Vedi PERENNIUS, Marcus dell'anno: 1965 - 1996
PERENNIUS, Marcus
Fabbricante di vasi aretini.
La fabbrica che per tutta la sua lunga attività conservò sempre ed indicò in marca il nome di M. Perennius è la più importante e la meglio nota delle industrie ceramiche non solo di Arezzo, ma di tutto il gruppo della terra sigillata (v.).
Varie sono le ipotesi circa il fondatore e primo proprietario dell'officina: per alcuni M. P., cittadino romano di cui si ignora il cognomen, ebbe fra gli altri schiavi alle sue dipendenze Tigranus. Questi affrancato continuò la direzione della ditta, dopo aver assunto il nome di M. Perennius Tigranus. Per altri Tigranus sarebbe il cognomen del fondatore stesso, che ad un dato momento appare nelle marche di fabbrica. Ma ciò non è probabile. Qualunque sia la giusta ipotesi in questo problema secondario, non c'è dubbio che M. P. fondò un'industria economicamente potente con una vasta produzione ed un'ampia esportazione. Se imprevisti trovamenti non interverranno a mutare il quadro che abbiamo dell'industria di Arezzo, resta confermato che M. P. fu colui che iuiziò ad Arezzo la produzione dei vasi aretini con rilievi. Si impose subito sul mercato sia con l'abbondante vasellame liscio dalle cui marche possiamo avere un'idea della schiera di lavoranti di cui dispose, sia con i suoi finissimi prodotti decorati a rilievo per mezzo di matrici. La fortuna della ditta fu tale che essa continuò una fervida attività per tutto il periodo in cui ad Arretium si fabbricarono vasi aretini: ad un certo momento, nell'epoca di maggiore intensità di produzione ebbe anche una succursale, a Cincelli.
L'officina principale era situata presso il luogo dove ora sorge la chiesa di S. Maria in Gradi col convento omonimo: gli scavi compiuti lì verso la fine del secolo scorso hanno recuperato ingentissimo materiale in parte disperso presso varie collezioni, ma nella gran massa conservato al Museo Civico di Arezzo e parzialmente in quello archeologico di Firenze. Anche scavi e trovamenti in altre regioni, ad esempio in Spagna e sul Reno, sono stati generosi di pezzi perenniani. Sia per la forte produzione differenziata e distribuita in più decennî, sia per le fortunate circostanze degli scavi ad Arezzo, la produzione di M. P. è quella meglio studiata: e ad essa è opportuno far riferimento per definire cronologicamente i prodotti delle altre officine.
Nello sviluppo della produzione perenniana possiamo distinguere queste fasi:
a) la produzione tecnicamente assai fine, tutta pervasa da un corretto seppur freddo gusto classicistico che porta le firme, come lavoranti, di Cerdo, Nicephorus, Pilades e Pilemo. Predominano le serie e le sequenze narrative o con figure che in genere si manterranno nelle fasi successive: assai fini anche i rilievi di carattere decorativo e vegetale nei pochi esempi documentati per questo periodo. La produzione firmata da Pilades che è da ritenersi contemporanea di quella di Cerdo e di Pilemo (e leggermente anteriore a quella di Nicephorus), si suol distinguere entro questo gruppo perché i tipi comuni del repertorio sono usati, sui vasi da questo lavorante firmati, senza tener molto conto della diversità dei cicli cui originariamente e correttamente appartengono. I vasi da lui firmati sono i primi che appaiono. nelle regioni renane (a Neusz; v. Oxè, Arr. Reliefg. v. Rhein, n. 12). In complesso questa fase è datata fra il 30 e il 15 circa a. C.
b) La produzione vastissima nella quale appare la firma, variamente conformata, M. Perenni Tigrani. È l'epoca che, se è leggermente inferiore alla precedente dal lato tecnico, rappresenta il momento di maggior sviluppo produttivo e di più fertile fantasia dell'officina di M. Perennius. Accanto ad una produzione vasta tipologicamente e numericamente abbondantissima dell'officina di S. Maria in Gradi, si ha quella uscita da una bottega, non piccola, in attività a Cincelli. Il repertorio della fase precedente è quasi integralmente utilizzato: si aggiungono nuove serie, soprattutto prende forte sviluppo la produzione di vasi con rilievo decorativo, con fogliame, ghirlande, ecc. per i quali si sono approntati ancor nuovi punzoni. La mescolanza di tipi di sequenze diverse assume ora forme più vistose: soprattutto nei prodotti usciti dalla succursale di Cincelli avviene questo: ciò e altri dati tipologici e tecnici permettono ora di identificare vari gruppi di vasi della filiale.
Dei diversi esecutori materiali che sia a S. Maria in Gradi che a Cincelli furono attivi in questa fase non è indicato il nome. Solo graffita su un paio di matrici appare la firma Felix M. Perenni. I tentativi compiuti soprattutto dal Dragendorff per distinguere varî maestri in questa vasta produzione sono da accettarsi in minima parte: la questione è da impostarsi ex novo, soprattutto tenendo conto della duplicità dei centri di produzione. Anche il limite cronologico finale di questa fase è incerto: secondo il Dragendorff pare che essa debba ritenersi chiusa ancora in fase pretiberiana; ma il Dragendorff tende a restringere la durata della produzione aretina e di conseguenza anche quella delle singole fasi. Questo momento tigraneo della produzione dell'officina di M. P. è uno dei più interessanti anche per lo studio di altre botteghe allora attive. È il periodo più felice delle fornaci di Arretium: studiare le influenze, i suggerimenti che da una bottega passarono sulle altre, può spiegare certi atteggiamenti del gusto e darci un'idea delle fonti figurative dei repertorî. La recente ampia scoperta della produzione di Cn. Ateius, tutta intrisa com'è di motivi "tigraneiè" e "protobargatei" fa nascere il sospetto che ci siano state influenze reciproche e non univoche, come solitamente si credeva. Tali problemi sono in corso di studio.
A questa fase appartengono alcuni prodotti completamente tigranei da S. Maria in Gradi che portano la firma Vibien... (v. vibienus).
c) La fase successiva è caratterizzata epigraficamente dalla firma di M. Perennius Bargathes (questo nome, in grafia diversa da quella che sarà tipica, appare su alcuni prodotti, ancor di tipo tigraneo, provenienti da Cincelli; si deve pertanto ritenere che per brevissimo tempo la succursale fu in funzione anche sotto questo nome; forse ivi subentrò P. Cornelius, la cui prima produzione è in parte affine a certi prodotti perenniani della succursale). La grande massa del materiale bargateo proviene dagli scavi nell'officina-madre di S. Maria in Gradi. In parte sono mantenuti gli stessi motivi usati nelle fasi precedenti: ne appaiono molti nuovi e tipici. Completamente diverse dalle precedenti sono le decorazioni a base vegetale e composite. Mentre assai spesso i punzoni ereditati dal repertorio antecedente perdono ogni funzione narrativa per diventare sigilla decorativi, appare qualche sequenza nuova, anche se inorganicamente esposta. Siamo in complesso in un repertorio ed in una mentalità differenti da quelle in vigore prima di Bargathes. Anche le concezioni decorative sono mutate e ci troviamo di fronte ad uno spirito nuovo. La tecnica è assai inferiore a quella dei prodotti più antichi: ma questa grossolanità di lavorazione non è solo frutto di minor maestria da parte delle maestranze: essa è da mettersi in collegamento coi criteri differenti che presiedono alla decorazione: figure non troppo cesellate, sunteggiar di particolari, soppressione quasi integrale di motivi riempitivi danno un certo vigore plastico ai fregi che si avvantaggiano in questo anche di ampie zone lisce di fondo. Si sente qui la presenza del coroplasta che non maschera più la sua tecnica per fare del vasellame di finto metallo: egli si sbizzarisce nelle sagome che può ottenere al tornio liberamente fuori della matrice, quasi a dimostrare la maggior agilità sotto questo aspetto della tecnica del vasaio su quella del toreuta. Appaiono anche nuovi tipi di vasi, più pesanti. Assai frequenti sono le applicazioni decorative.
Per il suo carattere di minor finezza, questa fase, come le successive, non ha attratto gli studiosi, benché sia di notevole interesse anche dal lato artistico se non altro come testimonianza di un cambiamento di gusto. Le distinzioni per riconoscere in essa dei "maestri" debbono esser riprese. Manca ogni riferimento sicuro per la cronologia: il Dragendorff la pone in un periodo che va dagli ultimi anni di Augusto ai primi di Tiberio: ma assai probabilmente è più tarda e più lunga. Nonostante una certa decadenza tecnica, l'officina è ancora fiorente e i pezzi di questa produzione sono numerosi.
d) Le ultime fasi, che il Dragendorff pone in età tiberiana, sono contraddistinte dalle firme di M. Perennius Crescens e di M. Perennius Saturn... È continuata la tendenza della produzione bargatea ed è accentuata la decadenza tecnica: ben poco di nuovo appare nel repertorio; qualche punzone isolato sostituisce i molti motivi che scompaiono. Tuttavia si tratta di una produzione ancora abbastanza numerosa che vien meno improvvisamente. Qualche pezzo è interessante, ma nel complesso si nota che l'ispirazione si è esaurita in concomitanza col decadere della fortuna commerciale (rari infatti sono i pezzi di queste fasi provenienti da scavi fuori di Arezzo). Poco nota e studiata è questa produzione tanto che non si può dire con certezza se è esatto collocare i prodotti di M. Perennius Crescens prima di quelli di M. Perennius Saturn..., come si usa fare.
Con questi nomi ha termine la produzione dell'officina di M. P. e con essa è finita anche la produzione della ceramica aretina con rilievi.
Secondo alcuni l'eredità della ditta sarebbe stata assunta da L. Gellius, un fabbricante per ora noto per vasi lisci decorati solo da applicazioni. Ma l'ipotesi non è tuttavia certa.
Con la cessazione della produzione dell'officina di M. P. tuttavia non scompaiono completamente i motivi tipici di essa; li si ritrova sulla terra sigillata tardo-italica, mescolati ad alcuni di altre officine aretine. e a quelli che son tipici di questa classe ceramica che non è stata ancora studiata.
Il vastissimo repertorio di tipi ed ornamentale dell'officina perenniana è stato sistemato quasi completamente, ma solo per le sequenze che appaiono nelle prime fasi, dal Pasqui, dallo Hähnle e dal Dragendorff: in gran parte questa sistematica è valida, ma restano da studiare a questo fine le composizioni decorative e quasi tutta la produzione bargatea e posteriore.
In tanta varietà di serie si possono ricordare le scene del ciclo troiano e quelle di caccia, le lotte con centauri e la sfilata delle Nereidi con le armi per Achille, la cosiddetta "nascita di Dioniso" e il corteggio di Eracle e Omphale, gruppi di amanti sulle klìnai e simplegmi erotici, corse di amorini su cocchi e varie serie di menadi e satiri, sequenze di piccole figure danzanti e musicanti e di scheletri, le muse riprodotte frontalmente ai lati di Eracle o le divinità delie di profilo secondo lo schema e il gusto dei noti rilievi arcaistici. In composizioni di carattere simmetrico sono di solito utilizzati altri tipi, che son posti ai lati d'un elemento centrale, are, tripodi o anthèmia, o meno; appaiono le danzatrici con kalathìskos, Nikai arcaizzanti, figure alate che suonano, ritte o sedute, le giocatrici di astragali, i satiri tauroctoni, quelli con otre e phiàle o vendemmianti, ecc.
Fra gli episodî introdotti nelle fasi seriori sono da citare le scene grottesche con caricature, Eracle ed Ariadne, Fetonte, impacciate scene di battaglia fra Romani e barbari, vedute marine ecc.
È impossibile descrivere i tipi della produzione esclusivamente di intento decorativo, sia delle prime che delle ultinie fasi. Anche i criterî e la sintassi sono assai vari e per tipi di decorazione diversa spesso sono utilizzati gli stessi punzoni: in certi casi fa da schema una suddivisione della fascia in riquadri verticali o in zone orizzontali: altre volte composizioni a candelabro si alternano ad altre floreali: abbiamo esempî di sviluppo continuo di elementi tra loro collegati (corone, serie di festoni, bucranî con bende, ecc.) oppure semplicemente ripetuti sia da soli sia alternati con altri.
Nella produzione che inizia con Bargathes diventa assai frequente l'uso di grosse baccellature, variamente configurate, e di altri elementi verticali egualmente rilevati: spesso questo ritmo è mantenuto nella parte inferiore del recipiente, mentre nella fascia superiore si hanno decorazioni ad andamento orizzontale.
Sempre nelle ultime fasi appaiono figure, anche interessanti tipologicamente, slegate per contenuto e stile fra loro, che spesso non si possono identificare: abbiamo per esempio Eracle seduto, Mercurio, Afrodite sdraiata, Efesto, Giove, Minerva e altre figure in atteggiamenti varî (un uomo che beve, un altro seduto, una coppia di figure femminili, una donna seduta, scheletri sdraiati o in altra posizione, ecc.).
Nelle fasi seriori su prodotti perenniani appaiono motivi e figure originariamente appartenenti ad altre officine (soprattutto Annii e Rasinius), che spesso inducono a classificazioni errate di frammenti anepigrafi. Ed è anche opportuno tener presente che, soprattutto da P. Cornelius (v.), furono impiegati punzoni di origine e carattere perenniani.
Anche il repertorio delle applicazioni è assai ricco: assai probabilmente la maggior parte delle placche matrici note è da attribuirsi alla fabbrica di M. P., anche se certi motivi appaiono su vasi di altre officine o sul vasellame liscio firmato da L. Gellius.
Bibl.: A. Pasqui, in Not. Scavi, 1884, p. 83 ss.; G. F. Gamurrini, ibid., p. 265 ss.; A. Pasqui, ibid., 1896, p. 453 ss.; H. Dragendorff, in Bonn. Jahrb., XCVI-XCVII, 1895, p. 39 ss.; M. Ihm, in Bonn. Jahrb., CII, 1898, p. 108 ss.; A. Oxé, in Rhein. Museum, LIX, 1904, p. 132 ss.; G. H. Chase, The Loeb Collection of Arretine Pottery, New Yor, 1908, p. 27 s., passim; H. B. Walters, Catalogue of the Roman Pottery in the Departments of Antiquities, British Museum, Londra 1908, p. XVII, passim; H. Lehner, in Bonn. Jahrb., CXXII, 1912, p. 421 ss.; K. Hähnle, Arretinische Reliefkeramik, Stoccarda 1915, p. 27 ss.; G. H. Chase, Catalogue of Arretine Pottery; Museum of Fine Arts, Boston, Boston-New York 1916, p. 18 ss., passim; A. Pasqui-U. Viviani (e altri), I vasi aretini, Arezzo 1921, p. 37 ss.; A. Oxé, Arretinische Reliefgefässe von Rhein, Francoforte s. M. 1933, p. 28 ss., passim; H. Dragendorff, in Festschrift für Oxé, Darmstadt 1938, p. 2 ss.; C. Albrecht, in Bericht über den VI. internationalen Kongress für Archäologie, Berlino 1939, p. 550 ss.; H. Comfort, in Am. Journ. Arch., XLVI, 1942, p. 90 ss.; C.V.A., U.S.A., Fasc. 9 - The Metropolitan Museum of Art; Fasc. I - Arretine Relief Ware (Chr. Alexander), Cambridge, Mass. 1943, p. 13 ss.; Chr. Alexander, in Bull. Metrop. Museum, N. S., 2, 1943-44, p. 166 ss.; H. Dragendorff-C. Watzinger, Arretinische Reliefkeramik, Reutlingen 1948, p. 33 ss.; A. Stenico, in Arch. Class., VI, 1954, p. 45 ss.; id., in Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni, III, Varese-Milano 1956, p. 414 ss.; id., in Arch. Class., VIII, 1956, p. 64 ss.; id., in Atti e Memorie dell'Accademia Petrarca... di Arezzo, N. S., XXXVI, 1952-57, soprattutto p. 21 ss.; id., ibid., p. 313; id., in Rei Cretariae Romanae Fautorum Acta II, 1959, passim; id., Revisione critica delle pubblicazioni sulla ceramica aretina. Liste di attribuzione del vasellame decorato con rilievi edito fotograficamente, Milano 1960, p. 15, passim.