GAMBARONI, Marco Antonio
, Marco Antonio. - Nacque a Lugo, presso Ravenna, nella primE. metà del sec. XVI.
Il G. entrò assai giovane nel locale convento dei frati minori conventuali, indirizzatovdallo zio Giannantonio Gambaroni, religiose. del medesimo cenobio. Sotto la guida del parente, intraprese lo studio della filosofia, dellE. teologia, delle lettere latine e greche fino a diventare lettore. Contemporaneamente agli studi, fece la professione solenne, fu ordinato sacerdote e ottenne la licenza di predicatore.
I documenti tacciono sui primi anni della vita religiosa del G., spesi tra Lugo e le altre sedi dei conventuali nella provincia emiliano-romagnola. A questo periodo tuttavia risale l'amicizia con gli umanisti Bartolomeo Ricci, suo concittadino, e Marco Antonio Pagani, forlivese e anch' egli francescano conventuale. Insieme con loro il G. entrò a far parte della cerchia di eruditi che ruotava intorno al vicario generale dei conventuali Giovanni Antonio Delfini, acquistando la fama di valente teologo.
Maggiori notizie sul G. si hanno a partire dal 1560; in quell'anno infatti egli aveva già conseguito il grado onorifico di socius Ordinis e la carica di ministro provinciale della «Romania», meritata grazie alla sua buona conoscenza della lingua greca.
L'antica provincia francescana della Romania ricopriva nominalmente l'intero territorio della Grecia. Nel sec. XVI però essa si era da lungo tempo ridotta, dopo l'avanzata dei Turchi, di fatto alla sola giurisdizione sui tre conventi dell'ordine esistenti nelle isole di Zante, Cefalonia e Corfù, possedimenti veneti. Poiché il superiore non aveva l'obbligo di risiedervi, con ogni probabilità il G. amministrò i religiosi delle isole Jonie dal convento di S. Francesco in Bologna dove, insieme con il Pagani, si trasferì nello stesso anno 1560.
Il Delfini sanzionò ufficialmente il trasferimento del G. a Bologna il 27 settembre, presentandolo come un religioso che avrebbe dato lustro con la sua cultura alla casa di Bologna.
All'inizio del 1562 il G. divenne consigliere del padre generale Antonio dei Sapienti di Augusta che accompagnò a Trento, insieme con altri quattro religiosi del proprio Ordine, per assisterIo e prendere parte con lui, in qualità di teologo, alla terza e ultima fase del concilio. Egli seguì i lavori conciliari da gennaio a settembre, soprattutto nell'ambito delle congregazioni «De Sacrificio Missae» e «De Ordine», e occupandosi in misura marginale del sacramento del matrimonio.
La teologia del G. era conforme all'ortodossia cattolica promossa dal concilio; il suo contributo all'assemblea tridentina si inserisce nelle definizioni di alcuni aspetti del sacerdozio e della messa.
Commentando il passo del Nuovo Testamento «gens, sancta, regale sacerdotium» (I Pietro, 2,9) egli negava l'interpretazione datane dai protestanti; il detto pettino sul sacerdozio universale, secondo il G., aveva un significato solo spirituale: infatti una triplice distinzione di vocazione, ordinazione e consacrazione separava il laico dal sacerdote che, una volta ordinato, proprio per questa ragione non avrebbe in alcun modo potuto recedere dal suo stato. Da ciò conseguiva, inoltre, la validità e la necessità della gerarchia ecclesiastica. Analogamente, poiché non tutto poteva essere rivelato a tutti, difendeva la conservazione dell'«orazione segreta » nella messa. Cristo stesso, del resto, aveva parlato in modo differente al popolo rispetto ai suoi discepoli e aveva fatto uso di cerimonie, rigettando solo quelle giudaiche che il G., interpretando s. Paolo, tacciava di falsità. Sul rapporto tra la messa e la confessione, egli sosteneva che la celebrazione liturgica, in quanto sacrificio propiziatorio per i peccati non contraddiceva la validità del sacramento penitenziale. Solo quest'ultimo avrebbe potuto, con l'assoluzione, rimetterli mentre l'altra permetteva unicamente di chiedere un aumento della grazia.
IL G. espresse questi concetti nei suoi interventi alle congregazioni e li ribadì solennemente in un'orazione che il 6 settembre, ormai al termine della propria attività, tenne davanti ai padri conciliari.
Tornato a Bologna, per riconoscimento della sua attività di teologo il G. fu iscritto tra i patres provinciae. Nel 1563 ottenne la nomina a commissario per la provincia delle Marche e nel medesimo anno riprese il suo apostolato di predicatore, tenendo un affollato quaresimale in S. Petronio. Eletto quindi provinciale, dal 1564 al 1567 resse la provincia francescana conventuale di Bologna.
In questa città il G. morì nel 1570 e fu sepolto nel convento di S. Francesco dove quattro anni dopo P. RidoIfi da Tossignano pose un epitaffio, da lui composto in suo onore.
Per quanto il G. sia stato citato dai principali storici francescani come insigne predicatore e poeta latino, «concionator eximius» e teologo ragguardevole tra i frati minori del '500, di lui non resta alcuna opera scritta. Secondo Sbaraglia (Supplementum, p. 208) la sua orazione ai padri conciliari sarebbe stata stampata a Brescia, nel 1562, con il titolo Concio habita in Concilio Tridentino die 6 sept. an. 1562, ma del libro non si trovano tracce nelle bibliografie e negli studi sul concilio di Trento.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio generale dell'Ordine dei frati minori conv., Mss., A.7, Regesta Ordinis, cc. 9, 43; c.85: N. Papini, Theologi in Concilio Tridentino, p. 16; C.128: N. Papini, Scriptores franciscani ante ano 1650, pp. 21, 53; B. Ricci, Opera, II, Epistolarnm familiarium, a cura di T. Emaldi, Patavii 1747, pp. 210 s.; Concilium Tridentinum, In, a cura di S. Merkle, Friburgi Brisgoviae 1931, p. 54; VIII, pars V Actorum, a cura di S. Ehses, ibid. 1919, pp. 303, 745 s., 981; IX, pars VI Actorum, a cura dello stesso, ibid. 1924, pp. 6, 21; Chartularium Studii Bononiensi S. Prancisci, a cura di C. Piana, ad Claras Aquas Florentiae 1971, pp. 151, 156, 353; Rodulphus a Tossiniano, Historiarum Seraphicae Religionis libritres, Venetiis 1586, p. 268v; G. Franchini, Bibliosofia... di scrittori francescani conventuali, Modena 1693, pp. 422, 577; G. Bonoli, Storia di Lugo, Faenza 1732, pp. 543, 561 S.; S. Pallavicino, [storia del concilio di Trento, a cura di F.A. Zaccaria, VI, Faenza 1797, p. 73; H. Sbaralea, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium Ordinum S. Francisci, Il, a cura di T. Accuni, Romae 1921, pp. 207 s.; D.M. Sparacio, Series ministrorum provincialium qui perantiquam Bononiae provinciam Ordinis minorum conventualium administraverunt, Romae 1925, p. 20; L. Waddingus, Annales minorum, a cura di J.M. Fonseca ab Ebora, Quaracchi 1933, II, p. 412; XIX, p. 473; XX, p. 286; G. Odoardi, Serie completa dei pp. e teologi francescani minori conventuali al concilio di Trento, in Miscellanea francescana, XLVII (1947), pp. 373, 406; G. Camini, I francescani d'Italia di fronte alle dottrine luterane e calviniste durante il Cinquecento, Romae 1948, p. 123; R. Varesco, I frati minori conventuali al concilio di Trento, in Archivum franciscanum historicum, XLII (1949), pp. 132 s., 155; H. Jedin, In concilio di Trento, IV, 1, Brescia 1981, pp. 284 s.