MARCHESI (de Marchixiis, Marchisi, Marchissi), Giorgio, detto Giorgio Fiorentino
Figlio di Marco Francesco detto Checco, contadino, nacque a Settignano (ora Firenze), nel 1415. Poche sono le notizie certe su questo scalpellino e impresario edile, padre dei mastri muratori Checco (1443 - ante 1498), Antonio, nato nel 1451, e Giuliano (1449 - post 1498: Milanesi; Mancini, 1979).
L'avvio all'esercizio dell'arte muraria, per il M. così come per i tre figli, fu una scelta quasi logica se non obbligata, nonostante le origini contadine: sin dall'antichità Settignano vantò la presenza, in seno alla sua popolazione, di una folta schiera di scalpellini formatisi nell'arte di intagliare la pietra presso le vicine cave di Maiano.
Con i figli poco più che ventenni e una discreta esperienza acquisita nella città natale, il M. partì da Settignano alla fine degli anni Sessanta, lasciando con tutta probabilità la moglie Dianora a lavorare nei campi. L'assenza di qualsivoglia riferimento a quest'ultima, nei documenti e contratti sottoscritti dal M. e dai figli negli anni successivi, sembrerebbe comprovare questa ipotesi.
I primi lavori di un certo rilievo svolti in collaborazione con Checco e Antonio furono probabilmente gli interventi nella chiesa di S. Francesco (oggi Madonna delle Grazie) a Pesaro, da far risalire alla fine del 1468 e, nel 1470, il cantiere della cittadella di Forlì, di Pino (III) degli Ordelaffi, avviato il 10 giugno e chiuso circa un anno dopo. Nel primo caso l'incarico sembra sia stato onorato in modo encomiabile, come dimostra la lettera di frate Francesco da Modena, scritta da Recanati nel gennaio del 1469 e indirizzata ad Alessandro Sforza, nella quale il francescano raccomandava il M. al signore di Pesaro.
Non si hanno notizie sull'origine dei primi incarichi pesaresi del Marchesi. Diversi indizi sembrano condurre a Luciano Laurana che, prima di essere chiamato a delineare le strategie di intervento e dirigere i lavori di trasformazione del complesso pesarese di S. Francesco, in corso in quegli anni, si era fatto artefice dei noti e celebrati cantieri urbinati, dal palazzo ducale a molte importanti fabbriche, dove il M. potrebbe avere avuto una qualche parte nell'esecuzione dei lavori. Pur in mancanza di prove documentarie, è ragionevole ipotizzare, quindi, che a Pesaro il M. sia giunto al seguito di L. Laurana e che proprio quest'ultimo potrebbe avere contribuito a fargli avere dagli Sforza i successivi appalti.
Risale al 10 febbr. 1474 la convenzione di appalto per la costruzione della rocca Costanza, stipulata a Pesaro da Giorgio di Barignano, segretario di Costanzo Sforza, e dal Marchesi.
Il contratto prevedeva che il M., in qualità di "murator", quindi di esecutore, realizzasse la rocca secondo i modi, le forme e le prescrizioni contenute in disegni non meglio precisati. Di tale progetto, che presumibilmente doveva essere allegato al contratto e, quindi, essere stato elaborato prima di questa data, non si sa nulla: né di quali e quanti disegni si componesse né, soprattutto, se fosse stato elaborato dallo stesso appaltatore o da altri. Dal 3 giugno, quando ebbe luogo la cerimonia solenne della posa della prima pietra, i lavori procedettero speditamente fino al settembre dell'anno successivo quando, per intervento diretto di Costanzo Sforza, i due fiorentini furono brutalmente cacciati dal cantiere (Valenti, 1928). Le ragioni di tale allontanamento, sotto la minaccia di impiccagione, non sono del tutto chiare, anche se una lettera dell'aprile del 1476, inviata dal M. a Lorenzo de' Medici, con la quale egli dava conto al suo signore dell'incresciosa vicenda, sembra ricondurre il contenzioso a una supposta disparità tra le somme erogate ai due Marchesi e il complesso di opere e lavori effettivamente da loro eseguiti.
Tra il 1479 e il marzo del 1483, il M. assunse dalla signoria di Imola, in qualità di "mastro de muro", diversi appalti con i quali la città "cambierà volto soprattutto nell'aspetto esteriore dandosi una fisionomia che in gran parte riconosciamo ancora oggi" (Merlini, p. 22). A eccezione dei lavori di completamento dei chiostri di S. Domenico, eseguiti sotto la direzione del M. e del figlio Checco (1479-82), della trasformazione della basilica cattedrale di S. Cassiano, al cui appalto prese parte il solo Checco (1480-84), e dell'arrotondamento di due torrioni della rocca di Imola, appaltato al M. e ad Antonio, i quattro Marchesi, sicuramente in collaborazione con un buon numero di mastri muratori, prestarono la loro opera nei molti cantieri imolesi di carattere civile, militare e religioso finanziati da Girolamo Riario: la costruzione del palazzo della Signoria, oggi palazzo Sersanti, la trasformazione della rocca, la ricostruzione della porta del Piolo, detta anche Orsolina o Appia e, forse, anche della porta Spuviglia, il restauro e l'ammodernamento della rocca di Piancaldoli e, anche se non documentati, i molti interventi di potenziamento e ristrutturazione delle più importanti fortezze dello Stato (Bagnara, Oriolo, Montebattaglia, Tossignano e Dozza).
Nel 1480, forse per i molti impegni, il maggior numero di muratori alle proprie dipendenze e la necessità di una presenza costante sui cantieri, il M. acquistò una casa a Imola, nella contrada dei Cavarsalli, cappella di S. Cristina, per alloggiarvi insieme con i suoi tre figli.
Sollecitato, probabilmente, dalla decisione di Giuliano di non fare più parte dell'impresa familiare, il 7 dic. 1480 il M. procedeva alla divisione dei beni di famiglia alla presenza di un notaio e tre testimoni. Da questa data il nome del terzogenito non comparirà più nei contratti di appalto sottoscritti dal M., Checco e Antonio, benché diversi documenti attestino che egli non si sia mai distaccato del tutto dai suoi familiari.
L'ultimo indizio sulla vita del M. è un contratto di appalto, sottoscritto a Imola, il 1° marzo 1483, dal fattore della famiglia Marchesi a Settignano, Francesco Pironzi di Firenze - munito, per l'occasione, di apposita procura - relativo ai lavori di completamento dei due chiostri del convento imolese di S. Domenico. Da questo momento il nome del M. non compare più nelle fonti note.
Probabilmente il M. morì a Settignano intorno al 1484.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, p. 570 n. 3; IV, ibid. 1879, p. 476 n. 4.; P.D. Pasolini, Caterina Sforza, Roma 1893, I, pp. 114 s., 122, 154-161, 179; II, p. 385; III, n. 223; L. Marinelli, Palazzo del Riario Sforza in Imola, in Rassegna d'arte, III (1903), pp. 154 s.; S. Gaddoni - G. Gambetti, Il palazzo Sersanti in Imola, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. 4, VII (1917), pp. 1, 17-19, 21-23, 29, 32-34, 37-39, 41, 43; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VIII, 1, Milano 1923, pp. 373-377; T. Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime a Trevi, Roma 1928, doc. VII; R. Buscaroli, Umanesimo artistico in provincia. L'opera di mastro G. nelle architetture quattrocentesche imolesi, Imola 1959; F. Mancini, Urbanistica rinascimentale a Imola…, I, Imola 1979, pp. 54-57; M.G. Murolo, I chiostri di S. Domenico in Imola, in Arte cristiana, LXVIII (1980), 670, pp. 217-222; F. Mariano, Note e commenti sulla fondazione… della rocca Costanza e l'opera di Antonio Marchesi da Settignano, in Studia Oliveriana, n.s., XI (1991), pp. 110, 155 n. 6, 156, 161-164, 170 s.; F. Merlini, La rocca di Imola, Imola 1993, pp. 22 s., 50; F. Mariano, Architettura nelle Marche dall'età classica al liberty, Firenze 1995, pp. 276 s.; Id., Rocca Costanza. Nuove notizie tra storia e restauro, in Pesaro. Città e contà, 2000, n. 11, pp. 45, 48 n. 2; G. Scatena, La rocca Costanza di Pesaro, Cagli 2000, pp. 18 s., 22, 24 s.; F. Tesini, Pesaro: guida storico-artistica, Pesaro 2000, pp. 65 s.; R. Schofield, G. Riario a Imola. Ipotesi di ricerca, in Francesco di Giorgio alla corte di Federico da Montefeltro. Atti del Convegno…, Urbino… 2001, a cura di F.P. Fiore, II, Firenze 2004, pp. 618, 634 s., 639 n. 101; F. Ambrogiani, Ipotesi sui progettisti di rocca Costanza, in Pesaro. Città e contà, 2005, n. 21, pp. 84-87, 89 s., 92 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 62; Diz. encicl. di arch. e urbanistica, III, p. 487.