MARCO da Bologna (Marco Fantuzzi)
Nacque a Bologna nel 1409. L'ascrizione alla nobile famiglia bolognese dei Fantuzzi non è suffragata dalle fonti. Il francescano Alessandro Ariosto, contemporaneo e biografo di M., lo dice figlio di Bartolomeo e Lisia (p. 281); tale notizia è corroborata da alcuni testamenti dove si menzionano Bartolomeo di Giacomo de la Vezzola, armaiolo, e Lisia di Basotto di Argile, terziara francescana (Piana, 1971, pp. 86-105). Nel 1435 entrò nel convento dei francescani osservanti di S. Paolo in Monte a Bologna.
Le date di nascita e di entrata nell'Ordine sono in contraddizione con una notizia, con molta probabilità confusa, che si ricava dagli appunti di un uditore delle prediche tenute da M. a Firenze nel 1461, il quale precisa che egli "era d'età d'anni 45 ed era stato anni 23 frate e convertissi alle prediche di frate Franciescho da Trevi de l'Ordine suo" (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Ricc., 2894, c. 118r; cfr. Dessì, 1993, pp. 232 s.).
Sui suoi studi le notizie sono discordanti: mentre in un documento del 1461 compare come "magister artium" (Piana, 1971, p. 160), Ariosto afferma: "decem fere annos civili iuri operam dedit, pontificioque triennio studuit" (p. 281). Cominciò il noviziato negli anni 1435-36, probabilmente nello stesso convento di S. Paolo in Monte. Nel 1437 fu superiore di un convento in Emilia e nel 1444 vicario provinciale. Fu tra i sei predicatori ai quali Eugenio IV (nel 1445) e Callisto III (nel 1455) affidarono il compito di predicare la crociata contro i Turchi. Predicò, stando l'uditore delle prediche già ricordato, a Norcia nel 1448 (Dessì, 1993, pp. 232 s.). Nel 1449 intervenne al capitolo generale di Bosco di Mugello e, a detta di Roberto Caracciolo, predicò l'anno seguente all'Aquila (Cenci, 1971, p. 787). Nel 1452 Giovanni da Capestrano, inviato da Niccolò V in Germania per riformare i conventi e predicare contro gli ussiti, lo chiamò per presiedere in qualità di vicario generale il capitolo che si sarebbe tenuto all'Aquila quell'anno; M. mantenne l'incarico di vicario generale fino al 1455. Alla fine del 1452 si recò in Dalmazia nel tentativo di placare i disaccordi tra questa provincia e quella della Bosnia.
Gli anni in cui M. ricoprì l'incarico di vicario generale furono assai complessi per l'Osservanza francescana. Il 23 luglio 1446 Eugenio IV, con la bolla Ut sacra… (cfr. Bullarium Franc., I, n. 1007), aveva concesso agli osservanti il privilegio di dipendere direttamente dal proprio vicario generale causando il malcontento dei frati conventuali. Le polemiche fra le due famiglie furono aspre sia negli scritti sia durante la predicazione: i conventuali paragonarono gli osservanti ai "fraticelli de la opinione" e criticarono soprattutto la presenza nell'Ordine di tre capitoli generali accusando M. di definire "generale" il capitolo degli osservanti (Piana, 1978, pp. 355, 365). Uno dei problemi più scottanti era il trasferimento dei religiosi da una famiglia all'altra. A questo proposito M. fu in aperto contrasto con Roberto Caracciolo: in occasione del capitolo generale degli osservanti cismontani, tenutosi nel 1452 all'Aquila e presieduto da M., Caracciolo rifiutò di predicare nella città abruzzese, disobbedendo a Marco. Nel 1453 M. dapprima accolse le scuse di Roberto Caracciolo, ma poi lo accusò, in una lettera indirizzata a Giovanni da Capestrano, di avere relazioni poco chiare con la Curia romana e di aver scritto contro di lui un "libello" diffamatorio (Zafarana, pp. 447 s.). Il teologo minorita Nicolò da Osimo prese le difese di M., ma i suoi scritti in proposito sono andati perduti (Wadding, XII, p. 197, ne riporta gli incipit). Quando Niccolò V, con la bolla Sacrae religionis del 30 maggio 1454 (Bull. Franc., I, n. 1755 pp. 869 s.), concesse a Caracciolo e ai suoi compagni la libertà di cambiare famiglia dipendendo così esclusivamente dal ministro generale dell'Ordine, M. se ne lamentò in termini polemici in una lettera del 16 genn. 1455 al vicario della Bosnia (Piana, 1984, p. 213).
Intorno al 1456 M. dovette predicare a Milano se si tiene conto di una lettera elogiativa dell'umanista Giorgio Valagussa (scritta intorno al 1456-58) e di un'altra del 15 giugno 1456 di Francesco Sforza, dove il duca di Milano si rammarica per la malattia di un "frate Marco" individuato con M. (Piana, 1971, pp. 111 s.).
Nel 1463 M. si recò in Terrasanta (Melloni, p. 45) e l'anno successivo fu eletto per la seconda volta vicario generale degli osservanti, incarico che ricoprì fino al 1467.
Questi anni furono nuovamente contraddistinti da disaccordi con i conventuali: nel 1464 fu riconsiderata la questione della libertà di trasferimento da una famiglia francescana all'altra: Francesco Della Rovere, ministro generale dell'Ordine e futuro papa con il nome di Sisto IV, ribadì il divieto per i conventuali di accogliere gli osservanti privi dell'autorizzazione del loro superiore e di M., quale loro vicario generale. Già Pio II inoltre, l'11 ott. 1458 con la bolla Pro nostra ad b. Franciscum (Bull. Franc., n.s., II, n. 511 p. 255), aveva confermato le decisioni prese da Eugenio IV nel 1446 riguardo il trasferimento alla famiglia dei conventuali; in seguito la bolla Cum sacer ordo (28 febbr. 1467, ibid., n. 1408 pp. 704 s.), che Paolo II scrisse insieme con Della Rovere, confermò la posizione papale nei confronti dell'Osservanza, suscitando nuovamente i malumori all'interno dei conventuali.
In realtà le dispute vertevano soprattutto sul possesso dei conventi; nel corso del suo secondo vicariato M. si occupò per esempio del convento di Nicotera che, dal 1459 al 1467, cambiò più volte famiglia. Nel tentativo di ristabilire la situazione precedente all'invasione turca, che aveva causato la perdita di 38 conventi nella sola Bosnia, Pio II aveva riunificato, con la bolla Innefabilis summi prudentia del 16 febbr. 1463, le province della Dalmazia, della Bosnia e di Ragusa (Bull. Franc., n.s., II, n. 1080). Gli interessi delle singole regioni non permisero in realtà la realizzazione di questo disegno nonostante i tentativi di M. (Regestum Observantiae, pp. 47, 95-97; Kloczowski).
Tra il 1464 e il 1467 M. visitò l'Europa orientale, la provincia austriaca e gran parte delle province italiane; presiedette il capitolo riunitosi a Vienna nel 1464 e concesse ai Polacchi l'autorizzazione a eleggere un proprio commissario con privilegi particolari (Regestum Observantiae, pp. 78 s.). Si recò in seguito in Bosnia dove fece rimuovere da alcune chiese alcune immagini rappresentanti la Trinità.
Nuovamente vicario dell'Osservanza dal 1469 al 1472, nel 1470 M. predicò a Perugia e ad Ascoli. Una lettera del vescovo di Novara Giovanni Arcimboldi allo Sforza del 30 nov. 1471 ci informa della presenza di M. a Milano e del ruolo che ebbe nell'accogliere le clarisse sotto l'obbedienza degli osservanti (Sevesi, 1926, pp. 543 s.).
Anche questo terzo vicariato conobbe momenti importanti e delicati nella gestione delle vicende interne all'Osservanza. Nel 1472 Sisto IV, sollecitato dal cardinale Pietro Riario, rimise in discussione la bolla Ut sacra e l'autonomia dei frati osservanti ma, grazie anche all'intercessione di alcuni principi italiani, è nota fra l'altro una lettera del 14 ott. 1471 dove lo Sforza supplica il papa di favorire l'Osservanza (Sevesi, 1955, p. 315), la loro autonomia non fu più messa in discussione durante il suo pontificato.
Tutto ciò si intreccia con un importante episodio che illustra le relazioni complesse tra gli osservanti, il Papato e il potere politico: nel 1469 il francescano osservante Pietro da Capriolo si mise a capo di un movimento per sottrarre alla giurisdizione del vicario provinciale di Milano e del vicario generale dell'Osservanza i conventi di Brescia, Bergamo e Cremona in quanto il territorio di Brescia si trovava sotto il controllo della Repubblica di Venezia. M. cercò di opporsi a tale strategia, ma il 18 febbr. 1472 Sisto IV, venendo incontro alla richiesta del doge di Venezia Nicolò Tron, emanò una bolla di separazione dei tre conventi dalla vicaria di Milano (Sevesi, 1914, pp. 115 s.). Sollecitato da Pietro da Capriolo, il papa chiese inoltre a Giacomo della Marca e a Ludovico da Vicenza di sostituire M. per la presidenza del capitolo che si sarebbe dovuto tenere all'Aquila a metà maggio (Bull. Franc., III, n. 216 p. 93). Il pontefice scrisse poi allo Sforza per giustificare la separazione dei tre conventi di Brescia, Bergamo e Cremona - che venivano in questo modo sottratti al dominio del Ducato di Milano - e i motivi dei suoi provvedimenti contro M. (ibid., n. 227 p. 97). Non venne comunque meno la stima dello Sforza nei riguardi di M., il quale predicò a Milano nel corso della quaresima: un'eco dei suoi interventi omiletici si ritrova in una lettera di Giovanni Simonetta, il fratello di Cicco, segretario del duca di Milano (cfr. Piana, 1971, pp. 107 s.).
Nel capitolo che si tenne all'Aquila in quello stesso anno e in cui fu eletto vicario Angelo Carletti da Chivasso e in quello successivo, che si riunì a Napoli nel 1475, in cui si decise per il vicariato autonomo delle tre città di Brescia, Bergamo e Cremona, M. sarebbe stato privato del voto nonostante l'opposizione di Giacomo della Marca (cfr. Agostino da Stroncone).
Dopo tali avvenimenti, le notizie relative a M. sono molto limitate: si ha solo notizia, in un atto del 1478 (cfr. Regestum Observantiae, pp. 274 s.), di un processo incorso contro un frate colpevole di avere scritto una lettera diffamante contro Marco.
Nel 1476 M. predicò a Mantova; il 15 apr. 1478 tenne un discorso a Pavia nella chiesa di S. Giacomo in occasione della congregazione degli osservanti.
M. morì a Piacenza il 10 apr. 1479. Sepolto nella chiesa locale di S. Maria di Nazareth, le sue spoglie furono in seguito traslate nella chiesa di S. Maddalena e, nel 1626, nel santuario di S. Maria di Campagna; il suo culto venne approvato da Pio IX il 5 marzo 1868.
Ariosto lo rappresenta negli ultimi anni della sua vita intento a operare guarigioni miracolose; a testimonianza del formarsi di una tradizione agiografica si narra che il suo sepolcro fu oggetto di culto popolare e che il vescovo e le autorità di Piacenza insieme con Cicco Simonetta, dopo aver cercato di impedire il pellegrinaggio vietando l'accesso alla chiesa, dovettero cedere alla devozione del popolo che accorreva al verificarsi di altri miracoli. Uno dei novantotto miracoli elencati nella biografia ha come protagonista un membro della cerchia della duchessa di Milano il quale, guarito da una grave malattia, commissionò un dipinto raffigurante M. (Melloni, p. 85).
Non ci sono giunte opere scritte di M., l'unica traccia della sua attività pastorale è costituita dagli appunti delle prediche tenute da M. a Firenze in S. Croce nel 1461, prediche che dovettero avere un certo successo dato che le autorità cittadine lo richiesero per predicare la quaresima successiva (Piana, 1971, p. 113). Un uditore, forse un confratello della Compagnia dei laudesi di S. Zanobi, si limitò a riportare gli exempla raccontati, a suo dire, da M. durante le prediche fiorentine (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Ricc., 2894, cc. 115-142; una prima edizione degli exempla in Dessì, 1993, pp. 225-286).
Molti di tali aneddoti hanno come protagonisti i frati osservanti predicatori, alcuni sono tratti dalle prediche bernardiniane e altri dalla Cronica XXIV generalium Ordinis minorum. In tali prediche, M. trasmette una letteratura esemplare che circolava tra i monasteri e i conventi e racconta diversi fatti contemporanei, o presentati come tali, suggellandone la veridicità grazie alla pluralità delle fonti e della menzione di personaggi degni di fede (Bernardino da Siena, Giovanni da Capestrano e Giacomo della Marca). Le descrizioni particolareggiate delle punizioni infernali sono il mezzo utilizzato da M. per fare maggior presa sul pubblico incutendo timore e richiamando così alla penitenza e alla conversione.
Oltre a questa raccolta di exempla, la sola letteratura a nostra disposizione è quella epistolare, segnalata da Piana (1984).
L'esame di questo tipo di fonti, in tutto 46 lettere inviate a religiosi e secolari, conferma l'incidenza nel contesto cittadino dei predicatori dell'Osservanza e lo stretto legame che essi avevano con le autorità politiche. M. tentò anche di "controllare" i predicatori nei discorsi non graditi al potere. In particolare, quelli dell'osservante Michele Carcano - che avevano causato a questo il bando dal Ducato di Milano - preoccuparono il vicario al punto di costringerlo a chiedere a un altro predicatore di assistere Carcano durante le sue prediche (Regestum Observantiae, p. 100; cfr. Andenna, pp. 333-344).
M. mantenne inoltre relazioni epistolari con gli Sforza, i Gonzaga e i Medici. Una lettera indirizzata a Bianca Maria Visconti duchessa di Milano è un'interessante testimonianza del ruolo degli osservanti come ambasciatori e intermediari politici: M. riferisce le notizie che frate Gabriele Rangone da Verona aveva appreso, di ritorno da un viaggio in Germania, sulla possibile discesa dell'imperatore Federico III in Italia (Sevesi, 1955, p. 313). Altre lettere, datate tra il 1452 e il 1455, riguardano i monasteri delle clarisse: egli rifiutò le richieste della duchessa di Milano per l'assunzione della direzione spirituale di un convento di Cremona, in seguito eretto nel 1455 (ibid., pp. 298-300, 304-306).
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