FERRARI (Ferrari d'Agrate), Marco
Figlio di Antonio e di Orsolina Fatuli e fratello di Giovanfrancesco (cfr. voci in questo Dizionario), nacque a Parma nel 1491 (Mendogni, 1991, p. 28) e non nel 1465 come riferiva il D'Adda (1876, p. 496), come attesta un documento del 22 luglio 1513 in cui risulta che certa Caterina, figlia di Ludovico de Tanzolini, moglie di Michele de Luca, assegna un appezzamento di terra in dote alla propria figlia, Elena, che sposa "Gio. Marco de Ferrari da Grate ... dell'età di 22 anni" (Scarabelli Zunti, II, s. v.).
Il Vasari (VI [1568], p. 517) lo defini "assai pratico scultore". Lo storiografo aretino conosceva infatti il riquadro marmoreo eseguito per la porta verso Compedo, la porta del transetto nord, del duomo di Milano. Questo riquadro e quello realizzato dal toscano S. Cosini entro il 1545fanno parte di quella sfortunata vicenda esecutiva della porta verso Compedo che i fabbriceri avrebbero voluto in forme monumentali e della quale esistevano progetti già all'inizio del Cinquecento. Protrattasi per oltre mezzq secolo, la vicenda si concluse con la soppressione della porta stessa per volere di Carlo Borromeo (cfr. L. Beltrami, La porta settentrionale del duomo di Milano, Milano 1900, pp. 255-277; Bossaglia, 1973).
Sono pochi i punti fermi nel catalogo della sua iniziale attività. A molto probabile che egli abbia avviato la propria carriera a Parma ove è documentato nel 1513, residente nella vicinia della Trinità (Scarabelli Zunti, II, s. v.). Seguace di Cristoforo Solari (Nicodemi, 1957, pp. 803 s.), si formò presso il lombardo A. Busti, detto il Bambaia, che fu tra i protagonisti di quel filone di gusto "lombardesco" diffuso a Milano e a Pavia fra Quattro e Cinquecento.
Il nome del F. compare in un rogito del 20 sett. 1522, che registra la convenzione stipulata tra i fabbriceri della chiesa parmense di S. Maria della Steccata e i maestri "pichapreda" L. Bretto, il F. stesso e B. Magnani.
A questi vennero assegnati i tre quarti di tutto il lavoro all'interno della chiesa (Adorni, 1982, p. 55). Si trattava, più precisamente, della posa in opera di 18 semicapitelli e di 18 capitelli interi per le lesene, da eseguirsi in pietra di Serravalle. L'Adomi non esclude l'ipotesi che la restante parte di lavoro sia stata assegnata al fratello Giovanfrancesco (ibid., 1982, p. 86 n. 64). Irecenti studi dell'Adorni ci consentono pertanto di registrare la presenza del F. all'interno della Steccata molti anni prima della data riferita dai repertori e dal Merzario in particolare, che la indicava al 1540 (Merzario, 1893, p. 537).
All'attività parmense del F. seguì quella nei cantieri del duomo di Milano e della certosa di Pavia, i due cantieri di lavoro che rimasero aperti, seppure promuovendo un'attività di routine senza grandi committenze, anche dopo il 1535, anno della morte, senza eredi, di Francesco II Sforza.
A Milano, con V. Seregni, eseguì la tomba per il Senatore G. Del Conte, morto nel 1522, nella cappella di S. Ippolito nella chiesa di S. Lorenzo (Sant'Ambrogio, 1898).
Già ascritto a Cristoforo Lombardo al cui stile rinviava, secondo il Mongeri (1872, p. 257), quello del monumento Del Conte, ilcomplesso plastico è concordemente assegnato al catalogo del F., che lo esegui fra il 1556 e il 1558, su disegno del Seregni. A quest'ulti:mo, infatti, che è anche autore del monumento funebre a Carlo V eretto in duomo (1559), spetta l'impalcatura architettonica, innovativa nella soluzione strutturale offerta rispetto all'impostazione prevalentemente scultorea consueta nel primo Cinquecento. La tipologia del defunto proposta dal F., responsabile della decorazione plastica, risente invece di echi sansoviniani mutuati, come è stato osservato, dal monumento a Sforzino Sforza duca di Castell'Arquato, eretto dal fratello Giovanfrancesco nella chiesa parmense di S. Maria della Steccata (cfr. P. Donati, Guida di Parma, Parma 1812, pp. 170 s.). Nel monumento Del Conte alle reminiscenze venete e sansoviniane si assommano meditazioni sul Bambaia, ravvisabili in particolare nella Madonna e nei putti (Fiorio-Valerio, 1977, p. 126).
Per quanto attiene in particolare alla presenza del F. nel duomo milanese, le fonti e le guide della città registrano puntualmente la statua del drammatico S. Bartolomeo, sul cui zoccolo è apposta l'iscrizione "Non me Praxiteles sed Marcus finxit Agrates", che il Paravicini riteneva posta "certamente non dall'autore ma da qualche fanatico ammiratore" (cfr. Paravicini, 1870, p. 17; Romussi, 1927).
La statua fu eseguita nel 1562 per il fianco meridionale dell'edificio, unitamente a quelle di S. Michele di G. B. Bellandi, di S. Giovanni di C. Solari e della Maddalena del siciliano A. Marini. Del S. Bartolomeo si conserva un bozzetto in terracotta nel Museo del Duomo, proveniente dall'Ambrosiana. Galbiati (1951) ha sostenuto che il bozzetto, tradizionalmente ritenuto preparatorio per la statua del duomo, sia in realtà una riproduzione seicentesca. Nel 1664 fu rimossa dalla originaria collocazione e, dopo il restauro condotto da Antonio Albertino, fu trasferita all'interno della cattedrale, nel retrocoro, ove la registrò il Latuada (1737, p. 112; Nebbia, 1908, p. 193). Attualmente si trova nel transetto meridionale a lato della cappella di S. Giovanni. Assai ammirato per il crudo realismo che lo informa più che "per meriti d'arte" (Bascapé-Mezzanotte, 1965, p. 78), il S. Bartolomeo èstato ridimensionato dalla critica moderna (Russoli, 1961, p. 44; Bossaglia, 1973, p. 100; Mariacher, 1987, p. 210) che ne ha sottolineato la scarsa originalità.
È cronologicamente collocabile verso il 1562 anche il citato rilievo marmoreo per la porta verso Compedo (Merzario, I, 1893, p. 538). All'interno della cattedrale gli è concordemente attribuito il rilievo con le Nozze di Cana, realizzato per l'altare della cappella della Madonna dell'Albero (Paravicini, 1870, p. 19; Mongeri, 1872, p. 169).
L'opera del F. rientra nell'ambito di un più ampio complesso plastico composto da sei riquadri tuttora esistenti, realizzati da artisti assai diversi fra loro. Sulla scorta della citazione vasariana si individuano quelli del F., di Francesco Brambilla (documentato dal 1572) e del Cosini. I rilievi con la Natività e lo Sposalizio della Vergine sono stati ricondotti all'ambito di Cristoforo Lombardo, figura di architetto emergente che, alla morte di Andrea Fusina, nel 1526 venne eletto architetto della Fabbrica e fu responsabile del cantiere in anni non particolarmente vivaci dopo la florida stagione sforzesca del tardo Quattrocento (Bossaglia, 1973, p. 100). Forse memore delle sculture dei Sacri Monti (Fiorio-Valerio, 1977, p. 128), nelle Nozze di Cana il F. creò un'opera "dalla narrazione molto immediata" (Di Giovanni Madruzza, 1992, p. 180).
All'interno del duomo il Mongeri gli attribuiva, seppure in via dubitativa, anche la statua del S. Gerolamo nel coro (Mongeri, 1872, p. 157). La lunga attività ivi espletata è attestata dagli Annali della Fabbrica del Duomo (1880, in part. III, IV). Il Merzario (1893) datava gli interventi all'interno della cattedrale prima e dopo l'attività parmense. In realtà, sulla base della documentazione prodotta dall'Adorni e già ricordata, la presenza del F. a Parma si protrasse verosimilmente fino al terzo decennio del Cinquecento, allorché presumibilmente si trasferì a Milano. Gli Annali registrano il suo nome a partire dal 1541 fino al dicembre 1571 (Annali..., 1880, III, p. 277, IV, p. 120). Il 16 maggio 1566 i fabbriceri del duomo milanese decisero di retribuirlo per l'opera svolta; l'8 febbr. 1567 venne deliberato di aumentare il salario allo scultore, che da ben 45 anni era attivo per la Fabbrica.
Per quanto attiene infine al cantiere della certosa di Pavia, compì alcuni rilievi per la facciata e i fianchi dell'edificio con il Solari, lo scultore protetto da Ludovico il Moro e, dal 1495, con incarichi anche di architetto (Tosi, 1929, p. 940).
Nel 1547 vennero ultimati i sepolcri Trivulzio nella cappella della chiesa milanese di S. Nazzaro. La costruzione della cappella, iniziata nel 1519 su progetto di Bramantino per volere di G. Giacomo detto il Magno, quale mausoleo per sé e per la propria famiglia, ha forma di parallelepipedo a base quadrata e all'interno sviluppa una pianta ottagonale. Nelle otto nicchie alle pareti sono collocati i quattro sarcofagi di altrettanti membri della famiglia Trivulzio. Le prime quattro arche spettano a F. Briosco, le altre quattro al F., che ripropose "con scarsa originalità una tipologia ormai d'uso" (Fiorio-Valerio, 1977, p. 126; ma cfr. anche Fiorio, 1985, p. 279).
Per il monastero milanese di S. Maria della Fontana, fuori porta Comasina, il F. eseguì la statua di S. Francesco di Paola, commissionatagli dal priore del monastero (1571) ed oggi perduta (von Fabriczy, 1899, pp. 82 s.). Fu verosimilmente questa la sua ultima opera. Dopo il 1571 non si hanno infatti più notizie del Ferrari.
Fonti e Bibl.: Parma, Soprintendenza per i Beni artistici e storici, E. Scarabelli Zunti, Docum. e memorie di belle arti parmigiane (ms.), II, s. v.; G. Vasari, Le vite... [1568], a cura di G. Milanesi, VI, Firenze 1881, p. 517; C. Torre, Il ritratto di Milano diviso in III libri [1674], Milano 1714, pp. 129, 377; S. Latuada, Descriz. di Milano, I, Milano 1737, p. 112; P. P.Morigia, Distinto ragguaglio dell'ottava meraviglia del mondo..., Milano 1739, p. 106; C. Bianconi, Nuova guida di Milano, Milano 1796, p. 48; B. Borroni, Ilforastiere in Milano ossia Guida alle cose rare antiche e moderne della città di Milano, Milano 1808, p. 14; Descriz. della certosa di Pavia, Milano 1818, p.10; P. Zani, Enc. metodica critico-ragionata delle belle arti, I, 8, Parma 1821, p. 253; L. Cicognara, Storia della scultura di Canova, Prato 1823-1824, II, p. 220, tav. LXXX; A. Ronchini, La Steccata di Parma, in Atti e mem. della Deputazione di st. Patria per le prov. modenesi e parmensi, X (1863), p. 185; Visita alla certosa di Pavia, Milano 1865, p. 11; T. V. Paravicini, Guida artistica di Milano, Milano 1870, pp. 17, 19; G. Mongeri, L'arte in Milano, Milano 1872, pp. 157, 169; Annali della Fabbrica del Duomo di Milano, Milano 1880, III, p. 277, ad annos 1541-1562; IV, pp. 66, 106, 110 s., 120, adannos 1566, 1567-1570, 1571; G. D'Adda, Le tombeau de Gaston de Foix, in Gazette des beaux-arts, XVIII (1876), 2, p. 496; G. Merzario, Imaestri comacini, Milano 1893, I, pp. 537 s.; II, p. 128; D. Sant'Ambrogio, Un importante sarcofago in Milano dello scultore M. dAgrate del 1556, in Politecnico, XLVI (1898), pp. 39-50; C. von Fabriczy, Ein neues Werk M. d'Agrates, in Repertorium für Kunstwissenschaft, XXII (1899), pp. 82 s.; F. Malaguzzi Valeri, Milano, Bergamo 1906, pp. 64 s.; U. Nebbia, La scultura nel duomo di Milano, Milano 1908, pp. 193 s.; IlMuseo del Louvre, in Arch. stor. lombardo, s. 4, XIII (1910), p. 234; C. Romussi, Ilduomo di Milano nella storia e nell'arte, Milano 1927, p. 68; M. L. Tosi, in Enc. Ital., I, Roma 1929, p. 940; S. Vigezzi, La scultura lombarda, II, Milano 1930, p. 85 s.; C. Ponzoni, Le chiese di Milano, Milano 1930, pp. 123, 131; A. Venturi, Storia dell'arte ital., X, 1, Milano 1935, pp. 681-684; C. Baroni, Intorno a tre disegni milanesi per sculture cinquecentesche, in Rivista d'arte, XX (1938), pp. 392-410; F. Galbiati, Itinerario per il visitatore della Biblioteca Ambrosiana, della Pinacoteca..., Milano 1951, p. 96; G. Nicodemi, La scultura milanese dal 1530 al 1630, in Storia di Milano, X, Milano 1957, pp. 803 s.; F. Russoli, Scultura italiana, Milano 1961, p. 44; G. Bascapé-P. Mezzanotte, Ilduomo di Milano, Milano1965, p. 78; L. Price Amerson jr, M. d'Agrate's S. Bartolomeo: an introduction to some problems, in Il Duomo di Milano, Atti d. Congresso internazionale, a cura di M. L. Gatti Perer, I, Milano 1969, pp. 189-206; R. Bossaglia, in Ilduomo di Milano, II, Milano 1973, pp. 100, 106; M. T. Franco Fiorio-A. P. Valerio, La scultura a Milano tra il 1535 e il 1565: alcuni problemi, in Omaggio a Tiziano (cat.), Milano 1977, pp. 124 ss.; M. O. Banzola, L'ospedale vecchio, Parma 1980, p. 112 e n. 78; L. Zeppegno, Le chiese di Milano, Roma 1981, p. 20; B. Adorni, L'architettura, in S. Maria della Steccata a Parma, a cura di B. Adorni, Milano 1982, p. 55; Le chiese di Milano, a cura di M. T. Fiorio, Milano 1985, p. 279; G. Mariacher, La scultura del Cinquecento, Torino 1987, p. 210; P. Mendogni, Gianfrancesco Ferrari d'Agrate: uno o due scultori?, in Aurea Parma, LXXV 1991), p. 28; F. Zuccari-G. De Castro, Ilduomo di Milano, a cura di G. Sannazzaro-M. Di Giovanni Madruzza, Roma 1992, p. 180; M. O. Banzola, L'ospedale vecchio, in La città latente (catal.), a cura di G. Canali, Milano 1995 (in corso stampa); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, I, pp. 133 s. (s. v. Agrate, Marco d').