MARESCALCHI, Pietro de', detto lo Spada
MARESCALCHI (Marascalchi, Mariscalchi), Pietro de’, detto lo Spada. – Nacque probabilmente a Feltre nel 1522 da Vittore di Cristoforo e da sua moglie Antonia, come si deduce da una testimonianza dello stesso M., datata 1572, nella quale dichiara di essere cinquantenne (Claut, 1994, p. 193), e dall’atto dotale della madre del 17 luglio 1571 (Ericani, 1994, p. 130). L’appellativo Spada deriva invece dallo stemma di famiglia, in cui compariva un braccio armato di spada (Gaggia, 1936).
Non si hanno notizie sulla sua formazione, che dovette essere influenzata dalle opere di Lorenzo Luzzo ma soprattutto da quelle di Iacopo Dal Ponte, detto Bassano, presenti nella regione. Sono questi infatti, insieme con le citazioni dalla pala tizianesca di S. Niccolò dei Frari a Venezia, i riferimenti principali delle sue prime opere: la Madonna con Bambino e i ss. Pietro e Lorenzo (Aune di Sovramonte, chiesa di S. Pietro), attribuitagli da Claut (in Sgarbi, 1981, p. 208) e databile agli inizi del quinto decennio, e la Madonna con Bambino tra i ss. Martino, Vittore, Marco e Corona (Farra di Feltre, chiesa di S. Martino), la sua prima opera documentata.
Commissionata nel 1545 al M. e all’intagliatore Vittore Scienza da Nicola della Mina, fu terminata intorno al 1547; sulla tela sono presenti le tracce di alcuni disegni, unici esempi sicuri della sua attività grafica (Ericani, 1994, p. 271). Più problematiche risultano invece le proposte di Ericani (ibid., pp. 254 s., 334-340) di vedere un intervento del M. negli affreschi del castello di Feltre, databili tra il 1538 e il 1545 (espunti da Lucco, 1995, p. 119, e Claut, 1999, p. 1305), e di attribuirgli la pala nella chiesa di S. Antonio Abate a Murle, considerata da altri studiosi addirittura un’opera seicentesca (Lucco, 1995, p. 119).
Il 22 apr. 1551 il M. sposò Corona Mina. Dal documento, dove viene definito «pictor excellentissimus», si deduce che i due avevano già avuto un figlio di nome Antonio, nato intorno al 1550 (Claut, 1994, pp. 194, 198), poi definito a sua volta pittore da una fonte seicentesca, non altrimenti verificata (D. Tomitano, in Bagolan, 1993, p. 12). All’inizio degli anni Cinquanta il M. realizzò la tela, firmata, con la Madonna con il Bambino e i ss. Girolamo e Vittore (Cart di Feltre, chiesa di S. Libera); e successivamente, a una data dibattuta tra l’inizio (Lucco, 1995, pp. 122-124) e la fine del sesto decennio (Ericani, 1994, pp. 357-360), firmò lo Sposalizio mistico di s. Caterina e s. Tiziano (Feltre, Museo civico) e la Pala della Misericordia nel duomo di Feltre, considerata il suo capolavoro.
L’opera si trovava originariamente sull’altare della Misericordia, ed è composta da una pala centrale variamente indicata come Adorazione dei pastori (ibid., p. 136) o Madonna della Misericordia (Claut, 1988, pp. 5 s.), da una cimasa con Dio Padre e da alcune formelle con episodi della Vita della Vergine e santi la cui disposizione è stata in parte modificata prima del 1584, quando venne inserita nell’attuale altare di S. Anna (ibid., p. 4). Allo scadere del decennio si collocano la Madonna con il Bambino e i ss. Michele e Vittore nella chiesa di S. Michele Arcangelo a Sartena (Claut, Novità…, 1984, p. 52) e il Ritratto maschile di Chicago (Art Institute: Bagolan, 1993, p. 111). Dibattuta è invece l’attribuzione al M. del Ritratto di musico (Feltre, Museo civico), identificato tradizionalmente con Giovanni Antonio Tonello, e di quello di Andrea Biagio Badoer (Sotheby’s, Firenze 1988) del 1553 (Ericani, 1994, p. 137), espunti da Lucco (1995, p. 110), della pala con S. Giovanni Battista e i ss. Rocco e Caterina in S. Maria Assunta di Sedico (Ericani, 1994, pp. 277-279: espunta da Claut, 1999, p. 1305), e del Cristo, la Trinità e i ss. Elena e Rocco (Feltre, duomo, sacrestia), dove compare una sigla «P.M.P.» molto diversa dalle altre firme del M. (Ericani, 1994, pp. 272-274; Claut, 1999, p. 1305).
Nel 1560 il M. risulta tra gli iscritti alla Scuola di S. Vittore di Feltre e abitante con la famiglia nel quartiere del duomo (nel febbraio del 1561 perse entrambi i genitori: Id., 1994, pp. 194 s.).
Nello stesso anno sono documentati una pala per la famiglia Villalta in S. Stefano a Feltre, un S. Antonio nella pieve di S. Maria di Zero Branco, entrambi perduti (ibid.), e il Ritratto di Zaccaria Dal Pozzo (Feltre, Museo civico), padre del notaio Filippo che risulta più volte documentato insieme con il Marescalchi. Tra il 1564 e il 1565, infatti, sono tutt’e due registrati come cantori per il duomo di Feltre: inoltre, nel maggio del 1565, il M. partecipò al battesimo dei suoi figli tra cui il futuro pittore Paolo (ibid., pp. 195 s.).
Nel 1564 il M. firmò e datò la pala con la Madonna con Bambino e i ss. Giacomo Maggiore e Prosdocimo (collezione privata), forse proveniente dalla chiesa di S. Maria del Prato (Claut, 1998, p. 720).
L’anno successivo realizzò una Croce per il duomo di Feltre, oggi perduta, come perduti sono anche gli affreschi con la Madonna con le ss. Caterina, Agnese, Corona e Lucia dipinti dal M. per la Scuola della Madonna a Mel nel 1566 (Id., 1994, pp. 195 s.).
Intorno al 1567 è databile invece il S. Giovanni Battista (Feltre, duomo), commissionato per l’altare di S. Giovanni dalle famiglie Teuponi, Romagno e De Mezzan i cui stemmi comparivano sui pilastri prima delle ridipinture seicentesche (Ericani, 1994, pp. 299-303). Nel 1569 l’importante ruolo raggiunto dal M. nella città di Feltre venne sancito dal contratto con il podestà Pietro Zeno per una serie di pitture e di restauri per la sala dell’Auditor nuovo nel palazzo pubblico della città, oggi perduti (Claut, 1994, pp. 196 s.). Nel 1570 firmò datandola la Madonna con il Bambino e i ss. Bartolomeo, Giovanni Battista e il donatore Giambattista Vieceli, collocata nella chiesa di S. Bartolomeo a Meano, opera ampliata nel 1672 da Domenico Salce (Ericani, 1994, pp. 311-314). L’anno successivo firmò e datò la Madonna con Bambino e i ss. Pietro e Paolo (Lamon, chiesa di S. Pietro); è, probabilmente, di quel periodo anche il polittico per la chiesa di S. Maria degli Angeli a Feltre, in cui spettano al M. solamente la Madonna con Bambino, firmata, e le due tavole con le sante Chiara e Caterina d’Alessandria rubate nel 1981 (Carboni, pp. 360-364).
Il 6 ott. 1572 il M. fu interrogato dal S. Uffizio per chiarire un fatto avvenuto l’anno precedente, quando era stato accusato di non aver raffigurato il purgatorio in una sua opera (Gaggia, 1938). L’episodio, rivelatosi solamente una trama ordita dai vicari del vescovo e del podestà per sottrarre al M. alcuni disegni e medaglie, riflette un irrigidimento dell’ambiente feltrino, confermato da un documento del 13 sett. 1578 in cui il vescovo Giacomo Revellio convocò il M. e Marco da Mel nella chiesa di S. Stefano a Feltre e impose loro di dipingere il santo solo su preventiva licenza pena, la scomunica (Ericani, 1994, p. 128).
Al 1576 è datato il Banchetto di Erode firmato (Dresda, Gemäldegalerie) proveniente dalla chiesa di Servo di Sovramonte (Claut, 1998, p. 737 n. 11), a cui si può avvicinare la Sacra Famiglia con le ss. Agata e Apollonia (Mugnai di Feltre, chiesa di S. Marco: Bagolan, 1993, pp. 158 s.). L’anno seguente è documentato un accordo del M. con il podestà Giulio Garzoni per la realizzazione di un «quadro grande» per la sala delle Udienze nel Palazzo pubblico di Feltre: l’opera, oggi perduta ma minuziosamente descritta nel Seicento, doveva raffigurare il podestà e gli esponenti della nobiltà locale (Claut, 1994, pp. 198 s.).
Perduti risultano anche gli affreschi della loggia di Asolo, citati da alcuni sonetti di Antonio Cesena tra il 1577 e il 1581 (Delfini Filippi, 1994, pp. 215 s.), e il ritratto ricordato da Ottaviano Rocca nel suo Diario il 7 giugno 1578, dove il M. è definito «Messer Zeusi» (Bagolan, 1993, p. 18); Claut (1994, p. 199) identifica però questo ritratto con quello presente nel dipinto del palazzo pubblico.
Tra la fine dell’ottavo decennio e l’inizio di quello successivo sono databili le due tele firmate con Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia (collezione privata: Mancini, pp. 321-324) e S. Pietro liberato dal carcere (Villabruna, chiesa di S. Giorgio) proveniente dal distrutto monastero di S. Pietro in Vincoli a Feltre (Bagolan, 1993, pp. 178 s.). Alla tarda produzione del pittore spetta anche la Madonna con Bambino e i ss. Pietro e Giovanni Battista, nella sacrestia del duomo di Mel, da sempre considerata opera giovanile, ma recentemente avvicinata alle opere del nono decennio, caratterizzate da una forte involuzione dello stile del M. in moduli ripetitivi e arcaizzanti (Magani, pp. 324 s.).
Caratteri, ben testimoniati dalla Madonna con Bambino e i ss. Marco e Giovanni Battista (Mugnai di Feltre, chiesa di S. Marco), firmata e da datare dopo il 1585 (Ericani, 1994, pp. 367 s.), dalla Madonna con Bambino e i ss. Martino e Giovanni Battista (Mellame di Arsiè, chiesa di S. Martino) e dalla Madonna con Bambino e i ss. Giovanni Battista e Giustina, per la chiesa di S. Giovanni Battista a Rivai di Arsiè, firmata e realizzata probabilmente dopo il 1587 (Magani, pp. 370-372). Agli ultimi anni di vita del M. sono stati attribuiti di recente anche gli affreschi incompiuti con scene del Vecchio e del Nuovo Testamento nell’ex Monte di pietà di Feltre (oggi palazzo Tomitano: Claut, 1992). Anticipati di qualche anno da Ericani (1994, pp. 341 s.), riaprono il problema della carriera di frescante del M., attestata dalle fonti, ma quasi completamente perduta, essendo ingiudicabili gli affreschi di casa Pasole a Feltre citati da Vecellio (Magani, Testimonianze…, p. 203). Assai dibattuta è anche l’attribuzione degli Episodi di storia romana nella villa Tonello di Artèn, degli affreschi nella villa Bellati a Tussui e di quelli in palazzo De’ Mezzan a Feltre, databili tra il sesto e settimo decennio (ibid.), ma espunti dal catalogo del M. da alcuni studiosi (Lucco, 1995, pp. 120 s.; Claut, 1999, p. 1305).
Il 6 maggio 1589 alla presenza del notaio e amico Filippo Dal Pozzo, il M. firmò un codicillo al testamento nel quale lasciava tutti i beni alla sua dilettissima Corona definendosi «pictor excellentissimus et domi forisque celeberrimus». Il 9 maggio morì e due giorni dopo venne sepolto nella tomba che lui e i suoi nipoti avevano fatto costruire nel duomo di Feltre fin dal 1584 (Id., 1994, p. 201).
Fonti e Bibl.: A. Vecellio, I pittori feltrini, Feltre 1898, pp. 129-156; G. Fiocco - M.C. De Franceschi, P. de’ M. detto lo Spada, in Belvedere. Monatsschrift für Sammler und Kunstfreunde, VIII (1929), 7, pp. 211-223; M. Gaggia, Intorno a P. M., in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, II (1930), 10, pp. 133-136; Id., Il palazzo della Ragione in Feltre, ibid., III (1931), 14, p. 214; Id., Due documenti inediti su P. M., ibid., V (1933), 30, pp. 469-471; Id., Pietro M. in Asolo, ibid., VI (1934), 35, pp. 563-565; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, Milano 1934, pp. 107, 131-143; M. Gaggia, Famiglie nobili di Feltre, Feltre 1936, pp. 229-231; Id., Il pittore P. M. e la Santa Inquisizione, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, X (1938), 59, pp. 1005-1007; I capolavori dei musei veneti (catal.), a cura di R. Pallucchini, Venezia 1946, pp. 135-137; G. Fiocco, Il pittore P. de’ M. da Feltre, in Arte veneta, I (1947), pp. 37-41, 97-107; G. Biasuz, I pittori feltrini (catal.), Feltre 1948, pp. 14-20; R. Pallucchini, Pietro de Mariscalchi: un manierista di provincia, in Da Tiziano a El Greco. Per la storia del manierismo a Venezia 1540-1590 (catal., Venezia), a cura di R. Pallucchini, Milano 1981, pp. 53-55; V. Sgarbi, Pietro de Mariscalchi, ibid., pp. 208-215; Id., Pietro de Mariscalchi, in The genius of Venice (catal.), London 1983, pp. 183-185; S. Claut, Regesto M., in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, LV (1984), 246-247, pp. 21-27; Id., Novità, divagazioni e note su P. M., in Arte veneta, XXXVIII (1984), pp. 46-56; Id., Altre indagini su P. M., in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, LIX (1988), 262, pp. 3-14; M. Lucco, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, p. 761; S. Claut, Una ipotesi per P. M., in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, LXIII (1992), 278, pp. 17-24; M.C. Bagolan, P. M. (1522?-1589), Feltre 1993; G. Ericani, Lorenzo Luzzo, Pietro de Marascalchi ed il Cinquecento feltrino, in Pietro de Marascalchi. Restauri e studi per il Cinquecento feltrino (catal., Feltre), Treviso 1994, pp. 130-147, 254 s., 271-274, 277-279, 299-303, 311-314, 321-325, 328, 334-342, 357-360, 367 s., 370-372; G. Delfini Filippi, Pietro Marascalchi e Asolo, ibid., pp. 215 s.; P. Carboni, ibid., pp. 360-364; V. Mancini, ibid., pp. 321, 324; F. Magani, ibid., pp. 324 s., 370-372; S. Claut, Note archivistiche per il Marascalchi, ibid., pp. 187-202; F. Magani, Testimonianze di Pietro de Marascalchi frescante, tra sesto e settimo decennio, ibid., pp. 203-214; S. Claut, Notizie e documenti d’arte da alcuni conventi feltrini, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, LXVI (1995), 290, pp. 39, 43, 45; M. Lucco, Sul Luzzo, il Marascalchi e il Cinquecento a Feltre, ibid., 291, pp. 110 s., 119-125; M.C. Bagolan, Pietro de Marascalchi. Restauri, studi e proposte per il Cinquecento feltrino, in Venezia arti, 1995, n. 9, pp. 129-133; L. Bortolotti, La pittura religiosa nella provincia veneta: Jacopo Bassano in contesto, in Venezia Cinquecento, VIII (1998), 16, pp. 110-113; S. Claut, Feltre e Belluno 1540-1600, in Pittura nel Veneto. Il Cinquecento, II, Milano 1998, pp. 717, 720, 736 s.; Id., Marascalchi, Pietro de’, ibid., III, ibid. 1999, pp. 1305 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 86.