PALMIERI, Marcello
PALMIERI, Marcello. – Nacque a Siena da Giovanni di Agnolo e da Contessa di Francesco di messer Alessandro Berlinghieri; fu battezzato il 15 gennaio 1525 (1524 ab incarnatione).
Ascesa alla partecipazione politica nel tardo Trecento – anche se si fa risalire a un messer Umberto di Palmiero la prima presenza al governo nel 1268 – la famiglia apparteneva al monte dei Popolari, una delle cinque fazioni politiche nelle quali si divideva Siena fino alla caduta della Repubblica. Esponenti di spicco, negli anni precedenti a Marcello, furono il nonno Agnolo, la cui carriera politica subì un’impennata nel 1472, quando fu inviato a trattare con i fuoriusciti appartenenti al monte dei Nove la restituzione del castello di Monteriggioni. Nominato anch’egli ribelle nel 1485, Agnolo Palmieri fu poi riammesso in città grazie alla sua spiccata capacità diplomatica: fu lui stesso a consigliare il rientro di altri esiliati negli anni successivi, limitando solo il ritorno delle famiglie «più offese poiché temeva che si sarebbero vendicate» (Arch. di Stato di Siena, Mss., A.26, c. 354). L’ascesa della famiglia fu certamente aiutata dall’amicizia e complicità politica che Agnolo aveva con Pandolfo Petrucci, esponente di spicco del monte dei Nove, poi divenuto per breve tempo signore di Siena. Tra i molti incarichi svolti per la Repubblica, Agnolo e Petrucci furono insieme nel collegio di Balia del 1495 e nel 1501 Agnolo fu deputato di Balia con Petrucci per ratificare l’accomandigia del conte Nicola da Pitigliano a Siena (ibid., c. 359); nel 1503 fu inviato a Roma per omaggiare il nuovo pontefice Giulio II (Mss., A.27, c.138).
Altra figura di spicco fu il padre di Marcello, Giovanni, la cui carriera politica continuò quella di Agnolo, compreso l’appoggio alla famiglia Petrucci. Nel 1509 fu commissario per consegnare al nunzio apostolico Montepulciano, causa di guerre continue tra Siena e Firenze; nel 1515 fu inviato come ambasciatore presso il futuro imperatore Carlo V; nel 1520 come gonfaloniere della Repubblica accolse l’oratore imperiale di passaggio da Siena verso Roma e da lui ricevette la lettera del nuovo imperatore nella quale dichiarava di prendere sotto la sua protezione la Repubblica. Nel 1522 fu inviato a Roma come ambasciatore per omaggiare il nuovo pontefice Adriano VI (Mss., A.26, cc. 360-365); nel 1529 fu uno degli ambasciatori senesi inviati a Bologna per onorare l’incoronazione di Carlo V e nel 1538 venne inviato a rendere omaggio a papa Paolo III (ibid., A.30.III, c. 317). Schierato su posizioni nettamente filoimperiali, nel 1551 Giovanni venne nominato eques auratus da Carlo V (copia del diploma è conservata nell’Arch. di Stato di Siena, Particolari. Famiglie senesi, 120).
Poco si sa della giovinezza di Palmieri, anche perché sembra che il padre lo avesse destinato alla carriera ecclesiastica, contando sui legami che aveva con papa Giulio III. Coinvolto nelle vicende politiche cittadine, lasciò il chiericato e si schierò con il partito filofrancese. Salito rapidamente alla ribalta nella carriera delle armi, venne nominato capitano di fanteria. Nel 1552 partecipò alla congiura per cacciare gli spagnoli da Siena e l’anno successivo fu eletto capitano dal gonfaloniere del terzo di Camollia (una delle tre suddivisioni cittadine) per difendere la città assediata da spagnoli e fiorentini. Fu poi con Piero Strozzi in Valdinievole, a Foiano e alla battaglia di Marciano. Ritiratosi in Montalcino, con deliberazione del 20 febbraio1556 fu dichiarato ribelle (Arch. di Stato di Siena, Mss., A.27, c. 153); nel 1557 era stato dichiarato «capitano di 200 fanti per patente di monsieur Moluch [sic] et commissario generale dell’armi nella Montagna dalla Repubblica detta» (Ibid., Concistoro, 2660). Definito «parzialissimo del governo di Monluch» (Blaise de Montluc), sembra che questi gli avesse procurato «da Sua Maestà Christianissima una patente data li 10 di luglio 1557 con titolo di luogotenente generale di quella corona nello stato tenuto da gli usciti di Siena» (Ugurgieri, 1649, c. 221).
Nel 1559, dopo la pace di Cateau-Cambresis, fu uno degli oratori inviati dalla Repubblica, ritirata a Montalcino, a stipulare il 31 luglio la capitolazione e sottomissione a Firenze e a prestare il giuramento di fedeltà in sudditanza a Cosimo de‘ Medici. Ritornato rapidamente nelle file del duca, grazie anche alla posizione politica e allo schieramento filospagnolo del padre, il 9 novembre 1559 il governatore Angelo Niccolini concesse al «ribelle capitano Marcello Palmieri» facoltà di rimpatriare (Palmieri-Nuti, 1869, p. 9), restituendogli anche i beni che gli erano stati confiscati, inclusi i possessi in Montalto, dei quali i Palmieri avevano ottenuto nel 1546 il titolo, concesso a Giovanni.
Nel 1553 sposò Caterina di Niccolò di Bartolomeo Salvi. È ipotizzabile che le scelte politiche e la partecipazione alla guerra abbiano ritardato la nascita dei figli. La prima figlia, Contessa, fu battezzata il 4 luglio 1561, seguita da Pirro (23 settembre 1562), da Giovanni (battezzato il 24 novembre 1563), Berenice (17 marzo 1565), Cintia (16 novembre 1567), Aurelia (24 ottobre 1568), Mario (21 novembre 1569) e Scipione (26 agosto 1580).
Nel gennaio 1568 ricoprì la carica di gonfaloniere, mentre la Provanza di nobiltà riporta, cancellandola, l’indicazione che era già stato capitano del Popolo a Montalcino nel 1557 (Arch. di Stato di Siena, Concistoro, 2660, c. 508).
Morì l’8 dicembre 1594.
La carriera politica dei figli nell’amministrazione ducale fu brillante: Giovanni fu eletto per il monte del Popolo e per il terzo di Camollia nel 1584; Ottaviano (forse Mario, così indicato perché ottavo figlio) nel 1589 e nel bimestre settembre-ottobre 1594 (ibid., 2655, ins. 10); Pirro, creato cavaliere di S. Stefano il 15 dicembre 1578, risiedé al governo nel 1581, 1588 e 1621 (I libri dei Leoni, 1996, p. 519].
Nel testamento, redatto qualche mese prima di morire, divise i suoi beni tra i figli; dedicò speciali attenzioni a Giovanni, cavaliere gerosolimitano dal 1586, cui destinò una speciale pensione annua per pagarne il riscatto nel caso fosse stato catturato dai turchi e reso schiavo. In effetti, nel 1599 Giovanni fu catturato all’assedio di Scio, dove militava sulle galee medicee, e liberato solo nel 1605, quando il granduca Ferdinando I impose ai fratelli di pagare la somma mancante al completamento del riscatto (Palmieri-Nuti, 1869, p. 10).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Battezzati, 29 (1523-25), c. 129v; Mss., A51, cc. 62r-63v; Concistoro 2660, Provanza di nobiltà; ibid., 2665, Prove di nobiltà; Mss., A.26: A. Aurieri, Notizie su personaggi di famiglie nobili di Siena, tratte dalla cronaca senese di Orlando Malavolti, c. 310; A.27: Id., Notizie su personaggi di famiglie senesi, tratte da scritti di Girolamo Gigli e Giovanni Antonio Pecci, c. 138; A.30.III: A. Sestigiani, Compendio istorico di sanesi nobili per nascita, illustri per attioni e riguardevoli per dignità (1696), vol. II, c. 317; A.51: G. Manenti - Tommaso Mocenni, Battezzati di famiglie nobili esistenti nel 1713 estratti dai registri della Biccherna di Siena, dal 1379 al 1713 (1713), vol. IV, cc. 62r-63v; A.56: G. Manenti, Matrimoni di famiglie nobili senesi esistenti nel 1714 tratti dai registri delle denunce della Gabella dei Contratti di Siena, dal 1294 al 1714 (1714), vol. III, c. 55v; Particolari, Famiglie senesi, 120: Palmieri; I. Ugurgieri, Le pompe sanesi, Pistoia 1649, p. 221; G.E. Palmieri-Nuti, Un cavaliere di Malta del secolo XVI. Storia di famiglia, lettere e documenti, Siena 1869; P. Bargellini, Il castello di Montalto-Palmieri, in Bullettino senese di storia patria, XXXI (1924), pp. 188-199; I Libri dei Leoni. La nobiltà di Siena in età medicea (1557-1737), a cura di M. Ascheri, Siena 1996, p. 519.