FOPPA, Marco Antonio
Nacque a Roma nel 1603 dal mercante e. nobile bergamasco Giovanni Paolo, che aveva ottenuto anni prima la cittadinanza romana, e da Lorenza Testa.
Insieme al fratello Giovan Battista, di poco più giovane, ereditò dal padre (morto il 13 apr. 1618) un cospicuo patrimonio in beni immobili e in depositi bancari a Bergamo e a Roma. Una sorella, Angelica Paola, fu monaca nel monastero dello Spirito Santo a Roma. Fino a quando Giovan Battista, entrato nella Congregazione dell'Oratorio di S. Filippo Neri nel 1622 (a Roma compose Cento discorsi morali sopra i dialoghi di s. Gregorio Magno, pubblicati solo nel 1673) non divenne nel 1643 arcivescovo di Benevento e si trasferì nella sua diocesi, i due fratelli amministrarono congiuntamente il patrimonio indiviso, come testimonia la lapide affissa sulla casa paterna, posta al confine tra i rioni Ponte e Parione, per commemorare l'ampliamento della piazza antistante (oggi piazza del Fico) nel 1631 - In seguito il F. continuò a occuparsi delle proprietà di Roma, valendosi delle procure spedite di volta in volta da Benevento; i beni di Bergamo, amministrati dal canonico della cattedrale Francesco Gargano, avranno richiesto almeno delle visite periodiche.
I rapporti tra i due fratelli sembrano in verità improntati al più squallido interesse. Da Giovan Battista dovette presumibilmente partire l'iniziativa della divisione dei beni immobili a Roma avvenuta nel 1658: da Benevento egli non poteva controllare i propri interessi e inoltre aveva necessità di disporre liberamente delle sue rendite, dato che sulla mensa arcivescovile gravavano una pensione di 4-500 scudi a favore del cardinale cedente Vincenzo Maculani e una di 1.000 a favore del cardinale Fabrizio Savelli.
Negli anni successivi il disaccordo si acuì se tra il giugno 1661 e il novembre 1664 Giovan Battista citò per almeno tre volte il F. davanti al tribunale dell'Auditor Camerae e il 15 giugno 1669 fu necessario un laudo del cardinale Francesco Barberini che ratificò le sentenze emesse.
Per quanto riguarda l'attività letteraria ed erudita del F., la sua notorietà è legata quasi esclusivamente all'opera di collezionista ed editore di scritti tassiani a cui si dedicò per tempo con dedizione quasi maniacale (un accenno si coglie nel sonetto Torno al gran sepolcro, ov'empia morte opprime dedicatogli da Antonio Bruni nella raccolta Le tre Grazie, Roma 1630) e coronò con l'edizione delle Opere non più stampate di Torquato Tasso (Roma, 1666, in tre volumi; un quarto di lettere non uscì).
La ricerca dì cimeli tassiani diede occasione di stringere relazioni con letterati italiani e stranieri. Per l'edizione dei Dialoghi si valse per esempio dell'aiuto dell'avvocato concistoriale, erudito e bibliotecario Carlo Cartari. Il fondo più cospicuo di inediti tassiani gli dovette provenire dall'eredità di G.B. Licino che era stato il rapace agente editoriale del Tasso durante gli anni della reclusione nell'ospedale di S. Anna; ma con ogni probabilità ebbe almeno parte delle carte del poeta rimaste agli Aldobrandini. Per quanto riguarda le lettere, possedette il registro di Maurizio Cataneo, segretario del cardinale G.G. Albani; di sua mano trasse copia degli originali delle lettere a Orazio Feltrio (cfr. Bibl. apost. Vaticana., ms. Vat. lat. 10977, c. 98r); conobbe le raccolte di G.B. Manso e di A. Polverino, il copialettere estense (Modena, Bibl. Estense, ms. Estense V. 7. 7), quelle minori di Niccolò degli Oddi e di Curzio Ardizio. Per i dialoghi Il Minturno, Il Ficino e Il Cataneo ovvero de le conclusioni amorose, utilizzò le copie fatte eseguire nel 1638 dell'autografo (oggi alla Bibl. naz. di Napoli) conservato nel convento dei cappuccini di S. Eframo. Tutto questo vasto ed eterogeneo materiale confluì nei codici oggi Vaticani latini 10973-10980, redatti parte dal F. parte da amanuensi al suo servizio, che contengono, oltre alle copie in bella delle opere tassiane e delle varianti registrate dagli autografi, anche minute, appunti, materiale preparatorio, nonché materiale non attinente al Tasso, testimonianza dell'interesse per altri autori, come lettere di diversi nel cod. 10975 (cc. 137r-165r), nel cod. 10979 (G. Della Casa, P. Bembo, G. Fracastoro, A. Caro, G. Contarini, P. Giovio) e, nello stesso codice, le varianti delle Rime del Della Chiesa "fatte da lui medesimo e copiate dal suo proprio originale" (con ogni probabilità il ms. Magliabechiano VII, 794). Tra le "diverse scritture del Tasso" di cui parla l'inventario, lasciate insieme con gli altri libri e carte della casa di Roma a monsignor Orazio Falconieri interimario apostolico in Francia, si trovavano però le lettere che avrebbero dovuto formare il quarto volume dell'edizione 1666 (cfr. Serassi, I, p. 104). Inoltre, tre libri di "poesie toscane" composti dal F. "solo per esercitio d'ingegno" parte in gioventù parte nella maturità, sono lasciti nel testamento a un Maffeo Capponi.
Un bilancio su questa attività, al di là del giudizio specifico sui criteri editoriali adottati per i Dialoghi (per il quale cfr. Raimondi, in T. Tasso, Dialoghi), non può trascurare i limiti intrinseci a un'operazione prettamente conservativa ed erudita, il cui stimolo principale risiedeva nelle origini bergamasche del Tasso, di cui il F. fu il più intransigente propagandista. L'orientamento municipalistico degli interessi letterari del F. è provato anche dalle altre imprese editoriali che ideò, una sola delle quali andò in porto: l'edizione col titolo di Fantasie varie delle prose morali del letterato campano Vincenzo Gramigna (Roma 1628). Della edizione delle poesie di Publio Fontana, progettata negli anni Quaranta, rimase il manoscritto pronto per la stampa che fu ereditato insieme con gli altri dal Falconieri e ritrovato nella biblioteca di famiglia alla metà del secolo XVIII, quando fu edito da Pier Antonio Serassi (Poemata omnia, Bergomi 1752). Un'opera De rebus Bergomatis, che avrebbe dovuto contenere documenti sulla storia sacra di Bergamo, rimase allo stato teorico.
La casa romana del F. era luogo di riunione di alcuni letterati: oltre al Falconieri, i cardinali Michelangelo Ricci, Giovanni Bona, Pietro Sforza Pallavicino, il prefetto della Biblioteca Vaticana Stefano Gradi, Stefano Pignatelli, Lorenzo Magalotti. Al circolo fu legato l'arcivescovo di Bergamo Giovanni Barbarigo e per sua segnalazione vi fu accolto al suo arrivo a Roma nel 1663 l'abate bergamasco Francesco Nazari. Dalle riunioni in casa del F. sarebbe scaturito il progetto del Giornale de' letterati, che uscì redatto dal Nazari dal febbraio 1668 all'agosto 1675.
L'edizione nel volume I delle Opere, prefato da G.P. Bellori, di alcuni dialoghi tassiani (Il Ficino; Il Porzio; Il Minturno; Il Cataneo, ovvero de le conclusioni amorose; Il Malpiglio secondo; Il Costantino), con il recupero a essa connesso della teoria cinquecentesca su questo genere a metà tra letteratura e trattazione filosofica, sembra inserirsi tuttavia con una certa puntualità negli interessi degli altri membri del gruppo, orientati verso temi filosofici, morali, teologici e anche scientifici, come suggeriscono la presenza del giovane Magalotti e gli interessi per la matematica del Ricci (Geometrica exercitatio, Romae 1666) e del Barbarigo nonché il Trattato dello stile e del dialogo del Pallavicino (Roma 1642; più volte accresciuto e ristampato) e nella Disputatio de opinioni probabili del Gradi (Roma 1678).
Il F. morì a Roma il 7 luglio 1673.
Il testamento designa il fratello erede usufruttuario di tutti i beni di Bergamo e della metà di quelli di Roma; erede proprietario dei primi è Francesco Gargano, dei secondi il cugino fiorentino Antonio Altoviti, i quali alla riunione dell'usufrutto alla proprietà dopo la morte di Giovan Battista (avvenuta il 18 dic. 1673) avrebbero dovuto impiegare l'intera rendita per pagare doti di ragazze da marito o che si monacavano a Bergamo e a Roma. L'altra metà dell'usufrutto dei beni in Roma, depositato al Monte di pietà o al Banco di S. Spirito, era destinato a estinguere i debiti e a pagare i legati. Oltre a vari legati pii (tra i quali l'istituzione di una cappellania all'altare privilegiato della chiesa Nuova) e ai lasciti minori (alla sorella monaca, ai servitori, ecc.) sono più interessanti le notizie contenute nel testamento circa gli arredi del palazzo e i libri posseduti dal Foppa. L'inventario redatto dopo la morte descrive una serie notevole di pezzi di mobilio, vasellame, argenteria e oreficeria ma soprattutto un'ottantina di quadri prevalentemente di soggetto sacro, o ritratti, che dovevano costituire una collezione pregevole. Solo di quelli oggetto di legati nel testamento conosciamo l'autore. Alla sorella va una Madonna copia del Rubens; alla città di Bergamo, con la clausola che vengano esposti nella sala del Comune, un ritratto del Bembo del Tiziano e uno del Cardinale G. G. Albani di Scipione Pulzone da Gaeta, una testa di Publio Fontana di Antonio Morone d'Albino, un ritratto di Bernardo e uno di Torquato Tasso (un ulteriore legato a Bergamo stanzia una sonima di 200 scudi per far scolpire una statua del Tasso da esporre nel portico del palazzo comunale; l'opera fu eseguita nel 1681 dal mediocre scultore milanese Giacomo Vismara); a monsignor Altoviti una Cacciata dei mercanti dal tempio attribuita al Correggio; al marchese Filippo de' Nerli una Sacra Famiglia di Perin del Vaga e una Testa d'angelo di Niccolò Tornioli; a Francesco Tassi, esecutore testamentario a Bergamo, il ritratto del Tasso dello Zuccari, commissionato da Cinzio Aldobrandini.
Fonti e Bibl.: Lettere del F. sono nel ms. 1582 della Bibl. Oliveriana di Pesaro e nel ms. R. 67.6 (20) della Bibl. com. di Bergamo; una lett. autografa a F. Ughelli è in Bibl. apost. Vaticana, Barb. lat. 3243, c. 375a; Arch. di Stato di Roma, 30 Notai capitolini, Uff. 3, 23 dic. 1670: Notaio N. Simoncelli; Uff. 15, 17 maggio, 6 settembre, 23 e 26 nov. 1658; Ibid., Notaio G. Moro; Uff. 32, 10 giugno 1673: Notaio L. Marioli; Ibid., Notai del Tribunale dell'Auditor Camerae; Uff. 3, 8 ag. 1672: Notaio G. Simoncelli; Uff. 8, 9 ottobre e 23 nov. 1668: Notaio B. Lolli; Uff. 8, 15 giugno 1669 e 12 aprile 1672: Notaio N. Mazzeschi; Uff. 10, 31 luglio e 22 ag. 1665: Notaio A.F. Petrocchi; Ibid., Congregazione dell'Oratorio di Roma, b. 112, n. 21; b. 141, 14 nov. 1711; Ibid., Sentenze del Trib. dell'Auditor Camerae, vol. 1501, 18 giugno 1661, 8 gennaio e 26 nov. 1664; Ibid., Fondo Cariari Febei, b. 162, c. 131rv; Roma, Arch. stor. Capitolino, Arch. gen. urbano, sez. 41, vol. 32, 1° febbr. 1642: Notaio F. Cesi; I.N. Eritraeus (G.V. Rossi), Epistolae ad diversos, Coloniae Ubiorum 1645, pp. 82-86, 162-166; Id., Pinacotheca imaginum illustrium, Coloniae Agrippinae 1645, p. 79; V. Armanni, Lettere, I, Roma 1663, pp. 35 s., 262, 286, 321, 494 s.; N. Amenta, Rapporti di Parnaso, Napoli 1672, p. 116; C. Menage, Mescolanze, Parigi 1678, pp. 129-142; P. Sforza Pallavicino, Lettere, Roma 1848, pp. 29 s.; D. Calvi, Scena lett. degli scrittori bergamaschi, Bergamo 1664, I, pp. 319 s.; II, p. 46; P.A. Serassi, La vita di T. Tasso, a cura di C. Guasti, Firenze 1858, I, pp. 11, 15, 47, 104, 187; II, p. 350; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e di altri edifici di Roma, II, Roma 1873, p. 127; M. Vattasso, Di un gruppo sconosciuto di preziosi codd. tasseschi e varie lettere inedite del Tasso, in Giorn. stor. della letteratura italiana, LXVI (1915), pp. 104-121; C. Rosa, La statua secentesca di T. Tasso in piazza Vecchia, in Bergomuni, XXIV (1930), pp. 45 s.; Id., Le curiose vicende di una statua secentesca del Tasso a Bergamo, in Riv. di Bergamo, IX (1930), pp. 537 ss.; Codices Vaticani latini 10876-11000, a cura di G.B. Borino, Città del Vaticano 1955, pp. 213-270; G. Resta, Nuove immagini del Boccaccio nel Tasso, in Lettere italiane, IX (1957), pp. 357-370; Id., Studi sulle lettere del Tasso, Firenze 1957, pp. 157-214; E. Raimondi, Introduzione, in T. Tasso, Dialoghi, a cura di E. Raimondi, I, Firenze 1958, pp. 135-156, 164-173, 182-187; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, V, Bergamo 1959, pp. 12 s., 29, 40; J.M. Gardair, Le "Giornale de letterati" de Rome (1668-1681), Firenze 1984, ad Indicem; S. Prandi, L'officina di un edificio secentesco: M. F. e "Dialoghi" del Tasso, in Lettere italiane, XLV (1993), pp. 18-46.