VIDA, Marco Girolamo
Poeta, nato a Cremona nel 1485, morto vescovo di Alba il 27 settembre 1566. Dalla città natale, dove le tendenze umanistiche faticosamente si svolgevano dalle tenaci tradizioni medievali, passò ancor giovane a Mantova, e il contatto con una società più vivamente impregnata di ricordi classici e più aperta agli spiriti del Rinascimento, ebbe sulla formazione dei suoi gusti e sull'indirizzo dei suoi studî un'influenza decisiva. S'ispirò alle forme della minore poesia virgiliana in alcune composizioni di carattere schiettamente umanistico, ma coltivò in pari tempo assiduamente le discipline teologiche, giuridiche e morali. Trasferitosi a Roma, parve dapprima inclinare agli studî di erudizione, ma alla poesia lo risospinsero gl'influssi dell'ambiente, i suggerimenti dei letterati che affollavano la corte di Leone X, e infine gl'inviti del pontefice stesso, il quale lo donò di prebende e di un delizioso asilo presso Frascati, affinché potesse attendere a suo agio ai lavori poetici.
Par certo che il V., il quale già aveva dato mano a un poema inteso a celebrare le imprese di Giulio II, accettasse da Leone X l'argomento della Cristiade, atto a conciliare la profana raffinatezza della sua cultura umanistica con la fermezza della sua coscienza morale. Il poema lo tenne occupato per circa un decennio, e fu compiuto sotto il pontificato di Clemente VII, che al poeta, desideroso di vita più raccolta e più intimamente religiosa, assegnò il vescovato d'Alba, ch'egli piamente e saviamente amministrò per 33 anni. Al Concilio di Trento il V. si distinse per probità e dottrina. Testimoniano del suo zelo episcopale le Constitutiones Synodales, nobile documento del primo concentrarsi dei propositi e degl'ideali della Controriforma. Le guerre seguite in Piemonte tra Francesi e Spagnoli, dopo la morte di Francesco Sforza, lo costrinsero a riparare per qualche tempo a Cremona; e qui, dove già nel '35 era uscito alla luce la Cristiade, ne sorvegliò egli stesso la seconda e definitiva edizione, aggiungendo all'epopea di Cristo tutta quella parte della sua opera poetica che gli parve non indegna di affrontare la posterità (1550).
Il poema canta in sei libri, con sincerità d'ispirazione religiosa e con solennità di forma, la Redenzione, colorendo con drammatica efficacia gli episodî salienti della narrazione evangelica. Non si può dire che il V. contamini, come I. Sannazzaro nel De partu Virginis, la sostanza cristiana con lo spirito pagano; si nota anzi un certo distacco fra la disciplina tutta formale del suo classicismo e la rigidità medievale del suo pensiero e della sua coscienza. Premuto dal peso dei suoi propositi, schiacciato dall'argomento, egli procede con stento. L'ispirazione rimane estranea all'opera, incapace di dominarla; e d'altra parte lo stile, troppo aderente ai modi virgiliani nelle parlate, negli episodî e nelle descrizioni, ha un non so che di uniforme e d'impersonale. Lontana dall'essere un capolavoro, la Cristiade rappresenta tuttavia, per l'ampiezza dello sviluppo e per l'organicità dell'architettura, un tentativo poetico d'importanza notevolissima; e se pur non si voglia vedere nel V. un precursore di Milton e di Klopstock, certo esercitò sul Tasso un'influenza tutt'altro che trascurabile. Fra le minori composizioni va ricordato un poemetto sul gioco degli scacchi (Schacchia ludus), graziosa parodia mitologica, e un altro sulla coltura del baco da seta (Bombycum libri duo), ricamo georgico di squisita fattura. Per aderire a una richiesta dei suoi concittadini, compose in esametri una poetica (Poeticorum libri tres) notevole soprattutto perché ferma ancora nel culto della latinità di fronte all'ellenismo ormai dilagante. Virgiliano in poesia, modellò su Cicerone la sua prosa, e ciceronianamente intitolò un suo trattato (De reipublicae dignitate libri duo) dedicato al cardinale Reginaldo Polo. Dettò, pure in latino, egloghe, carmi, inni, orazioni, lettere.
Ed.: Opera (Cremona 1550); Poemata omnia cum dialogis (Padova 1731).
Bibl.: V. Lancetti, Della vita e degli scritti di G. Vida, Milano 1856; G. Moroncini, Della Cristiade di M. G. V., Trani 1896; F. Novati, Sedici lettere inedite di M. G. Vida vescovo d'Alba, in Arch. stor. lomb., s. 3ª, X-XI (1898-99); L. Gatta, G. V. e la Cristiade, Palermo 1900; V. Cicchitelli, Sulle opere poetiche di M. G. V., Napoli 1904; id., Sulle opere in prosa di M. G. V., ivi 1909; E. Lopez Celly, La Cristiade di M. G. V., Alatri 1917.