POGGIO, Marco Antonio
POGGIO, Marco Antonio. – Non si conosce la data di nascita di questo scultore del legno, presumibilmente nato a Genova, attivo nel XVII secolo. Il profilo biografico tracciato da Raffaele Soprani lo collocava di diritto «fra gli virtuosi» per le «molte opere di consideratione» (Soprani, 1674, p. 192), tuttavia il percorso delineato, base della rielaborazione settecentesca di Carlo Giuseppe Ratti (Soprani - Ratti, 1768, pp. 361-363), non fornisce alcun indizio cronologico utile, non solo per definire gli estremi anagrafici, ma anche per datare le opere menzionate. Nonostante gli studi «di lettere» desunti da un precettore e i primi rudimenti appresi «con certo Scoltore» (Soprani, 1674, p. 192), il padre calzolaio volle che esrcitasse la sua stessa professione. Convinto in seguito dall’abilità del figlio, che aveva condotto «alcuni abbozzi», decise di affidarlo alla «disciplina» di Domenico Bissoni, tramite l’intercessione di «persona d’autorità» (ibid.).
Si conosce il contratto di accartatio del quindicenne Giovanni Antonio Poggio, messo a bottega presso Bissoni il 17 giugno 1626 (Di Raimondo, 2003, p. 310): il dato si riporta, ipotizzando un errore di compilazione, per una possibile identificazione con Marco Antonio. In ogni caso Poggio non compare nell’ambito della tassazione del 1630 per le nuove mura (Archivio di Stato di Genova, Camera del Governo e Finanze, 2605, f. 20). Il maestro lo impiegò subito nei «soliti abbozzi che a’ principianti si porgono» per giungere, dopo aver verificato la sua non poca abilità, non solo a «carte ben historiate e di perfetti maestri» ma soprattutto alla presenza attiva all’interno di quella «profitevole accademia», tenuta dal figlio Giovanni Battista Bissoni, nella quale si disegnava o si modellava dal vero: «destreggiossi costui da principio con la penna et in appresso vi si approfittò valorosamente con modellare» (Soprani, 1674, p. 193). Ratti dedicò righe più circostanziate a questa rigorosa formazione: «In essa [Accademia del nudo] diede luogo al suo Condiscepolo, il quale col copiare ora in carta col matitatoio, ed ora in creta con le stecche il naturale modello si rendé in breve capace di figurar corpi umani, ed esprimerne i lor varj atteggiamenti» (Soprani - Ratti, 1768, p. 361). Sembrerebbe, dal racconto di Soprani – secondo il quale Domenico Bissoni portò a compimento la formazione di Poggio e del figlio – che Poggio fosse perlopiù coetaneo di Giovanni Battista e dunque nato, probabilmente, tra il primo e il secondo decennio del secolo.
Bissoni iniziò a impiegarlo nelle opere in lavorazione nella propria bottega, facendogli «abbozzar qualche figurina» fino a utilizzarlo «a’ finimenti di figure et altri lavori di consideratione» (Soprani, 1674, p. 192). Continuando «per qualche tempo ad operare in tal guisa» nell’officina bissonesca, giunsero a tal punto fama e commissioni che, «con buona licenza del maestro», Poggio, nel frattempo divenuto «ben esperto nel disegno, nel modellare e nel maneggiare degli scarpelli» (Soprani - Ratti, 1768, p. 362), aprì uno studio in proprio.
Le opere ricordate da Soprani furono le stesse poi riprese da Ratti: di esse sono perdute la Madonna di Monferrato e le due casse raffiguranti l’Incredulità di s. Tommaso e il S. Giovanni Evangelista per le confraternite omonime. Proprio dalla cassa per l’oratorio di S. Tommaso, che il biografo inseriva tra le prime opere realizzate in autonomia, si può dedurre un dato cronologico da un’antica lapide nella quale si ricordava il contributo di 400 lire per l’esecuzione avvenuta nel 1641 (Sanguineti, 2013a, p. 28). Disperso risulterebbe anche il Crocifisso eseguito per l’oratorio di S. Brigida, poiché l’ipotesi di riconoscerlo in quello attualmente conservato nell’oratorio di Morte e Orazione a Sestri Ponente, tradizionalmente ricordato come proveniente da quella sede, è contraddetta dal linguaggio, del tutto congruo con il fare di Giovanni Battista Bissoni, e dalla particolarità iconografica ricordata dalle fonti, che lo qualificavano come un Cristo spirante. Federigo Alizeri (1846, p. LXXV) notava invece, ricordando la formazione presso Bissoni, che «non rimane lavoro certo».
Dunque, tra le opere citate da Soprani, è superstite solo la poderosa macchina processionale raffigurante la Decollazione di s. Giovanni Battista, espressione di un linguaggio maturo, distante dagli esiti bissoneschi (Sanguineti, 2013a, pp. 18-53; Id., 2013b, pp. 159-163). I non pochi riferimenti, contenuti nel gruppo, alla statuaria romana di Algardi e Bernini testimoniano un ruolo di importante aggiornamento veicolato dallo scultore nell’ambito del contesto genovese.
Il riferimento all’esecuzione di «insigni sculture» e di «superbe macchine per Confraternite della città, e di fuori» (Soprani - Ratti 1768, p. 363) lascia presupporre un’attività molto feconda. I biografi esemplificarono poi la sua «pratica d’ornare prospetti, facciate, e cose simili» (ibid., p. 362), ricordando l’altare maggiore della chiesa dei cappuccini a Sestri Ponente, di cui aveva curato la progettazione, databile in un momento successivo al 1634 (Fiore, 2012, p. 361).
«Talora si provò il Poggio a maneggiare i pennelli» (Soprani - Ratti, 1768, p. 363):
resta per ora a questo stadio l’affermazione espressa da Soprani circa un’esperienza di pittore nella fase formativa, peraltro indicativa di una capacità di disegnare assai utile per lo stadio progettuale dei suoi gruppi scultorei.
Al termine della biografia, Soprani ricordò il trasferimento in Spagna, «chiamato colà per essercitare la sua virtù», e la permanenza di due anni, terminata con la morte improvvisa in «immatura età» (Soprani, 1674, p. 194): questi elementi potrebbero suggerire un espatrio condotto forse in concomitanza della peste del 1656-57 e una morte avvenuta nel corso degli anni Sessanta.
Fonti e Bibl.: R. Soprani, Le vite de’ pittori, scoltori et architetti genovesi…, Genova 1674, pp. 192-194; P.A. Orlandi, L’Abecedario pittorico…, Bologna 1719, p. 307; R. Soprani - C.G. Ratti, Vite de’ pittori, scultori, ed architetti genovesi…, I, Genova 1768, pp. 361-363; F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, I, Genova 1846, p. LXXV; O. Grosso, Le Casacce e la scultura lignea sacra genovese del Seicento e del Settecento (catal.), Genova 1939, pp. 22 s., 37; Id., Scultura e costumanze popolaresche nelle casacce genovesi, in Genova, XIX (1939), 6, p. 26; G. Colmuto, L’arte del legno in Liguria: A.M. Maragliano (1664-1739), in Fonti e studi di storia ecclesiastica, III (1963), p. 201; F. Franchini Guelfi, Le Casacce. Arte e tradizione, Genova 1973, pp. 63-66; Ead., Le Casacce nell’arte e nella storia ligure, Genova 1974, p. 36; Ead., in La Liguria delle Casacce. Devozione, arte, storia delle confraternite liguri (catal.), Genova 1982, pp. 22 s., scheda 5; Ead., Introduzione, in C. Aranda Linares - J.M. Sánchez Peña - E. Hormigo Sánchez, Scultura lignea genovese a Cadice nel Settecento. Opere e documenti, Genova 1993, p. 9; D. Sanguineti, Anton Maria Maragliano, Genova 1998, pp. 19, 23, 62, 88; F. Franchini Guelfi, La scultura del Seicento e del Settecento. Marmi e legni policromi per la decorazione dei palazzi e per le immagini della devozione, in Genova e la Spagna, a cura di P. Boccardo - J. Luis Colomer - C. Di Fabio, Cinisello Balsamo 2002, pp. 245 s.; A. Di Raimondo, Nuovi documenti sullo scultore Domenico da Bissone, in Atti della Società ligure di storia patria, n. s., XLIII (2003), fasc. 1, n. monografico: Studi in onore di Giorgio Costamagna, pp. 305-318; G. Cataldo, Francisco Salzillo y Poggio Marc’Antonio, in Imafronte, XVII (2003-04), pp. 23-31; D. Sanguineti, Il Paradiso secondo Maragliano in cinque macchine processionali, in Han tutta l’aria di Paradiso. Gruppi processionali di Anton Maria Maragliano tra Genova e Ovada (catal., Ovada), a cura di D. Sanguineti - F. Cervini, Torino 2005, p. 23; V. Fiore, «Perché la povertà fu diletta sposa di Christo». Altari cappuccini in Liguria, in I Francescani in Liguria. Atti del convegno…, Genova… 2009, a cura di L. Magnani - L. Stagno, Roma 2012, p. 361; D. Sanguineti, Anton Maria Maragliano 1664-1739. ‘Insignis sculptor Genuae’, Genova 2012, pp. 7, 11, 16 s., 22, 35, 37, 39, 50, 61, 63, 70, 73, 231 s.; Id., La Decollazione del Battista di M.A. P.: il teatro barocco a Genova, in La Decollazione del Battista di M.A. P.: storia e restauro, a cura di D. Sanguineti - G. Zanelli, Genova 2013a, pp. 18-53; D. Sanguineti, Scultura genovese in legno policromo dal secondo Cinquecento al Settecento, Torino 2013b, pp. 159-163, 442 s.