MARINI, Marco
– Nacque nel 1541 o 1542 a Brescia, da Marco e fu battezzato Pietro Giacomo come l’avo paterno. Della madre Antonina non è noto il cognome.
Benché sia da considerare infondata la notizia, riportata da Rossi, della discendenza dall’antica famiglia romana dei Macrini, non si può escludere l’origine nobile dei Marini, secondo l’ipotesi avanzata da Scotti sulla scorta di documenti che attestano il legame con l’illustre casato dei Brognoli di Bergamo, la cui presenza in territorio bresciano è registrata dalla fine del XIV secolo.
Nulla si conosce della vita del M. sino al 1558, anno in cui entrò nella Congregazione dei canonici regolari di S. Salvatore, che a Brescia avevano la loro sede nel convento di S. Giovanni Evangelista. L’anno seguente pronunciò i voti, rinunciando ai suoi beni in favore del fratello Marco Antonio e assumendo il nome del padre, che adoperò sempre nei suoi scritti. Dal 1560 si trasferì a Venezia, dove rimase fino al 1566, per completare gli studi filosofici e teologici e approfondire la conoscenza delle lingue classiche, ma soprattutto per intraprendere lo studio delle lingue orientali.
Gli fu maestro d’ebraico Paolo Veneto, un ebreo convertito, che nel 1561 era entrato nella Congregazione e teneva cattedra a Venezia ovvero, secondo una diversa congettura di Scotti, il prefetto della Congregazione T. Zupponi. In seguito studiò, probabilmente da autodidatta, il caldeo, il greco, l’arabo e l’illirico. Tra il 1567 e il 1568 soggiornò nei conventi di Treviso e di Candiana, presso Padova. Quando, nel 1567, Zupponi pubblicò a Venezia le Enarrationes in librum Iob, edizione postuma dell’illustre confratello eugubino A. Steuco, il M. poté offrire il primo saggio della sua ormai solida dottrina, scrivendone la prefazione in ebraico, nello stile fiorito dei profeti posteriori.
Nel 1568 la Serenissima richiese i suoi servigi come segretario e interprete della corrispondenza con la Turchia, l’Egitto e la Persia e il M. tornò pertanto a Venezia, dove rimase ininterrottamente fino al 1579 svolgendo tale incarico. In questo periodo si dedicò anche all’insegnamento della lingua ebraica, raccogliendo i materiali per una grammatica, che pubblicò nel 1580 (Basilea, A. Froben), con il titolo di Hortus Eden. Grammatica linguae sanctae. Una seconda edizione, sottoposta a un’attenta revisione e notevolmente arricchita, apparve a Venezia nel 1585 presso Giovanni di Gara.
L’opera illustra in modo chiaro e conciso gli aspetti fonetici della lingua (De literis, De consonantibus, De vocalibus, De dages [i segni diacritici dell’alfabeto ebraico]), passando poi all’esame delle parti del discorso (De nomine, De affixis, De verbo, De consignificativis) e presentando infine alcune frasi esemplari (flosculi) tratte dal Thesaurus dello stesso M. – all’epoca ancora inedito – e un paradigma di analisi grammaticale dei Salmi I e II, con l’interpretazione desunta ancora dal Thesaurus. In chiusura, il M. preannuncia una nuova serie di studi (De conscribendis literis Hebraice, De phrasi, De interpretatione) che sarebbero però rimasti allo stato progettuale.
Agli anni veneziani risalgono anche il significativo ritrovamento di una explicatio caldaica (targum) del Pentateuco, detta «di Gionata», e il progetto di darne pubblicazione con altre due explicationes caldaiche, dette «di Onchelos» e «di Gerusalemme», progetto cui tuttavia il M. abdicò, per gli eccessivi impegni e che solo nel 1590 sarebbe stato compiuto da Asher Forins nella sua edizione del Pentateuco (Venezia, G. Bragadin).
Nel 1579 il M. venne chiamato a Roma da papa Gregorio XIII, che gli affidò l’incarico di revisore e censore dei libri rabbinici. Per sei anni egli si dedicò al delicato compito, dando prova di profonda dottrina e di giudizio equilibrato, doti che gli meritarono la stima non solo dell’ambiente papale, ma anche della comunità ebraica. Il potente principe Giacomo Boncompagni, duca di Sora, governatore generale delle milizie della Chiesa, fu suo amico e protettore, nonché discepolo, e il cardinale Giulio Antonio Santori, preposto del S. Uffizio per l’emendazione dei testi ebraici, si valse del suo aiuto per la revisione del Talmud pubblicato a Basilea da J. Froben tra il 1578 e il 1581. A questo periodo risale forse anche l’edizione emendata del De immolationibus (Massechet Cholin), pubblicata a Basilea e, successivamente, a Francoforte sull’Oder e a Berlino, opera nota solo in un’edizione posteriore databile al 1734-39, un esemplare della quale è conservato nella Biblioteca Queriniana di Brescia. Durante il soggiorno romano, il M., che rifiutò ripetutamente la nomina a vescovo per coltivare con maggior libertà gli studi, proseguì e completò la redazione della Grammatica, ma si dedicò soprattutto alla laboriosa compilazione di un Lexicon, che già negli anni veneziani lo aveva visto impegnato in un’intensa attività di raccolta e recensione dei repertori lessicali ebraici, di autori sia ebrei sia latini. L’opera avrebbe visto la luce solo nel 1593, ma la dedicatoria al principe Boncompagni, datata 15 apr. 1581, e l’annuncio dell’imminente pubblicazione nella prefazione alla seconda edizione del Hortus Eden (Venezia, Giovanni di Gara, 1585) sembrano documentare uno stato redazionale già avanzato nei primi anni romani. Il volume, intitolato Arca Noe. Thesaurus linguae sanctae novus, venne pubblicato da Giovanni di Gara, nel 1593, in un ponderoso formato in folio di più di 800 pagine. L’autore stesso spiega la ragione del titolo, che allude, nello stile figurale ebraico, al valore consolatorio e salvifico degli studi.
L’ampia prefazione contiene una dettagliata premessa metodologica e un’esposizione delle teorie linguistiche dell’autore, con particolare riguardo al problema della traduzione. Ribadito il carattere divino della lingua ebraica, di cui l’originaria perfezione e l’incorruttibile eleganza sarebbero evidente contrassegno, il M. difende l’importanza del ricorso diretto all’archetipo del Libro sacro, contrastando la tesi di chi, per un malinteso senso dell’ortodossia, difende il primato della Vulgata. Non all’idioma ebraico, spiega il M., sono imputabili le eventuali corruzioni del messaggio, ma ai travisamenti causati dall’ambiguità del sistema di puntazione – che egli, contrariamente alle teorie correnti, ritiene creato ab origine da Dio – e soprattutto all’insipienza dei traduttori. Benché, per ammissione dell’autore stesso, il Thesaurus risulti debitore alla tradizione dei repertori classici e, in particolare, a quello di Sante Pagnini, esso presenta numerosi caratteri di novità: al dettagliato elenco in ordine alfabetico delle radici verbali e nominali, il M. affianca, come mai era stato fatto in precedenza, la registrazione completa delle parole derivate, composte e coniugate, di cui offre una dettagliata descrizione morfologica; dedica ampio spazio alla spiegazione dei vocaboli caldei; segnala per ogni vocabolo i sinonimi, i contrari, gli idiotismi e le varietà stilistiche; propone, per gli etimi incerti, spiegazioni fondate non, come era consuetudine, sull’autorità dei rabbini, ma sul confronto con le altre occorrenze del termine o su motivate congetture; indica il numero delle ricorrenze dei nomi dei personaggi e presenta per ciascuno un breve profilo biografico; raccoglie notizie rare sulle località citate.
L’opera ricevette un vasto apprezzamento, come testimoniano sia i numerosi tributi dei più dotti ebraisti dell’epoca (il ricco paratesto riporta gli elogi, tra gli altri, di Leone da Modena, David de Pomis, Samuel Archivolti e Israel Zifroni) sia la rapida diffusione, anche all’estero, che ne rese difficile il reperimento a pochi anni dall’unica stampa. A integrazione del lavoro, il M. pubblicò, nello stesso anno per lo stesso tipografo, un breve dizionario latino-ebraico, intitolato Collectio messis. Dictionarium Latino-Hebraeum ex Thesauro decerptum.
Nel 1584 il M. venne nominato abate e prefetto della canonica di S. Agnese, ma, l’anno seguente, le cattive condizioni di salute e la morte di papa Gregorio XIII lo indussero a ritornare a Brescia. Dal 1586 al 1588 ricoprì la carica di abate nel convento di Croara, vicino a Bologna, dove entrò in familiarità con il cardinale G. Paleotti, arcivescovo della città e attivo promotore della riforma tridentina. Quando però, nel 1588, il cardinale si trasferì a Roma, il M. rientrò a Brescia, assumendo l’incarico di censore, per un anno, e poi, per un triennio, di prefetto della Congregazione.
Oltre che al perfezionamento e alla pubblicazione del Thesaurus, negli ultimi anni si dedicò alla revisione delle Annotationes literales in Psalmos, la cui prima stesura risale probabilmente al periodo romano. L’intervento di limatura si interruppe tuttavia al salmo XXVIII e le Annotationes rimasero incompiute e inedite sino alla stampa settecentesca, curata dal canonico A.L. Mingarelli (Bologna 1748-50), preceduta di poco, nel 1735, dall’apparizione isolata del commento al salmo XXI, per mano di un anonimo confratello (Psalmus XXI quem Marcus Marinus can. reg. ex Hebraico transtulit nunc primum ex autographo prodit, in appendice a J.B. Bossuet, Spiegazione della profezia d’Isaia, e del salmo XXI sopra la passione e abbandonamento di Gesù Cristo, Venezia 1735).
L’opera contiene la spiegazione analitica dei Salmi di Davide, divisi in quindici decadi, dei quali viene offerta una nuova versione in latino, accanto al testo ebraico e alla traduzione della Vulgata. Da alcuni appunti trascritti da Mingarelli dal manoscritto delle Annotationes si comprende che era intento del M. dedicarsi a ulteriori studi sul problema delle fonti della Vulgata e della genesi dell’errore nella traduzione, e pubblicare i Salmi in traduzione latina e greca, corredando l’opera di un dizionario ebraico, greco e latino e di un repertorio di concordanze.
Il M. morì a Brescia il 20 maggio 1594 nel convento di S. Giovanni Evangelista.
Fonti e Bibl.: O. Rossi, Elogi historici di bresciani illustri, Brescia 1620, pp. 348-350; G.L. Mingarelli, Marci M. vita, in M. Marini, Annotationes literales in Psalmos…, Bononiae 1748, pp. IX-XXII; V. Garofoli - P. Cavalieri, Biblioteca compendiosa degli uomini illustri della Congregazione de’ canonici regolari del Ss. Salvatore Lateranesi…, Velletri 1836, pp. 74-80; G. Scotti, M. M. orientalista bresciano del Cinquecento, in Brixia sacra, XII (1921), pp. 134-154.