CRESCENZI, Marcello
Di nobile famiglia romana, nacque a Roma il 27 ott. 1694 da Giambattista e da Ortensia Serlupi; compiuti gli studi a Roma e ordinato prete il 16 marzo 1720, si laureò in utroque iure alla Sapienza il 17 maggio 1721; iniziata la carriera curiale, Innocenzo XIII nel 1724 lo ascrisse tra i canonici di S. Pietro; in seguito, sotto il pontificato di Benedetto XIII, fu referendario delle due Segnature, membro della Congregazione del Buon Governo, presidente della Camera apostolica, vicario della basilica di S. Maria in Trastevere e, dal 1727 al 1739, uditore del tribunale di Rota. Le decisioni rotali del C. furono edite a Roma nel 1762. È di questo periodo l'amicizia e la collaborazione del C. col card. Pier Marcellino Corradini, in favore del nuovo Ordine dei passionisti, nonché per il riconoscimento della regola e per la diffusione dell'istituzione corradiniana della Sacra Famiglia. Nel 1739 Clemente XII propose il C. come nunzio a Parigi e, essendo stato accettato da quella corte, il 15 luglio lo creò arcivescovo titolare di Nazianzo e l'8 agosto gli diede le istruzioni per la nunziatura, che resse fino al 14 sett. 1743. Date però le pessime condizioni finanziarie del C. le cui rendite erano assai esigue, mentre gravi erano i suoi carichi, dovendo provvedere al mantenimento della madre, del fratello, violento e scapestrato, della moglie e della figlia di costui, a causa dei quali si era caricato di debiti, il pontefice gli accordò un appannaggio di tremila scudi superiore a quello ordinario attribuito ai nunzi.
Partito da Civitavecchia, il C. giunse a Marsiglia il 7 sett. 1739; il 5 ottobre era a Parigi. Si trovò subito a dover appoggiare, per la successione alla sede di Utrecht rimasta vacante, la candidatura di un prelato del tutto ligio a Roma. In seguito dovette inoltre affrontare la questione del breviario romano, che Benedetto XIV voleva venisse revisionato alla luce della cultura rigorista e della critica maurino-muratoriana (in Francia era allora adottato il breviario dell'arcivescovo Ventimille che, dal 1736, restò in vigore fino alla metà del sec. XIX); inoltre il C., durante la nunziatura, si adoperò per raccogliere l'opinione dell'episcopato francese al riguardo. Appena arrivato a Parigi gli fu consegnato da ignoti un libello contenente le rivendicazioni del Borgia su alcune città della Romagna che egli si affrettò ad inviare a Roma.
Il 20 ott. 1740 la morte dell'imperatore Carlo VI e lo scoppio della guerra di successione austriaca posero il C., nella sua qualità di nunzio a Parigi, nell'occhio del ciclone.
Le cifre del segretario di Stato Silvio Valenti Gonzaga al C. testimoniano ampiamente circa le preoccupazioni del pontefice e il suo timore che il nuovo conflitto coinvolgesse anche il territorio italiano. L'atteggiamento del papa era abbastanza imparziale e tale doveva essere e manifestarsi - scriveva il Valenti Gonzaga al C. - di fronte ai vari candidati dell'Impero. Quando però l'alleanza tra Francia e Prussia sanzionò una coalizione dei nemici dell'Austria, Benedetto XIV si dimostrò vivamente preoccupato delle sorti della Chiesa in Slesia, occupata dai Prussiani, e della debolezza dell'Austria, battuta a Mollwitz il 10 apr. 1741, che avrebbe significato il crollo dell'antemurale contro i Turchi e il prevalere delle forze protestanti in Germania. Per tali motivi il pontefice in un primo momento prese posizione in favore dei diritti ereditari di casa d'Austria al trono imperiale. Inoltre egli era assai preoccupato che la Francia accordasse alla Spagna il permesso per il passaggio delle truppe, che avrebbe allargato il conflitto. Le assicurazioni fornite in proposito dal governo francese avrebbero dovuto tranquillizzare il pontefice, che però faceva raccomandare al C. di "osservare i movimenti della corte più, che le stesse parole, che si danno ai ministri. Il vedere che contegno tenga costì il ministro di Sardegna, e come si mostri soddisfatto quello di Spagna è parimenti ottimo consiglio" (Segr. di Stato, Francia, 442, f. 14v, 19 maggio 1741). Inoltre il segretario di Stato incaricò il C. di intervenire presso Luigi XV per convincerlo di quale grave errore commettesse appoggiando la Prussia. Ma con grande abilità la Francia seppe prender partito in favore del pontefice, sia dichiarando di voler proteggere la sovranità della S. Sede su Parma e Piacenza, sia intervenendo tramite l'ambasciata francese a Colonia in difesa degli interessi pontifici e dei cattolici tedeschi. Quando poi le scorrerie dei belligeranti nel territorio pontificio aumentarono lo scoraggiamento di Benedetto XIV, ne trasse vantaggio la coalizione di cui faceva parte la Francia. Infatti, nella speranza di por termine al conflitto, il papa, non senza dar prova di frettolosità, il 28 febbr. 1742 riconobbe l'elezione ad imperatore di Carlo Alberto di Baviera, provocando la dura reazione di Maria Teresa, che considerò il gesto del pontefice un tradimento nei confronti della casa d'Austria. Il diverso atteggiamento del papa verso gli Asburgo era riscontrabile già nella cifra del Valenti Gonzaga, al C. del 15 dic. 1741, in cui gli comunicava che Benedetto XIV era d'avviso che quella corte dovesse "rendersi una volta capace, che non è tempo più di lusingarsi, ma di accomodare le reliquie della sua sorte alla meglio che può (Segr. di Stato, Francia, 442. f 45v).
Terminata nel maggio 1744 la nunziatura, il C. fece rientro in Italia, ma il vascello su cui erano imbarcate le sue cose fece naufragio presso Civitavecchia ed egli perse "la metà degli argenti, buona parte delle livree, e tutti i parati nuovi della camera" (Le lettere di Benedetto XIV al card. de Tencin, I, p. 125).
Il 9 sett. 1743 Benedetto XIV lo creò cardinale prete del titolo di S. Maria Traspontina per le benemerenze acquistate durante la sua nunziatura. Il pontefice lo giudicava uomo di non eccelse qualità intellettuali, "essendo di mediocre capacità, e consistendo più il suo merito nel negativo, che nel positivo" ma, essendo stato con lui canonico in S. Pietro, lo conosceva come un buon ecclesiastico e di ottimi costumi (Le lettere... al card. di Tincin, I, p. 51). A suo vantaggio il C. poteva vantare la stretta amicizia con Leonardo di Porto Maurizio, che datava dal 1730: egli prese parte fino al 1739 a tutte le istituzioni per la riforma severa e rigorosa alle quali Leonardo legò il suo nome, particolarmente nella Confraternita dei Sacconi.
In qualità di cardinale, il C. entrò a far parte delle Congregazioni dei Vescovi e Regolari, del Concilio, dell'Immunità e di Propaganda Fide. Per venire incontro alle sue difficoltà finanziarie, Benedetto XIV il 23 sett. 1743 concesse al C. la legazione di Ferrara, la cui rendita annua era assai elevata.
Dopo un lungo periodo di declino, che risaliva fino dall'epoca dell'annessione allo Stato della Chiesa, sotto Benedetto XIV la legazione di Ferrara beneficiò di alcune riforme: regolamentazione del corso dei fiumi e opere di bonifica offrirono nuove terre alle culture, alcune delle quali a scopi industriali, quali la canapa e la seta. Come legato il C. continuò la politica dei suoi predecessori. Di ordinaria amministrazione sono le sue ordinanze riguardanti le scorte di frumento da conservarsi nei pubblici granai annualmente, per far fronte ad eventuali carestie, la promozione di lavori per migliorare la viabilità cittadina, l'impulso dato all'università, cui aggiunse le cattedre di anatomia e teologia. Più importanti furono i successivi provvedimenti: con le Costituzioni Crescenzi dettò regole per le acque di scolo pubbliche di Ferrara; cercò poi di porre rimedio alle inondazioni provocate dalle piene dei fiumi promuovendo la risistemazione del cavo benedettino che, iniziato nel 1724 per incanalare il corso del Reno e convogliare parte delle acque torrentizie e delle paludi di Malalbergo verso il Po di Primaro, e terminato del 1742, era stato seriamente danneggiato dagli smottamenti e dall'abbassamento di un lungo tratto dell'argine. C'era poi il problema della bonifica delle terre fra il Reno, l'Adige e i vari rami del Po, per risolvere il quale, accanto all'opera dei legati, si poneva massicciamente l'iniziativa dei privati che volevano integrare le colture di alberi con quelle della canapa, del riso e di altri cereali nei terreni umidi guadagnati con la bonifica.
La sopraggiunta morte dell'arcivescovo di Ferrara (24 luglio 1746), poco dopo che la legazione del C. era stata rinnovata per un altro triennio (27 giugno), mise il pontefice in imbarazzo, perché il riunire la legazione e l'arcivescovato nella stessa persona presentava gravi difficoltà per "l'orrore che ha il paese, che la stessa persona sia superiore in spirituale, e temporale... " (Le lettere..., I, p. 165): il papa sottolineava inoltre ancora una volta la sua scarsa fiducia nelle capacità del C.: "È un buon ecclesiastico, ma di testa limitata, e che ha il dono di tornar sempre da capo ne' discorsi che si promovono, ancorché se gli diano cinquanta risposte" (ibid., p. 128). Ma di fronte alla possibilità di riunire in sé le cariche di arcivescovo e di legato, anche il C. rimase titubante; la difficile situazione economica provocata dai danni alle colture causati dalla presenza di truppe straniere e dai terremoti scoraggiarono il C. dal mantenere la legazione, inducendolo a preferire il più tranquillo arcivescovato, a cui fu promosso il 22 ag. 1746. Si rivelò arcivescovo pieno di pietà e di zelo; visitò numerose volte la sua diocesi; tenne un sinodo nel 1751, i cui atti furono editi a Ferrara nello stesso anno. Sempre nel 1751, alla morte del segretario di Stato Valenti Gonzaga, il nome del C. compare tra quelli dei candidati a succedergli, ma la cosa non ebbe seguito. Rinnovò inoltre, la chiesa di S. Matteo, e contribuì generosamente alla ricostruzione del campanile della metropolitana; istituì la pratica degli esercizi spirituali, la Congregazione di S. Maria della Misericordia, e l'ottavario degli Angeli. Favorì, altro omaggio all'amico Leonardo da Porto Maurizio, la Confraternita dei Sacconi, affidando loro la chiesa dei SS. Simone e Giuda; restaurò inoltre la chiesa di S. Romano. A varie riprese si mise in contatto col card. Enrico Stuart, duca di York, che, insieme col card. Passionei, rappresentava la punta avanzata del gruppo antigesuitico che si opponeva alla beatificazione di Roberto Bellarmino. Alla morte del card. Corradini, al quale era stato unito da grande amicizia e che lo aveva nominato suo esecutore testamentario, il C. gli eresse un monumento funebre in S. Maria in Trastevere.
Nel 1758, alla morte di Benedetto XIV, il C. entrò inaspettatamente nella rosa dei papabili. Già il 19 nov. 1756 lo Choiseul, ambasciatore francese a Roma, inviò a Parigi una memoria su come si sarebbe presentato in un futuro conclave lo schieramento dei cardinali. L'ambasciatore li catalogava in quattro gruppi a seconda del loro atteggiamento nei confronti della Francia. Il C. era tra i "cardinaux indifférents, et plutôt meilleurs que mauvais". Nel giugno il C. fu accompagnato in conclave da una gran folla di Romani che chiedeva la sua elezione "cosa che non fu bene intesa dall'universale e che può fargli gran pregiudizio nei scrutinii" (relazione del Correr, 10 giugno 1758; cfr. Pastor, XVI, p. 471). Egli aveva il moderato appoggio dei Francesi, segno evidente che durante la sua nunziatura aveva saputo accattivarsi le simpatie di quella corte e dei Borboni di Napoli; ma Vienna gli preferiva i cardinali Sagripanti e Paolucci. Quando sembrava già sicura l'elezione del Rezzonico, il 4 luglio, il C. ebbe un numero di voti maggiore di costui, a causa delle perplessità francesi sul nome del vescovo di Padova. Successivamente anche il C. votò per il Rezzonico che fu eletto papa col nome di Clemente XIII e che nel 1761 volle testimoniargli la sua stima affidandogli nuovamente, oltre all'arcivescovato, anche la legazione di Ferrara; e questa volta il C. accettò i due incarichi. Si trovò a dover affrontare i guasti provocati dalla peste bovina prima e dalle inondazioni dei fiumi poi, per cui dette impulso agli studi per inalveare il Reno fino al mare. Malgrado questa attività in campo amministrativo, il Moroni (XXIV, col. 183) ebbe a sostenere che il C. "figurò meglio nel governo ecclesiastico, che nel legatizio".
Il C. morì a Ferrara il 24 agosto del 1768 e venne sepolto nella chiesa metropolitana.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Segr. di Stato, Francia 267, 268, 442, 444, 445a, 477-484 passim; G.Mapelli, Decis. Sacrae Rotae Rom. coram R. P. D. Marcello Crescentio..., IV, Romae 1762; Collezioni complete delle opere del beato Leonardo da Porto Maurizio, I, Roma 1853, p. 210; M. Boutry, Choiseul à Rome, lettres et mémoires inédits, Paris 1895, pp. 234, 305; E. de Heeckeren, Corresp. de Benoît XVI, I-II, Paris 1912, ad Ind.;Leonardo da Porto Maurizio, Prediche e lettere ined., a cura di B. Innocenti, Quaracchi 1915, p. 304; Le lettere di Benedetto XIV al cardinal de Tencin, a cura di E. Morelli, I-II, Roma 1955-65, ad Indices; P.Rocca, La corrispondenza Scalabrini-Muratori, in Atti e mem. d. Deputaz. ferrarese di storia patria, n. s., V (1950-51), pp. 208, 239; G. Manini Ferranti, Compendio della storia sacra e politica di Ferrara, V, Ferrara 1809, pp. 78 ss., 90 s., 93-125 passim;F. Petruccelli della Gattina, Histoire diplom. des conclaves, IV, Bruxelles 1866, pp. 142 ss.; S. Giovanardi, Le missioni di s. Leonardo da Porto Maurizio a Ferrara, Firenze 1930, passim;L. von Pastor, Storia dei Papi, XVI, I, Roma 1933, ad Indicem; M.Zucchini, L'agricoltura ferrarese attraverso i secoli, in Atti e mem. d. Deputaz. ferrarese di storia patria, s. 3, IV (1967), 2, pp. 167, 208; B. De Sanctis, P. M. Corradini, Roma 1971, pp. 444 ss., 450, 486 s., 516-29; G. Moroni, Diz. di erud. storico-ecclesiastica, XVIII, coll.186 s.; XXIV, coll. 163, 183; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1968, pp. 13, 215, 303; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., XIII, coll. 127 s.