GIUSTINIAN, Marco
Figlio del procuratore Bernardo, appartenne al ramo della famiglia veneziana abitante nel sestiere di S. Polo, nella parrocchia di S. Cassiano. Nacque intorno al 1320.
Il suo primo incarico per il Comune veneziano è attestato il 6 marzo 1341 in qualità di castellano di Corone, nel Peloponneso, insieme con Nicolò Pisani. Nulla più sappiamo di lui fino a quando, nel 1348, venne inviato in legazione a Napoli presso il re d'Ungheria Luigi I, in contrasto con la Repubblica a motivo dell'appoggio fornito a Zara ribelle al dominio veneziano.
Il re era sceso in Italia per far guerra a Giovanna I d'Angiò, regina di Sicilia, di cui si sospettava la partecipazione nell'assassinio del marito Andrea d'Ungheria, fratello di Luigi I, che aveva avuto luogo nel 1345. Nel maggio 1348, dopo l'ingresso di Luigi I in Napoli, il governo veneto inviò come ambasciatori il G., Andrea Morosini e Nicolò Gradenigo per trattare la rinuncia del re a ogni pretesa sulla Dalmazia. Luigi rifiutò tuttavia di incontrare gli ambasciatori, che rientrarono in patria seguiti da un legato ungherese. Dopo faticose trattative, e a seguito anche del richiamo dei mercanti veneti dal Regno, ordinato dal Senato, il re arrivò a un accordo che venne concluso per la durata di otto anni il 5 ag. 1348.
Il 17 sett. 1348 il G., podestà e capitano di Capodistria, fu fatto prigioniero in occasione della rivolta della città, ma l'anno seguente si trovava di nuovo a Venezia, dove è attestato fra i testimoni di un atto ivi rogato il 29 giugno e come membro di una commissione per la chiusura del porto di Sant'Erasmo. Nel 1351, ancora presente in patria, venne coinvolto in una difficile contesa diplomatica. Nel corso dell'anno, infatti, Giovanni Francesco, castellano del Friuli, e la sua famiglia erano stati catturati a Caorle e condotti a Udine, dove Giovanni era stato decapitato. Il governo veneziano non tollerò una simile violazione di territorio, e mandò a Caorle uno degli avogadori di Comun a inquisire sui fatti accaduti nominando inoltre savi il G., Marino Falier e Marino Morosini perché dessero il loro consiglio su una questione delicata a causa della partecipazione del patriarca di Aquileia.
Il 19 genn. 1352, durante la terza guerra contro i Genovesi (1350-55), il G. si occupò come savio di questioni legate al conflitto e, il 29 febbraio dello stesso anno, fu nominato dal Consiglio dei dieci fra i capi dei sestieri cittadini. La dedizione di Genova a Giovanni Visconti lo coinvolse nelle iniziative diplomatiche promosse da Venezia per contrastare la potenza del signore milanese e il 12 dic. 1353, insieme con Marino Falier e Nicolò Lion, ottenne l'incarico ufficiale di trattare per conto di Venezia una lega con chiunque fosse disponibile a opporsi al Visconti.
In base a questo mandato, il 15 dicembre i tre delegati stipularono con Giovanni Della Scala, procuratore del signore di Verona, un accordo di cooperazione militare fra Venezia e Verona, riuscendo subito dopo a venire a patti anche con il marchese d'Este e i signori di Faenza. Gli stessi tre rappresentanti del Comune veneziano furono poi mandati in ambasceria alla corte di Innocenzo VI in Avignone per prendere contatto con gli emissari del re di Aragona e del signore di Milano. Fu data loro l'autorità di prorogare l'alleanza con Pietro d'Aragona e di cercare di allontanare i Genovesi dalla sudditanza al Visconti per poter concludere una pace onorevole. Il 2 maggio 1354 gli ambasciatori consegnarono 48.000 fiorini d'oro ai procuratori del re d'Aragona, secondo i patti conclusi con il Comune veneziano, e il seguente 5 maggio Raimondo di Perellons, procuratore di Pietro IV d'Aragona, dichiarava di aver ricevuto altri 6000 fiorini dovuti da Venezia al re d'Aragona per le spese di guerra. Il 12 agosto si trovavano ancora in Avignone, ma il mese successivo rientrarono in patria senza aver ottenuto l'accordo con Genova e, durante il viaggio di ritorno, Marino Falier ebbe la notizia di essere stato eletto doge. Le trattative proseguirono e quando, per iniziativa dell'imperatore eletto Carlo IV re di Boemia, fu conclusa una tregua di quattro mesi fra i Visconti, i Veneziani e gli alleati, a decorrere dall'8 genn. 1355, il doge Falier inviò presso di lui a Pisa il G. e Paolo Loredan procuratore di S. Marco come ambasciatori e sindici del Comune veneziano per cercare di definire la pace.
Dopo l'esecuzione di Marino Falier (17 apr. 1355), il G. fece parte di una giunta incaricata di ricompensare i delatori che avevano consentito di scoprire la congiura e nel 1356, allo scoppio della guerra con l'Ungheria, fu uno dei tre provveditori inviati in appoggio al podestà di Treviso Fantino Morosini. Durante l'assedio ungherese della città fu inoltre nominato capitano generale per tre mesi, con l'incarico di operare nel territorio di Treviso e di Ceneda.
Nel 1357 e 1358 fece parte del Consiglio dei dieci e, di nuovo, fu membro dello stesso Consiglio nel 1360 e 1361, assolvendo come tale alcuni incarichi. Il 9 ag. 1362, a Venezia, venne nominato tra i procuratori del Comune per la stipulazione di un contratto con un nobile di Spilimbergo e, nel 1364, prese parte all'ambasceria inviata al patriarca di Aquileia per trattare la pace con il duca d'Austria. Consigliere del doge Marco Corner nel 1365, l'anno successivo fu membro della delegazione di dodici nobili inviati presso il papa Urbano V per scortarlo da Avignone in Italia con le cinque galere messe a disposizione dalla Repubblica. Nel 1369 il G. fu uno dei dodici ambasciatori inviati a Ferrara, in occasione della seconda venuta di Carlo IV in Italia, per accompagnare l'imperatore nei territori della Repubblica durante il suo ritorno in Germania.
Il 6 ott. 1369, insieme con Tomà Sanuto, fu inviato a Roma per stabilire una tregua con l'imperatore bizantino Giovanni V Paleologo, che subito dopo l'arrivo in Italia aveva scritto al doge Andrea Contarini (1368-82) esprimendo il desiderio di definire il rinnovo del precedente trattato con Venezia, che era giunto alla scadenza. L'accordo venne stipulato a Roma il 1° febbr. 1370 alla presenza del G. ed ebbe una durata di cinque anni. Nel giugno 1375 il G. è ricordato a Trieste come provveditore del Comune veneziano e, il 12 marzo 1376, venne nominato capitano generale del Mare. In tale veste fu messo a capo di una delegazione inviata a Costantinopoli per discutere con Giovanni V Paleologo il rinnovo del trattato e altre questioni pendenti dopo il fallimento della missione diplomatica inviata da Venezia qualche tempo prima.
Il G. ricevette istruzioni dettagliate dal Senato e ottenne inoltre l'incarico di trattare, in caso di un rifiuto imperiale, con il sultano turco Murad I contro gli interessi di Bisanzio. L'azione intimidatoria fu efficace e Giovanni V accettò di rinnovare la tregua per altri cinque anni.
Il G. proseguì la sua missione nelle acque del Mar Nero e, al ritorno, prese possesso per conto di Venezia dell'isola di Tenedo, un sito di notevole importanza strategica in quanto consentiva di controllare il passaggio delle navi nello stretto dei Dardanelli.
La cessione dell'isola, da tempo ambita da Venezia, era stata offerta da Giovanni Paleologo al momento del rinnovo della tregua, ma il colpo di Stato che nell'agosto 1376 aveva portato al potere a Costantinopoli Andronico IV, figlio di Giovanni V, aveva fatto sì che fosse destinata ai Genovesi alleati del giovane Paleologo. Gli abitanti e il governatore greco di Tenedo si erano tuttavia opposti al dominio genovese e quando, in ottobre, comparve il G. con la sua squadra navale, lo accolsero come liberatore mettendosi sotto la protezione della Repubblica. Il G. prese possesso dell'isola e ne nominò il primo governatore veneziano, Donato Tron, rientrando quindi in patria dove riferì al Senato degli avvenimenti di cui era stato protagonista.
La presa di Tenedo fu però la causa di un nuova guerra tra Genova e Venezia e, per tentare di evitarla, verso la fine del 1376 il G. fu inutilmente inviato in missione diplomatica a Genova. Nel corso dello stesso anno fece inoltre parte della delegazione inviata presso il papa Gregorio XI per riaccompagnarlo da Marsiglia in Italia.
Nel 1378, durante la guerra con Genova, il G. fece parte di una commissione di cinque savi nominati dal Senato per alcune questioni relative al conflitto e questa fu, a quanto si sa, la sua ultima attività pubblica. Morì infatti intorno al 1380, presumibilmente a Venezia.
Il Litta gli attribuisce sei fratelli: Pietro, Taddeo, Giustiniano, Lorenzo, Orsato e Orsa che sposò Andrea Dandolo; per quest'ultima però o si tratta di un caso di doppia omonimia o di un errore: Orsa Giustinian moglie di Andrea Dandolo - e madre dell'umanista Marco (n. 1458) - è figlia di Bernardo di Leonardo e di Elisabetta Priuli. Taddeo fu cavaliere e Giovanni senatore. Pietro fu console al Cairo nel 1344, nel 1350 ambasciatore presso Francesco da Carrara e nel 1353 alla corte di Pietro d'Aragona, che lo creò cavaliere. Svolse quindi importanti compiti militari in differenti occasioni e nel 1373 divenne procuratore di S. Marco, per poi rinunciare alla carica nel 1382, cosa che mai era avvenuta prima a Venezia, ma che egli motivò ufficialmente con l'età avanzata. Fra i suoi figli sono ricordati Federico e Bernardo e una Cristina, che sposò Carlo Zeno e di cui si conserva il testamento datato 8 apr. 1372 (Arch. di Stato di Venezia, Cedole chiuse, b. 590).
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 16 (=8305): G.A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, II, c. 139r; Ibid., Biblioteca del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna, 3782: G. Priuli, Pretiosi fruttidel Maggior Consiglio, cc. 84 s.; Raphaynus De Caresinis, Chronica a. 1343-1388, a cura di E. Pastorello, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XII, 2, p. 5; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, II, Venezia 1876, nn. 276 p. 170, 313 p. 177, 442 p. 204, 123 pp. 238 s., 59 p. 287; III, ibid. 1883, nn. 11 p. 6, 247 p. 45, 299 p. 52, 351 p. 61, 452 p. 76, 779 p. 119, 822 p. 132; Diplomatarium Veneto-Levantinum, II, a cura di R. Predelli, Venezia 1899, nn. 76 p. 125, 83 p. 145, 88 p. 151, 101 p. 171; F. Thiriet, Régestes des délibérations du Sénat de Venise concernant la Romanie, I, Paris-La Haye 1958, nn. 123, 480, 569, 575; Venetiarum historia vulgo Petro Iustiniano Iustiniani filio adiudicata, a cura di R. Cessi - F. Bennato, Venezia 1964, pp. 230, 238, 242, 248, 250; Consiglio dei dieci. Deliberazioni miste registro V (1348-1363), a cura di F. Zago, Venezia 1993, nn. 134, 521, 523, 530, 547, 548, 661, 671, 678, 685, 779, 789; A. 19 p. 326; F. Thiriet, La Romanie vénitienne au Moyen Âge, Paris 1959, pp. 177, 249; V. Lazzarini, Marino Faliero, Firenze 1963, pp. 48 s., 53, 55 s., 111, 132, 207, 212; G. Caroldo, Historia di Venetia, a cura di J. Chrysostomides, in Orientalia Christiana periodica, XXXV (1969), pp. 164-166, 172; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, Venezia 1972, pp. 116, 144, 147, 171, 186-188, 191; M. Nicol, Venezia e Bisanzio, Milano 1990, pp. 393, 402 s., 405 s.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Giustiniani di Venezia, tav. IV.