FORMENTINI, Marco
Nacque il 17 giugno 1811 in Bosco Valtravaglia (ora in provincia di Varese), da Gabriele e Marianna Parietti.
La famiglia Formentini, proveniente dal Friuli, si era diffusa in Austria, dove venne ascritta alla nobiltà, e in Italia. Il F., unitamente ai fratelli e ai cugini, fece domanda per il riconoscimento di nobiltà al suo ramo nel 1846, ma la pratica, forse anche per contingenze politiche, non ebbe esito. Egli stesso accenna alle origini della famiglia nel volumetto Cenni statistici, storici e biografici riguardanti il Comune di Bosco e i suoi abitanti (Milano 1856, pp. 13 s.).
Il F. compì i primi studi a Bergamo, alternandoli con un'assidua frequentazione dell'Accademia Carrara, attratto da un prepotente amore per la pittura. A 17 anni, desiderando l'indipendenza economica, s'impiegò nell'Archivio comunale di Verdello (Bergamo), dove cominciò ad interessarsi alle vicende storiche. L'anno seguente prendeva il diploma di maestro elementare "maggiore". Continuati gli studi, nel 1833 prese a Sondrio la patente di ragioniere, grazie alla quale l'anno dopo fu ammesso tra i "computisti dell'Imperial Regia Contabilità di Stato", ove rimase fino al 1848. Nel 1836 aveva sposato Francesca Monti. Rimasto vedovo nel 1839, nel 1845 sposò Amalia Varischi, figlia di Carlo, dovizioso gioielliere. Dalla seconda moglie ebbe due figlie, delle quali sopravvisse solo Santina, che sposò Enrico Dario, assessore al Comune di Milano e noto industriale laniero.
Nel marzo 1848 aderì all'insurrezione antiaustriaca. Lavorò con G. Borromeo Arese, F. Simonetta e G.B. Borghi nel Comitato per le corrispondenze tra Milano e Torino e cooperò alla formazione della colonna "Simonetta". Nel maggio venne incaricato dal governo provvisorio di Lombardia dell'organizzazione e dell'amministrazione del battaglione della guardia nazionale mobile lombarda, un corpo di volontari creato per portare soccorso alla Repubblica Veneta.
Da Padova, dove il battaglione fece tappa, il F. venne spedito il 12 giugno a Venezia, ove consegnò a D. Manin i dispacci del governo di Milano ed ebbe subito a sua disposizione i battelli necessari per il trasporto del battaglione lombardo da Padova lungo il Brenta fino al forte di Marghera. Qui il battaglione fu incorporato alle altre truppe del presidio sotto il comando del generale napoletano Guglielmo Pepe, ed egli, d'accordo con il governo veneto e l'incaricato d'affari lombardo F. Restelli, ottenne l'autorizzazione a ritornare a Milano.
Al ritorno delle autorità austriache, il F. fu privato dell'impiego ricoperto presso la contabilità di Stato. Si dedicò allora con successo alla libera professione e a severi studi di scienze amministrative e finanziarie. Già nel 1854, divenuto perito revisore presso il tribunale provinciale, pubblicò a Milano un lavoro Sulla compilazione e revisione dei rendiconti e divisioni dei patrimoni privati, soggetti alla tutela del giudice.
Durante il decennio di preparazione, il F. aveva continuato a professare i suoi principî liberali. Nel maggio 1859, dopo lo scoppio della seconda guerra d'indipendenza, mentre si recava a trovare la famiglia presso Varese fu arrestato dal tenente maresciallo austriaco K. von Urban - che aveva posto a Varese il campo mentre Garibaldi era impegnato nell'impresa di Laveno - perché sospettato di essere stato inviato a spiare le sue mosse. Il F. venne tenuto prigioniero per cinque giorni insieme con gli ostaggi che avrebbero dovuto garantire il pagamento dei 3 milioni di riscatto imposti alla città di Varese. Della sua prigionia e del bombardamento di quella città, al quale fu costretto ad assistere, il F. pubblicò un interessante resoconto, Le cinque giornate di prigionia nelle mani del tenente maresciallo Urban e il bombardamento di Varese (Milano 1859).
Stimato dai concittadini, venne proposto dal Circolo popolare di Brera tra i candidati alle elezioni politiche del marzo 1860. Si presentò così nel collegio di Luino, proclamando il suo liberalismo e soprattutto la necessità dell'unione delle diverse parti d'Italia sotto casa Savoia. Avendo però alcuni elettori avanzato la candidatura di Giuseppe Ferrari, il F. non esitò, egli moderato e monarchico, a ritirarsi davanti a un repubblicano federalista, persuaso che la statura culturale del Ferrari avrebbe meglio di lui rappresentato il collegio in Parlamento. Nel 1863 venne eletto consigliere provinciale di Milano.
Numerosi e pregevoli furono i suoi lavori dedicati a temi amministrativi e finanziari, come la memoria Sulla organizzazione politica ed amministrativa del Regno d'Italia. Pensieri (Milano 1863), nella quale indicava rimedi radicali per riuscire a sanare il disavanzo pubblico, che dopo l'unificazione risultava molto pesante. Dopo aver notato gli errori più salienti commessi dal governo - tra i quali, l'aver attribuito un carattere politico anziché amministrativo ai segretari generali dei ministeri, con il conseguente sconvolgimento continuo dell'amministrazione a grave scapito degli interessi pubblici e privati - proponeva una radicale riforma dell'amministrazione attraverso provvedimenti quali il decentramento amministrativo, l'assorbimento del ministero dell'Agricoltura e Commercio in altri ministeri, la nomina di giudici conciliatori in ogni Comune e la creazione di un sistema di contabilità più efficace che servisse a un severo controllo delle entrate e delle spese.
Tornò di nuovo sul problema della sistemazione delle finanze del Regno d'Italia con un progetto presentato e discusso nell'Accademia fisico-medico-statistica di Milano (Sulla sistemazione delle finanze del Regno d'Italia. Progetto, Milano 1866). Commentando il piano finanziario avanzato dal ministro A. Scialoja per raggiungere il pareggio di bilancio, si dichiarava persuaso che si sarebbe potuto sanare il disavanzo dello Stato solo attraverso un nuovo sistema di tassazione, basato sull'istituzione di una tassa proporzionale su tutti i redditi, piuttosto che con la tassa sulla ricchezza mobile. Persuaso della necessità di attenersi ai più moderni principî della scienza economica, il F. rifiutava anche ogni tipo di espediente finanziario, come l'imposizione di misure straordinarie, prestiti forzosi o volontari, sovvenzioni. Egli confutava dunque le idee di Q. Sella il quale, piuttosto che elaborare un piano funzionale e organico, si atteneva alla "tattica dei momentanei espedienti" e all'introduzione di una gran quantità di imposte indirette.
Nel novembre 1876, dopo la caduta della Destra, si candidò al Parlamento per il collegio di Gavirate, Angera, Luino, Maccagno e Marchirolo, schierandosi con la Sinistra liberale e costituzionale, ma non fu eletto.
Dal 31 dic. 1868 fu membro dell'Accademia dei ragionieri di Milano, di cui divenne presidente nel 1869. Già prima aveva collaborato alla stesura della Memoria sul codice civile e di procedura civile e sulla professione di ragioniere (Milano 1865). Per la sua abilità in campo finanziario fu anche chiamato nel 1877 a far parte dei consigli di amministrazione del Monte di pietà e di importanti industrie, quali il Cotonificio Cantoni e il Lanificio Rossi.
Nonostante i numerosi impegni professionali, coltivò sempre un profondo interesse per le vicende storiche legate alla città di Milano. Con un paziente lavoro di ricerca, durato quarant'anni, poté raccogliere numerosi documenti storici, soprattutto sugli aspetti economici, dispersi in archivi pubblici e privati. Il suo primo scritto in questo campo fu la Memoria sul rendiconto del Ducato di Milano per l'anno 1463 ne' suoi rapporti con l'amministrazione, col corso delle monete, colle finanze, coll'esercito, colla famiglia ducale e col costo degli oggetti di Milano (Milano 1870); seguì Il Ducato di Milano: studi storici documentati (ibid. 1877). Nell'aprile del 1877 ebbe la nomina a vicepresidente della Società storica lombarda, di cui era socio dal 1870; ottenne inoltre l'onorificenza di ufficiale della Corona d'Italia.
Con la sua opera, e con ricchezza di documentazione, illustrò la storia milanese durante il periodo visconteo-sforzesco sotto un aspetto nuovo: quello economico e sociale. Nella sua attenzione alle fonti egli, d'altra parte, rispecchiava le più recenti tendenze della storiografia. Egli intese dimostrare i notevoli progressi e l'alto grado di civiltà raggiunti dalla città di Milano sotto la signoria dei Visconti e degli Sforza. L'opera è ripartita in tre libri, il primo dei quali tratta delle istituzioni politiche e civili della Lombardia dalla loro origine sino alla morte dell'ultimo duca Francesco II Sforza, il secondo propone un abbozzo storico dalla Lega di Cambrai alla morte dell'ultimo duca, e il terzo tratta dello sviluppo raggiunto nel periodo dalle lettere, scienze, arti, industrie e commercio. Ogni libro è corredato da una serie di preziosi documenti.
Pochi anni dopo pubblicò La dominazione spagnuola in Lombardia (Milano 1881), che descriveva il passaggio dallo stato di prosperità in cui gli Spagnoli avevano trovato il Ducato di Milano alla decadenza, analizzandone le cause e le molteplici manifestazioni.
In diciotto capitoli l'opera percorre la storia dello Stato di Milano dalla morte del duca Francesco II Sforza (1535) alla morte di s. Carlo Borromeo (1584). Alla fine del volume il F. riporta ben 163 documenti a giustificazione, la maggior parte dei quali di natura economico-amministrativa. All'uscita il libro suscitò un'aspra reazione nel mondo ecclesiastico, tanto che nell'Unità cattolica apparvero diversi articoli, nei quali si raccoglievano ed evidenziavano tutti gli errori di date, di nomi e di grammatica latina commessi dal Formentini. Motivo di questo astio era il giudizio severo su s. Carlo Borromeo, al quale, più ancora che alla signoria straniera, egli attribuiva la rapida decadenza civile e morale di Milano nel secolo XVI. Alla base del giudizio era la persuasione che l'arcivescovo Borromeo fosse stato un docile strumento nelle mani dei gesuiti, i quali se ne erano serviti per realizzare il progetto di fare di Milano il centro della politica controriformistica in Italia attraverso l'attuazione di una serie di provvedimenti in linea con i decreti stabiliti nel concilio di Trento.
Negli intenti del F. l'opera doveva essere completata da un secondo volume, del quale però non riuscì a portare a termine la stesura, sebbene al momento della morte fosse composto quasi per intero. Il primo capitolo di questo volume venne, comunque, pubblicato postumo (Milano 1885), con il titolo Situazione dei diversi Stati d'Italia sul finire dell'anno 1584, a cura della Società storica lombarda, alla quale per volontà testamentaria il F. lasciò in deposito i manoscritti da lui raccolti, nonché i suoi lavori inediti.
Il F. morì il 1° giugno 1883 a Milano.
Per volere della contessa Celestina Biandrà Dario, sua discendente, nel 1917 fu istituito presso la Società storica lombarda un premio quadriennale "Marco Formentini" da conferire a monografie riguardanti la storia economica di Milano e della Lombardia nel periodo sforzesco (1450-1535). Alla morte del F., inoltre, mentre i documenti da lui raccolti e i manoscritti delle pubblicazioni storiche pervennero in proprietà dell'Archivio della Società storica lombarda, l'archivio privato Marco Formentini restò di proprietà della famiglia.
Fonti e Bibl.: Nell'Archivio Marco Formentini si trovano vari documenti inediti inerenti alla spedizione del '48 a Venezia, tra l'altro una sua memoria autografa "riguardante il battaglione di guardie mobilizzate Lombarde dalla sua istituzione alla consegna del governo a Venezia e sua unione alle altre milizie della Repubblica". Arch. di Stato di Milano, Araldica, parte moderna, cart. 114, fasc. 11; Milano, Arch. storico civico, Famiglie, cart. 676; Libro d'oro della nobiltà italiana, 1926-32, p. 466; I. Girou, Il Ducato di Milano, studi storici documentati di M. F., in Arch. stor. lomb., IV (1877), pp. 439-463; P.A. Butti, Il cav. M. F., ibid., X (1883), pp. 609-612; G. Seregni, I documenti viscontei dei manoscritti Formentini, ibid., XXVII (1900), 1, pp. 512 ss.; E. Cazzaniga, Commemorazione del rag. M. F., Milano 1911; F. Novati - E. Verga, M. F. nel centenario della sua nascita. Commemorazione, Milano 1911; G. Seregni, Il primo cinquantenario di vita della Soc. stor. lombarda, 1873-1923, Milano 1923, p. 9; D. Biandrà di Reaglie, M. F. e le spedizioni dei volontari lombardi a Venezia l'anno 1848, in La Lombardia nel Risorgimento italiano, XIII (1928), 21, pp. 3-10; T. Planghemann, La casata Formentini nella storia del Friuli, in Rivista araldica, LIII (1955), pp. 107-112; O. Biandrà di Reaglie, M. F. storico ed economista del sec. XIX e la sua raccolta di documenti, in Arch. stor. lombardo, C (1974), pp. 23-41.