MARCO d'Aviano (al secolo Carlo Domenico Cristofori)
Nacque il 17 nov. 1631 ad Aviano, nel Friuli occidentale, terzogenito degli undici figli di Marco Cristofori e Rosa Zanoni, una famiglia in buone condizioni economiche.
Frequentò la scuola di grammatica nel paese natale; nel 1643 fu inviato per gli studi superiori nel collegio dei gesuiti di Gorizia, in territorio austriaco. Prima di compiere 16 anni, alla notizia dello sbarco ottomano a Candia (giugno 1645), fuggì dal collegio per raggiungere il teatro delle operazioni e subire il martirio; ma si fermò a Capodistria, dove trovò ospitalità nel convento dei cappuccini. Nel 1648 venne accolto come novizio dai cappuccini di Conegliano, dove assunse il nome da religioso; dopo l'anno di prova, pronunciò i voti il 21 nov. 1649.
M. trascorse 11 anni di preparazione e di studio nei conventi della provincia veneta. Nel 1653 venne promosso ai corsi di filosofia e di teologia; il 18 sett. 1655 fu ordinato sacerdote dal vescovo di Chioggia. Dopo il previsto settennio di studi ottenne la licenza di predicare: le prime testimonianze di questa attività sono il Quaresimale, l'Avvento e l'Annuale (per complessive 67 prediche), datati 1667 e rimasti manoscritti. Nel 1672 fu eletto guardiano nel convento di Belluno e nel 1674 in quello di Oderzo; dopo il 1675, tuttavia, ottenne di non assumere più incarichi nella gerarchia dell'Ordine. Nello stesso periodo iniziò il servizio con lui come segretario Cosmo da Castelfranco, al secolo Cosmo Pettenari, che sarebbe divenuto il suo primo biografo.
Nel 1675 M. predicò la quaresima a Verona, nella chiesa di S. Michele; l'anno seguente ad Altamura. Iniziò così la serie dei quaresimali che lo impegnarono annualmente per tutto il corso della vita.
Mentre risiedeva nel convento di Padova, nell'estate del 1676, fu incaricato di assistere spiritualmente le monache di S. Prosdocimo; qui l'8 settembre ebbe luogo la prima delle guarigioni miracolose che gli vennero attribuite: una suora che era stata immobilizzata per 13 anni tornò a camminare dopo aver ricevuto la sua benedizione. Le autorità ecclesiastiche tuttavia gli impedirono di benedire altri malati e gli ordinarono di lasciare la città. A Venezia nell'ottobre seguente gli furono attribuite nuove guarigioni. L'affollamento dei malati divenne tanto imponente da provocare disordini: il vicario patriarcale chiese pertanto il suo trasferimento nel convento di Mestre.
Negli anni seguenti M. ebbe grande successo come predicatore: a Riva del Garda per il quaresimale del 1678 lo ascoltarono in piazza 18.000 persone. Nel 1679 a Castelfranco Veneto il vescovo di Treviso gli proibì invece di predicare all'aperto; gli furono egualmente vietate la benedizione dei malati e la recita pubblica dell'atto di dolore: ma le notizie delle guarigioni miracolose si diffusero sempre di più. La formula della benedizione (fondata su Numeri 6, 24-26 e Marco 9, 22) cominciò a essere pubblicata a stampa fino a 10.000 copie per volta, su foglietti che comprendevano di solito anche l'Atto di dolore perfetto (i testi in Positio, pp. 52 s., 64-66).
Nella primavera del 1680, mentre predicava a Rovereto, M. ricevette dai superiori l'ordine di compiere una lunga missione nella Germania sudoccidentale.
Il viaggio fu effettuato in due riprese. La prima volta (1° maggio - 28 giugno 1680) M. arrivò fino a Monaco, toccando unicamente località del Tirolo e della Baviera. Il percorso fu compiuto a piedi, come esigeva la regola francescana. Il 4 agosto, poi, ripartì da Arco alla volta di Linz, dove arrivò il 7 settembre, per visitare l'imperatore Leopoldo I d'Asburgo, che aveva insistentemente richiesto la sua presenza alla Curia pontificia. Il soggiorno a Linz si protrasse fino al 25 settembre: M. divenne immediatamente il maggior consigliere spirituale di Leopoldo I. Il loro rapporto è testimoniato, oltre che dai successivi incontri, da un ampio scambio epistolare: 166 lettere dell'imperatore a M. e altrettante sue all'imperatore; un altro centinaio di lettere è andato perduto.
La seconda tappa del viaggio (25 settembre - 31 ott. 1680) da Linz seguì l'itinerario Ratisbona, Ingolstadt, Neuburg, Norimberga, Bamberga, Würzburg, Mergentheim, Worms, Magonza, Coblenza, Colonia e Düsseldorf. In molte delle località attraversate M. tenne prediche. Si rivolgeva alle popolazioni sempre in italiano, con citazioni scritturali in latino, intercalando poche parole tedesche. L'accoglienza però fu sempre entusiastica. Già il 30 maggio 1680 a Monaco un ascoltatore testimoniò che egli aveva "fatto parlare due muti, vedere due ciechi, caminare molti stropiati e convertiti doi luterani" (Positio, p. 97). Un opuscolo tedesco stampato in città gli attribuì 117 guarigioni in pochi giorni; più cauta fu una commissione vescovile, che richiese indagini rigorose. L'ambasciatore francese, invece, scrisse che i miracoli andavano attribuiti soltanto alla superstizione dei Bavaresi.
Il resto del viaggio fu più contrastato. A Ratisbona i protestanti tentarono di impedirgli lo sbarco. A Neuburg egli ebbe un'ottima accoglienza da parte del conte palatino Filippo Guglielmo di Wittelsbach-Neuburg, suocero dell'imperatore. A Norimberga non gli fu consentito l'ingresso in città; a Bamberga e a Colonia poté tenere regolarmente le sue prediche (14-27 ottobre). Alla fine di ottobre si spinse fino a Düsseldorf.
All'inizio del 1681 M. strinse amicizia con l'ambasciatore imperiale a Venezia, il conte Francesco Ulderico Della Torre, goriziano, che si adoperava con energia contro ogni tentativo d'ingerenza francese in Italia. È probabile che M. abbia subìto in politica l'influenza dell'amico, con il quale scambiò un gran numero di lettere: sono infatti 230 quelle inviate da M. che ci sono pervenute, contro appena le 9 dell'ambasciatore (forse le altre furono distrutte per segretezza).
Nell'aprile del 1681 M. venne incaricato da Innocenzo XI di una missione politica presso il duca di Mantova Ferdinando Carlo di Gonzaga Nevers, per distoglierlo dall'alleanza con la Francia. Era un periodo di relazioni difficili tra Luigi XIV e il pontefice per la questione delle regalie. Anche i rapporti tra la Francia e l'Impero erano estremamente critici, nonostante la recente pace di Nimega (1679).
Contemporaneamente M. intraprese un nuovo viaggio missionario alla volta dei Paesi Bassi spagnoli, per il quale ottenne dal pontefice la facoltà d'impartire l'indulgenza plenaria. Pur nella difficile situazione politica, egli decise di passare per Parigi, accettando l'invito della moglie del delfino Luigi di Francia, Maria Anna Cristina di Baviera.
Il soggiorno in Belgio durò dal 12 giugno al 7 luglio, con soste a Mons, Bruxelles, Gand, Bruges, Namur e Liegi. Dappertutto ebbe grandi accoglienze.
Visitò poi alcune città lungo il Reno, spingendosi fino a Münster e Paderborn (12-18 luglio). A fine mese si trasferì nella Gheldria spagnola, dove rimase cinque giorni. Durante il ritorno in Italia sostò alcuni giorni a Colonia, a Neuburg dal conte palatino Filippo Guglielmo, consueta tappa dei suoi viaggi, e presso i duchi di Baviera. Nel frattempo era stato deciso che egli visitasse anche la Svizzera cattolica. Il 3 settembre, risalendo in barca il Danubio, arrivò a Costanza. Per dieci giorni predicò e benedisse i fedeli toccando varie località tra Costanza e Lucerna: al suo passaggio furono segnalati guarigioni miracolose, fenomeni celesti, conversioni di protestanti.
Le missioni del 1680-81 portarono a M. una fama europea, come testimoniano gli opuscoli e fogli volanti in tedesco, francese, olandese e spagnolo che ne celebravano i miracoli e riportavano il testo delle prediche. Altrettanto ampia la pubblicistica protestante, che lo attaccò come maestro di superstizione, falso taumaturgo e agente del papa, mettendo in ridicolo la sua ignoranza delle lingue, ma anche le grida, i gesti e le smorfie che erano il supporto indispensabile della sua predicazione.
M. divenne un simbolo della ripresa cattolica nei territori confessionalmente misti; nella primavera del 1681 la nunziatura di Bruxelles propose addirittura che egli fosse mandato in Scozia per rafforzare le sorti del cattolicesimo in quel Regno. Allo stesso tempo venne sempre più collegato alla politica asburgica. Nel 1682 la famiglia reale spagnola lo invitò a Madrid, ma il governo di Luigi XIV gli negò il permesso di attraversare la Francia.
In occasione del viaggio in Austria del 1682 Innocenzo XI gli conferì il titolo di missionario apostolico. Arrivò a Vienna il 2 giugno e vi si trattenne fino al 15 luglio. Il 2 agosto era di nuovo nel convento di Padova, sua abituale residenza in quel periodo.
Dopo il ritorno fu a lungo malato: poté in ogni modo tenere il previsto quaresimale a Udine, fino all'aprile 1683.
Intanto da Vienna arrivavano notizie preoccupanti. I ribelli ungheresi guidati da Imre Tököly si erano alleati con i Turchi e avevano conquistato gran parte dell'Ungheria asburgica; all'inizio del 1683 un poderoso esercito era partito da Costantinopoli alla volta dell'Europa centrale. In marzo, grazie alla mediazione del papa, Leopoldo I si assicurò l'alleanza del re di Polonia Giovanni Sobieski.
In aprile Leopoldo I mise il suo esercito, che comprendeva anche truppe della Baviera e della Sassonia, sotto il comando del duca Carlo di Lorena, suo cognato, la cui guarigione da una lunga malattia era stata attribuita l'anno prima a Marco d'Aviano. Le difese asburgiche in Ungheria furono aggirate e all'inizio di luglio le avanguardie turche passarono il fiume Leitha. L'8 luglio l'imperatore fuggì da Vienna, rifugiandosi a Linz, e il 15 i Turchi posero sotto assedio la città.
Da Venezia l'ambasciatore imperiale Della Torre da mesi faceva pressioni sulla segreteria di Stato perché M. fosse autorizzato a raggiungere la corte imperiale. Il permesso fu accordato il 7 agosto e M. partì da Padova il 14, portandosi il 1° settembre a Linz, dove si trovava Leopoldo I, e il 5 settembre presso il comando di Carlo di Lorena a nord di Vienna, dove era arrivato da poco anche il re di Polonia. Prese parte ai consigli di guerra, esortando i generali ad avere fede in Dio e l'11 settembre salì con le truppe sul Kahlenberg, a un'ora di cammino da Vienna.
La battaglia decisiva fu fissata per il giorno seguente, perché i Turchi stavano ormai penetrando in città. All'alba del 12 settembre M. celebrò la messa e impartì la benedizione ai soldati; una tradizione diffusa solo pochi giorni dopo vuole che restasse in preghiera con il crocifisso in mano sul Kahlenberg, o forse nella vicina Leopoldskirche sul Leopoldsberg, fin quando la vittoria non fosse apparsa sicura.
Subito dopo la vittoria M. partì per l'Italia; durante il viaggio di ritorno fece numerose soste: a Linz presso la famiglia imperiale a Salisburgo, a Graz e a Lubiana. Arrivato a Padova, inviò alla S. Sede una relazione sulla sua missione (11 novembre).
All'inizio del 1684 la diplomazia imperiale, con il sostegno del pontefice, riuscì a far entrare i Veneziani nella coalizione contro i Turchi: il 5 marzo 1684 a Vienna fu stipulata la Lega santa tra l'Impero, la Polonia e Venezia. M. - che aveva caldeggiato l'alleanza con un fitto scambio di lettere, appoggiando a Venezia l'opera dell'ambasciatore Della Torre - per cinque anni consecutivi seguì ogni estate l'esercito cristiano al fronte.
Nel 1684 partì alla fine di aprile. Dopo essersi trattenuto a Linz presso l'imperatore, proseguì per l'Ungheria. Il 17 giugno assistette alla conquista della fortezza di Visegrád; accompagnò quindi l'esercito, celebrando la messa e predicando, fino alla presa di Pest (30 giugno) e all'assedio di Buda (14 luglio), dove l'avanzata si arrestò, con sua grande indignazione.
Tornato in Italia, M. inviò a Leopoldo I un lungo memoriale in cui dava consigli per l'esercito in vista della campagna dell'anno seguente e in cui trova spazio la sua visione dell'impresa bellica: erano necessari soprattutto "sacerdoti religiosi esemplarissimi" che celebrassero la messa, perché la guerra per i cristiani era in primo luogo penitenza e affidamento alla misericordia di Dio (Corrispondenza epistolare, II, pp. 171-180).
Nel 1685 ripartì per Vienna il 25 maggio: a corte dovette affrontare la questione della requisizione dei beni ecclesiastici disposta per finanziare la guerra, contro il parere della Curia romana. Il 20 giugno era in Ungheria, dove seguì l'esercito fino al 23 settembre (nuovo assedio di Buda), informando costantemente Leopoldo I sull'andamento delle operazioni e sul morale delle truppe.
Nel 1686 fu di nuovo a Vienna il 10 maggio. In giugno raggiunse l'esercito in Ungheria, seguendolo da Gömör fin sotto le mura di Buda (27 luglio). Dopo un lungo assedio, il 2 settembre la piazzaforte fu conquistata: "Vero miracolo di Dio", scrisse a Leopoldo I lo stesso giorno (ibid., p. 322).
Lasciato l'esercito, M. ritornò a Vienna; da lì si recò a Heidelberg, presso il conte palatino Filippo Guglielmo (30 settembre - 15 ottobre). Nelle settimane seguenti tornò nella Svizzera cattolica, predicando in varie città; la missione aveva anche lo scopo di sollecitare l'arruolamento di truppe mercenarie per la Lega santa.
L'anno della caduta di Buda rappresentò la definitiva consacrazione di M. come figura dotata di virtù soprannaturali. Cominciarono allora a essere raccolte le testimonianze sulla vita e sui miracoli che gli erano stati attribuiti. A quest'attività non sembra estraneo Della Torre: fu infatti l'ambasciatore a comunicare a Roma il 31 maggio 1686 la notizia della risurrezione, per il tempo di ricevere il battesimo, di un infante morto da 14 giorni e delle guarigioni prodigiose avvenute durante la predicazione a Schio: di tutto questo egli conservava "le prove autentiche" (Positio, p. 374).
Nel 1687 M. rimase con l'esercito imperiale da giugno ad agosto, denunciando duramente le incertezza dei comandanti. Il 14 agosto celebrò la vittoria di Mohács, cantando il Te Deum nella tenda del gran visir sconfitto. Nel successivo soggiorno a corte protestò per i ritardi nelle operazioni militari, provocando la destituzione del presidente del Consiglio di guerra.
Nel 1688 partì da Brescia il 25 aprile; dopo una sosta a Vienna, raggiunse l'armata cristiana a Pest il 1° giugno, accompagnando la marcia dell'esercito fin sotto le mura di Belgrado (16 agosto). La città fu conquistata definitivamente il 6 settembre. Secondo la testimonianza del primo biografo, si adoperò per la resa degli ultimi 800 difensori, asserragliati nella cittadella, che grazie a lui ebbero salva la vita (Cosmo da Castelfranco, pp. 633 s.).
La situazione europea era però profondamente cambiata: nel settembre 1688 Luigi XIV aveva scatenato una nuova offensiva sul Reno. Nel febbraio 1689, scrivendo a Della Torre, M. auspicò l'invasione della Francia da parte dell'esercito imperiale, con parole molto dure (Corrispondenza epistolare…, IV, p. 221). La Curia pontificia invece disapprovò apertamente l'alleanza tra Leopoldo I e i principi protestanti; morto Innocenzo XI, il nuovo papa Alessandro VIII mantenne con Vienna rapporti più freddi.
Nel 1690 M. si fermò alla corte austriaca da maggio ad agosto, per cercare una mediazione sulle questioni controverse con Roma. In quell'anno morirono due suoi grandi fedeli, il duca Carlo di Lorena e il conte palatino Filippo Guglielmo. Dopo il ritorno a Padova ricevette la notizia della caduta di Belgrado in mano dei Turchi (15 novembre).
Alla morte di Alessandro VIII (1° febbr. 1691) e apertosi il conclave, ci furono pressioni su M. affinché intercedesse con l'imperatore a favore del cardinale veneziano Gregorio Barbarigo: non si hanno però notizie di interventi di M. in tal senso. Del resto, nella prima parte del 1691 M. fu quasi sempre ammalato; in giugno dovette interrompere a Gorizia il viaggio verso Vienna e trascorse una lunga convalescenza nel convento di Oderzo. Leopoldo I, certo su segnalazione di Della Torre, riteneva Barbarigo "assai partiale della Francia" (ibid., II, p. 471) e si oppose alla sua elezione. Dopo un conclave durato cinque mesi, il 12 luglio uscì eletto il cardinale Antonio Pignatelli con il nome di Innocenzo XII.
Nel 1692, ancora alla corte di Vienna, espresse il desiderio del nuovo papa di una rapida conclusione della guerra con la Francia. Invece di recarsi in Ungheria, come molti richiedevano, andò a Praga, dove predicò e gli furono attribuite numerose guarigioni. All'inizio di agosto riprese da Vienna la via del ritorno. Nel 1693 non si mosse dall'Italia. Nel 1694 fu spesso malato: continuava però a scrivere all'imperatore, esortandolo a insistere nella guerra contro i Turchi e fornendogli consigli sulle operazioni militari in corso.
Nel 1695 i Turchi passarono al contrattacco sia lungo il Danubio sia in Morea. M., accogliendo i pressanti inviti di Leopoldo I, partì da Salò negli ultimi giorni di aprile e si trattenne a Vienna fino a tutto agosto. Tornato a Padova, ricevette con grande dolore da Venezia la notizia della morte, il 14 dicembre, di Della Torre.
Nel 1696 egli rimase quasi sempre nei conventi di Venezia o di Padova, dai quali uscì solo per i consueti cicli di prediche. Tenne il quaresimale del 1697 nel duomo di Padova, su invito del cardinale Gregorio Barbarigo. La segreteria di Stato aveva disposto che si recasse quanto prima dall'imperatore per convincerlo a concludere la pace con la Francia: M. però non era convinto delle buone intenzioni di Luigi XIV. Durante il soggiorno a Vienna, da maggio a settembre, promosse lunghi cicli di preghiere mariane nella cattedrale di S. Stefano per il successo delle armi cristiane: la vittoria di Eugenio di Savoia a Zenta (11 settembre) sembrò l'adempimento dei suoi suffragi, e gli procurò nuova fama di santità.
Il 26 genn. 1699 venne firmata a Karlowitz la pace tra la coalizione cristiana e i Turchi e nell'aprile M. intraprese l'ultimo viaggio per Vienna. Cosmo da Castelfranco, ammalato, non poté accompagnarlo. M. dovette attendere, con gran fastidio, a tutta una serie di incarichi di natura politica affidatigli dal pontefice; predicò anche più volte in piazza davanti a un'immensa folla. Alla fine di luglio la sua salute peggiorò e non poté più muoversi dal convento.
M. morì a Vienna il 13 ag. 1699, assistito dalla famiglia imperiale.
Subito dopo le solenni esequie a Vienna (17 agosto), i superiori dell'Ordine e Leopoldo I avviarono la raccolta di documenti per promuovere la causa di beatificazione. Nel 1707 Cosmo da Castelfranco concluse la biografia, dedicandola all'imperatrice vedova Eleonora: l'opera tuttavia non venne pubblicata. La causa ufficiale di beatificazione fu aperta solo nel 1891, congiuntamente dall'arcivescovo di Vienna A.J. Gruscha e dal patriarca di Venezia G. Sarto (il futuro Pio X). Il processo informativo si concluse nel 1904. Il processo apostolico fu introdotto l'11 dic. 1912 da Pio X; a causa della guerra, però, le udienze a Vienna e a Venezia si protrassero fino al 1920: in questa fase ebbero particolare importanza le deposizioni della storica austriaca Maria Héyret. Nel 1966 venne approvata la monumentale Positio super virtutibus, redatta dallo storico cappuccino Melchior da Pobladura. Il 6 luglio 1991 Giovanni Paolo II emanò il decreto per il riconoscimento delle virtù eroiche. Nel 1992 fu presentata alla Consulta medica la Positio super miraculo, relativa a una guarigione avvenuta nel 1941: il miracolo è stato riconosciuto con decreto pontificio del 22 apr. 2002. Il 27 apr. 2003 M. è stato proclamato beato da Giovanni Paolo II.
Opere: M. pubblicò alcuni trattatelli in italiano, anonimi: è stata ritrovata un'unica edizione originale della Gravità del peccato mortale, Bolzano 1680; di una seconda edizione (1694) si hanno solo notizie indirette, come degli altri scritti: Fiamme d'amore di Dio (1682); Devotissima oratione alla Beatissima Vergine (1682), Svegliarino del peccatore (1684). Molte le traduzioni in varie lingue: della Gravità del peccato mortale dal 1681 al 1695 apparvero 9 edizioni tedesche. In versione tedesca furono stampate anche decine di prediche, a Salisburgo, Augusta e Costanza.
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