LANDUCCI, Marcello
Nacque a Siena, da Battista, agli inizi del secolo XVI. Sono scarse le notizie pervenute su di lui, anche se la sua attività letteraria dovette essere qualitativamente rilevante, almeno a giudicare dal fatto che viene citato con molta lode per una sua ignota composizione, insieme con i senesi Claudio Tolomei e Alessandro Piccolomini, da Nicolò Mutoni nella dedica alla gentildonna senese Atalanta Donati, nel suo Guerra del giuoco degli scacchi, del 1544 (Roma, A. Blado).
Il L. fu sicuramente uno dei primi ascritti alla senese Accademia degli Intronati, con lo pseudonimo di Bizzarro. La sua partecipazione al sodalizio è dimostrata dalla presenza degli accademici tra gli interlocutori dell'opera collettiva, intitolata Dieci paradossi degli Academici Intronati, del 1564 (Milano, G.A. degli Antoni), già attribuita da S. Bargagli a Felice Figliucci. Nel 1529 il L. sposò Porzia di Bernardino di Giovanni Vieri. Appartenente al Monte del popolo, partecipò attivamente alla vita politica senese negli anni cruciali che precedettero la fine della Repubblica, subendo per un certo periodo anche l'esilio. Nonostante la sua famiglia sostenesse la fazione dei Salvi, nel settembre 1541 fu tra i popolari che seguirono l'arcivescovo di Siena Francesco Bandini Piccolomini e suo fratello Mario Bandini, che si erano recati a Lucca per dolersi con Carlo V, giunto nella città toscana per incontrarsi con papa Paolo III, del cattivo governo di Alfonso Piccolomini Todeschini, duca di Amalfi, e delle continue malversazioni di Giulio Salvi e dei suoi consanguinei, che da tempo brigavano con ripetute violenze e intimidazioni, per mettere la città nelle mani dei Francesi. Nell'occasione fu presentato all'imperatore un memoriale che chiedeva tra l'altro di ristabilire l'ordine nella città, agitata da violente lotte intestine tra i gruppi contrapposti, guidati rispettivamente dai Bandini e dai Salvi. Il memoriale convinse Carlo V ad affidare al cardinale Antoine Perrenot de Granvelle, suo segretario di Stato, l'incarico di intervenire direttamente nell'intricata situazione senese. Il cardinale, giunto a Siena nel novembre di quell'anno, espulse il duca di Amalfi e agli inizi del 1542 creò una Balia di quaranta cittadini, destinata a sorvegliare l'effettiva applicazione della riforma del governo della città. La Balia, poco dopo il suo insediamento, oltre a una serie di provvedimenti relativi all'ordine interno della città, al fine di assicurare i confini della Repubblica e di sgombrare il campo da ogni incertezza circa l'atteggiamento filoimperiale senese, inviò un'ambasceria a Carlo V a Milano e, secondo alcune fonti, un'altra, di cui avrebbe fatto parte il L., alla corte di Cosimo I de' Medici, per ringraziarlo della sua benevolenza verso Siena, ma, di fatto, per gettare le basi per un accordo formale tra Siena e Firenze. L'alleanza fu effettivamente sottoscritta il 10 marzo di quell'anno con il diretto intervento del Landucci.
All'aprile 1542 risale la composizione da parte del L. di una "veglia" in forma di lettera, indirizzata all'arcivescovo Bandini, anch'egli importante sodale degli Intronati e personaggio centrale nella lotta tra le fazioni senesi, conservata alla Biblioteca nazionale di Firenze e recentemente portata alla luce. Il testo, che nella sua morfologia si inserisce in una tradizione letteraria tipica dell'Accademia senese, consiste in una lunga discussione, svoltasi in tempo di carnevale, in occasione delle nozze del fratello del L., Iacopo, sull'effettivo ruolo ispiratore delle donne nell'attività letteraria dell'Accademia. Lo scritto tende a sovrapporre diversi livelli di interesse: quello personale e familiare, quello accademico e quello strettamente politico, che finisce per insistere su alcuni punti specifici, come l'angoscia per la fase decisamente tormentata attraversata dalla città, l'elogio di personaggi vicini alle posizioni dei popolari e l'auspicato distacco dalle passioni politiche a favore degli esercizi letterari praticati dagli accademici. La "veglia" landucciana contiene quindi un chiaro significato politico e rappresenta un forte messaggio di solidarietà verso l'azione dell'arcivescovo, impegnato nel contrastare il pericoloso e cruento deterioramento della situazione politica cittadina. Dal testo emergono altresì la difficoltà in cui si dibatteva l'azione del Granvelle, a causa della spaccatura maturata tra i popolari, e la sua preoccupazione per le incombenti minacce portate dallo schieramento dei Noveschi, desiderosi di salire al governo della città sfruttando l'alleanza con i rappresentanti imperiali.
Qualche anno dopo la stesura della "veglia", nel marzo 1546, il L. fu uno dei popolari citati a comparire davanti all'imperatore insieme con numerosi cittadini degli altri ordini, per rendere conto dei violenti incidenti occorsi poco prima nella città a don Giovanni de Luna, agente imperiale e comandante della guarnigione spagnola che, proprio in seguito a questi avvenimenti, era stato costretto a lasciare Siena insieme con le truppe. Non ubbidendo alla citazione formale, il L. fu condannato al confino per decreto dei Dieci di guardia. Rifugiatosi a Lucca, fu convocato a Milano nel corso dello stesso anno per rispondere di una congiura ordita nella città toscana da Francesco Burlamacchi, che aveva cercato di coinvolgere nel suo progetto di sollevazione gli esuli senesi: oltre al L., A. Del Vecchio, Lodovico Sergardi, Giovan Battista Umidi.
Alcune fonti individuano nel L. l'ambasciatore senese inviato a Milano dalla Repubblica nel corso del 1547 a esprimere l'accettazione, dopo molti contrasti, della guardia imperiale per la piazza di Siena. Ma altre fonti, in questa così come in altre occasioni, fanno riferimento, a proposito di ambascerie a Cosimo I de' Medici e a Carlo V, a un Andrea Landucci con il quale il L. potrebbe essere stato confuso.
Restano ignoti luogo e data di morte del Landucci.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Mss., A.55: Famiglie nobili esistenti. Matrimoni, c. 203v; Siena, Biblioteca comunale, Mss., A.VI.54: Compendio istorico di Sanesi nobili per nascita, illustri per attioni, riguardevoli per dignità…, c. 248; K.II.8: G. Nini, Storia d'Italia da' tempi di Paolo III, fino a quelli di Pio IV…, pp. 571, 598, 602; P.III.18: Denunzie di contratti di matrimonii delle persone nobili senesi…, c. 206v; Y.I.7: Zucchino primo continente il catalogo degl'Accademici Intronati, pp. 9, 271, 438, 585; Z.I.7: U. Benvoglienti, Scrittori senesi, parte I, t. 2, p. 1268; Firenze, Biblioteca nazionale, Mss., M.A.1021; G.A. Pecci, Continuazione delle memorie storico-critiche della città di Siena…, II, 2, Siena 1758, pp. 118, 125 s., 161; L. Sbaragli, I "tabelloni" degli Intronati, in Bull. senese di storia patria, XLIX (1942), 3, p. 190; F. Glénisson-Delannée, Une veillée intronata inédite (1542) ou le jeu littéraire à caractère politique d'un diplomate: M. L., ibid., XCVIII (1991), pp. 63-101; L. Riccò, La miniera accademica. Pedagogia, editoria, palcoscenico nella Siena del Cinquecento, Roma 2002, p. 97.