CALDANA, Marco Petronio
Nacque verso il 1645 da Petronio e da una Lucia a Pirano (Istria). Fu avviato agli studi letterari dal precettore, fra' Bartolomeo Grassi, e dal can. Domenico Corsi, ma la morte repentina del padre costrinse non solo il giovane C. a sospendere gli studi, ma anche la famiglia a trasferirsi a Bologna, presso lo zio Nicolò Caldana, ricordato come uomo di notevole cultura e sensibilità. Fu per iniziativa dello zio che il C., assieme a suo fratello Elio, entrò nel Collegio dei nobili di S. Francesco Saverio, in Bologna, diretto dai gesuiti, ove poté seguire un corso regolare di studi. Ma ancora una volta fu distolto da necessità contingenti: dovette infatti seguire lo zio a Parenzo, della cui diocesi era stato nominato vescovo, nel 1667, da Alessandro VII. La familiarità di vita comune con questo zio vescovo permette di rintracciare un'altra periferica notizia biografica del C.: lo incontriamo infatti sulla strada verso Roma, nel 1671, mentre accompagna il vescovo che era stato convocato dal papa, Clemente IX; ma lungo la strada lo zio muore. Di nuovo solo, il C. decide di tentare l'avventura presso la corte imperiale di Vienna, munito di lettere del cardinale C. Carafa e di A. Giulio Giustiniani, ambasciatore di Venezia presso l'imperatore.
Le vicende biografiche del C. si sovrappongono a questo punto con la storia del suo poema epico latino: Clodiados libri XII (Patavii 1687). L'intento dell'opera è dichiaratamente apologetico: dedicata a Luigi XIV, nello svolgere un tema tratto dalla storia antica della Francia, si distende costantemente, secondo la più diffusa tipologia del genere epico, alla celebrazione della grandezza e magnanimità della dinastia reale di Francia, già preannunciate negli eventi tanto lontani che formano oggetto della narrazione.
Il C. fu consapevole di tentare una operazione insolita nel momento in cui adotta il latino come lingua letteraria e quindi costruisce il suo poema in esametri: in questa scelta si coglie con evidenza la volontà intellettualistica di misurarsi agonisticamente con la classicità, che è segno esterno già indicativo della condizione largamente barocca del testo del Caldana. La Clodiade ottenne calorosi elogi da parte del cardinal Giovanni Delfino, come mostra la lettera datata primo marzo 1688 stampata in fondo al volume (e che evidentemente deve essere stata aggiunta dopo la stampa, essendo questa del 1687), e da parte di Carlo De Dottori, che a sua volta deve aver visto l'opera ancora manoscritta, essendo egli morto nel 1686. Ma soprattutto la Clodiade fece ottenere al C. quanto progettava affidando al testo la celebrazione di Luigi XIV: l'opera riscosse vivo successo a Parigi e il C. (che forse aveva composto la Clodiade in latino anche per assicurargli una disponibilità di consumo "internazionale" maggiore di quanto non sarebbe stato lecito aspettarsi da una opera in volgare) fa chiamato a far parte dei cortigiani del re. A Parigi dovette restare a lungo, se si ha notizia che un suo figlio ebbe modo di laurearsi alla Sorbona, e se, in particolare, non è possibile rintracciare notizie intorno alla sua morte o agli ultimi anni della sua vita.
La Clodiade ècomposta di dodici canti, di circa settecento esametri ciascuno. L'argomento può essere così riassunto: dopo la morte di Clodoveo, Childeberto, suo figlio terzogenito, è vinto e ucciso in battaglia; la Gallia èsconvolta dalla guerra e Clotilda, vedova di Clodoveo, si dispera perché teme che i suoi tre nipoti, figli di Childerico, Clodio, Gottardo e Tebaldo, possano cadere per vendetta di Polimante, che ha già ucciso il loro padre. La situazione si complica sul piano dinastico, perché Clotario e Clodomiro, fratelli del defunto re, non vogliono cedere il trono ai legittimi eredi, i figli di Childerico. Il poema sviluppa questo contrasto, con opportune variazioni e complicazioni, sino alla soluzione nel decisivo duello finale tra Clodio e Clotario, che vede il primo prevalere secondo giustizia. Il poema ricalca da vicino gli schemi più consueti del romanzo epico classico (sia d'ascendenza virgiliana che staziana) con interventi d'innovazione tematica che costituiscono senza dubbio i momenti di maggiore originalità e interesse: come quando realizza un curioso calco dantesco nel canto IX, in cui Clodoveo, impietosito dal dolore di Clotilda, scende dal paradiso e la porta a visitare il cielo, nei suoi vari ordini, sino all'empireo e alla visione di Dio. Ma se i modelli latini costituiscono l'archetipo utilizzato per la costruzione dell'opera, l'intonazione complessiva è offerta dal modello del Tasso: sia nell'ampio spazio riservato alle vicende d'amore di Clodio ed Ermenegilda sia nell'accentuazione più generale d'una tonalità malinconica. Diretto calco tassiano èl'episodio dell'uccisione da parte di Clodio di Ermenegilda che combatte sotto finte spoglie (canto XI, 0 più ampiamente rituale èla narrazione della vita di Clodoveo fatta da Aureliano al re di Britannia (canto VII), o la descrizione del torneo cavalleresco a Londra che vede il trionfo di Clodio su avversari fortissimi (canto VI). Spunti che mostrano la condizione largamente barocca della gestione del poema da parte del C. possono d'altra parte essere segnalati nell'episodio di Ermenegilda che cerca disperatamente Clodio e di notte ripara in una grotta comunicante con un'altra in cui riposa Clodio, e nel sonno s'invocano a vicenda, ma tutt'e due ritengono trattarsi d'una illusione.
Bibl.: S. Rota, M.P.C., in L'Istriano, 7marzo 1860; P. Stancovich, Biografie degli uomini distinti dell'Istria, Trieste 1828-29; B. Ziliotto, M. P. C. da Pirano e il suo poema, Trieste 1905.