LOREDAN, Marco
Nacque a Venezia presumibilmente nel 1489 (nel 1510 la madre, vedova, lo presentò all'estrazione della balla d'oro attestandone il compimento dei ventun anni), ultimogenito di Alvise di Polo di Pietro, del ramo di S. Maria Nova, e di Argentina (o Vincenzina) Contarini di Giacomo da S. Maria Formosa.
Nella famiglia, che si era resa illustre tanto in politica quanto nell'attività mercantile, si segnalano il bisnonno Pietro, procuratore - che combatté nelle guerre contro Genova, Mantova e Milano e nel 1423 fu rivale di Francesco Foscari nella corsa al seggio ducale perdendolo per un solo voto -, e una prozia Maria, moglie di Francesco e madre di Zaccaria Barbaro, celebri umanisti. Il padre, dopo una dignitosa carriera, morì nel 1502, provveditore in Armata, lasciando i numerosi figli - oltre al L., tre maschi e sei femmine - alcuni in tenera età, al governo della moglie.
Il L., segnalatosi nel 1513 alla difesa di Treviso assediata dalle truppe imperiali, esordì nella vita politica nel 1514 come camerlengo a Capodistria e si candidò alla Quarantia civile e al Saviato agli ordini mediante l'offerta di un prestito allo Stato. Negli anni seguenti rinnovò i tentativi di ottenere incarichi nell'amministrazione centrale e nei reggimenti di Terraferma, i cui esiti sono incerti per la presenza di diverse omonimie.
La sua carriera, fin qui modesta, incolore e costellata di insuccessi, ebbe un salto di qualità a partire dagli anni Trenta. Tornato in Senato nel 1532, fallita l'elezione a capitano a Vicenza, nel marzo del 1533 ottenne quella a podestà e capitano a Feltre, entrandovi il 2 luglio. Il territorio portava ancora i segni delle devastazioni provocate dalla passata guerra con la Lega di Cambrai e gli abitanti erano afflitti da un'endemica indigenza. La penuria di foraggio, che in gran quantità prendeva la via della pianura, favoriva le carestie e alimentava un banditismo aggressivo. Il L., pur non disponendo di personale sufficiente e adeguatamente retribuito, operò con sensibilità e costanza per alleviare le pene della popolazione che, fedele e salda, aveva opposto una tenace resistenza all'occupazione imperiale. Su questa realtà e sulle carenze difensive, il L. si soffermò nella relazione letta in Senato nel 1534. Il 28 ott. 1537 fu nominato provveditore a Salò e capitano della Riviera di Brescia. Aveva trovato - scriverà nella relazione presentata il 18 giugno 1539 - "un reggimento con pocha ubidienza", un elevato tasso di criminalità e un fiorente contrabbando alimentare a favore delle località limitrofe e degli Stati confinanti. Il depauperamento delle risorse, l'immiserimento della popolazione e i gravi danni all'Erario si sarebbero potuti affrontare - suggeriva - potenziando i mezzi e istituendo un corpo di "provisionati" da stipendiare con i proventi delle condanne penali.
Eletto nel 1542 savio alle Decime in Rialto, poi della zonta del Senato (dicembre), nel febbraio 1543 andò capitano a Brescia, dove, responsabile del sistema difensivo, si prodigò per tenere in efficienza le strutture a lui affidate, incrementando le bocche da fuoco e il munizionamento con un utilizzo più razionale delle risorse tecniche e produttive locali. Ritornato nel 1544 a Venezia, entrò nella zonta del Senato e l'anno dopo fu nominato senatore ordinario e membro dei Dodici per l'elezione del doge Pietro Lando. Senatore ordinario nel 1546, nel giugno del 1547 fu eletto capitano e podestà a Rovigo, che trovò in preda a "gare et inimicitie" tra le famiglie più eminenti, con grave pericolo per la quiete pubblica già compromessa da antiche faide. Il L., agendo con energia e grazie all'appoggio del Consiglio dei dieci, riuscì a imporre tranquillità e ordine. Nella relazione presentata il 26 sett. 1548, tuttavia, tralasciò questi fatti, soffermandosi invece sui danni erariali provocati dalla mancata riscossione dei dazi e dei proventi dei numerosi feudi di questo territorio, dovuta a un'irrazionale gestione dei beni pubblici e all'infedeltà dei funzionari.
Ritornato a Venezia alla fine del 1548, entrò nella zonta del Senato, eletto al luogo dei Procuratori sopra gli atti (1549), e il 2 nov. 1550 fu nominato capitano a Famagosta, entrando in carica il 1° giugno 1551 e completandola nel maggio del 1553.
Della permanenza a Cipro mancano sia i dispacci sia la relazione finale, ma le commissioni affidategli nel marzo del 1551 mostrano un interesse prioritario del Senato per l'efficienza delle fortificazioni e del porto e per il benessere della popolazione, indispensabili alla saldezza di quel dominio veneziano. Richiamato, dopo il rientro, nella zonta del Senato (1554), candidatosi senza successo al Consiglio dei dieci (1554-57), fu eletto provveditore al Sale nel 1555 e di nuovo, nel 1557, nella zonta del Senato.
Era ancora investito di quella carica quando, il 15 ott. 1557, il L. morì a Venezia e fu sepolto, come aveva voluto, nella chiesa di S. Elena.
Dalla moglie Elisabetta di Nicolò Contarini, sposata nel 1532, aveva avuto, oltre alle figlie femmine, Pietro (1541-65), Alvise (1533-60) morto assassinato, Giovanni (1537-71) ucciso alle Curzolari al comando di una galea, Nicolò (1534-60) e Polo (1540-93) continuatore della famiglia. Il testamento del 1547, permeato di un sincero auspicio di armonia familiare, suddivise equamente il patrimonio tra tutti i figli, assegnando la dimora di S. Maria Nova ai soli maschi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 17: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti, IV, c. 326; Notarile, Testamenti, bb. 1229, n. 45; 1257, n. 323; 1210, n. 708; 1218, X, 62; Atti Bianco, 3; Avogaria di Comun, b. 165, c. 235; Matrimoni con notizie dei figli (schedario); Segretario alle Voci, Elezioni in Maggior Consiglio, regg. 1, cc. 99v, 124v, 150v; 2, cc. 10v, 24, 109, 139v, 185; 3, c. 11v; Elezioni in Pregadi, reg. 2, c. 72; Dieci savi alle decime in Rialto, b. 168, n. 420 (redecima 1582); Capi del Consiglio di dieci, Lettere dei rettori e altre cariche, bb. 20, 121, 159; Collegio, Relazioni, bb. 41, 46-47; Indice per nome di donna dei matrimoni dei patrizi veneti, s.v.; Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. it., cl. VII, 817 (=8896): Consegi, cc. 7, 50, 66; 818 (=8897), cc. 129, 142, 190, 192, 248, 258, 275; 819 (=8898), cc. 109, 149; 820 (=8899), cc. 133, 143, 258; 821 (=8900), cc. 49, 68, 110-111; 822 (=8901), cc. 16, 34, 67, 91, 118, 126, 136, 237, 307, 323; 823 (=8902), cc. 33, 86, 175, 216, 256, 330; 824 (=8903), cc. 187, 223, 245v, 264, 300; 825 (=8904), cc. 45, 124, 155; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd.Cicogna, 3782: G. Priuli, Li pretiosi frutti…, II, c. 154; Donà delle Rose, bb. 45, cc. 257-294; 412/XXII; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, a cura dell'Istituto di storia economica dell'Università di Trieste, VI, Podestaria e capitanato di Rovigo, Milano 1972, pp. XLIV, 43 s.; II, Podestaria e capitanato di Feltre, ibid. 1974, pp. VIII, LV, LVIII, 211 s.; X, Provveditorato di Salò, ibid. 1978, pp. VII, LXXIII, 7; XI, Podestaria e capitanato di Brescia, ibid. 1978, p. LIII; M. Sanuto, I diarii, XVII, Venezia 1886, coll. 283, 291; XXII, ibid. 1888, coll. 126, 561; XLI, ibid. 1894, col. 518; XLIV, ibid. 1895, col. 40.