GALLIAN, Marcello
Nacque a Roma il 6 apr. 1902 da Angelo, console generale in Turchia, e da Maria Scalzi. A seguito di difficoltà economiche venne mandato in collegio, prima a Roma poi a Firenze, presso il convento dei vallombrosani di S. Trinità, dove prese i voti semplici. Nel 1919 seguì G. D'Annunzio a Fiume. Sansepolcrista e squadrista, partecipò quindi alla marcia su Roma.
Staccandosi dall'ambiente familiare di sostenute tradizioni borghesi aristocratiche, il G. iniziò poi una vivace carriera letteraria frequentando gli ambienti dell'avanguardia romana, dove si mescolavano intellettuali fascisti e della sinistra anarcoide, uniti in una confusa tensione eversiva e nella messianica attesa della rivoluzione antiborghese promessa nel messaggio dello squadrismo fascista come di quello bolscevico. Di questo tumultuoso periodo rimangono tracce soprattutto nelle tante effimere riviste, scarsamente costruttive e tuttavia aperte alle suggestioni provenienti dalla coeva cultura europea: dal decadentismo alla sua filiazione romana, l'immaginismo di V. Paladini e U. Barbaro del 1924-25. Non sarà superfluo notare che alla rivista L'Interplanetario diretta da L. De Libero e L. Diemoz, alla quale il G. collaborò, affidò giovanili racconti anche A. Moravia, già intento agli Indifferenti (apparso nel 1929), un'opera che risente delle suggestioni di quegli ambienti e che, non a caso, denota affinità di atmosfere con un romanzo del G. di poco successivo, Il soldato postumo (Milano 1935; riedito per cura di C. De Michelis, Venezia 1988).
Nel 1925-26 il G. fondò e diresse, insieme con A. Poinelli, Spirito nuovo, dalle cui colonne portò violenti attacchi alla cultura e all'arte borghesi e sostenne l'urgenza di un'arte adeguata allo spirito della rivoluzione fascista. In un'era meno avanguardistica e con interessi soprattutto cinematografici o teatrali collaborò a Lo Spettacolod'Italia di A. Blasetti (1927) e a Roma fascista di U. Guglielmotti (1926), dove curò una rubrica di cronache teatrali. Fu collaboratore anche di altri periodici: il già menzionato L'Interplanetario (1928), I Lupi di A. Bizzarri e G.G. Napolitano (1928), 2000 di A. Ghelardini (1929).
Comparivano via via intanto, accolti con simpatia dalla critica, Il dramma nella latteria (Roma 1928), Vita di sconosciuto (ibid. 1929), Nascita di un figlio (con prefaz. di M. Bontempelli, ibid. 1929), Pugilatore di paese (Lanciano 1931).
Si trattava di racconti o brevi romanzi i cui protagonisti sono figure di spostati, di vagabondi emarginati, calati in una società che appare avvolta in una atmosfera onirica e surreale, allucinatoria e carica di simboli, dietro ai quali si scorge sempre un diretto, polemico riferimento alla realtà storica e ai suoi problemi. L'arte del G. era già insomma, e resterà sempre, espressione di un soggettivismo visionario, inconsueto nel panorama letterario del tempo e capace, a lampi, di grande intensità espressiva.
Del 1929 è la commedia La casa di Lazzaro (Roma 1956), la cui fortunata messa in scena presso il teatro degli Indipendenti di A.G. Bragaglia - il fortunato ritrovo romano sorto in uno scantinato del palazzo Tittoni in via degli Avignonesi - scatenava un violentissimo dibattito e provocava l'intervento della censura. Molti anni dopo R. Jacobbi potrà affermare che il testo del G. "rivela la presenza di un autentico drammaturgo" per il quale si potrebbe richiamare il nome, certo sconosciuto in quegli anni, di S. Witkiewicz (in I contemporanei, IV, pp. 435-458). La casa di Lazzaro è la prima tappa di una significativa produzione teatrale che si protrarrà fino al dopoguerra.
La collaborazione a 900, la rivista di M. Bontempelli, avviò la carriera letteraria del G. sui binari di un più disteso successo. Il romanzo Comando di tappa (Roma 1935), testimonianza del clima e degli ambienti della marcia su Roma vista dalla parte degli squadristi - e ricco di una tensione stilistica che sembra dar ragione a quanti annoverano il G. tra i più efficaci autori della cosiddetta prosa d'arte - riscosse consensi e premi e spalancò al suo autore la porta della collaborazione al Corriere della sera.
Il G. nutriva anche altre ambizioni: sua è una sintetica Storia del fascismo, apparsa per i tipi della Hoepli, in un volume che reca la firma di Mussolini (v. B. Mussolini, La dottrina del fascismo. Storia, opere ed istituti, a cura di A. Marpicati - M. Gallian - L. Contu, Milano 1935).
La narrazione del G. non si solleva però dalla mera cronaca, accompagnata peraltro da una retorica apologia del duce. Il meglio della sua interpretazione della vicenda fascista come rivoluzione antiborghese resta affidato al pamphlet intitolato Colpo alla borghesia (in Quaderni di Segnalazione, Roma 1933), non privo di una sua torbida efficacia. Ma questa interpretazione del fascismo come rivoluzione si scontrò con il "ritorno all'ordine" voluto da Mussolini. Si era alla metà degli anni Trenta e si andavano modificando definitivamente gli equilibri interni al regime, che realizzava l'ambita e completa fusione tra le diverse componenti ideali e culturali presenti, finora conflittualmente, nella società italiana. Che tale equilibrio segnasse l'avvio di nuove, inedite e profonde fratture, questo il G. non riuscì ad avvertirlo. Il prezzo che pagò fu carissimo: la progressiva emarginazione dai centri della cultura e del potere.
Orgogliosamente, ma anche ingenuamente, egli si ostinò a richiamarsi alle sue origini e alla sua fedeltà squadrista, suscitando però disagio e incomprensione: ne è testimonianza la censura che si abbatté sul romanzo Bassofondo (Milano 1935), pubblicato solo dopo aver subito numerosi tagli e con il meno compromettente titolo In fondo al quartiere (ibid. 1936). Tuttavia la censura non si accorse che nella protagonista Lisa Matrona - una delle tante drammatiche figure femminili del G. - veniva grottescamente simboleggiata tutta la corruzione e la decadenza dell'odiata borghesia.
Resta ampia documentazione (Roma, Arch. centr. dello Stato, Segr. partic. del duce, Carteggioord., f. 510601) dei tentativi fatti dal G. per ristabilire un rapporto con Mussolini; il quale però, mentre non gli fu avaro di aiuti finanziari, non consentì in alcun modo con le sue idee.
Gravemente malato, il G. continuò a scrivere e, finché poté, a pubblicare. Ormai introvabile è il romanzo Il monumento personale (Roma 1937), una complessa, visionaria allegoria in cui vengono coinvolti e travolti simboli e personaggi del regime. Durante la guerra apparve uno fra i suoi ultimi romanzi, Alba senza denaro (ibid. 1943).
Ambientato nelle paludi pontine, il protagonista della vicenda è ancora una volta un irrequieto vagabondo, portatore di un messaggio di rifiuto anarchico e totale del mondo borghese e della stessa civiltà. Di grande fascino sono le pagine descrittive delle lande investite dalla bonifica mussoliniana e quelle da cui filtra una lettura drammatica e amara della crisi del fascismo.
Nell'immediato dopoguerra il G., che aveva rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò, si trovò costretto a esercitare i mestieri più disparati, perfino venditore ambulante di sigarette.
In conseguenza dell'ostracismo al quale lo condannava l'etichetta di scrittore fascista e la sua incapacità di adeguarsi e inserirsi nella nuova realtà, il G. dovette ripiegare su collaborazioni saltuarie, spesso sotto pseudonimo; interessi di costume rivestono le polemiche, apparse in Il Pensiero nazionale di Stanis Ruinas, contro letterati e intellettuali prima profittatori e poi traditori del regime. Negli anni Sessanta trasse qualche risorsa anche da una dignitosa attività di pittore.
Il G. morì a Roma il 19 genn. 1968.
Fonti e Bibl.: Una completa bibl. delle opere del G. è in P. Buchignani, M. G., la battaglia antiborghese di un fascista anarchico, Roma 1994, che è anche il più esauriente saggio biografico e critico; G.G. Napolitano, Ultima avventura di M. G., in I Lupi, 29 febbr. 1928; M. Bontempelli, introd. a M. Gallian, Nascita di un figlio, Roma 1929; G. Ungaretti, prefaz. a M. Gallian, Tempo di pace, Roma 1934; C. Betocchi, La provincia umana, o le poesie di G., in Il Frontespizio, XI (1938), 2, p. 133 (sul G. poeta); E. Falqui, in Il Novecento letter. ital., Firenze 1969-71, IV, pp. 278-286; R. Jacobbi, M. G., in I contemporanei, IV, Milano 1974, pp. 435-458; Id., Novecentismo prosa d'arte, realismo magico e barocco: l'anarcofascismo e il surrealismo apocalittico, in Il Novecento, V, Milano 1979, pp. 4460-4484; P. Buchignani, Primitivismo e antiborghesismo nella narrativa di M. G., in Trimestre, XII (1979), p. 31; C. Salaris, G. e "900", in Alfabeta, VIII (1986), 90, p. 19; A. Bandinelli, Un fascista inquieto nei bassifondi, in Il Tempo, 15 0tt. 1988; Id., M. G.: il surrealismo all'opposizione, in Prospettive Settanta, n.s., XIII (1991), 4, pp. 676-686; fra i giudizi negativi: N. Ajello, Chi sorride è perduto, in La Repubblica, 22 ott. 1988; C. Laurenzi, L'amarezza permanente, in Il Giornale nuovo, 5 nov. 1988; Lessico univ. italiano, VIII, p. 481.