GIUSTINIAN, Marco
Figlio di Pancrazio, che fu uno degli ambasciatori inviati presso gli Aragonesi nel 1301, appartenne al ramo di S. Moisè della nobile famiglia veneziana. La sua data di nascita può presumibilmente collocarsi nel 1283, poiché sappiamo che morì nel 1346 all'età di 63 anni.
Come spesso accade per il patriziato veneto, è talvolta difficile seguirne con sicurezza le tracce nella documentazione per la presenza di numerosi omonimi contemporanei. Sappiamo per certo, tuttavia, che nel 1310 ebbe parte attiva nella repressione della congiura ordita da Marco Querini e Baiamonte Tiepolo, opponendosi in armi, in piazza S. Marco, ai rivoltosi che vi avevano fatto irruzione la mattina del 15 luglio per sollevare il popolo e rovesciare il governo legittimo del doge Pietro Gradenigo.
Scoperta la congiura, le forze lealiste attesero in armi i ribelli e, non appena il Tiepolo e i suoi entrarono nella piazza, furono affrontati dal G.: i ribelli, colti di sorpresa, ebbero la peggio e molti di loro rimasero uccisi nello scontro. A seguito di questa impresa, in cui dimostrò il proprio valore, il G. fu messo a capo insieme con Marino Bembo delle forze navali spedite contro Zara, ribellatasi in quell'anno al dominio veneziano. Nel 1313 la città dovette arrendersi e il 23 settembre venne concluso un nuovo "patto di Zara", che ridefinì il ruolo di Venezia nella vita pubblica della città.
Nel 1313 un Marco Giustinian fu rettore di Sitia (nell'isola di Creta) ed è possibile che si tratti del G., allo stesso modo di quello che, nel 1318, ebbe parte finanziaria nelle trattative fra Venezia e l'imperatore bizantino Andronico II Paleologo, al quale il Comune aveva offerto di mandare due galere ben equipaggiate per trasportare in Italia suo figlio Teodoro marchese di Monferrato. Un documento del 10 genn. 1323 ricorda inoltre un Marco Giustinian provveditore di Comune ma, anche in questo caso, l'identificazione non è sicura, mentre non vi sono dubbi sul fatto che nel 1325 il G. venne inviato come ambasciatore presso Federico III d'Aragona, re di Sicilia, per recuperare alcuni beni estorti a mercanti veneziani. Un documento del 17 dic. 1327 lo ricorda in seguito come consigliere del doge Giovanni Soranzo. L'anno successivo fu inviato come ambasciatore della Repubblica in Schiavonia e, in agosto, il Senato ne decretò il ritorno in patria inviando al suo posto un altro ambasciatore. Console veneto in Puglia nell'ottobre 1329, se di lui si tratta, fu nominato insieme con Marino Falier nunzio e sindaco del Comune presso Roberto d'Angiò, re di Napoli, al fine di ottenere il risarcimento per il saccheggio di una nave veneziana. La permanenza nella stessa carica è attestata per il gennaio 1330, quando il Senato rispose a un suo quesito, e in seguito nel settembre dello stesso anno e nel febbraio 1331 allorché, quale rappresentante del doge e del Comune veneziano, stabilì una convenzione con il sovrano di Napoli.
Di nuovo a Venezia il 22 maggio 1331, quando fu testimone a un contratto, svolse nei due anni successivi un'intensa attività all'interno del Senato veneziano. Il 14 maggio 1332, a motivo della contesa fra Venezia e il patriarca di Aquileia, causata dalla dedizione al Comune veneziano di Pola e di Valle in Istria, fu nominato ambasciatore al patriarca insieme con Giovanni Gradenigo, ma rifiutò l'incarico per motivi a noi sconosciuti.
Il 4 giugno dello stesso anno fu però incluso in una commissione di cinque savi incaricati di esaminare una lettera del papa Giovanni XXII e dell'ambasciatore del patriarca relativamente alla vicenda di Pola, che da più di un anno era ormai passata sotto il controllo veneziano. Quattro giorni più tardi, come da mandato ricevuto, i savi riferirono contestando il pieno diritto della Chiesa aquileiese al dominio su Pola, asserito nella lettera papale. La stessa risposta venne fornita dal governo veneziano agli ambasciatori del patriarca, ai nobili e alle Comunità del Friuli, che chiedevano la restituzione della giurisdizione su Pola, riproducendo anche il testo della lettera inviata al pontefice, e fu infine affrontata una questione minore relativa a una torre nel territorio di Pola.
Pochi giorni più tardi, il 13 giugno, il G. era ancora in attività come membro di un collegio di tre savi incaricati di esaminare alcune questioni relative al dominio di Negroponte, nel quadro della lega che allora si progettava contro i Turchi, e avanzò una proposta che venne però respinta dal Consiglio. Fra 1332 e 1333 il suo nome compare spesso negli atti del Senato fra i membri di altre commissioni di diversa rilevanza politica e amministrativa. Nel luglio 1332 è inoltre ricordato fra i capi del Consiglio della Quarantia e, in tale veste, partecipò ai lavori per il rinnovo della tregua con l'imperatore bizantino Andronico III Paleologo.
Il 17 luglio 1334 il G. fu eletto procuratore di S. Marco nella procuratia di Ultra e, nel corso dello stesso anno, andò in legazione diplomatica a Verona insieme con Fresco Querini. Fu, l'anno successivo, uno dei quattro ambasciatori inviati ad Avignone a seguito dell'elezione di papa Benedetto XII, che ebbe luogo il 20 dic. 1334.
A Venezia, nell'aprile del 1336, trattò con gli ambasciatori di Ostasio da Polenta signore di Cervia per un accordo sull'estrazione del sale e, quando si profilò la guerra con gli Scaligeri, nel maggio 1336, fu di nuovo inviato in legazione ai Veronesi insieme con Biagio Zen per cercare di persuaderli a evitare il conflitto con Venezia. La missione non ebbe il risultato sperato e iniziò il conflitto che si sarebbe concluso tre anni più tardi con la vittoria del Comune veneziano. Durante le operazioni militari il G. ebbe rilevanti funzioni di comando e, nello stesso tempo, proseguì a Venezia la sua attività di procuratore di S. Marco. In tale veste, nell'ottobre 1337, ottenne dal vescovo di Ceneda l'investitura di alcuni castelli appartenuti ai signori da Camino, di cui andò a prendere formalmente possesso insieme con gli altri procuratori di S. Marco. Lo troviamo quindi fra i membri di una giunta di dodici savi destinata a occuparsi della conservazione della laguna, che il 12 sett. 1339 adottò un provvedimento a tal fine, e fra gli elettori del doge Bartolomeo Gradenigo nel novembre dello stesso anno.
Il 28 marzo 1340, insieme con Marino Falier, fu nominato provveditore in Dalmazia al fine di consolidare il dominio veneto per far fronte a un possibile attacco dell'Ungheria e l'anno seguente, in settembre, si trovava di nuovo a Venezia, dove è ricordato da due documenti. Fece parte quindi degli elettori che il 4 genn. 1343 portarono al dogato Andrea Dandolo. Altri documenti lo ricordano in patria nell'ottobre 1343 e nel settembre dell'anno successivo ed è verosimile che in questo periodo non si sia se non occasionalmente allontanato da Venezia. Nel 1345 fu però inviato in Puglia in missione diplomatica presso Luigi d'Ungheria e, al ritorno, ebbe in data 31 luglio il comando generale delle forze di terra destinate al recupero di Zara, nuovamente ribellatasi al dominio veneziano. Il 1° luglio 1346 le forze veneziane ottennero una vittoria schiacciante sull'esercito ungherese, accorso in aiuto dei ribelli, e il 21 novembre dello stesso anno Zara si arrese.
Secondo alcune fonti il G. in dicembre sarebbe entrato nella città sottomessa, di cui poi avrebbe assunto il governo in qualità di conte; ma questa ipotesi pare smentita dal fatto che, nella serie dei procuratori, il G. pare essere morto il 2 sett. 1346. Non è perciò da escludere che il governatore di Zara sia stato in realtà un omonimo.
Non si sa con chi il G. sia stato sposato, ma ci sono stati tramandati i nomi dei figli: Andreolo, Filippo, Pietro (che fu duca di Candia), Caterina (moglie di Giacomo Barozzi), Pancrazio e Paolo.
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