ALTEMPS, Marco Sittico
Nacque nel castello di Hohenems (da cui il nome di famiglia, che fu italianizzato in Alta Emps trasformandosi poi in Altemps) il 19 ag. 1533. Suo padre Wolfgang Dietrich, colonnello generale nelle truppe di Carlo V, deceduto nel 1533 dopo aver partecipato da valoroso alle campagne contro la Francia, aveva sposato nel 1529 Chiara Medici sorella di Gian Angelo, il futuro Pio IV, e del marchese di Marignano. Da questo matrimonio eran nati, oltre l'A., lacopo Annibale, Gabriele, Elena, Margaretha. In gioventù l'A. militò insieme a lacopo Annibale sotto le insegne del marchese di Marignano e poi, sembra, sotto Cosimo I e si fece onore nella guerra contro Siena e, in Ungheria, combattendo contro i Turchi. Altre notizie in tale settore sono confuse e contradittorie: egli avrebbe, ad esempio, già a quattordici anni durante la guerra smalcaldica avuto il comando di un manipolo di soldati. Dedito alle armi, ma anche ai piaceri e allo sfarzo - il Cancellieri ne parla dettagliatamente - la sua gioventù non fu uno specchio di vita cristiana. La madre tuttavia, appoggiata più tardi nelle sue reiterate insistenze dal cardinale Gian Angelo Medici, voleva avviarlo alla carriera ecclesiastica; ma l'A. non si piegò sin quando lo zio non fu diventato papa. A tale decisione non sarebbe stato estraneo secondo lo Chacon e il Palazzi, seguiti poi da altri autori, un pauroso incidente occorso all'A. nei pressi di S. Pietro in Vincoli. Rovesciatasi la carrozza nella quale si trovava, mentre si spezzava la spada che cingeva al fianco, l'A. sarebbe rimasto completamente illeso. Ritenendosi salvo per puro miracolo, l'A. si sarebbe risolto ad abbracciare lo stato ecclesiastico. Ma con il mutamento di stato non cambiarono i suoi costumi. Continuò le sue relazioni con una donna, a quanto pare di origine genovese, anche quando, già insignito della porpora, era vescovo di Costanza. Un figlio naturale poi legittimato di nome Roberto, avuto da lei nel 1566 - il Cardella sostiene che egli nacque prima del 1561, ma ciò è smentito dall'epigrafe apposta sul suo sepolcro in S. Maria in Trastevere -, sposerà Cornelia Orsini. Oltre Roberto, attraverso il quale l'A. è considerato capostipite del casato degli Altemps in Roma, egli ebbe una figlia di nome Altea, che entrata nel monastero di S. Ambrogio alla Massima vi professò col nome di Giovanna il 13 nov. 1583 e vi morì il 26 luglio 1619.
Nominato cavaliere di San Jago dal re di Spagna forse agli inizi del 1560, il 23 marzo l'A. divenne "clericus camerae". Il 27 aprile dello stesso anno fu elevato da Ferdinando I insieme con i fratelli lacopo Annibale e Gabriele alla dignità di conte dell'impero e il 29 maggio fu eletto vescovo "ad beneplacitum S.S." di Cassano Ionio, diocesi precedentemente retta da Pio IV. Amministrò nominalmente tale diocesi - come vicario "in spiritualibus" gli era stato dato il vescovo di Veroli Benedetto Salino - sino all'11 dic. 1561 quando, cessato il "beneplacitum" del papa, gli subentrò G.B. Serbelloni altro parente di Pio IV. Il nome dell'A. non è ricordato dal Gams, che nella serie dei vescovi di Cassano lonio lascia un vuoto dal 25 dic.
Nel giugno 1560 l'A. fu inviato da Pio IV all'imperatore non soltanto "per titolo di cortesia" come vuole il Pallavicino ma, e soprattutto, per la questione del vescovado di Costanza. In due brevi infatti Pio IV chiedeva all'imperatore il suo appoggio per la nomina dell'A. - vissuto sino a poco tempo prima nel mondo senza averne però ricevuto danno nell'anima e nell'onore, come vi si diceva - a vescovo coadiutore di Costanza con diritto di successione.
L'azione intrapresa dall'imperatore venne ad urtare nella opposizione decisa del vescovo di Costanza Christoph Metzler von Andelberg il quale eccitò contro l'A. sia cattolici sia protestanti. Sfumata tale possibilità - nel frattempo l'A. era stato nominato governatore di Ancona - cercò il papa di fargli ottenere il vescovado di Salisburgo resosi vacante il 17 nov. 1560 con la morte di Michael von Kuenburg. Ma anche questo desiderio fu frustrato dal capitolo cattedrale, che eleggeva il 28 novembre un nuovo arcivescovo nella persona di Jakob Ruen von Belasy. Il 7 genn. 1561 il Commendone pregava l'imperatore di adoperarsi ulteriormente in favore dell'A., il quale essendo di nobile famiglia tedesca avrebbe preferito, senza voler escludere tuttavia altre possibilità, un vescovado nella sua terra di origine.
Nel concistoro del 26 febbr. 1561 l'A. venne eletto cardinale diacono con il titolo dei Santi XII Apostoli. Sarebbe passato poi all'ordine del presbiterato sotto lo stesso titolo il 30 luglio 1563 e avrebbe successivamente ricoperto i titoli di S. Giorgio in Velabro (15 maggio-3 ott. 1577), di S. Maria degli Angeli (3 ott. 1577-3 ott. 1578),di S. Pietro in Vincoli (3 ott. 1578-17 ag. 1579),di S. Clemente (17 ag. 1579-5 dic. 1580) e di S. Maria in Trastevere (dal 5 dic. 1580 sino alla morte).
Nell'aprile 1561 l'A., deciso a condurre sino in fondo la battaglia per Costanza, cercava di tirare dalla sua parte i cantoni cattolici e li invitava ad unire a quello del capitolo il loro assenso e a manifestarlo in maniera esplicita all'imperatore e al papa. Ma il Metzler riuscì a rintuzzare l'attacco nell'assemblea di Baden, in cui accusò il suo avversario di corruzione e di simonia. Da Roma si consigliava intanto al nunzio Volpe di agire con estrema prudenza. Maggiore libertà si lasciava invece al nunzio Delfino, il quale peraltro riteneva che il "negotio" della coadiutoria fosse stato "mal guidato da principio". Chi in questo periodo maggiormente appoggiò le mire dell'A. fu Johan Werner Reitenau, balivò, sotto Ferdinando, del margraviato di Burgau, che aveva sposato Elena, sorella dell'A.: sarà lui, a dire del Volpe, "il potentissimo architetto di questa fabrica". Giunte a Roma notizie circa le gravi condizioni in cui il Metzler si trovava, si autorizzò il Volpe ad agire in favore dell'A. purché la sede fosse vacante e l'A. in legittimo possesso del canonicato (30 agosto). Non appena pervenuta a Roma, il 5 settembre, la notizia della morte del vescovo, deceduto in realtà solo l'11 settembre, furono immediatamente spediti brevi di Pio IV all'imperatore, al Volpe, al Delfino. Intanto il 27 agosto l'A. era stato accolto, come annota il cronista Chr. Schulthaiss, nel capitolo cattedrale. Il 5 settembre egli partiva da Roma in compagnia del fratello Gabriele, di un cugino e di numeroso seguito ed era il 18 "raccolto (in Costanza) honoratissimamente dal Governatore et da cittadini". Il 20 vi giungeva il Volpe. Il 28 settembre eran già "sicuri nove voti di quattordici", ma v'era ancora "speranza di guadagnarne degli altri". L'ultimo del mese il Volpe, accompagnato da due inviati di Filippo II, raccomandò ufficialmente al capitolo di "venir presto all'elettione, per il detrimento che poteva patire la Chiesa per la longa vacanza", invitò a pensare unicamente "al servitio di Dio et utilità della Chiesa" e propose quindi l'A. sicuro che non avrebbero potuto avere "pastore più honorevole, né più utile a quella chiesa". Gli stessi uffici presso il capitolo furon fatti anche da tre consiglieri imperiali espressamente mandati dall'imperatore. II 6 ottobre, finalmente, l'A. era eletto "da quasi tutti li canonici essendo mancato poco di non esser eletto per inspiratione". L'A. vedeva realizzati i suoi piani grazie anche ad una fortunosa e fortunata coincidenza dei suoi interessi personali con quelli religiosi e politici: il vescovado di Costanza in mano di un cattolico fidato significava molto non solo per Roma, ma anche per l'impero. Il 18 ott. 1561 il pontefice pregò il Volpe di rendersi interprete della sua riconoscenza presso il capitolo, per la "amorevolezza" dimostrata "verso il suo sangue". I luterani, sorpresi dalla elezione di persona così congiunta col pontefice e appoggiata dall'imperatore e dal re di Spagna, fecero in fretta "nuove scelte di gente et preparationi d'armi". Essi sospettavano anche che l'A. andando a Roma avesse trattato in Svizzera per otterier "da Grisoni passo per condur gente".
Nel concistoro del 10 novembre l'A. venne nominato quinto legato al concilio di Trento al posto del Puteo ammalato, non senza scontento soprattutto dei cardinali diaconi.
"Per esser (l'A.) de nation Germana et grato et stimato in quei paesi massime per la nuova dignità del vescovado di Costanza et per esser parente strettissimo di casa Madruccia (la sorella dell'A., Margaretha, aveva sposato Fortunato Madruzzo, nipote del cardinale Cristoforo e fratello del cardinale Ludovico), gioverà assai a le cose del concilio": così il Borromeo esponeva il pensiero di Pio IV al nunzio in Spagna Crivello. Le reazioni delle corti cattoliche alla nomina di questo uomo "militaris atque indoctus", come lo battezzava Pier Paolo Vergerio, e che stava apprendendo il Pater noster in latino come affermava l'agente di Ferdinando, Adam Schenkh, non furono favorevoli. Si temeva infatti che i protestanti potessero vedere in tale legazione una prova del carattere tutt'altro che pacifico del concilio.
La nomina a legato, che le male lingue volevano attribuita alla gelosia del Borromeo (il Cusano, agente imperiale a Roma, informava il 15 novembre l'imperatore su tali voci), avvenne mentre l'A. lasciava Costanza per recarsi a Roma. Il 14 novembre l'A., passando da Trento, fece visita ai legati e proseguì per Roma dove giunse il 22. Il 17 dicembre ricevette la croce di legato, ma appena il 12 genti. 1562 effettuò la partenza già da tempo preannunciata ai legati dal Borromeo. Giunse a Trento il 30 gennaio, dopo esser passato da Fermo "per dar ordine alle cose di quel governo". Nel breve consegnato all'A. il 12 gennaio Pio IV esaltava la sua "esimia prudenza, la integrità e lo zelo" e diceva di volerlo inviare a Trento "tanqualn pacis angelum". Nelle lettere credenziali per l'A. affermava Pio IV di aver inviato l'A., "il proprio sangue nostro, nel luogo dove non potemo esser noi". Al cardinale E. Gonzaga poi dichiarava che l'A. aveva ricevuto ordine preciso di uniformarsi pienamente ai suoi voleri e consigli. L'A., che non era troppo felice per l'incarico ricevuto, fu l'unico presente al concilio tra i vescovi le cui diocesi appartenevano completamente o in parte alla Svizzera. È facendo leva sulla sua nomina a legato che il Volpe solleciterà i cantoni cattolici ad inviare a Trento rappresentanti ufficiali. L'A. dovette ben presto stancarsi di Trento se già il 14 marzo riceveva il permesso, insistentemente richiesto, di assentarsi al fine di visitare la sua diocesi, ma soltanto per venti giorni. A tale comunicazione era inoltre aggiunto un invito alla prudenza. Forse offeso, l'A. non si mosse se non per recarsi il 31 a Riva dalla sorella. Nelle differenze sorte anche in seno ai legati circa l'opportunità di trattare l'articolo "an residentia sit de iure divino" fu ordinato all'A. di "tener buona intelligenza" con il Simonetta.
Giunto a Trento il 2 giugno il 'breve con cui Pio IV si dichiarava decisamente per l'inclusione nel primo decreto del termine i continuatione., fu deciso di inviare a Roma l'A. per dar conto al papa dei motivi che sconsigliavano di "esseguire la detta commissione". Ma il giorno seguente la questione era già appianata con un nuovo breve giunto per corriere. Quando il 20 maggio si decise a Roma di inviarè un esercito in aiuto al re di Francia fu all'A. che subito si pensò. Fu a lui affidato infatti il compito di arruolare attraverso parenti ed amici un esercito che egli avrebbe dovuto condurre con il "carico" di legato papale. L'A. aveva già intavolato trattative segrete quando l'11 luglio il Borromeo gli comunicava di interromperle: alla Francia non piaceva l'idea di un esercito pontificio con alla testa un legato papale nè il progetto di una lega cattolica offensiva come era nei desideri del papa.
Il 19 luglio gli si ordinò da Roma di avvicinarsi di nuovo al Gonzaga e il i agosto lo si pregava di riprendere severamente il Sanfelice per i suoi discorsi calunniosi contro il Gonzaga. Nella prima metà di luglio il Lanzac aveva con lui colloqui "circa il transferir il concilio a Constantia o a Bezensone". Il 27 settembre l'A. ricevette l'ordine del diaconato. Il 12 ottobre gli vemva concesso di recarsi a Costanza a condizione di rientrare non appena avesse sbrigato gli affari più urgenti; il 22 lasciò Trento. Non molto dopo giungeva a Trento il dottissimo cardinale Carlo di Lorena e il Borromeo invitava l'A. a non muoversi da Costanza fin quando non gli fossero pervenute nuove istruzioni: il papa temeva infatti che i Loreno o altro simile potesse un giorno fargli (all'A.) qualche vergogna con arguirlo di illiterato". Il 13 genn. 1563 l'A. era liberato dalla legazione al concilio: i V.S. potrà venirsene a questa volta a piacer suo", gli scriveva da Roma il Borromeo. L'azione dell'A. come legato è delineata, anche se in modo forse troppo drastico, nel seguente giudizio: "Primus (Mantuanus) non audit, secundus (Seripandus) non audet, tertius (Hosius) semper legit, quartus (Simonetta) semper scribit, quintus (Altemps) nec audit nec audet nec legit nec scribit" (Concilium Tridentinum, II, Diariorum pars II, Friburgi Br. 1901, p. LXXIV). Egli fece quanto poté: non fu infatti che una semplice pedina, mossa da Roma nella politica del concilio.
L'A., accolto trionfalmente in Costanza l'imperatore, che si recava ad Innsbruck per esser più vicino al concilio e che dirà nel febbraio 1563 al Delfino che il papa avrebbe potuto "far bene (all'A.) con altro che promoverlo al cardinalato", partì per Roma. Il 5 ag. 1564 fu inviato come legato a latere a Massimiliano II successo a Ferdinando I. Il 25 ottobre fu creato legato della marca di Ancona; procedette duramente contro Ascoli, dove fece diroccare, a causa delle continue lotte, le case dei principali capi di fazione e costruire da F. Sangallo una rocca che fu chiamata, in onore del papa, Pia. Il 6 gennaio il fratello dell'A., lacopo Annibale, prima caduto in disgrazia del papa, sposò Ortensia Borromeo, sorella del cardinale, e fu nominato in quella occasione comandante supremo delle milizie papali: i legami esistenti fra le due famiglie, non scevri prima da gelosie, si normalizzarono completamente. Durante la malattia del Borromeo (gennaio 1565), come pure nel periodo della sua visita alla diocesi di Milano (agosto-dicembre), l'A. lo rappresentò, ma soltanto per gli affari di ordinaria amministrazione, nelle funzioni di segretario di stato. Sempre nel 1565 si dibatté a Roma la questione dell'invio di un legato alla dieta imperiale che avrebbe dovuto aver luogo prima del 1564 e che, rimandata al 1565 sì tenne effettivamente nel 1566. L'A. fu, almeno durante il pontificato di Pio IV, uno dei candidati più quotati per tale incarico. In un brevo del 16 febbraio, Pio IV prendeva le difese dell'A. contro le insinuazioni rivoltegli dalla dieta dei cantoni del 9 genn. 1565: l'A. avrebbe desiderato risiedere in diocesi ma la S. Sede ne aveva urgente bisogno in Roma.
Nel conclave seguito alla morte di Pio IV, pur contrario in un primo momento alla elezione di un frate, sostenne poi la candidatura del domenicano Ghislieri che fu eletto ed assunse il nome di Pio V. Il nuovo papa lo chiamò a far parte della commissione insediata il 12 genn. 1566 per la questione della dieta e per la preparazione dell'istruzione per il Commendone. All 'inizio di marzo essendogli stato tolto, nel quadro della riforma giudiziaria voluta da Pio V, il potere giudiziario in Terni, rinunciò anche a quello civile. Nel complesso i rapporti dell'A. con Pio V non furono molto buoni; sembra che il papa più volte avesse detto che si sarebbe sentito ben ricco se sul letto di morte avesse potuto concepire tanto dolore per i suoi peccati per quanto denaro l'A. aveva dissipato. Il 6 marzo l'A. partì per Augusta dove giunse, fatta una lunga sosta a Costanza, l'11 maggio, in tempo per partecipare, ma senza alcun incarico ufficiale, alla parte finale della dieta. Di ritorno da Augusta si trattenne a Costanza nei mesi di giugno e luglio e sembra che in questo periodo fosse pervaso da un certo fervore di riforma.
Oltre le trattative condotte con i cantoni cattolici per l'attuazione dei decreti del concilio tridentino almeno per quanto concerneva il seminario, emanò il 17 giugno 1566 un decreto mirante ad introdurre nel capitolo cattedrale e nel clero in genere una disciplina ecclesiastica più rigorosa. Sembrava imminente la convocazione di un sinodo, ma il 29 luglio l'A. decideva di rinviarla e ripartiva per Roma. Il 3 gennaio era Pio V che in un breve lo invitava ad indire un sinodo per pubblicarvi i decreti tridentini. Il 9 giugno apparvero le "literae indictionis et convocationis" e dal 1 al 5 settembre ebbe luogo il sinodo. Gli Atti furon pubblicati nel 1568 e ad essi fu premessa una introduzione dell'A, nella quale non mancano elementi che potrebbero far pensare ad una certa evoluzione positiva nel modo di pensare dell'Altemps. Fra le decisioni prese dal sinodo, da rilevare quella concernente la fondazione di un seminario per dar modo di studiare a cento ragazzi poveri. A tal fine l'A. tassò il clero e per parte sua contribuì con la somma di 1000 scudi. Da non dimenticare che l'A., già nel marzo del 1566, aveva intavolato trattative (che continuarono, però senza successo, anche negli anni seguenti) con il generale della Compagnia di Gesù Francesco Borja circa la fondazione di un collegio in Costanza.
Nel conclave seguito alla morte di Pio V (1572) l'A. si schierò contro la candidatura del Burali, teatino e uomo austero, proposta in un primo tempo dal Borromeo e si adoperò con successo per l'elezione del Boncompagni, che assunse il nome di Gregorio XIII. Nel 1572 l'A. fece iniziare i lavori per la splendida villa di Mondragone - artefici il Vignola e il Fontana - per venire incontro ad un desiderio di Gregorio XIII, che spesso vi si recherà e da essa daterà la riforma del calendario giuliano. Nel maggio di quello stesso anno fu chiamato a far parte della Congregazione della Lega, all'inizio del 1573 di quella per la Germania e, nei mesi successivi fu nominato, insieme con i cardinali Morone, Farnese, Galli e Madruzzo, protettore del Collegio Germanico eretto con bolla del 6 agosto. Nel Germanico farà l'A. educare il nipote Marco Sittico, poi arcivescovo di Salisburgo dal 1612 al 1619. In una relazione del 1574 si dice che l'A. "è ritirato e solitario si per natura, ma molto più per causa del male, et è tanto puoco conversabile che non si può fare determinatione del fatto suo". Nel 1579 si dichiara favorevole alla visita della sua diocesi da parte del nunzio Bonhomini e disposto a sostenere parte delle spese necessarie per la sua effettuazione; non sembra estraneo a tale decisione il discreto influsso del Borromeo. Nel 1582 l'A. rinunciò alle rendite dell'abbazia di Mirasole in favore del Collegio Elvetico, allora eretto dallo zelo del Borromeo e che doveva accogliere anche allievi della diocesi di Costanza. Nello stesso anno - a quanto è dato sapere da un Avviso dell'11 agosto - l'A. conduceva una vita pia e dedicava alcune ore al giorno alla preghiera.
Nel conclave seguito alla morte di Gregorio XIII (1585), pur non riuscendo a portare alla tiara il suo candidato, il Sirleto, unitosi al Medici contribuì decisamente alla elezione di Sisto V. Appoggiò con passione Federico Borromeo, che egli amò teneramente, e si adoperò per la sua elezione al cardinalato. In suo favore rinunciò anche a due abbazie nel regno di Napoli. Pur sempre lontano da Costanza l'A. si oppose decisamente alle proposte di G. B. Santoni che prevedevano la nomina di un vicario per ogni cantone in modo da ovviare agli abusi che dilagavano nel clero. Il 31 luglio 1589 rinunciò alla sua diocesi (non pare troppo spontaneamente) in favore del cardinale Andrea d'Austria, riservandosi una pensione annua di 9000 scudi d'oro. Nei conclavi effettuati tra la morte di Sisto V e l'elezione di Clemente VIII favorì i cardinali Castagna e Sfondrato che vennero eletti (Urbano VII e Gregorio XIV) e combatté spietatamente la candidatura già ritenuta coronata da successo del Santori. Pur essendo quasi sempre malato, gli fu ugualmente affidata nel novembre 1592 la legazione del Patrimonio. Quando, il 15 febbr, 1595, l'A. mori, il Tasso gli consacrò un sonetto, l'ultima sua composizione poetica al dire del Solerti. Fu sepolto in Roma in S. Maria in Trastevere nella cappella da lui fatta costruire nel 1589.
Pur provenendo da famiglia non particolarmente dotata di beni, divenne, da cardinale, ricchissimo. Il denaro impiegato nella costruzione della cappella della Madonna della Clemenza e nei restauri di S. Maria in Trastevere e del palazzo vescovile di Costanza come pure nelle donazioni fatte al santuario di Loreto rappresentano una minima cosa nei confronti di quello investito nell'acquisto di ville e terreni. Oltre la villa di Mondragone fece costruire nei pressi della chiesa di S. Apollinare in Roma il magnifico palazzo Altemps, iniziato da Gerolamo Riario, terminato nel 1580 da Martino Longhi senior e dotato di uno splendido cortile ideato da Baldassarre Peruzzi. In tale palazzo fu fondata nel 1690 dal Gravina e dal Crescimbeni l'Accademia degli Arcadi. Acquistò il palazzo dei Cybo, eretto di fronte a quello dei Colonna, e quello costruito al Quirinale dal cardinale Scipione Borghese. Molti dei beni posseduti dai Carafa andarono, dopo il processo, ai nipoti di Pio IV e fra questi all'Altemps. Nel 1571 acquistò dai Crivelli-Scarampi per 14000 scudi i vasti possedimenti di Paterno in Val di Pesa. Nel 1575 acquistò da Marc'Antonio Colonna per 34000 scudi il feudo di Monte Compatri e lo cedette al figlio Roberto al quale un anno prima aveva fatto dono della villa di Mondragone. Ricevuto in dono dal granduca Francesco I de' Medici il palazzo ricco di oggetti d'arte confiscato a Pierin Ridolfi, complice nella congiura di Orazio Pucci, lo vendé per 13000 scudi ad Alessandro de' Medici arcivescovo di Firenze (il futuro Leone XI). Nel 1579 acquistava da Fortunato Madruzzo, per il figlio Roberto, Gallese (elevato per le insistenze dell'A. da Sisto V a ducato) e Soriano, feudi dello Stato pontificio. In Gallese il palazzo, ideato dal Sangallo e già appartenuto ai Colonna e agli Orsini, divenne il palazzo ducale Altemps. Nel 1585 spendeva 165.000 ducati per l'acquisto del feudo di Mesurala. Mondragone, Monte Compatri e Monte Porzio, acquistato da Cesare de Hannibaldis de Malaria nel 1582, formavano il così detto "Status Tusculanus". Tale giro di acquisti, che poi non furono gli unici, furono possibili grazie alle pensioni, alle prebende (nel 1564 e nel 1565 si stimava che gli fruttassero 40.000 scudi annui) che in numero scandalosamente grande erano state assegnate all'A., il quale divenne una vera potenza finanziaria e fondiaria.
Un giudizio conclusivo sulla personalità dell'A. dal punto di vista religioso, pur tenendo presenti le gravissime incongruenze e le profonde pecche che affiorano nella maggior parte della sua vita, non dovrebbe trascurare di considerare taluni elementi positivi già delineati e che potrebbero far pensare ad un, sia pur non continuo, avvicinamento - forse sotto l'influsso del cardinale Carlo Borromeo e attraverso le sofferenze della sua lunga malattia - a quella religione che da giovane e nei primi anni della sua carriera ecclesiastica, immerso nello sfarzo e nei piaceri della vita mondana, non aveva avuto modo nè di capire né di praticare.
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