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MARULO, Marco

di Giovanna Paolin - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)
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MARULO, Marco (Marko Marulić, Marko Pečenić, Marcus Marulus Spalatensis o Dalmata). – Nacque a Spalato il 18 ag. 1450 da Nikola, magistrato, e Dobrica Obirtić (de Albertis)

Giovanna Paolin

, di nobile famiglia, primogenito di numerosi figli. Il cognome paterno, che in una delle sue varianti era Pečenić, fu modificato successivamente in Marulus o de Marulis.

Dopo una prima istruzione con il maestro Girolamo Piacentino, seguì gli studi di umanità a Spalato, secondo alcuni sotto la guida di Tideo Acciarini tra il 1469 e il 1471, proseguendo la formazione, sempre secondo alcune ipotesi, a Padova, dove avrebbe studiato diritto. Fu attento amministratore delle fortune familiari, di cui alla morte del padre, nel 1474, divenne responsabile in quanto primogenito. Dal 1479 svolse incarichi per conto della Municipalità spalatina. Viaggiò in Italia e frequentò alcuni tra i maggiori centri culturali, in particolare Venezia, dove risulta che si recasse nel 1481. Intorno al 1509-11 trovò rifugio a Porto Sordo, nell’isola di Šolta, di cui scrisse in termini di intensa poesia e dove ebbe la pace necessaria per studiare e per meditare. Visse celibe, senza abbracciare lo stato ecclesiastico, ma conducendo una vita di grande rigore.

Il M. morì a Spalato il 5 genn. 1524 e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco fuori dalle Mura.

Il suo primo biografo, l’amico Franjo Božićević (Natalis), dette alla storia della sua vita un’aura di santità, oltre a tramandare il ricordo dei suoi molti scritti, non tutti pervenuti.

Il M. fu un interprete straordinario dello spirito del tempo e di un contesto multiculturale. Abile versificatore e conoscitore della lingua e della cultura latina e italiana, compose nella lingua madre croata (nella variante čakava) con risultati di grande valore che, anche in virtù del successo delle sue opere, ne fanno uno dei padri della moderna letteratura croata. Ammiratore del genio dantesco, ne raccolse la sfida traducendo in latino il primo canto dell’Inferno. Dell’opera di Dante egli riconobbe non solo il valore poetico, ma anche il rigore morale e la severa carica religiosa e civile. Il M., infatti, si collegò idealmente al dibattito nato intorno alla necessità di un rinnovamento cristiano e, in particolare, a quanto veniva proposto dal movimento della Devotio moderna. La forte scelta morale e religiosa, pur influenzata dal più ampio dibattito dell’epoca, restò comunque fedele alla Chiesa di Roma.

Fin da giovane mostrò amore per l’antichità classica studiandone le testimonianze – nei Commentaria in inscriptiones veterum in marmore incisas e nell’In epigrammata priscorum commentarius (entrambi successivi al 1503) –, traducendo, componendo (Epitaphium Georgii et Perinae, 1464), mostrandosi anche abile versificatore. Probabilmente all’età di 24 anni tenne a Spalato un celebrato discorso in onore del doge Nicolò Marcello. Per far conoscere nobiltà e storia della sua terra, egli inoltre rese liberamente in latino, nel 1510, la Cronaca croata, tratta da Ljetopis popa Dukljanina (Annali del prete Docleate), opera del XII secolo (Belgrado, Biblioteca nazionale, Mss., R.570, Regum Dalmatiae et Croatiae historia).

S’impegnò però soprattutto nella pedagogia della fede, scrivendo un’opera latina di vasto respiro e grandissima fortuna: De institutione bene vivendi per exempla sanctorum (composta nel 1496-99; prima edizione nota: Venezia, Bernardino dei Vitali, 1507). In questo scritto – e nelle Quinquaginta parabolae (ibid., Laurentius de Rosis, 1510), nell’Evangelistarium (ibid., Giacomo Penzio, 1516, ma forse risalente già al 1487) o nel De humilitate et gloria Christi, dedicato al veneziano Agostino Da Mula (ibid., Bernardino dei Vitali, 1519, ma per alcuni redatto nel 1507 o 1509) – utilizzò senza pesantezze stilistiche l’ampia competenza delle fonti classiche e patristiche, fino agli scrittori a lui contemporanei, per proporre esempi di severa edificazione cristiana. Il suo impegno lo spinse anche a tradurre in croato, nel 1500, il De imitatione Christi di Tommaso da Kempis (Od naslidovan’ja Isukarstova), per offrirlo alla lettura dei suoi conterranei. Il De institutione fu opera apprezzata per la coerente costruzione e la forza spirituale da grandi personalità religiose, tra cui Carlo Borromeo e Pietro Canisio, e fu tradotta rapidamente in diverse lingue. Negli altri scritti l’uso delle fonti patristiche si fece più attento e sorvegliato, ma restò preminente nel M. l’interesse non tanto per l’analisi critica del testo quanto per la comunicazione di un cammino di fede. Esaltò la virtù del sacerdote e del monaco, richiamandoli al rispetto per la grande dignità delle rispettive vocazioni. Deprecò la Chiesa attenta solo a spendere in abbellimenti, edifici e mondanità, richiamando a un cristianesimo vicino al Cristo povero delle sue origini. In particolare l’Evangelistarium mostra una coerente struttura teologica, dedicata all’esaltazione delle tre virtù fondamentali del cristiano: fede, speranza e carità. Il De humilitate rivela una volta di più l’autentica passione del M. per la figura del Redentore, sottolineandone la realtà messianica non compresa dal popolo ebraico. L’influenza del M. fu molto importante sia in ambiente domenicano sia gesuitico, anche se poté più tardi suscitare a Roma censure e sospetti, fino all’inclusione del De institutione nell’Indice madrileno del 1612.

Opere a carattere prevalentemente letterario furono la Vita divi Hieronymi (1507) e il De quattuor Ecclesiae doctoribus (pubblicato in una raccolta, 1899). Proprio a proposito della figura di s. Gerolamo, egli con forza rivendicò, nell’aggiunta In eos qui beatum Hieronymum Italum fuisse contendunt, l’origine dalmata del santo, delle cui opere era appassionato cultore. Meno noti e solo recentemente valorizzati sono il sermone De ultimo Christi iudicio (1520-21) e il De veteris instrumenti viris illustribus commentarium (1517-18), dedicato ai principali personaggi biblici. Agli inizi degli anni Venti del Novecento è stato ritrovato a Roma, nella Biblioteca nazionale (Gesuitico, 522), il Repertorium (o Multa et varia), che mostra il lavoro di preparazione degli scritti del M., in forma di una vasta raccolta creata, come d’abitudine tra gli studiosi, per il proprio uso personale, di appunti e citazioni tratti dalla sua vasta biblioteca.

La fama del M. resta profondamente legata a un poema in lingua croata: la Judita o Istoria sfete udovice Iudit u uersich haruacchi slosena (Storia della santa vedova Giuditta scritta in versi croati), composto nel 1501 e pubblicato a Venezia nel 1521 da Guglielmo da Fontaneto. In quest’opera egli mette tutta la sua passione religiosa e civica davanti all’incubo dell’invasione turca. Quanto avrebbe scritto con parole appassionate al pontefice Adriano VI (Epistola… de calamitatibus occurrentibus et exhortatio ad communem omnium Christianorum unionem et pacem, Roma, Bernardino de Vitali, 1522, con una dedica al domenicano Dominik Buća) invocando il suo intervento, perché un cristianesimo finalmente purificato e riunito potesse resistere al nemico alle porte, il M. lo anticipò in un canto eroico per parlare a tutto il suo popolo. Nella Judita unì con abilità lo stile amato di Virgilio alla forte religiosità del suo animo, all’ispirazione biblica. Giuditta aveva trovato in Dio la forza per uccidere Oloferne e salvare il suo popolo, svergognando uomini pavidi e saggi inetti. Dio salva il suo popolo con la forza del più debole, sovvertendo ogni calcolo umano. Questa è la speranza anche per la sua terra, che solo in Dio potrebbe trovare la forza per vincere un nemico, forte soprattutto delle sue ragioni, auspicando al contempo che le forze divise della cristianità riuscissero a superare debolezze e divisioni sotto la salda guida del pontefice. Aveva ben presente che i pontefici e i prelati erano ben lontani dall’esempio di Cristo umile servo, come sottolinea nel De humilitate portando l’esempio di s. Gregorio Magno. Essendo caduto nel vuoto l’appassionato testo inviato a Roma, il M. rivolse a Dio la sua preghiera per la sua terra in pericolo (Molitva suprotiva Turkom [Preghiera contro il Turco], edita in Versi harvacki (izbor) [Versi croati scelti], a cura di T. Maroević - M. Tomasović, Zagreb 1996).

Nel poema Davidias (1510-17), composizione epica di stile virgiliano, in quattordici canti in esametri, dedicata al cardinale veneziano Domenico Grimani, patriarca di Aquileia, il M. esaltò l’eterna lotta tra Davide e Golia, tra il bene e il male, con l’animo sempre teso allo scontro epocale che vedeva aperto davanti a sé, nel quale erano impegnati in un’impari lotta contro il Turco importanti figure di combattenti, come il bano Pietro Berislavić. Non si può capire tutta la sua opera, infatti, se non si pone mente all’amore per la sua patria in pericolo, per un cristianesimo umiliato, che andavano ambedue salvati, nel segno di un recupero morale e religioso. Meno fortunata fu la sua prova con l’opera Suzana, riscoperta nel 1855 (in Neven, IV [1855], 30, pp. 470-474; 31, pp. 485-490) e con alcuni altri scritti: Poklad i korizma (Carnevale e quaresima); Spovid koludric od sedam smrtnih grihov (Confessione delle monache sui sette vizi capitali); Anka satir; Tu enje grada Hjerosolima (Il lamento della città di Gerusalemme); Od Uskarsa Isusova (Della Resurrezione di Gesù).

A ribadire la natura profonda delle sue scelte di scrittore, si può ricordare un’operetta latina, scritta tra il 1519 e il 1520, il Dialogus de Hercule a Christicolis superato, nella quale sottolineò una volta di più la superiorità della scrittura cristiana contro il gusto classicheggiante del momento, sulla scorta di quanto si ricordava a proposito di s. Gerolamo accusato di essere non cristiano, ma ciceroniano. In quest’opera egli inserì una lettera dedicatoria a Thomas Niger, nella quale esprimeva la sua profonda ammirazione per Erasmo da Rotterdam.

Solo poche lettere sono pervenute, conservate presso l’Archivio di Stato di Venezia nelle carte del suo amico notaio Iacopo Grassolario, dirette a lui e al canonico spalatino Jerolim Ćipico (Girolamo Cippico), cui tra l’altro scriveva, scherzosamente, di sentirsi il Dante della lingua «schiava» (Arch. di Stato di Venezia, Notai, Atti, 2557). Molte altre opere sono citate dal suo primo biografo ma non furono ritrovate. Nell’opera perduta Psichiologia de ratione animae humanae il M. usò il termine «psicologia» in un’accezione simile a quella che si sarebbe consolidata fino ai nostri giorni.

I canti latini del M. sono pubblicati in Marulićeve latinske pjesme (Canti latini di Marulić), in Grada za povijest knjiž evnosti hrvatske. Skupio i uredio Milivoj Srepel (Materiali per la storia della letteratura croata, a cura di Milivoj Šrepel) in JAZU (Jugoslavenske Akademije znanosti i umjetnosti. Accademia iugoslava delle scienze e delle arti), 1899, n. 2, pp. 13-42.

Fonti e Bibl.: M. Marulo, Opera omnia, I-XV, Split 1984-2005; M. Šrepel, O Maruliću (sul M.), Zagreb 1901, pp. 154-220; F. Lo Parco, La canzone alla Vergine di Francesco Petrarca dalla secolare ammirazione al singolo omaggio di M. M. umanista dalmata del secolo XVI, in Arch. stor. per la Dalmazia, VI (1931), 63-64, pp. 107-125, 173-189; J. Dayre, Une traduction de Marko Marulić, in Annales de l’Institut français de Zagreb, III (1939), pp. 221-227; F. Diomartic, Marcus Marulus Spalatensis (1450-1524) eiusque doctrina ascetica, Romae 1946; J. Badalić, Bibliografija Marulićevih djela te radova o životu i djelima Marulićevim (Bibliografia delle opere di M. e dei lavori sulla vita e le opere di M.), in Djela Jugoslavenske Akademije znanosti i umjetnosti (Atti dell’Accademia iugoslava delle scienze e arti), XXXIX-XL (1950), pp. 33-123; C. Dionisotti, M. M. traduttore di Dante, in Miscellanea di scritti di bibliografia ed erudizione in memoria di Luigi Ferrari, Firenze 1952, pp. 233-242; V. Gortan, La version latine du Ier chant de la Divine comédie par M. Marulić, in Studia Romanica et Anglica Zagrabiensia, V (1960), 9-10, pp. 9-18; G. Praga, Acciarini, Tideo, in Diz. biogr. degli Italiani, I, Roma 1960, p. 97; M. Marcovich, On the «Davidias» of Marko Marulić, in Acta Conventus neo Latini Lovaniensis. Proceedings of the Ist international Congress of neo-Latin studies, Louvain… 1971, a cura di J. Ijsewijn - E. Kessler, Louvain-München 1973, pp. 371-380; W. Baumann, Die «Davidias» des Marko Marulić, Frankfurt a.M.-Bern-New York 1984; L. Kosuta, Fortune et infortunes d’un livre de Marko Marulić: Le «De institutione bene vivendi per exempla sanctorum» (Venise, 1507), in Les Croates et la civilisation du livre. Actes du Ier Symposium international… 1983, a cura di H. Heger - J. Matillon, Paris 1986, pp. 55-66; Ch. Béné, Nouveaux documents sur la diffusion en France de l’œuvre de Marulić, in Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance, 1990, vol. 52, pp. 617-622; Id., Anne d’Urfé et Marc Marule, in Renaissance européenne et phénomènes religieux 1450-1650, Montbrison 1991, pp. 347-357; A. Zlatar, Marulićeva «Davidijada» (Il «Canto di Davide» di M.), Zagreb 1991; I. Lokös, A Judit es Holofernész-téma a horvát és a magyar reneszáns epikában (Il tema di Giuditta e Oloferne nell’epica rinascimentale croata e magiara), in Studia litteraria, XXX (1992), pp. 19-45; Ch. Béné, Sabellicus, «lecteur» de Marulic, in Studi veneziani, n.s., XXVI (1993), pp. 283-301; Id., Sudbina jedne pjesme / Destin d´un poème / Destiny of a poem, Zagreb-Split 1994; Id., Un émule heureux de Valère Maxime: Marc Marule de Split, in Acta Conventus neo-Latini Hafniensis, Proceedings of the VIIIth international Congress of neo-Latin studies, Copenhagen… 1991, a cura di R. Schnur et al., Binghamton, NY, 1994, pp. 303-310; Id., Humanisme slave et humanisme européen: l’exemple de Marc Marule, in L’Europe et les Europes au XVIe siècle. Actes du Colloque… 1994, Puy-en-Velay 1995, pp. 81-95; I. Frangeš, Geschichte der kroatischen Literatur von den Anfängen bis zur Gegenwart, Köln-Weimar-Wien 1995, pp. 23-26, 35-41, 801-803; M. Tomasović, Sept ans avec Marul (Sedam godina s Marulom), Split 1996; M. Parlov, Il mistero di Cristo modello di vita cristiana secondo M. Marulić, Roma 1997; B. Jozić - B. Lučin, Essai de bibliographie des œuvres imprimées de Marko Marulić (Judita, Evangelistarium, Institutio), in Cahiers Croates, 1997, nn. 1-2; M. Tomasović, Marko Marulić Marul, Zagreb 1999; Id., M. M. e la letteratura croata, in Colloquia Maruliana, IX (2000), pp. 77-93; S. Krasić, La vita e la formazione di Marko Marulić, in Marko Marulić poeta croato e umanista cattolico: una proposta per l’Europa del terzo millennio. Atti del Convegno internazionale. Roma… 1998 - Spalato… 1999, Roma-Split 2000, pp. 33-45; N. Paro, Bibliografija M. M., Split 2003; Colloquia Maruliana, Split (Spalato), 1992-2007; www.marulianum.storia.unipd.it; www.knjizevni-krug.hr/marulianum.

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