QUERINI, Marco
QUERINI, Marco. – Nacque a Venezia, nella parrocchia di S. Matteo a Rialto, da Nicolò di Giovanni (ignoto il nome della madre) probabilmente nel 1245, comunque prima della metà del secolo.
La famiglia, che le fonti qualificano come ca’ Granda, aveva molte proprietà nel Ferrarese e nel Polesine allora estense (un Giovanni Querini fu vescovo di Ferrara dal 1239 al 1252, e nel 1255 i Querini si aggiudicarono una vasta campagna a Papozze), il che spiega la politica filopontificia di questo ramo del casato, che non sembra aver avuto interesse per la mercatura quanto piuttosto per i possedimenti fondiari. A ciò si collega il matrimonio di Querini con Maria Badoer di Marco. Fratelli di Maria furono Marino Badoer, che sposò Balzanella da Peraga, unica erede di una nobile e ricca famiglia padovana, e Badoero che, avendo sposato Mabilia da Lendinara, si era imparentato con una delle più potenti famiglie del Padovano. Pertanto fu penalizzante per tutti costoro una legge emanata nel 1274 dal Maggior Consiglio, in base alla quale venivano esclusi dalle deliberazioni dell’assemblea i proprietari rurali che fossero risultati interessati a provvedimenti in qualche modo concernenti i loro beni.
Dalla moglie Marco ebbe quattro figli maschi e due femmine, una delle quali sposò Baiamonte Tiepolo. Non si sa molto di lui prima degli eventi a ridosso della congiura del 1310.
Per di più va segnalata la presenza di un omonimo, figlio di Giacomo, detto Baldino, che divenne procuratore di S. Marco nel 1302; pertanto è da considerarsi solo come possibile una missione di Querini in Puglia nel 1278 (dove peraltro il cognato Badoero Badoer aveva cospicui interessi fondiari), per risolvere imprecisati contrasti con Carlo d’Angiò. Fu però certamente lui il consigliere ducale cui subentrò Marino Morosini il 27 novembre 1285, mentre il mandato non era ancora giunto a termine, né si sa per qual motivo; seguì un lungo periodo di latitanza dalla politica, nel corso del quale Marco Querini si dedicò verosimilmente ai suoi beni di terraferma (nel giugno del 1296 acquistò dal cognato Andrea Badoer alcune proprietà a Musestre), ma con ogni probabilità nel 1295 egli resse la podestaria di Capodistria, allora di grande importanza. È possibile infatti che la famiglia avesse interessi in Istria, poiché nel 1293-94 Nicolò Querini, fratello di Marco, era stato podestà a Parenzo.
Negli anni che seguirono, ancora silenzio sul suo nome da parte delle fonti (la cronaca attribuita a Daniele Barbaro, cc. 10rv, 15v, lo indica comandante di una flotta contro i genovesi nel 1297, ma si tratta invece del fratello Matteo). Soltanto il 23 marzo 1301 se ne ricorda la partecipazione, in veste di senatore, a una deliberazione concernente Genova. Fu probabilmente nel 1302 che Marco Querini venne inviato ambasciatore a Padova, con cui era in atto la ‘guerra del sale’ per il controllo delle palade, gli argini dei fiumi lungo i quali si svolgevano i commerci. Al settore del sale egli era particolarmente interessato, dal momento che il 10 settembre 1303 subì una diffida relativa appunto al trasporto del sale a Pavia e Milano; qualche mese più tardi (16 dicembre) rientrò da un’altra missione a Padova.
Una guerra ben altrimenti impegnativa sarebbe invece scoppiata di lì a qualche anno con Ferrara: il 25 giugno 1308 i veneziani occupavano la città, sottoposta all’alta sovranità pontificia. A volere il conflitto era l’energico doge Gradenigo, fautore di una politica ‘ghibellina’, mentre i Querini propendevano per il papa, a motivo dei loro possedimenti nel Ferrarese. Le vicende militari non furono favorevoli a Venezia, oltretutto colpita per ben due volte da scomunica, le cui truppe furono costrette a rinchiudersi in Castel Tedaldo; qui giunsero rinforzi guidati da Andrea Querini (ramo a S. Maria Formosa), che tuttavia si ammalò, per cui il 16 agosto venne rimpatriato e sostituito da Marco Querini e dal conte di Veglia, Doimo. Fra i due mancò l’accordo, per cui la notte fra il 27 e il 28 agosto 1309 Marco di sua iniziativa abbandonò il castello riparando nel Mantovano, dove fu fatto prigioniero da Alboino della Scala, signore di Verona.
A costui il Collegio si rivolgeva – tardivamente e alquanto debolmente – il 7 gennaio 1310, chiedendone la liberazione. La causa della scarsa sollecitudine dimostrata dal governo marciano verso uno dei primi esponenti del patriziato è probabilmente da ricercarsi nel radicalizzarsi, a Venezia, di due opposte fazioni: una, che temeva la confisca dei beni, ostile alla guerra contro il papa; l’altra, che avrebbe voluto processare Querini come reo di tradimento. Inoltre la città non aveva ancora assorbito le tensioni conseguenti alla serrata del Maggior Consiglio, e poi vi erano ragioni personali fra le cause dell’infelice esito del conflitto ferrarese, tra le quali essere stato il doge a voler affiancare a Querini l’inviso conte di Veglia.
Questi alcuni dei presupposti della congiura, concretizzatasi all’alba del 15 giugno 1310. Capo della cospirazione fu proprio Marco Querini, esponente più anziano e prestigioso della parte ‘guelfa’. I fatti sono noti (cfr. F. Rossi, Gradenigo Pietro, in Dizionario biografico degli Italiani, LVIII, Roma 2002, pp. 346 s.): verso palazzo ducale si sarebbero dirette tre colonne di armati: una capeggiata da Querini, un’altra guidata dal cognato Baiamonte Tiepolo, la terza sarebbe giunta dalla laguna, con gli uomini di Badoero Badoer. Senonché un fortunale impedì alle barche di salpare e mancò anche l’elemento sorpresa: qualcosa era trapelato e il doge aveva avuto il tempo di organizzare la difesa, affidata a Marco Giustinian, Antolin Dandolo e altri suoi partigiani.
Querini cadde ucciso assieme al figlio Benedetto; un altro figlio, Nicolò, riuscì a riparare nel Trevigiano e poi in Dalmazia, dove non cessò di cospirare assieme a Tiepolo: segno, questo, che i congiurati avevano anche interpretato un malessere diffuso nella società veneziana. A conferma, qualche settimana dopo, il 10 luglio 1310, veniva istituito il Consiglio dei dieci, che fra i suoi primi atti, il 5 novembre, ordinò la demolizione della ca’ Granda dei Querini.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VI, pp. 286, 299 s.; Miscell. Codd. I, St. veneta 56: Cronaca veneta [veneziana] dall’anno 1280 all’anno 1413 attribuita a Daniele Barbaro, cc. 6r, 24v, 25r-28r, 30r, 34r-37r, 41r; Maggior Consiglio. Deliberazioni, reg. 5, c. 60r; Senato Misti, reg., 1, c. 119r; Procuratori di S. Marco. Misti: Commissaria Contarini Marchesina, b. 109, sub aprile 1296, 11 giugno 1298 e 19 maggio 1302 (per i rapporti di affari con Andrea Badoer); Collegio. Lettere 1308-1310, cc. 67r, 90v-91r; R. Predelli, I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, I, Venezia 1876, pp. 30-32, 101, 143, 175; A. Dandolo, Chronica per extensum descripta, in RIS2, XII, I, a cura di E. Pastorello, Bologna 1938-1958, pp. 375-379, 381; Venetiarum historia vulgo Petro Iustiniano filio adiudicata, a cura di R. Cessi - F. Bennato, Venezia 1964, pp. 208, 299.
E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, III, Venezia 1830, pp. 29-35, 404; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, III, Venezia 1855, pp. 22, 26-30, 32 s.; R. Fulin, La casa grande dei tre fratelli Quirini, in Archivio veneto, 1876, vol. 11, pp. 147-156; G. Soranzo, La guerra fra Venezia e la Santa Sede per il dominio di Ferrara (1308-1313), Città di Castello 1905, pp. 154, 156; F.C. Lane, Venice, a maritime republic, Baltimore 1973 (trad. it. Storia di Venezia, Torino 1978, pp. 136-138); M. Pozza, I Badoer. Una famiglia veneziana dal X al XIII secolo, Abano Terme 1982, pp. 72, 76 s., 103, 127; F. Rossi, Quasi una dinastia: i Gradenigo tra XIII e XIV secolo, in Grado, Venezia, i Gradenigo, a cura di M. Zorzi, S. Marcon, Venezia 2001, pp. 166 s.; G. Gullino, Quando la Terraferma volle conquistare Venezia: la congiura di Baiamonte Tiepolo, in Archivio veneto, s. 5, CCIX (2010), pp. 5 s., 8, 10.