milano 1998 (con ricca bibliografia soprattutto in materia storico-artistica); M.P. Alberzoni, L’«approbatio»: Curia romana, Ordine minoritico e Liber, in Angèle de Foligno. Le dossier, a cura di G. Barone - J. Dalarun, Rome 1999, pp. 293-310; J. Cannon - A. Vauchez, M. da C. e i Lorenzetti (con un contributo di C. Perol), Roma 2000; E. Pasztòr, Esperienze di povertà al femminile in Italia tra XII e XIV secolo, in Id., Donne e sante. Studi sulla religiosità femminile nel Medio Evo, Roma 2000, specialmente pp. 142-144; A. Vauchez, S. M. da C. (m. 1297) dalla religione civica al culto universale, in Id., Esperienze religiose nel Medioevo, Roma 2003, pp. 137-148; Wörterbuch der Mystik, a cura di P. Dinzelbacher, Stuttgart 1989, pp. 339 s.; Il grande libro dei santi, a cura di C. Leonardi - A. Riccardi - G. Zarri, Cinisello Balsamo 1998, pp. 1293-1298 (con bibl.); Bibliotheca sanctorum, VIII, coll. 759-773; Lexikon des Mittelalters, VI, 2, col. 233.