BOSSI, Marcantonio
Nacque a Locarno dal senatore milanese Egidio Bossi, discendente da un ramo dei conti Bossi di Azzate, del territorio di Varese e da Angela de' Pieni. Non si conosce la data della sua nascita, né si hanno notizie sui primi anni della sua vita. Alla morte del padre (1546) divenne signore della Val di Bodio, assieme con i fratelli Giovan Battista e Francesco.
Sposò Angelica Longa, da cui ebbe cinque figli maschi, Francesco, Ottavio, Egidio, Gerolamo e Carlo. Gerolamo, che fu nel collegio degli avvocati di Milano e professore all'università di Pavia, e Carlo, che vestì l'abito barnabita, furono ambedue uomini di notevole cultura, ottimi conoscitori di lettere latine e greche. Egidio e Francesco entrarono nel collegio dei giudici di Milano, ma nessuno di loro continuò la carriera diplomatica del padre.
Il B. nel 1559, divenne ambasciatore del ducato di Milano presso i Cantoni svizzeri, succedendo ad Ascanio Marso. Presentò le sue credenziali alla Dieta di Baden il 4 giugno, 1559.
Lo Stato di Milano, caduto ormai definitivamente sotto dominio spagnolo, aveva continuato a mantenere un rappresentante diplomatico in Svizzera e a condurre una politica autonoma, per assicurarsi la neutralità dei Cantoni svizzeri in funzione antifrancese. Nel 1552 il governatore Ferrante Gonzaga era riuscito, dopo lunghe e laboriose trattative, a firmare con i Cantoni capitoli di amicizia, e di alleanza, concedendo loro sgravi daziari e facoltà di importare grossi contingenti di grano e di riso. Questa clausola, che ebbe come contropartita solo il magro compenso di vaghe promesse di disimpegno dalla Francia, per l'impressionante aumento delle esportazioni granarie, provocò vivaci reazioni a Milano, seguite da proteste e minacce da parte svizzera. La corrispondenza diplomatica mantenuta dal B. con il gran cancelliere Francesco Taverna negli anni 1559-1560 mette in luce le gravi difficoltà che incontrava il tentativo di mantenere rapporti amichevoli con i Cantoni senza cedere alle loro continue richieste di grano. Gli Svizzeri lamentavano infatti che "dalle parte di S. M. Catholica non si osservano li capituli quali ha con la liga helvetica, poi che non si lascia condur grano dal Stato di Milano" e minacciavano di denunciare il trattato. Nell'ottobre del 1559 il B. propose al Taverna, per il rinnovo del trattato che cadeva allora, soluzioni ingegnose che rivelavano una conoscenza approfondita della mentalità elvetica, superiore a quella dei funzionari spagnoli. Le sue proposte tuttavia caddero nel vuoto.
Nella sua relazione al Taverna egli denunciò l'alto costo di una lega con i confederati basata su pensioni e licenze che avrebbero gravato sul bilancio dello Stato. Sarebbe stato più opportuno limitarsi alle lusinghe e moderare le concessioni. Proponeva quindi che il governatore arruolasse un corpo scelto di Elvetici a difesa della propria persona, come aveva fatto accortamente il pontefice Paolo III: "questa guardia si faria de persone scielte de tutti li cantoni e non solo scielte per il valore quanto anche per le amicitie et adherentie". Si potevano assegnare inoltre ai giovani svizzeri posti di studio nei collegi di Pavia, come già faceva il re di Francia, e puntare sul dissenso tra Cantoni imperiali e filofrancesi. Tutte queste proposte suonavano come una tacita sconfessione dei metodi diplomatici seguiti fino ad allora dagli Spagnoli. Le sue ambizioni di autonomia e talune iniziative dirette a tranquillizzare gli Svizzeri irritarono il duca di Sessa, governatore dello Stato, e gli procurarono una severa reprimenda. Il rifiuto di concedere licenze di esportazione per i cereali restò in vigore. L'attenta azione diplomatica svolta dal B. dal 1559 al 1565 non riuscì a evitare che i già difficili rapporti con i Cantoni svizzeri, di fronte a un così deciso rifiuto, entrassero in grave crisi.
La proposta di rinnovare i patti presentata dal B. nel 1562 insieme con le formali dichiarazioni di amicizia di Filippo II incontrò l'ostinata resistenza degli Svizzeri, che ponevano come condizione pregiudiziale il ritorno al libero commercio con il ducato di Milano. La trattativa si protrasse fino al 1564 senza risultato. Gli interessi economici del ducato e quelli politici del governo spagnolo, interessato alla neutralità svizzera per garantirsi il passaggio verso le Fiandre, restarono in conflitto e paralizzarono la trattativa del Bossi. Inutilmente egli chiese a nome del re cattolico il rispetto della lega ereditaria con gli Asburgo e la Borgogna. Il 7 dic. 1564 i Cantoni svizzeri, con la sola eccezione di Zurigo e Berna, rinnovarono invece la lega con la Francia. Qualche tempo dopo il B., assistito da due altri ambasciatori, G. Anguissola e Baldassar de Molina, appositamente inviati da Milano, subiva un nuovo scacco diplomatico. La proposta di ammettere il ducato nella lega ereditaria, rinviata alla dieta di Baden del 1º luglio 1565, venne bocciata; dal canto loro i rappresentanti della Spagna non consentirono a ripristinare il libero commercio con il ducato. Nel 1565 il B. fu revocato dalla carica di ambasciatore, che aveva ricoperto per sette anni consecutivi, con i più ampi riconoscimenti. Il 15 febbr. 1563 l'imperatore Ferdinando lo aveva nominato cavaliere aurato, più tardi Massimiliano II lo creava conte palatino. Rientrato a Milano, fu nominato questore del magistrato delle rendite straordinarie. S'iscrisse anche al collegio dei giureconsulti e quale membro di una nobile e antica famiglia entrò a far parte dei Sessanta decurioni. Morì in patria nel 1582.
Fonti eBibl.: I carteggi diplomatici del B. si conservano nell'Archivio di Stato di Milano, Potenze Estere,Svizzera e Grigioni, B 141 (1553-1565); Die Eidgenössischen Abschiede, IV, 2, a cura di J. K. Krutli, Bern 1861, ad Indicem;P. Morigia, Historia dell'antichità di Milano, Venezia 1592, pp. 476 s.; Id., Historia della nobiltà e degne qualità del Lago Maggiore, Milano 1603, p. 61; G. Sitoni di Scozia, Theatrum equestris nobilitatis secundae Romae, Mediolani 1706, p. 545; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, I, 2, Mediolani 1745, col. 219; G. M.Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1862; A. Bonardi, Giovanni Anguissola e la Spagna, in Arch. stor. lomb., IV (1895), pp. 43 ss.; J. Dieraurer, Histoire de la Confédération suisse, III, Lausanne 1910, pp. 380 ss.; F. Chabod, L'epoca di Carlo V, in Storia di Milano, IX, Milano 1961, pp. 202 s.; P. Litta, Le famiglie cel. ital.,sub voce Bossi, tav. IV.