MARCOLINO da Forlì
Nacque a Forlì presumibilmente verso il 1317, secondo le prime biografie (Corner, p. 191; Breve compendium, p. 1177) che lo dicono morto ottantenne nel 1397, settanta anni dopo il suo ingresso nel convento a S. Giacomo di Forlì, da collocarsi quindi circa nel 1327. La famiglia era povera, ma decorosa; il nome di suo padre fu forse Cristoforo, se M. è da identificare con quel "fratre Marcholino Christofori de Forlivio" che figura tra i testimoni di un testamento del 22 ott. 1372 (Calandrini - Fusconi, p. 942 n. 59). Appare priva di fondamento l'attribuzione a M. del cognome Amanni.
Scarsissime sono le notizie sulla sua vita: l'8 giugno 1365 M. compare come procuratore del convento, dal 1367 al 1370 è indicato ancora come procuratore e anche come sottopriore di S. Giacomo; tra il 1371 e il 1395 è attestato come partecipante ad assemblee capitolari o come testimone in atti notarili che riguardano la vita del convento (ibid., pp. 942-944).
In convento M. trascorse probabilmente settanta anni, senza lasciare alcun ricordo di episodi significativi. Morì a S. Giacomo di Forlì il 24 genn. 1397. Secondo un diffuso stereotipo agiografico riportato dal Breve compendium, il 22 gennaio, accingendosi a celebrare la messa, M. avrebbe annunciato che sarebbe stata la sua ultima celebrazione.
Fu proprio la scarsità di dati salienti e caratterizzanti nella vita di M. a consentire che la sua figura all'interno dell'Ordine domenicano venisse rivendicata a modello di santità sia dai sostenitori della riforma osservante, che intendeva ricondurre all'osservanza primitiva della regola l'Ordine domenicano, sia dai loro "avversari", in particolare i domenicani del convento forlivese interessati a promuovere invece il culto di un santo locale che avrebbe potuto garantire il suo patrocinio alla popolazione e dispensare miracoli.
Poco meno di un mese dopo la morte di M., il 20 febbr. 1397, Bello de' Giuliani da Forlì, vicario del vescovo di Forlì Scarpetta Ordelaffi, inviò una lettera (in Corner, p. 186) a Leonardo Dolfin, vescovo di Castello, informandolo della morte di M., che veniva definito frate di vita esemplare, ricco di carità più che di dottrina (spesso fonte di superbia); Bello dava anche notizia di una cinquantina di guarigioni miracolose operate da M. post mortem.
Della morte del M. e dei miracoli che gli venivano attribuiti venne a conoscenza Giovanni Banchini (Giovanni Dominici), teologo del convento riformato osservante domenicano dei Ss. Giovanni e Paolo di Venezia, dal 1393 vicario generale dei conventi riformati d'Italia, figura di riferimento del movimento dell'Osservanza, che inviò a Forlì una commissione composta da Niccolò di Giovanni da Ravenna sottopriore dei Ss. Giovanni e Paolo, frate Marsilio da Siena, Antonio Soranzo priore dei terziari domenicani e da un certo Limetto terziario domenicano. La commissione riferì a Banchini, riportando anche le dichiarazioni giurate dei testimoni, dei più di ottanta miracoli avvenuti davanti alla tomba di M.; Banchini raccontò questi avvenimenti in una lettera a Raimondo da Capua, generale dell'Ordine, altra figura centrale del movimento osservante, che era stato direttore spirituale e poi biografo di Caterina da Siena, ispiratrice del movimento. Il temine ante quem per la stesura di questa lettera è il 7 marzo 1397 (Bornstein, p. 270). Banchini fece di M. un campione di santità riformata e ne esaltò l'umiltà, virtù al centro della polemica osservante sul tema cruciale "dell'uso del sapere" (ibid., p. 272), affermando che M. "talis erat qualem Dominus faciebat, tantum humilem ut Dominus ipsum exaltaret immense, tantae perfectae scientiae, ut doctores praecedat in regno Dei" (Corner, p. 192). Il racconto di Banchini è funzionale all'elaborazione di modelli di santità osservante destinati anche ai laici: le pratiche religiose di M. e la sua condotta di vita sono quelle raccomandate ai laici e comunque proprie delle confraternite di disciplinati affiliate all'Ordine domenicano (Bornstein, p. 275); l'accento è posto sulla santità di vita di M. più che sui miracoli attribuitigli. La lettera di Banchini a Raimondo da Capua fu infatti significativamente inclusa da Tommaso di Antonio Caffarini da Siena nella sua Historia disciplinae regularis instauratae in coenobiis Venetis Ordinis praedicatorum opera militante nella diffusione del Terz'Ordine domenicano propria della riforma osservante. Subito dopo la lettera di Banchini l'Historia disciplinae (pp. 192 s.) riporta anche il testo del domenicano Giorgio da Pera che narra brevemente le vicende di Marcolino.
Stando alla lettera di Banchini, subito dopo la morte di M. un fanciullo sconosciuto diffuse in città la notizia e il popolo accorse per venerare M. come santo, scontrandosi con la accanita resistenza dei frati che avevano dato sepoltura al corpo di M. di nascosto e senza solennità. Ne nacque una contesa: il popolo chiedeva di poter venerare e toccare il corpo di M. e ne esaltava le virtù di umiltà, carità, preveggenza ed esercizio della penitenza, dando testimonianza di interventi miracolosi (risanamento di corpi e di anime) compiuti da M. in vita con modestia e segretezza; i frati invece negavano ogni carattere di santità alla vita del loro confratello - ritenuto semplice, ignorante, di poca abilità oratoria e frequentemente distratto durante le pratiche religiose - e rifiutavano l'apertura della tomba, che avvenne però per atto di forza della popolazione accorsa nuovamente il giorno successivo: il corpo risultò incorrotto ed emanante un soave profumo, tradizionali caratteristiche di santità.
Il vivace e dettagliato racconto fatto da Banchini del forte contrasto tra il popolo e i confratelli di M. restii a riconoscerne la santità suona come un'aperta condanna per i frati non osservanti del convento di Forlì, i quali, a loro volta, poco dopo la morte di M. provvidero alla compilazione di una memoria sul loro confratello: il Breve compendium in vita beati fratris Marcolini de Forolivio che ridimensiona la narrazione di Banchini sfumando molto i contorni del contrasto tra la folla dei laici e i frati di S. Giacomo, che vengono definiti solo poco propensi ("inuitis", p. 1181) alla riapertura della tomba di M. a causa della sua ubicazione nella sala del capitolo; venne tuttavia fatta l'esumazione del corpo di M. e - secondo la memoria - le spoglie furono rinvenute ancora intatte ed emananti un soave profumo; vennero poi traslate "debita cum reuerentia" nel coro della chiesa.
Matteo da Venezia, priore dei domenicani forlivesi, inoltre, fece istanza tramite un procuratore al vescovo di Forlì, Scarpetta Ordelaffi, che il 19 luglio 1399 ordinò a un notaio forlivese di raccogliere e pubblicare quanto sui miracoli compiuti da M. era stato sino ad allora rogato da diversi notai: anche le testimonianze notarili dei 188 miracoli (Calandrini - Fusconi, p. 1046) non concordano con il racconto di Banchini a proposito degli avvenimenti immediatamente successivi alla morte di Marcolino. In queste testimonianze non c'è traccia della resistenza dei frati a conferire solennità alla sepoltura di M. e a riconoscerne la santità; ne emerge, anzi, un quadro nel quale i confratelli incoraggiarono la venerazione popolare per M. e ne favorirono il culto. Nel luglio 1397, inoltre, l'attestazione dell'esistenza di un custode della tomba e dell'altare di M. sembra addirittura indicare l'assunzione da parte dei confratelli di una sorta di formale direzione del culto (Bornstein, p. 279). Tommaso da Fermo, maestro generale dell'Ordine domenicano, avversario di Banchini, dedicò un capitolo provinciale proprio al ricordo di M. (Girolamo da Forlì, p. 4).
Nel 1457 il corpo di M. fu traslato in un monumento marmoreo opera di Antonio e Bernardo Rossellino, che era stato fatto erigere dal concittadino dal forlivese Nicolò "de Astis", vescovo di Recanati (conservato nella Pinacoteca comunale di Forlì).
Il 9 maggio 1750 papa Benedetto XIV approvò il culto del beato e autorizzò l'Ordine domenicano e la diocesi di Forlì a celebrarne la festa il 24 gennaio.
Fonti e Bibl.: Girolamo da Forlì, Chronicon, a cura di A. Pasini, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XIX, 5, pp. 3 s.; T. Caffarini, Historia disciplinae regularis instauratae in coenobiis Venetis Ordinis praedicatorum, in F. Corner, Ecclesiae Venetae…, VII, Venetiis 1749, pp. 167-234 (la lettera di Banchini ibid., pp. 187-192); Breve compendium in vita beati fratris Marcolini de Forolivio, in A. Calandrini - G.M. Fusconi, Forlì e i suoi vescovi, I, Forlì 1985, pp. 1177-1182; Giovanni di mastro Pedrino depintore, Cronica del suo tempo, a cura di G. Borghezio - M. Vattasso, II, Roma 1934, p. 314; Breve ragguaglio della vita, culto, miracoli del beato M. forlivese domenicano, Forlì 1751; V. Folli, Il b. M. degli Amanni da Forlì in una lettera del b. Giovanni Dominici, in Memorie domenicane, s. 4, I (1922), pp. 20-27; G. Cracco, Banchini, Giovanni, in Diz. biogr. degli Italiani, V, Roma 1963, pp. 658, 664; A. Calandrini - G.M. Fusconi, Forlì e i suoi vescovi…, cit., pp. 941-947, 1045 s.; A. Vauchez, La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Âge, Roma 1988, pp. 106 s. n. 24, 227 n. 110, 253, 470 s., 665; G. Viroli, Il "fintissimo marmo, con intaglio di bellissime figure" che fu sepoltura del beato M. da F., in Il monumento a Barbara Manfredi e la scultura del Rinascimento in Romagna, a cura di A. Colombi Ferretti - L. Prati, Bologna 1989, pp. 156-163; D. Bornstein, M. da F.: taumaturgo locale e modello universale, in Vita religiosa e identità politiche: universalità e particolarismi nell'Europa del tardo Medioevo, a cura di S. Gensini, Pisa 1998, pp. 263-286; Bibliotheca sanctorum, I, coll. 926-929; Bibliotheca hagiographica Latina, pp. 782 s.; Supplementum, p. 571; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, III, p. 103.