RANIERI, marchese di Toscana
RANIERI, marchese di Toscana. – Figlio del conte Guido e nato forse negli anni Settanta del X secolo, fu marchese di Tuscia tra il 1014 e il 1028 e, quasi certamente, duca di Spoleto e marchese di Camerino tra il 1012 e il 1021. Fu, dunque, un personaggio di primo piano in Italia centrale nel primo quarto dell’XI secolo.
Le fonti su di lui sono però molto povere, il che ha causato il fiorire di ipotesi e congetture più o meno fondate e spesso contraddittorie.
La sua discendenza è ben nota alla storiografia, ma meno chiare ne sono le origini familiari. Proavo di Ranieri fu forse Suppone Niger, attivo nella prima metà del X secolo, e forse esponente dei Supponidi, nel IX secolo una delle maggiori schiatte aristocratiche del Regno, ma ormai in declino. Suo figlio fu forse quell’Ugo (I) che nel maggio 961, quando ormai tutti avevano defezionato, era marchese di Tuscia per Berengario II e Adalberto, ed è spesso a torto identificato con Ugo di Tuscia (allora bambino; Diplomi di Berengario II e Adalberto, in I diplomi di Ugo e di Lotario, di Berengario II e di Adalberto, a cura di L. Schiaparelli, 1924, n. XVI). Figlio di Ugo marchese e padre di Ranieri fu infine il conte Guido, che nel 972 dotò il monastero di S. Maria di Petroia (in territorio di Città di Castello), fondato dal padre (Soldani, 1741, p. 59).
La prima notizia su Ranieri viene dal ricordo, fra gli adstantes aretini a un placito ravennate del 996, di un Raynerius comes figlio di Guido (I placiti del Regnum Italiae, a cura di C. Manaresi, Roma 1955-1960, II, n. 227). Egli non doveva allora essere conte di Arezzo, ma portava il titolo, come aveva già fatto il padre, per indicare la propria ‘nobile’ ascendenza e l’attitudine a ricoprire un ufficio pubblico. Del resto, quando verso il 1011 accolse Romualdo e i suoi discepoli nei suoi domini (virtus), risiedeva a Preggio (nel Perugino) e non ricopriva alcun ufficio. Solo in seguito, racconta Pier Damiani, fu marchese di Tuscia e assunse la monarchia (termine usato nella Vita in relazione al Ducato di Spoleto; Petri Damiani Vita Beati Romualdi, a cura di G. Tabacco, 1957, cc. 39 s.). Fu in occasione della ribellione, nel febbraio del 1014, degli Obertenghi contro Enrico II che Ranieri ottenne la marca di Tuscia, tra marzo e giugno del 1014, quando un suo rappresentante, il gastaldo Benedetto/ Fusco, presiedette un placito a Corneto (oggi Tarquinia; cfr. I placiti del Regnum Italiae, cit., n. 284).
Le fonti, relativamente dense per il suo primo lustro di governo, lo mostrano attivo in contesti di ufficio, in prima persona o tramite emissari: tra il 1015 e il 1017 presiedette alcuni placiti (ibid., nn. 289, 291-293, 297) e risolse, ricorrendo a ufficiali minori e ad accordi extragiudiziari, liti nell’Aretino e nel Pistoiese (Della Rena - Camici, 1772, Rinieri, n. III; Regesta chartarum Pistoriensium..., a cura di V. Torelli Vignali, 1999, n. 3). Ridotò poi, divenendone anche advocatus, con parte dei beni della curtis marchionale di Marturi, il monastero di S. Michele, fondato dal marchese Ugo e soppresso dal suo successore Bonifacio: la memoria che ricorda l’episodio sottolinea che Ranieri agì su mandato di Enrico II (Carte della Badia di Marturi..., a cura di L. Cambi Schmitter, 2009, n. 11). Anche il Chronicon Farfense (II, p. 16) rammenta il rispetto di Ranieri per i diritti della casa madre sulla cella di S. Maria di Minione.
Possiamo identificare Ranieri con l’omonimo che, dalla fine del 1012 o inizio del 1013 (quando Enrico II discese per la seconda volta in Italia), fu duca di Spoleto e marchese di Camerino. Se l’ipotesi è corretta, se ne può ricostruire così la carriera. Nell’imminenza della discesa in Italia o, meglio, una volta varcate le Alpi, Enrico II sostituì Giovanni duca di Spoleto (attivo nell’agosto del 1012) con Ranieri. Solo più tardi, nonostante la marca fosse vacante almeno dal maggio del 1012, Ranieri divenne marchese di Tuscia e conseguentemente l’uomo forte dell’Italia centrale. Ciò avvenne in risposta al tentativo obertengo di rovesciare Enrico II: evidentemente egli era uomo di sua piena fiducia, ritenuto capace di sbrogliare la difficile matassa politica in Toscana, dove forte era il partito obertengo. Ranieri fu duca di Spoleto almeno fino al 1018; in seguito, dal 1021 (in occasione della terza discesa di Enrico II), fu sostituito nella carica dal figlio Ugo (II), rimasto duca fino al 1036.
Ugo II, allora un uomo maturo, era già stato, almeno temporaneamente conte di Arezzo: va infatti identificato con l’omonimo che affiancò Ranieri nella presidenza dei placiti aretini del 1016. L’avvicendamento tra padre e figlio a Spoleto illustra l’avocabilità delle cariche di marchese di Tuscia e duca di Spoleto nel primo quarto dell’XI secolo, il criterio in base al quale erano scelti gli uomini che ricoprivano quelle cariche (in una cerchia ristretta di famiglie papabili), e il forte ascendente di Ranieri su Enrico II.
Nelle fonti private Ranieri compare di rado e sempre in connessione alla devoluzione di beni fiscali: nel 1015 donò a S. Salvatore al Monte Amiata un terreno lungo le mura di Corneto allo scopo di edificarvi una chiesa (Codex Diplomaticus Amiatinus, a cura di W. Kurze, 1981, n. 246), quattro anni dopo donò una sors al monastero di S. Michele di Passignano (S. Michele da Passignano, 1019 gennaio 10). Entrambe le volte agì con la seconda moglie Gualdrada.
Dalla povertà delle fonti che lo riguardano e dal suo limitato raggio geografico d’azione si è ricavata l’idea di una scarsa presa di Ranieri sul cuore della regione (Pisa, Lucca, Firenze). In realtà, la debole presenza dei marchesi nelle fonti private è un dato costante fino al primo quarto dell’XI secolo, comune a personaggi la cui potenza non è mai stata messa in dubbio.
Del resto, l’ultima notizia su Ranieri, che lo mostra guidare i lucchesi contro Corrado II, dimostra il contrario.
Dopo una lunga eclissi, infatti, egli ricompare all’inizio del 1027. Nel quadro di una vasta, ma incerta, opposizione al nuovo re di Germania, che scendeva in Italia per cingere la corona imperiale, Ranieri insieme ai lucchesi sbarrò la strada a Corrado II. Dopo pochi giorni di trattative Ranieri, Lucca e tutta la Tuscia si sottomisero al re, poco dopo incoronato a Roma (Wiponis, Gesta Chuonradi II. imperatoris, in Wiponis Opera, 1915, p. 36). Come ha mostrato Hans Hubert Anton, né il testo di Wipone né le altre fonti disponibili autorizzano a ritenere che Ranieri fosse allora deposto. Perciò Bonifacio di Canossa divenne marchese solo alla sua morte (avanti il luglio 1028). Del resto, se Ranieri non fosse stato perdonato, non si spiegherebbe perché Ugo II rimase duca di Spoleto per un altro decennio.
La concessione della marca di Tuscia a Bonifacio non fu dunque la risposta a una crisi politico-militare, ma il cedimento alla pressione di un alleato ormai troppo potente. Si rompeva così con la tradizione dei marchesi-funzionari avviata da Ugo di Provenza e proseguita dagli imperatori sassoni e da Enrico II. Nonostante il profilo schiettamente signorile dei suoi discendenti, i cosiddetti Marchesi di Monte S. Maria, Ranieri governò la regione come un ufficiale regio, senza alcuna tendenza a privatizzare i propri poteri.
Come si è detto, Ranieri vantava antichi e nobili natali, ma a fine X secolo era solo uno dei tanti aristocratici di medio rango, talora insigniti del titolo comitale, attivi tra il ducato di Spoleto e la Tuscia orientale. Lo mostrano bene gli scritti di Pier Damiani e un manipolo di documenti che ci informano sulle sue relazioni familiari, tutte inquadrabili nel panorama della media aristocrazia, le cui fortune e il cui rilievo politico non erano paragonabili né alla grande aristocrazia del Regno, né alle maggiori famiglie comitali toscane. Ranieri si era unito a una donna a lui legata da propinquitas, che poi ripudiò per sposare la vedova di un suo parente (consanguineus) (Petri Damiani Vita beati Romualdi, cit., cc. 39 s.). La sua prima moglie, una volta ripudiata, si sposò con Guido/Winizo (figlio di Winizo): ne discesero i ‘da Soffena’, famiglia di signori di castello attiva tra Arezzo e Firenze. Il loro figlio Uberto, infatti, racconta Pier Damiani in una lettera (n. 143), era uterinus frater di Ugo (II) figlio di Ranieri. È dall’unione con la prima moglie che Ranieri generò Ugo (II), il suo principale erede, e Sofia.
Il suo secondo matrimonio, anch’esso contratto prima di divenire duca di Spoleto e marchese di Tuscia, rimanda allo stesso contesto sociale. Prima del 1012, infatti, sposò Gualdrada, figlia di Guglielmo. Costei era vedova di un suo anonimo consanguineo, da lui involontariamente ucciso (episodio da porre nel quadro delle lotte tra enriciani e arduinici). Guglielmo era vicino al marchese allora in carica, Bonifacio, da cui comprò beni poi donati per la sua anima a S. Michele di Passignano (S. Maria di Vallombrosa, 1009 novembre 18). La discendenza di Gualdrada da questo Guglielmo – e non dall’omonimo conte attivo nello Spoletino – è dimostrata dal fatto che gli stessi beni furono di nuovo concessi a S. Michele da Ranieri, ormai marchese, e Gualdrada (S. Michele da Passignano, 1019 gennaio 10). Dal secondo matrimonio, contratto in età avanzata, nacque solo Ranieri, attestato come fanciullo nel 1015 e morto poco dopo. Il matrimonio con Gualdrada mirava a sanare l’offesa recata a Guglielmo, uccidendone il genero, e a ottenere il favore suo e del suo patrono il marchese Bonifacio, consolidando la posizione di Ranieri nel partito filoenriciano; un passaggio importante per la sua carriera successiva.
Quando Enrico II elevò Ranieri al ruolo di suo rappresentante e di uomo forte in Italia centrale, scelse dunque un uomo maturo, di nobili natali, saldamente inserito nella cerchia dei suoi fedeli in quella regione, ma non un uomo potente. Ciò aiuta a spiegare perché Ranieri agì in tutto e per tutto come un funzionario imperiale, attento a valorizzare la dimensione pubblica del proprio potere e a sottolineare la continuità con l’operato del suo predecessore Ugo (come mostrano le donazioni pro anima sua), anziché con quello dell’ucpoldingio Bonifacio, nel cui entourage, pure, si era affermato politicamente. Ranieri è l’ultimo esponente della tradizione di marchesi-funzionari: alla sua morte nella marca di Tuscia e nella sua stessa famiglia le cose presero tutt’altra direzione, con Bonifacio di Canossa da una parte e con Ugo (II), il vero fondatore del potere signorile dei Marchesi di Monte S. Maria, dall’altra.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico: S. Michele di Passignano, 1019 gennaio 10; S. Maria di Vallombrosa, 1009 novembre 18; F. Soldani, Historia monasterii Sancti Michaelis de Passiniano, Lucca 1741, p. 59; C. Della Rena - I. Camici, Supplementi d’istorie toscane. Rinieri duca e marchese figliuolo di Guido conte, Firenze 1772 (in partic. n. III, pp. 40-42; n. V, pp. 44-48; n. VI, pp. 48 s.); Gregorio di Catino, Chronicon Farfense, a cura di U. Balzani, II, Roma 1903, pp. 14-16; Wiponis Gesta Chuonradi II. imperatoris, in Wiponis Opera, a cura di H. Bresslau, in MGH Scriptores rerum germanicarum, LXI, Hannover 1915, c. 15, p. 36; Diplomi di Berengario II e Adalberto, in I diplomi di Ugo e di Lotario, di Berengario II e di Adalberto, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1924, n. XVI; Petri Damiani Vita beati Romualdi, a cura di G. Tabacco, Roma 1957, cc. 39 s.; I placiti del Regnum Italiae, a cura di C. Manaresi, Roma 1955-1960, II, nn. 227, 284, 289, 291-293, 297, 300; Carte dell’Archivio della Certosa di Calci, I, a cura di S.P.P. Scalfati, Roma 1971, n. 9; Codex Diplomaticus Amiatinus, a cura di W. Kurze, II, Tübingen 1981, n. 246; Die Briefe des Petrus Damiani, in MGH, Die Briefe der Deutschen Kaiserzeit, IV, 1-4, a cura di K. Reindel, München 1983-1993, nn. 66, 143; Regesta chartarum Pistoriensium. Il monastero San Salvatore a Fontana Taona, a cura di V. Torelli Vignali, Pistoia 1999, n. 3; Carte della Badia di Marturi nell’Archivio di Stato di Firenze (971-1199), a cura di L. Cambi Schmitter, Firenze 2009, n. 11.
H. Bresslau, Jahrbücher des deutschen Reichs unter Konrad II., I, 1024-1031, Leipzig 1879, pp. 71, 137 s., 140, 444-451; R. Davidsohn, Storia di Firenze, I, Le origini (1896), Firenze 19562, pp. 156, 193 s., 232 s.; T. Gasparrini Leporace, Cronologia dei Duchi di Spoleto (569-1230), in Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, XXXV (1938), pp. 5-68 (in partic. pp. 41 s.); H.H. Anton, Bonifaz von Canossa, Markgraf von Tuszien, und die Italienpolitik der frühen Salier, in Historische Zeitschrift, CCXIV (1972), pp. 529-556 (in partic. pp. 535-538); S. Tiberini, Origini e radicamento territoriale di un lignaggio umbro-toscano nei secoli X-XI: i «Marchesi del Colle» (poi del «Monte S. Maria»), in Archivio storico italiano, CLII (1994), pp. 481-559; J.P. Delumeau, Dal conte Suppone il Nero ai marchesi di Monte Santa Maria, in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel medioevo: marchesi conti e visconti nel regno italico (secc. IX-XII), II, Roma 1996, pp. 265-286; J.P. Delumeau, Arezzo: espace et sociétés, 715-1230. Recherches sur Arezzo et son contado du VIIIe au début du XIIIe siècle, Roma 1996, pp. 242 s., 255-261, 303, 308-314; N. D’Acunto, I laici nella chiesa e nella società secondo Pier Damiani, Roma 1999, pp. 330-342; Id., L’aristocrazia del Regnum Italiae negli scritti di Pier Damiani, in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel medioevo: marchesi conti e visconti nel Regno Italico (secc. IX-XII), III, Roma 2003, pp. 321-342; A. Puglia, La marca di Tuscia tra X e XI secolo, Pisa 2003, pp. 101-143.