MARCO da Montelupone
Ignoti sono la data e il luogo della sua nascita, da collocare verosimilmente verso la metà del XIII secolo a Montelupone (non lontano da Macerata) dove fin dai tempi di Innocenzo IV sorgeva un convento francescano appartenente alla custodia di Camerino.
M. entrò in scena con il gruppo marchigiano dei frati zelatori della povertà, che negli anni 1281 e seguenti furono condannati dai superiori al carcere perpetuo; egli fu sicuramente uno dei "quidam alii" che, insieme con i confratelli Tramondo, Tommaso da Tolentino e Pietro da Macerata, videro condannare il loro attaccamento all'ideale pauperistico di Francesco d'Assisi come eresia e insubordinazione (Angelo Clareno, Liber chronicarum, ed. 1999, V, pp. 308 s.). Diverso però fu il giudizio del ministro generale Raimondo Gaufridi, eletto il 29 maggio 1289, che li fece liberare. Essendo giunta alla suprema autorità dell'Ordine la richiesta da parte del pio re dell'Armenia minore Aitone II di poter avere alcuni santi frati, alla parola e all'esempio dei quali tutta la nazione si potesse spiritualmente alimentare, Raimondo gli inviò proprio quei frati che aveva appena tratto fuori dal carcere. "Misit cum sua obedientia et licentia speciali quam neque hereticis neque apostatis concessisset", come annota il cronista di questa storia (Id., Epistole, p. 242).
In Armenia i missionari svolsero una fruttuosa opera apostolica e pastorale molto apprezzata dal papa Niccolò IV in momenti delicati della sua azione organizzatrice in quel Regno e in Terrasanta. Giudicati molto positivamente dal re Aitone, questi quando si trovò in estrema difficoltà per l'avanzata dei Saraceni, verso la fine del 1291 scelse due di essi - Tommaso da Tolentino e M. - quali ambasciatori presso il pontefice, il re di Francia Filippo IV il Bello e quello di Inghilterra Edoardo I per esporre la drammatica situazione in cui versavano Armenia e Terrasanta.
Niccolò IV fu colpito da tale rapporto e si affrettò a inviare bolle alle varie componenti della Cristianità per sollecitare un'azione di soccorso; e rafforzò il peso degli ambasciatori in Francia e in Inghilterra con una speciale lettera per ciascuno dei due sovrani (Wadding, V, pp. 328 s. nn. 1 s.). Con le commendatizie papali datate da Roma il 23 genn. 1292, Tommaso da Tolentino e M. si presentarono a Filippo IV il Bello e poi a Edoardo I. A Parigi intanto era in atto il capitolo generale dei frati minori e il 25 maggio in quell'alto consesso fu letta la lettera di Aitone al ministro generale Gaufridi, in cui gratissimo faceva alti elogi di quei frati inviatigli un anno e mezzo prima; raddoppiarono le lodi dei missionari i due baroni che il re d'Armenia aveva mandato quali legati nella medesima missione. Si è conservata la lettera di Aitone a Edoardo I, in cui i due frati sono chiamati "viri religiosi et discreti" (Golubovich, II, p. 471).
Dopo questa missione, di M. non si hanno più notizie; sembra certo che sia tornato in Armenia, quanto meno per riferire dei risultati dell'ambasceria.
Si ignorano il luogo e la data della sua morte.
Non è noto se sia rimasto nel Vicino Oriente e magari si sia poi aggregato al gruppo diretto nelle Indie, che a Tana nell'aprile del 1321 vide Tommaso da Tolentino con altri tre confratelli andare incontro al martirio; o se invece sia tornato in Italia accanto a Corrado da Offida, Pietro da Treia, Liberato da Macerata, Angelo Clareno, condividendone le tribolate vicende. M. non va confuso con Marco da Mutino (o di Montefeltro), il dictator dei ministri generali Crescenzio da Iesi, Giovanni da Parma e Bonaventura da Bagnoregio, che, secondo quanto ci riferisce Salimbene da Parma, morì nel 1284.
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