GRIMANI, Marco Antonio
Nacque a Venezia nel 1486 dal matrimonio, celebrato nel 1482, di Francesco, detto Scipione, di Pietro con Lucrezia Diedo di Andrea.
Secondogenito maschio, ebbe tre fratelli: Vincenzo, procuratore di S. Marco de citra nonché attivo protagonista della vita diplomatica veneziana della prima metà del Cinquecento; Piero, anch'egli eletto procuratore di S. Marco de supra e ambasciatore nel 1530 presso l'imperatore Carlo V; e Andrea.
Il 26 nov. 1506, al compimento del ventesimo anno d'età, il G. fu iscritto dal padre all'avogaria di Comun per partecipare all'estrazione della balla d'oro. Nel 1510 contrasse matrimonio con Giulia Tron di Piero (come documentato nella Cronaca matrimoniale dell'avogaria di Comun, e non Beatrice, come riportato in Barbaro - Tasca), da cui ebbe due figli maschi, Alvise (1511-71) e Ottaviano (1516-76), che perpetuò la discendenza del ramo familiare in assenza di altri cugini.
Il G. iniziò la carriera politica nel 1523, come ufficiale sopra i Dieci offici, proseguendo ininterrottamente a ricoprire incarichi sempre più rilevanti nell'amministrazione veneziana: nel 1528, 1532, 1536 fu tra i Venti savi super taxis; nel 1530 e 1536 savio alla Mercanzia; nel 1532 tra i Sette savi sopra le Decime del clero; dal 1532 al 1538 e ancora tra il 1540-43 savio di Terraferma; nel 1545 consigliere per il sestiere di S. Polo e contemporaneamente nel Collegio dei trenta alle fortezze; nel 1547 ancora consigliere per il sestiere di S. Polo; tra il 1549 e il 1552 savio del Consiglio; nel 1550 tra i quindici componenti la zonta del Consiglio dei dieci. Il 24 luglio 1552 fu eletto podestà a Padova, carica di cui prese possesso il 6 novembre e che ultimò il 28 febbr. 1554. A ricordo dei suoi interventi di restauro e abbellimento degli edifici pubblici fu posta una lapide, nel palazzo del capitanato (Cicogna, IV, p. 157).
Al ritorno nella Dominante, l'8 marzo presentò in Collegio un'accurata relazione sul proprio operato.
Distinta in più punti, essa descrive la situazione politica, economica, sociale, giudiziaria e militare dell'intero territorio del rettorato patavino (dove il G. aveva ricoperto, per breve periodo, anche la carica di vicecapitano). Con lucida capacità di analisi il G. esaminò la condizione delle strutture difensive, le difficoltà nell'amministrazione della giustizia e nel reperimento dei generi alimentari, i rapporti tra il governo locale e il clero, l'attività delle corporazioni artigiane (seta e lana in particolare), del Monte di pietà e dell'Università, mettendo in luce soprattutto gli aspetti economici, di riscossione fiscale e di spesa pubblica a essi riconducibili.
Dopo essere stato tra i candidati alla carica dogale nel 1553, quando uscì eletto Marc'Antonio Trevisan, il G. continuò a essere componente di varie e autorevoli magistrature: nel 1554 provveditore sopra Monasteri; nel 1555 e 1558 savio del Consiglio; nel 1556, 1557, 1559 e dal 1562 al 1564 consigliere ducale per il sestiere di S. Polo; tra il 1557 e il 1559 anche dei Tre conservatori ed esecutori alle leggi. Il 1° febbr. 1565 il G. fu eletto procuratore di S. Marco de ultra, in sostituzione di Andrea Cappello.
Ormai "amalà di vechiezza", il G. si spense serenamente il 25 febbr. 1566 nel suo palazzo ai Ss. Ubaldo e Agata (vulgo S. Boldo).
Con la precisione che gli era naturale, aveva disposto le proprie ultime volontà, non solo riguardo alla destinazione del suo considerevole patrimonio, ma soprattutto in merito alla sua sepoltura. Già nel novembre 1542 aveva richiesto ai padri della chiesa di S. Sebastiano di poter fabbricare in quella chiesa una cappella di famiglia, dedicata al S. Redentore e a S. Antonio abate, dietro compenso di 100 ducati. Ma, non volendo egli essere sepolto con i consanguinei, ottenne nel settembre 1544 speciale dispensa da mons. Giovanni Della Casa, allora nunzio apostolico a Venezia, facoltà di sepoltura sotto la predella dell'altare. Nondimeno, nella detta cappella, opera dello scalpellino Antonio de Gazin o Gasin, il G. prodigò gran somma di denaro, dotandola di un "cesendello", due candelabri, una tela dipinta con la figura di "Christo passo" e altri pregiati lavori di oreficeria, tutti recanti lo stemma della nobile famiglia Grimani, per una somma complessiva di ben 700 ducati d'oro. Per sé volle solo "un epitaffio con poche parole e succintamente narrando del tutto la verità". A ornarla furono poste due statue raffiguranti S. Marco e S. Antonio, eseguite nel 1564 da Alessandro Vittoria, il massimo scultore veneziano del Cinquecento, specializzato in ritrattistica. A lui il G. aveva commissionato anche il proprio busto marmoreo, del quale ordinò fosse eseguita alla sua morte copia in "bellissimo marmoro", da destinarsi a "restar in casa sua". Per testamento, il G. affidò la gestione della cappella ai procuratori di S. Marco de ultra, sia per la buona conservazione delle sculture in caso di "destruzione o per ruine del monastero", sia per l'osservanza dell'officio di una messa quotidiana, come pattuito nel 1544.
Il G. ebbe inoltre l'onore di un ritratto, opera di Paolo Veronese, nella sala del Maggior Consiglio di palazzo ducale, anteriore al grande incendio del 1577, e della coniazione di una medaglia nel 1553, nella quale fu ritratto, calvo e con barba corta, con le seguenti parole: "Marc'Antoni Grimani Senatori Principali".
La Relazione del n.h. Marco Antonio Grimani, podestà di Padova, dal novembre 1552 al 28 febbraio 1554 (con notizie storico critiche e note del dott. Fadiga) fu pubblicata nell'opuscolo Per nozze Grimani - Fracanzani, Venezia 1856.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, G. Giomo, Indice per nome di donna dei matrimoni dei patrizi, I, c. 383; II, c. 412; regg. 107: Cronaca matrimonii, c. 150v; 165: Balla d'oro, IV, c. 212r; Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti, IV, cc. 140-141; Segretario alle Voci, Misti, regg. 7, c. 47r; 11, cc. 80v, 95v, 119v; 12, c. 1; Collegio, Relazioni di rettori, ambasciatori e altre cariche, b. 32 (1554, relazione del G. da Padova); Notarile, Testamenti, Notaio Ziliol, bb. 1260, testamento n. 759 (1558, 21 settembre; 1559, 10 ottobre; 1564, ottobre e 10 novembre); 1262, prot. II, cc. 18, 40v, 53v, 58v; S. Sebastiano, b. 6, processo n. 71, ff. I-III; Provveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 801, alla data 25 febbr. 1565; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, a cura dell'Istituto di storia economica dell'Università di Trieste, IV, Podestaria e capitanato di Padova, Milano 1975, pp. 34-45; F. Corner, Ecclesiae Venetae…, XIII, Venezia 1749, p. 360; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, p. 65; IV, ibid. 1834, pp. 156-158, 201, 211; V, ibid. 1842, p. 668; G. Soranzo, Bibliografia veneziana, Venezia 1885, p. 138; P. Humfrey, Veronese's high altarpiece for S. Sebastiano…, in Venice reconsidered: the history of civilisation of an Italian City-State, 1297-1797, a cura di J. Martin - D. Romano, Baltimore 2000, pp. 371, 373, 388.