FRANCESCHINI, Marco (Asclepiade, Marco Antonio Romano, Marc'Antonio Perusin)
Nacque probabilmente a Roma, come l'aggettivo che spesso accompagna il suo nome sembra attestare (l'appellativo "Perusin" è presente solo presso l'annalista Malipiero), intorno al 1437. Filippo Buonaccorsi infatti, nato nel 1437, lo ricorda come suo coetaneo nell'elegia funebre che scrisse in suo onore. Di certo a Roma il F. trascorse gli anni della piena gioventù, i soli di cui si hanno testimonianze. Cultore delle lettere classiche, entrò presto in contatto con gli umanisti romani che dividevano il proprio impegno intellettuale tra la passione per il mondo greco-romano e il servizio in ambito ecclesiastico. Fu familiare e confidente del vescovo Giovanni Antonio Campano, di cui si conserva una breve lettera a lui diretta, ed ebbe rapporti di conoscenza anche con altri esponenti dell'entourage del vescovo, come Agostino Patrizi e i fratelli Antonio e Giovanni Morelli. Negli stessi anni aderì all'Accademia Romana guidata da Pomponio Leto, probabilmente alla corrente più radicale sospettata di ateismo e paganesimo. Anche il F., come era consuetudine accademica, sostituì il proprio nome con quello di Asclepiade.
Pur essendo un personaggio di secondo piano, il F. fu tra i capi della cosiddetta congiura degli umanisti del febbraio 1468, che mirava ad assassinare papa Paolo II e che, come recentemente messo in luce (Medioli Masotti), era probabilmente appoggiata dal sultano ottomano Maometto II. Tacciono il nome del F. sia il Platina sia gli ambasciatori sforzeschi a Roma, che informarono la corte milanese della congiura (28 febbraio-4 marzo). Chi lo include tra i capi è invece M. Canensi, autore di una Vita di Paolo II (1469), secondo il quale - scopertasi la congiura grazie alle incaute rivelazioni del congiurato Petreio - Paolo II ordinò l'incarcerazione degli umanisti coinvolti, ma alla retata sfuggirono lo stesso Petreio, poi catturato, Lucio Condulmer (detto Glauco), il Buonaccorsi e un "Marcum Romanum", ovvero il Franceschini. L'imbarazzo degli amici per la partecipazione del F. alla congiura fu evidente: il Patrizi, che già il 1° ott. 1467 scrivendo ad Alessandro Monelli accennava ai suoi rapporti con "Marcus noster" usando il tempo passato, nel marzo 1468, epoca in cui il F. era già fuggito, in una seconda lettera al Monelli lo definiva come un ex amico e invitava il destinatario a ricordare le infinite volte in cui insieme gli avevano consigliato di abbandonare certe sue posizioni sfacciatamente paganeggianti.
Nulla si sa di preciso circa il F., se non che, nel 1469, si rifugiò insieme al Buonaccorsi nell'isola di Chio, dove all'inizio dell'estate vennero ospitati da due fratelli toscani, Niccolò e Francesco Ugolini.
Un codice vergato da Niccolò Ugolini (Firenze, Bibl. Laurenziana, Laur. pl. LXXXIX sup., 73, cc. 53r-64r) tramanda cinque carmi latini del F. di discreta fattura. Uno diretto al greco Battista Pancterio, tre a un "Cassanum Iustinianum Ianuensem", da identificarsi con il genovese Galeazzo Giustiniani, e uno, il più lungo e articolato, indirizzato all'amata Rufina. I carmi, scritti a Chio, sottolineano il sodalizio politico e poetico tra l'autore e i destinatari, oppure, ed è il caso di "Hesterno, Rufina, die, cum Phebus in undis" (cc. 57v-64r), raccontano dell'amore impossibile tra il poeta e una donna, la religiosa Rufina. Di rilievo nel carme è l'intervento, durante una visione notturna, di Cupido, che si dichiara pronto ad aiutare il poeta, ma che lamenta anche la decadenza del culto e quindi la perdita della propria efficacia dopo la diffusione in Europa del cristianesimo (c. 58v).
Il perdurante anticlericalismo del F. è testimoniato anche dal suo coinvolgimento, a fianco di Galeazzo Giustiniani e altri, in una seconda congiura ordita in esilio dal Buonaccorsi, che pare avesse per scopo il passaggio dell'isola di Chio dalle mani dei Veneziani a quelle di Maometto II. Il coevo annalista veneto Domenico Malipiero racconta che nel 1469 le autorità dell'isola, preoccupate per le imponenti manovre navali del sultano, intensificarono i controlli sugli sbarchi e gli imbarchi, scoprendo così uno scambio epistolare rivelatore della congiura tra il Buonaccorsi, trasferitosi nel frattempo a Pera, e il F., il quale venne arrestato a Chio, costretto alla confessione sotto tortura e impiccato.
Il Buonaccorsi ne pianse la morte prematura nella Deploratio Marci achademici, un'elegia funebre in 70 versi (ed. Sica, pp. 147-149), dove, oltre a una faziosa proclamazione d'innocenza del defunto, si ricorda che il F. aveva vissuto a Chio sotto altro nome ("inque peregrina mutato nomine terra", l. 23). A meno che non sia una nota poetica di tono ovidiano, l'informazione del Buonaccorsi avvalorerebbe la testimonianza, già ricordata, del Malipiero, dove il F. veniva chiamato "Perusin".
Fonti e Bibl.: Bibl. apost. Vat., ms. Vat. lat. 3255 (autografo di P. Leto), c. 59r; Firenze, Bibl. Laurenziana, ms. pl. LXXXIX sup. 73, cc. 50v-54v e 57v-64r; Roma, Bibl. Angelica, ms. 1077, cc. 116r, 117v-118r, 134r; M. Canensi, De vita et pontificatu Pauli secundi, a cura di G. Zippel, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., III, 16, pp. 154 s., 181 s.; G.A. Campano, Opera omnia, Venetiis 1496, c. 149v; D. Malipiero, Annali veneti, in Arch. stor. ital., s. 1, VII (1843), p. 57; E. Motta, B. Platina e papa Paolo II, in Arch. della Soc. romana di storia patria, VII (1884), p. 556; A. Cinquini, Aneddoti per la storia politica e letteraria del Quattrocento, in Miscell. Ceriani, Milano 1910, pp. 457 ss., 461; F.R. Hausmann, Giovanni Antonio Campano (1429-1477). Erläuterungen und Ergänzungen zu seinen Briefen, Hannover 1968, pp. 86, 390, 392; Callimachus Experientis (F. Buonaccorsi) Carmina, a cura di F. Sica, Napoli 1981, pp. 8 s., 147 ss.; A. Della Torre, Paolo Marsi da Pescina. Contributo alla storia dell'Accad. pomponiana, Rocca San Casciano 1903, pp. 100 s., 113; L. von Pastor, Storia dei papi, II, Roma 1925, pp. 309, 312; G. Calamari, Il confidente di Pio II card. Iacopo Ammannati Piccolomini, II, Roma-Milano 1932, p. 336; R. Avesani, Per la biblioteca di Agostino Patrizi Piccolomini vescovo di Venezia, in Mélanges E. Tisserant, VI, Città del Vaticano 1964, p. 13; D. Caccamo, Buonaccorsi, Filippo, in Diz. biogr. degli Italiani, XV, Roma 1972, p. 79; F. Di Bernardo, Un vescovo umanista alla corte pontificia. Giannantonio Campano, Roma 1975, pp. 216, 439; G. Paparelli, Callimaco Esperiente (Filippo Buonaccorsi), Roma 1977, pp. 66 s., 70-73, 76, 78 s. (lo studio più ricco di informazioni riguardanti il F.); R.J. Palermino, The Roman Academy, the catacombs, and the conspiracy of 1468, in Archivum hist. pontif., XVIII (1980), pp. 125, 127, 138; P. Medioli Masotti, L'Accademia Romana e la congiura del 1468 (con un'appendice di A. Campana), in Italia medioevale e umanistica, XXV (1982), p. 201; Id., Callimaco, l'Accademia Romana e la congiura del 1468, in Callimaco Esperiente poeta e politico del '400. Convegno internazionale (San Gimignano 1985), a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1987, p. 178; L. Szörény, Callimaco Esperiente e la corte di re Mattia, ibid., p. 112; L. Casarsa, La ricerca poetica di Callimaco. Redazioni e tradizione manoscritta, ibid., pp. 157, 160, 162.