PADAVINO, Marcantonio
PADAVINO, Marcantonio. – Nacque a Venezia, da Nicolò di Giambattista e da Virginia Besalù (Bassalù) del segretario del Consiglio di dieci Francesco, nel 1578, come provato dall’atto di cittadinanza originaria attestante il compimento del diciottesimo anno, richiesto per entrare in Cancelleria ducale (25 luglio 1596, Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Cittadinanze originarie, b. 372/F-52). Ebbe almeno otto tra fratelli e sorelle: Pietro; Girolamo, notaio dell’avogaria di Comun, condannato dal consiglio di Dieci a dodici anni di bando nell’isola di Tine e a Capodistria (ma dopo tre anni graziato) per ‘pratica’ con alcune monache del monastero di S. Anna; Giambattista, diplomatico e cancelliere grande; Antonio; Maria; Laura; Lucrezia e Cherubina, in monastero a S. Maria delle Vergini e agli Angeli a Murano.
La posizione di rilievo del padre, morto segretario del Consiglio di dieci (20 marzo 1594), è confermata da Francesco Sansovino nella Venetia città nobilissima (Venezia 1581, p. 120), dove viene ricordato ritratto da Giacomo Tintoretto in sala dell’Avogaria a Palazzo Ducale. Furono tuttavia i legami di parentela a determinare l’ascesa dei Padavino. Negli atti di battesimo e matrimonio sono documentati come padrini e compari personaggi di primo piano della vita politica del tempo, tra i quali l’ambasciatore Simone Contarini di Giovanni Battista e Alvise Foscarini, figlio dell’influente procuratore di S. Marco Giacomo. Solide anche le unioni con le famiglie cittadine originarie. Una sorella della madre, Dianora Besalù, sposò Marcantonio Ottobon, padre di Marco, cancelliere grande, che nei primi tempi della guerra di Candia comprò la nobiltà e fu avo di papa Alessandro VIII.
L’istruzione accurata e le entrature della famiglia nell’ambiente politico e burocratico, procurarono a Padavino la nomina a notaio straordinario della Cancelleria ducale in luogo di Marco Costa, inabile al lavoro (22 agosto 1596; Arch. di Stato di Venezia, Consiglio di dieci, Parti comuni, reg. 45, c. 46r). Intraprese la carriera diplomatica – non avrebbe più soggiornato a Venezia per più di sei mesi continui – come coadiutore dell’ambasciatore veneziano a Roma, Giovanni Dolfin, futuro cardinale. Seguì gli ambasciatori straordinari Giacomo Foscarini, Giovanni Soranzo di Francesco, Leonardo Donà e Paolo Paruta, mandati a Ferrara per complimentare papa Clemente VIII (1-6 giugno 1598). Tornò quindi a Roma e collaborò con l’ambasciatore ordinario Giovanni Mocenigo, avendone elogi nella relazione finale tenuta al Senato (28 agosto 1601).
Ancora a Roma, il 15 luglio 1600 fu destinato segretario dell’appena eletto ambasciatore in Savoia (6 giugno 1600) Francesco Priuli, colto e ambizioso, vicino alla fazione dei giovani e destinatario di undici lettere di Paolo Sarpi: fu l’inizio di un sodalizio durato fino alla prematura morte di Priuli. Giunse a Torino il 25 giugno 1601 – si dovette attendere la stipulazione del trattato di Lione tra Enrico IV re di Francia e Carlo Emanuele I, duca di Savoia (17 gennaio 1601) – accolto, con Priuli, dall’ambasciatore uscente, Simone Contarini, destinato in Spagna. Più delle perduranti tensioni tra Francia e Savoia, e degli effetti del trattato di Saint-Julien tra il duca di Savoia e la città di Ginevra (21 luglio 1603), a preoccupare era la situazione del cantone svizzero dei Grigioni – dove era da poco stato inviato come residente il fratello di Padavino, Giambattista – strategico per la libertà di passaggio delle milizie d’Oltralpe assoldate dalla Serenissima.
Promosso notaio ordinario (22 maggio 1602), seguì Francesco Priuli destinato oratore al re cattolico (17 maggio 1604). Partirono senza congedarsi, complice un incidente diplomatico con Carlo Emanuele I nel giorno dell’ostensione della Sindone, e, imbarcatisi a Genova, via Barcellona raggiunsero Valladolid (18 settembre 1604), ancora una volta attesi da Simone Contarini, richiamato in patria. La prima udienza ufficiale ebbe luogo il 28 novembre 1604: i rapporti con Filippo III e la regina Margherita d’Austria – inizialmente buoni nonostante i motivi di attrito con la Serenissima non fossero pochi, dai frequenti sequestri di navi veneziane alle mire espansioniste del governatore spagnolo del Ducato di Milano, Pedro Álvarez de Toledo e del viceré del Regno di Napoli, Pedro Téllez-Girón – con l’inizio della crisi dell’Interdetto divennero tesi.
In cerca di consenso alle ragioni della Serenissima, Padavino fu a Salamanca, avendo «per coperta» la ricerca di un parere medico sulla precaria salute di Priuli, in realtà per commissionare pareri scritti agli intellettuali più in vista di quella Università (12 settembre 1606, Arch. di Stato di Venezia, Senato Dispacci, Spagna, f. 38/52). Non ne uscì nulla di concreto, nonostante gli uffici del noto filosofo Francisco Zumel, generale dell’Ordine di S. Maria della Mercede, da sempre vicino alle ragioni di Venezia, per l’attenta sorveglianza dell’Inquisizione.
Passate le consegne all’ambasciatore entrante, Girolamo Soranzo, e nel marzo 1608 rientrato a Venezia, Padavino seguì a Roma l’ambasciatore straordinario, Francesco Contarini, poi doge, nelle delicate trattative con papa Paolo V, ma presto fu destinato in corte cesarea. Decretato il donativo (9 luglio 1609), si portò con Francesco Priuli a Praga (22 settembre 1609). L’aggravarsi dello stato di salute e poi la morte di Priuli (22 maggio 1610) lo resero di fatto il responsabile della legazione. Per 23 mesi si destreggiò in una corte divisa tra l’appoggio ai fratelli di Rodolfo II, Massimiliano e Mattia, e la fedeltà a un imperatore sempre più assente e isolato, lontano dalla politica, preso dagli studi di alchimia e dalle collezioni d’arte, tanto da chiedere esplicitamente a Padavino di intercedere a Venezia per i guai di tale Cechino Martinelli, uomo che – come Padavino scrisse al Senato – provvedeva l’imperatore «di retratti d’antichi, e famosi pittori, de’ quali ne riceve infinito gusto» (Arch. di Stato di Venezia, Senato Dispacci, Germania, f. 45, c. 139r). Il 28 giugno 1611 gli fu notificato il decreto di nomina a segretario del Senato e a dicembre passò le consegne al nuovo ambasciatore, Girolamo Soranzo, tornando a Venezia.
Qui fu incaricato di accompagnare Pietro Gritti a congratularsi con il nuovo duca di Mantova, Ferdinando Gonzaga (19 luglio 1612). Per più di tre anni servì Ottaviano Bon, Giovanni Pasqualigo e Marco Loredan, provveditori e inquisitori per il Levante, rimanendo diversi mesi seriamente ammalato a Candia (Arch. di Stato di Venezia, Senato, Terra, f. 217, 28 marzo 1616). Di nuovo a Venezia, il 12 aprile 1616, avuti nomina e donativo, partì per la Francia, segretario di Ottaviano Bon, lì inviato ambasciatore straordinario. Si trovò spettatore dei forti contrasti tra lo stesso Bon e l’ambasciatore ordinario, Vincenzo Gussoni, sulle condizioni da porre alla pace franco-spagnola (6 e 26 settembre 1617): alle preoccupazioni per i Grigioni si aggiunsero il sequestro di alcune galere veneziane da parte degli spagnoli e la volontà della Serenissima di non mettere a rischio l’alleanza con il ducato di Savoia. Riuscì a mediare: non assecondò Gussoni che gli chiedeva, senza mezze misure, di interdire Ottaviano Bon (Gussoni, 1975, p. 590), e mascherò tali dissensi di fronte alle insinuazioni e ai maneggi del nunzio pontificio Guido Bentivoglio (25 luglio 1617; Arch. di Stato di Venezia, Senato Dispacci, Francia, f. 50, cc. 167r, 169r).
La sua condotta non dovette spiacere al Senato. Gli vennero affidate due altre missioni, in qualche modo complementari, che ufficializzarono alleanze strategiche per Venezia all’inizio della guerra dei Trent’anni. Fu a Costantinopoli, tra il marzo e il maggio 1619, ancora con Francesco Contarini, eletto ambasciatore per felicitarsi dell’assunzione al trono del sultano Osman II – ma c’era anche da tentare una trattativa per delle galee di mercanti turchi di Bosnia sequestrate dagli spagnoli – e, un anno dopo, da luglio a dicembre, nei Paesi Bassi, segretario di Giuseppe Trevisan, per riconfermare i capitoli della lega, lì siglati dal residente veneziano Cristoforo Surian (19 e 31 dicembre 1619). Nel marzo 1621 partì con Francesco Erizzo e Simone Contarini, ambasciatori straordinari, inviati a Praga per l’incoronazione del nuovo imperatore, Ferdinando II, ma, complice la malattia del segretario dell’ambasciatore ordinario Pietro Gritti, Valerio Antelmi, vi tornò nell’ottobre dello stesso anno per fermarsi come residente, stante il richiamo di Gritti a Venezia per una lite diplomatica con l’ambasciatore di Spagna, Iñigo Vélez de Guevara y Tasis. Resse la legazione per sei anni, in tempi difficili, denunciando con fermezza le scorrerie degli uscocchi, informando il Senato del passaggio dell’Università di Vienna ai gesuiti e della loro sempre maggiore influenza sull’Imperatore (5 settembre 1622; Ibid., Senato Dispacci, Germania, f. 63/78), ma si occupò pure delle dispute di confine con Carinzia e Tirolo.
Sostituito dal segretario del Senato Pietro Vico, finì la sua carriera come residente al granduca di Toscana. Richiesto dal Senato, segnalò a Simone Contarini, allora deputato alla fabbrica della chiesa di S. Maria della Salute, il fiorentino Gerardo Silvani, scultore e architetto (Arch. di Stato di Venezia, Consultori in iure, f. 410).
Sottoscritto l’ultimo dispaccio il 28 agosto 1632, morì a Firenze nella notte tra 3 e il 4 settembre (Arch. di Stato di Venezia, Senato Dispacci, Firenze, f. 46/231a).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Cittadinanze originarie, b. 372/F-52; Cancellier grande, regg. 1, 6, ad nomen; Consiglio di dieci, Parti comuni, regg. 45, 50, 52, 53, 61, 62, ad indices; Consultori in iure, f. 410 (28 dicembre 1630); Notarile, Atti, b. 5684, cc. 46r-50v; Notarile. Testamenti, bb. 196/875 (test. di Nicolò Padavino); 1246/698 (testamento di Virginia Besalù); Senato, Corti, regg. 1-3, ad indices; Senato Dispacci, Firenze, ff. 43, nn. 343, 1-38, 40-45, 26a, 27a, 32 a-b, 37a; 44, nn. 46-55, 59-101; 45, nn. 102-127, 129-181; 46, nn. 182-231, 231a; ibid., Francia, ff. 48., n. 40; 50, nn. 15, 25, 36, 46, 76; ibid.,Germania, ff. 44, nn. 30-108; 45, nn. 1-84, 86, 87; 57, nn. 178-181; 62-69; ibid., Spagna, f. 38, nn. 50, 52, 54; Senato Signori Stati, f. 9 bis/1; Senato Secreta Deliberazioni, regg. 120-127, 132, 133, 135 ad indices; Senato, Terra, f. 217 (28 marzo 1616); Venezia, Civico Museo Correr, P. D., C.4/IV: G. Tassini, Cittadini..., cc. 32-33; F. Priuli, Con quest’ordine disordinato relazione della ambasceria in Savoia (1603), a cura di V. Gobbato, Roma-Padova 2006, pp. XXVI, XXVIII, XXIX, XXXV, XXXVI, XXXVII, XXXVIII, XXXIX; Id., Relazione di Savoja, in Relazioni degli Stati..., a cura di N. Barozzi - G. Berchet, s. 3, I, Venezia 1862, pp. 69, 70; Id., Relazione di Spagna, ibid., s. 1, I, ibid. 1865, p. 401; Calendar of State Papers..., XII, a cura di H.F. Brown, XV, London 1905, ad ind.; III, a cura di A.B. Hinds, ibid. 1912, ad ind.; P. Gritti, Relazione... Mantova..., in Relazioni degli ambasciatori..., I, a cura di A. Segarizzi, Bari 1912, pp. 128, 129; A. Sorbelli, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, LXXXV, Firenze 1963, pp. 40, 50; S. Contarini - F. Erizzo, Relazione di Germania..., in Relazioni degli Ambasciatori..., a cura di L. Firpo, III, Torino 1968, pp 590-593: V. Gussoni, Relazione di Francia..., ibid., II, Torino 1975, pp. 590-593; E.A. Cicogna, Delle Inscrizioni veneziane..., III, Venezia 1839, pp. 408-409; VI, 1, ibid. 1853, pp. 680-682; M. Gemin, La Chiesa di S. Maria della Salute..., Abano Terme 1982, p. 46, 57, 193.