Anatomico e chirurgo (Tarsia 1580 - Napoli 1656). Addottoratosi in medicina a Salerno nel 1606, si trasferì a Napoli per studiare con G. Jasolino, cui succedette nel 1610 alla cattedra di anatomia e chirurgia. Alla stessa epoca risale la collaborazione con l'ospedale degli Incurabili. Le sue lezioni e la sua tecnica operatoria esercitarono un forte richiamo su studenti e medici italiani e stranieri; la sua fama di abile chirurgo e fine comparativista è testimoniata dal suo estesissimo carteggio. Accusato più volte d'irreligiosità e di applicare tecniche operatorie eccessivamente cruente, venne più volte processato dal tribunale dell'Inquisizione, imprigionato e spogliato di tutte le cariche. Definitivamente riabilitato, continuò a esercitare presso gli Incurabili fino al giorno della sua morte, avvenuta durante la grande epidemia di peste del 1656. Con la pubblicazione della Zootomia democritea (1645), per primo teorizzò il concetto d'isomorfismo funzionale e, in seguito a molteplici osservazioni su innumerevoli specie vegetali e animali, formalizzò l'idea che nella catena del vivente a ogni funzionalità organica debba corrispondere un'analoga struttura morfologica, la cui diversità è riconducibile al suo solo grado di complessità. Come farmacologo e tossicologo studiò varie rarità botaniche e analizzò il veleno delle vipere. Descrisse, ben prima di J. K. Peyer, i folliculi lymphatici aggregati o placche di Peyer, e sottolineò, prima degli allievi oxoniensi di W. Harvey, l'importanza degli organi della respirazione nel metabolismo animale, contribuendo così alla definitiva distruzione del mito secolare del metabolismo cardiaco. Fra le sue opere si ricordano: De recondita abscessuum natura libri VIII (1632); Trimembris chirurgia (1653).