ALESSANDRI, Marco
Nato a Bergamo da Giovanni Fermo, d'antica nobiltà bergamasca, e da Elena Pezzoli il 28 giugno 1755, fu condiscepolo nel collegio dei nobili di Modena di F. Melzi, di F. Marescalchi e di G. G. Serbelloni, che più tardi doveva avere a compagni negli affari di governo. Tornato in famiglia, pensò dapprima (1775) di entrare nella milizia arruolandosi nell'esercito francese, ma poi si dedicò a studi di storia naturale, entrando in corrispondenza con L. Spailanzani. Ma già da allora si sentì attratto da questioni politiche e, per mezzo di un libraio, certo Giuseppe Rondi, lesse con avidità periodici e opere storiche, che recavano notizie d'Oltralpe, dimostrando predilezione per le idee innovatrici. S'era iscritto così alla massoneria, divenendo presidente della loggia di Bergamo nel 1796. Quando il Bonaparte entrò in Milano (11 maggio 1796) egli vi accorse tra i primi e, dopo l'ingresso dei Francesi in Bergamo (25dic. 1796), organizzò con G. Adelasio e P. Caleppio la rivoluzione bergamasca contro A. Ottolini, ultimo podestà di Venezia (12-13 marzo 1797). Il 12 stesso l'A. veniva eletto membro della municipalità provvisoria e ufficiale del Comitato di salute pubblica. Fu tra i firmatari della nuova costituzione cittadina (24 marzo 1797) e sino al maggio dello stesso anno fece parte dei comitati di Finanze e Commercio, d'Istruzione e militare. Dopo l'unificazione dei comitati (30 maggio 1797), l'A. fu assegnato alla polizia e difesa generale, ove ebbe a compagni il Caleppio e L. Mascheroni, col quale s'era già stretto in corrispondenza epistolare. Per il suo fervore rivoluzionario e la sua antica appartenenza a società segrete francoffie, quando fu insediato a Milano il primo Direttorio esecutivo della Cisalpina (29 giugno 1797), fu chiamato a farne parte insieme con il Serbelloni, che ne assunse la presidenza, F. Moscati e G. Paradisi. Il 4 ott. 1797 l'A. succedette al Serbelloni, mandato a Parigi in qualità di ministro, nella carica di presidente.
Frattanto egli era andato maturando idee unitarie sulla risoluzione dei problemi italiani e così si dette a favorire la politica delle annessioni alla Repubblica cisalpina, agevolando l'opera del Mascheroni, delegato a fissare i confini del dipartimento del Serio (agosto 1797) annesso alcuni mesi prima e tenendosi in stretto contatto con G. Brune e il Roggiero nella organizzazione dell'attacco alla monarchia sarda. Il suo atteggiamento francofilo si andava quindi ammorbidendo, data questa aspirazione unitaria, e così egli, pur mostrandosi più titubante di altri, assunse un atteggiamento contrario al trattato fra la Cisalpina e la Repubblica francese, che fu detto d'alleanza, ma che effettivamente era di vassallaggio della prima alla seconda (21 febbr. 1798). L'A. fu sostituito il 16 aprile da G. Costabili-Containi nella carica di presidente del Direttorio. Inviato a Milano O. J. Trouvé, con incarico di modificare la costituzione in senso meno democratico, l'A. non partecipò alla riunione nella casa di lui, rimanendo così coerente alla sua posizione unitaria e partigiana dell'idea nazionale, contrastante con quella di coloro che sostenevano ad ogni costo il Direttorio francese. Nonostante questa sua posizione, tuttavia meno decisa e violenta di quella di altri colleghi del Direttorio, egli rimase membro di questo, sia pure nella minoranza, avendo il Trouvé sostituito tre dei cinque membri del Direttorio con altri a lui vicini, tra cui l'Adelasio, che ne divenne presidente. Quando il Brune con la nuova riforma dell'1 ott. 1798 restituì in ufficio i membri del Direttorio, del ministero e dei Consigli cisalpini scacciati dal Trouvè, l'A., anche per i suoi legami col Brune, mantenne l'incarico. Ma, due mesi dopo (8 dic. 1798), con la nuova riforma del Rivaud, l'A. fu escluso dal Direttorio; e quando la Lombardia ricadde in potere degli Austriaci dopo la battaglia di Cassano (27 apr. 1799), egli dapprima esulò a Genova, rimanendovi pochi mesi, poi a Nizza, infine a Parigi (gennaio 1800), dove sostituì il Mascheroni nel Comitato incaricato di soccorrere i Cisalpini emigrati in Francia. Tornato in Lombardia dopo la vittoria di Marengo, l'A., che a Parigi si era segnalato fra i più caldi e autorevoli repubblicani d'Italia, rappresentò il Brune nel dipartimento del Serio (29 ag. 1800), ma poco dopo si ritirò a vita privata nella sua villa di Villongo S. Filastro.
Pur non svolgendo vita politica attiva - non andò infatti ai Comizi di Lione (gennaio 1802) - fu eletto nel Collegio dei possidenti di Brescia (1802) e in tale qualità fu scelto dal Melzi (10 nov. 1804) a far parte della deputazione inviata a Parigi per assistere all'incoronazione di Napoleone I (2 dic. 1804), rimanendo colà sino al 10 marzo successivo. Fece parte poi del Corpo legislativo del Regno italico e fu membro del Consiglio generale del dipartimento del Serio (23 dic. 1807) e ancora una volta membro del Collegio elettorale dei possidenti (3 apr. 1808).
Essendo l'A. ostacolato dagli ambienti ecclesiastici per i suoi precedenti accesa-mente rivoluzionari e perché massone (nel 1805 era grande ispettore della loggia massonica di Milano), il Melzi, che del resto, lo giudicava uomo di mediocre intelligenza ma onesto, non poté nominarlo nel Consiglio di prefettura (1809). Ma il 19 febbraio dello stesso anno entrò in senato e fu creato conte dell'Impero (12 dic. 1810). Inoltre era ciambellano del viceré Eugenio di Beauharnais. Alla caduta del Regno italico (agosto 1814), si mostrò ancora una volta fermo nei suoi principi assumendo posizione sfavorevolissima all'elezione dell'Adelasio, che al primo ritorno degli Austriaci (1799) aveva tradito la Repubblica cisalpina, a rappresentare Bergamo nella deputazione delle città lombarde che doveva fare atto di sudditanza all'imperatore. Ritiratosi poi definitivamente nella sua villa di Villongo S. Filastro, presso Bergamo, attendendo a studi storici e a lavori di agricoltura, si spense colà per un colpo apoplettico il 21 giugno 1830.
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