FORTINI, Marco
Nacque a Fratta Polesine (Rovigo) il 26 apr. 1784 da Antonio e Maria Anna Monti. Di modesta famiglia contadina, grazie alla protezione della nobildonna Laura Correr Mocenigo poté studiare nel seminario vescovile di Adria e ricevere il 18 marzo 1808 gli ordini sacri. Sacerdote (dal 1818 cappellano curato) della chiesa parrocchiale dei Ss. Pietro e Paolo e maestro di scuola a Fratta, nel settembre del 1817 venne affiliato alla carboneria.
Persona di mediocre statura intellettuale, il F. entrò nella carboneria forse senza una chiara consapevolezza politica, attratto anche da speranze, alquanto illusorie, di successo personale. Invero il movimento settario polesano, pur ramificato e collegato alla "vendita" di Ferrara, al consiglio guelfo e alla Costituzione latina di Bologna, era complessivamente privo di un concreto e ben definito piano d'azione, con una rete organizzativa piuttosto fragile e con non poche oscillazioni e incertezze ideologiche, tra nostalgie napoleoniche e progetti massimalisti di tipo repubblicano-federalista. Dal canto suo poi il F. non andò mai oltre il grado di semplice "apprendente" ed ebbe, quindi, una conoscenza forzatamente parziale dei programmi e dell'attività dell'organizzazione carbonara.
Egli aderì, comunque, con entusiasmo alla causa dell'indipendenza nazionale, tanto da impegnarsi a svolgere un'azione di propaganda. Per il resto si limitò a presenziare a diverse riunioni in casa di A. Villa con gli altri affiliati di Fratta, tutti amici o conoscenti di vecchia data, o a ospitare qualche volta a casa sua dei "cugini" di passaggio, come quando, nella primavera del 1818, diede alloggio al veronese G. Confortinati senza conoscerne, tuttavia, con esattezza la vera identità, né la missione di latore di una riforma in senso filobonapartista del credo carbonaro.
Coinvolto con gli altri carbonari di Fratta nelle trame dell'affascinante Cecilia Monti, moglie dell'ex generale napoleonico G.B. D'Arnaud e cospiratrice bonapartista, il F. fu tra i partecipanti al convito dell'11 nov. 1818 in casa D'Arnaud che segnò l'avvio della repressione contro la carboneria polesana. La delazione di uno dei commensali, M. Monti, nipote della D'Arnaud, portò, difatti, all'arresto del Villa, il quale, rese ampia confessione sui legami, l'attività e i componenti della "vendita" polesana.
Quello del F. fu uno dei primi nomi fatti dal Villa nei suoi "costituti": il 1° genn. 1819 il quadro accusatorio contro di lui, carbonaro e per giunta denunziato come apostata della fede cattolica, era sufficientemente completo. Il 5 gennaio, convocato davanti al commissario superiore di polizia in Venezia, il F. confessò senza che si dovesse procedere a un vero e proprio interrogatorio, negando solo la circostanza dell'abiura al cattolicesimo. Fu quindi rinchiuso nel carcere veneziano di S. Michele all'Isola dove, il 15 aprile, completò le sue deposizioni. Come gli altri imputati anche il F. tentò di sostenere la tesi difensiva, elaborata in carcere da F. Foresti, gran maestro della "vendita" polesana e già pretore a Crespino, che mirava a presentare la carboneria come un'associazione a carattere assistenziale per giunta mai entrata realmente in funzione. Fin dal 22 dicembre, però, il F. cadde in contraddizione per crollare, poi, definitivamente il 3 marzo 1820, quando ormai l'inquirente A. Salvotti aveva smontato la fragile strategia di difesa. Dopo altri due interrogatori, il 5 luglio 1820 il F. si vide infine costretto ad ammettere anche il giuramento di abiura alla religione sottoscritto su pressione del Villa al momento dell'affiliazione carbonara.
La Commissione speciale di prima istanza su proposta del Salvotti, che pure aveva riconosciuto all'imputato le attenuanti della debolezza di carattere e dell'"imbecillità", lo condannò il 29 ag. 1820 alla pena capitale per alto tradimento insieme con altri sette carbonari (A. Villa, F. Foresti, A. Solera, A.F. Oroboni, G. Bacchiega, P. Rinaldi, G. Lombardi). Per tutti costoro la sentenza venne commutata dall'imperatore Francesco I - con risoluzione del 29 ott. 1821 - in detenzione al carcere duro: al F., come all'Oroboni e al Bacchiega, spettarono quindici anni di reclusione allo Spielberg, venti anni al Villa e ai tre capi riconosciuti del movimento settario (il Foresti, A. Solera e C. Munari). Oltre alla condanna il F. dovette anche subire la pena della degradazione canonica (che comportava la riduzione allo stato laicale) inflittagli dal patriarca di Venezia L. Pyrker il 24 dic. 1821.
Nello Spielberg il F. entrò il 10 febbr. 1822 per rimanervi quasi sei anni fino all'8 dic. 1827. Durante la prigionia, legato all'Oroboni e allo stesso Villa, che pure era stato il suo principale accusatore, si prodigò in favore di entrambi, assistendoli e confortandoli fino in punto di morte. Il Pellico e l'Andryane ebbero, poi, a ricordare con affettuosa simpatia e in termini quasi agiografici il comportamento tenuto dal F. allo Spielberg.
Rilasciato dallo Spielberg insieme col Solera e col conte bresciano L. Ducco, il F. fu condotto a Vienna, dove giunse il 10 dic. 1827, per scontare altri cinque mesi di reclusione nelle carceri politiche di quella città. Ma nel maggio del 1828 fu liberato e fece ritorno a Fratta. Sua principale preoccupazione fu quella di ottenere la reintegrazione nelle funzioni sacerdotali, che gli venne concessa il 27 maggio 1830, prima solo a Bellino poi a Fratta.
Qui il F. trascorse il resto della vita nelle occupazioni del suo ministerio. Prima di morire ebbe modo di vedersi festeggiato nel clima degli entusiasmi "crociati" del marzo-aprile 1848. Morì a Fratta il 28 maggio 1848, ancora in tempo perché gli venissero tributate esequie solenni.
Fonti e Bibl.: Rovigo, Archivio vescovile, Schedario alfabetico dei sacerdoti diocesani, ad vocem; Ibid., Ordini sacri, anni 1802-1813; Ibid., Rubrica II, anno 1830; Archivio di Stato di Milano, Processi politici (1819-1825), cart. 3, pezze II, IV, V, X; cart. 20, pezze XXXVIII, CLVIII, CCLX, CCCLXX, CCCLXXX, DXII; Rovigo, Biblioteca dell'Accademia dei Concordi, ms. Concordiana, n. 540: A.C. Bellettato, Scritti su argomenti relativi alla storia di Fratta Polesine, fasc. 15, cc. 22 s.; fasc. 20; A.P. Andryane, Memorie di un prigioniero di Stato nello Spielberg, Milano 1861, III, pp. 78-85, 107, 170, 172, 188, 274 ss.; IV, pp. 18 ss., 26 ss., 64, 66, 261, 276 s., 300-303; A. Vannucci, I martiri della libertà ital. Dal 1794 al 1848. Memorie, I, Milano 1887, pp. 423 s., 427 ss., 451-456; II, pp. 456, 459 s.; A. Luzio, A. Salvotti e i processi del Ventuno, Roma 1901, p. 133; Id., Il processo Pellico-Maroncelli secondo gli atti officiali segreti, Milano 1903, pp. 15 s., 24 s., 35 s., 38, 42 s.; S. Pellico, Le mie prigioni, a cura di D. Chiattone, Saluzzo 1907, pp. 346, 354-367, 372, 417, 419, 429-433 e passim; I processi spielberghiani, a cura di R.U. Montini, Roma 1937, pp. 170 s.; R.U. Montini, Voci dallo Spielberg. Sei lettere inedite di carbonari polesani (16 marzo 1824), in Rass. stor. del Risorgimento, XLII (1955), p. 385; La visita pastorale di G.L. Pyrker nella diocesi di Venezia (1821), a cura di B. Bertoli - S. Tramontin, Roma 1971, pp. 201 s.; A.C. Bellettato, A.F. Oroboni e i carbonari della Fratta, Cittadella 1973, pp. 54-59, 95, 105, 206 s., 209, 211, 215, 218.