GENOVESI, Marcantonio
Nacque a Napoli il 26 maggio 1552. Destinato alla carriera religiosa dal padre Roberto, originario di Piedimonte d'Alife, il G., dopo essersi laureato in utroque iure, divenne nel 1595 canonico e avvocato fiscale dell'arcivescovato di Napoli, distinguendosi per l'acume e l'abilità con cui seppe difendere le prerogative ecclesiastiche nei confronti del potere statale, proprio alla vigilia della prima grande offensiva anticurialista che nel Regno si scatenò nel primo ventennio del XVII secolo.
La sua pratica forense si riverberò in una ponderosa opera teorica, Praxis archiepiscopalis curiae Neapolitanae in qua quicquid in aliis etiam curiis archiepiscopalibus et episcopalibus frequentius occurrere solet…, Napoli 1602. In quest'opera, dedicata al pontefice Clemente VIII, il G. cercava di fornire una sorta di prontuario di giurisprudenza pratica, per consentire al clero di far fronte alle contestazioni del potere civile.
A poche settimane di distanza dalla comparsa del volume, il Consiglio collaterale ordinario, responsabile della censura editoriale nel Regno, condannava l'autore, riconoscendolo "sospetto della fede regia, sedizioso e perturbatore della giurisdizione regia e pace dei popoli". In virtù di quel provvedimento, il commercio dell'opera fu proibito in tutto il territorio del Regno e le copie furono sequestrate.
Il G., temendo la persecuzione, uscì clandestinamente da Napoli e trovò rifugio a Roma, dove seppe far valere molto bene i suoi meriti, riuscendo a ottenere da Clemente VIII il vescovato di Montemarano, presso Benevento.
Ma al momento di ottenere il regio exequatur, che solo avrebbe potuto dare validità alla nomina, il Consiglio collaterale rifiutò di dare sanzione alla designazione pontificia. Lo stesso G., velatamente, si opponeva alla concessione dell'exequatur, brigando presso gli ambienti curiali e persino presso quelli della corte vicereale. Se il Consiglio collaterale avesse infatti insistito nell'opporre un rifiuto alla nomina del G., questi avrebbe potuto domandare al pontefice un maggiore e più ricco vescovato fuori del Regno, essendo quello di Montemarano assai povero e di pochissima rendita. Accortosi di questi maneggi, il Consiglio collaterale decise di dar seguito, senz'altro indugio, alla nomina papale, trasformando il suo assenso in una sorta di punizione, che avrebbe privato il nuovo vescovo di maggiori e più estesi benefici. Il 10 maggio 1603 il G. poté quindi insediarsi ufficialmente a Montemarano, non senza aver ricevuto, insieme con l'autorizzazione regia, un dispaccio governativo che gli intimava con durezza di "essere avvertito per il futuro sopra la persona sua e alle azioni che avesse fatto", se non avesse voluto incorrere nei rigori della legge.
Per nulla intimorito da questo avvertimento, il G. non dismise i suoi panni di deciso difensore dei privilegi della Chiesa, aggiungendo al suo Praxis curiae nuove e più radicali appendici e ristampando più volte il volume. Nuove edizioni dell'opera vedranno la luce a Roma nel 1609, 1620 e 1622, a Napoli nel 1613, 1616 e 1630, a Lione nel 1622 e, dopo la morte del G., a Venezia nel 1645 e 1667.
Durante il periodo passato a Montemarano, il G. alternò le cure per la diocesi all'elaborazione di altre opere. Nel 1606 fu stampato a Rimini il volumetto Alcuni pii e brevi ricordi scelti dalla S. Scrittura per i figlioli de' principi; nello stesso anno usciva a Roma il Manuale pastorum sacrorum canonum auctoritatibus Patrum sententiis et sanctorum episcoporum exemplis refertum, dedicato a Paolo V, dal quale fu poi protetto.
Il G. fu quindi nominato vescovo di Isernia con breve papale del 26 sett. 1611.
La permanenza nella nuova sede non interruppe la sua attività letteraria. Nel 1620, il G. stampava a Roma il Tractatus de Ecclesia, sive practicabilia ecclesiastica. A pochi anni di distanza, nel 1624, vedeva la luce a Napoli un piccolo trattato politico, Navicula Petri, dedicato a Urbano VIII. Nell'opera il G. tentava di delineare una sorta di accordo sociale, che avrebbe dovuto legare le classi diseredate ai potenti al fine di rendere le prime disponibili a rispettare il dovere dell'obbedienza nei confronti dei superiori e i secondi a operare caritatevolmente per alleviare le condizioni di vita dei più bisognosi.
Il G. morì nella sua diocesi di Isernia, il 7 nov. 1624, lasciando incompiuto un altro volume, anch'esso dedicato al dovere cristiano della carità verso gli indigenti, intitolato L'avvocato de' poveri, figura, questa, alla quale era stato dato notevole rilievo anche nella riforma dei tribunali emanata da Paolo V nel 1612.
Fonti e Bibl.: N. Toppi, Biblioteca napoletana, I, Napoli 1678, p. 103; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, VI, Venetiis 1720, col. 507; VIII, ibid. 1721, col. 493; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 90-92; Relazione delle stamperie e stampatori e proibizioni de' libri per causa di giurisdizione nelle città e Regno di Napoli (1721), a cura di S. Volpicella, in Arch. stor. per le provincie napoletane, III (1878), pp. 209 s.; C. Eubel - P. Gauchat, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, IV, Monasterii 1935, pp. 211, 247.