ALAIMO (Alaymo), Marco Antonio
Nato nel 1590 a Racalmuto (Girgenti), nel 1610 si addottorò in filosofia e medicina nell'università di Messina. Nel 1616 si era già trasferito a Palermo, dove cominciò ad esercitare la professione medica: durante la peste del 1624-25 Si prodigò instancabilmente sia a Palermo sia in altri centri minori della provincia nell'assistenza della popolazione colpita. Questa esperienza restò fondamentale per i suoi interessi scientifici. Nel 1625 infatti pubblicò a Palermo una prima me-moda sul modo di evitare il contagio della peste: Discorso intorno alla preservazione dal morbo contagioso e mortale che regna al presente in Palermo ed in altre città e terre del Regno di Sicilia.
Conosciuto ed apprezzato anche fuori dell'isola, rifiutò l'offerta della prima cattedra di medicina nell'università di Bologna, e quindi la carica di protomedico della città di Napoli, offertagli dal viceré G.A. Henriquez. Nel 1634 fu nominato consultore protomedico, e per varie volte in seguito consultore del pretore di Palermo e deputato alla sanità pubblica. Fu uno dei fondatori della palermitana Accademia degli latrofisici, della quale poi fu "principe" per quattro volte.
Aveva scritto varie altre opere di medicina, alcune delle quali rimaste inedite (Opus aureum pro cognoscendis, curandis febribus malignis; Consultationes pro arduissimis profligandis morbis). Molta fortuna ebbero invece le Consultationes pro ulceris syriaci nunc vagantis curatione (Panormi 1632) e soprattutto il Diadecticon, seu de succedaneis medicarnentis opusculum... (Panormi 1637), con cui l'A. tentò di riformare la farmacopea ufficiale, introducendo rimedi più semplici e naturali, pur rimanendo legato, per quel che riguarda la terapia delle malattie, alla tradizione, anzi consacrando con l'autorità del suo nome tanta parte delle pratiche antiscientifiche allora in uso. Ben altro valore hanno i Consigli politico-medici per l'occorrenti necessità di peste (Palermo 1652).
Qui l'A. rivela doti di attento osservatore e abito di moderno scienziato. La sua definizione degli "atomi" pestiferi, la chiara percezione delle due principali vie d'infezione, la respiratoria e la cutanea, la precisa descrizione dei sintomi del decorso e dell'esito della malattia dimostrano chiarezza nosografica e acume nell'osservazione clinica, onde anche le sensate norme profilattiche per evitare il contagio. Nella parte terapeutica, l'A. resta invece ancorato alle nozioni della vecchia medicina. L'opera è anche notevole per l'alto senso di umanità che la pervade.
L'A. morì a Palermo il 29 ag. 1662.
Bibl.: A. Vetrano, Oratio in funere archi atri et Medicinae doctoris M.A.A., Panormi 1662; S. Acquista, Saggio apologetico sulla vera patria di M.A.A., Napoli 1832; A. Scaturro, M.A.A. (1590-1662) e i suoi "Consigli politico-medici per l'occorrenti necessità di peste", in Arch. di storia della scienza, VII (1926), pp. 216-225; G. Pitra, Medici, chirurgi, barbieri e spezia/i in Sicilia, Roma 1942, p. 173.