MARCHENA y RUIZ, Josè
Uomo politico, giornalista e letterato spagnolo, noto come l'"Abate Marchena": nacque a Utrera nel 1768, morì a Madrid nel 1821. Studioso di Voltaire e delle nuove ideologie, dovette, per le sue idee avanzate, esulare in Francia, dove arrivò nel momento della Rivoluzione. La prontezza del suo intelletto e la vivacità del suo stile lo misero in prima piano nel giornalismo militante e nella politica parigina. Dapprima con Marat, alla redazione dell'Ami du Peuple, poi girondino, arrestato per ordine di Robespierre, scampò per poco alla pena di morte. Dopo il 1794 entrò nella redazione dell'Ami des Lois, ma, avendo attaccato il direttorio, fu costretto a lasciare la Francia, come straniero (1797). Riammesso, fu segretario del generale Moreau ( 1801), a cui rese buoni servizî, e poi di Murat (1808), che accompagnò in Spagna. Arrestato dall'Inquisizione, fu liberato a viva forza dai soldati del Murat; si legò poi alla corte di Giuseppe Bonaparte, che lo mise alla redazione della Gaceta de Madrid; con lui dovette ripassare i Pirenei, vivendo a Nîmes, Bordeaux e Montpellier, dove frequentò il poeta ed esule Meléndez Valdés, di cui scrisse una biografia. Nel 1820 tornò in Spagna, dove morì povero e dimenticato.
Di cultura umanistica e moderna, ebbe così vivo il senso d'arte, che riuscì a simulare lo stile del Satyricon, pubblicandone un frammento come opera di Petronio, e la poesia di Catullo, di cui diede 40 versi come inediti. Le sue traduzioni da Molière (Hipócrita e Misántropo) e da Voltaire (Novelas) sono modelli del genere per la viva adesione al testo. Scrisse varie pagine di critica e di storia, compose una tragedia (Polixena) di gusto classico; ma solo nelle Lecciones de filosofía moral (Bordeaux 1820) raccolse le sue idee estetico-morali intorno alla letteratura spagnola, ispirate a una dottrina ancora tradizionalista, ma ricche di spunti personali.
Bibl.: M. Menéndez y Pelayo, Historia de los heterodoxos, III, Madrid 1878; "Azorin", Andanzas y lecturas, Barcellona 1913.