MARCA e MARCHESI
Marchese (Markgraf) era in origine il conte di confine, e marca (da Mark originariamente "confine") la circoscrizione politica indirizzata alla difesa del confine.
I margravî, detti anche nelle carte marchiones o marcenses, donde la parola italiana rimasta nell'uso, fanno la loro prima apparizione in età carolingia avanzata, cioè in un periodo politicamente agitato e incerto. Carlomagno, riformando gli ordinamenti provinciali del regno italico, aveva sostituito ai duces longobardi i comites: e non si era trattato d'un semplice mutamento di nome, perché la riforma carolingia era stata, nel suo spirito, fortemente accentratrice. Entro i confini del suo comitatus, il conte esercitava tutti i poteri, civili e militari, ma era alle dirette dipendenze del re, che ne controllava l'opera. Così, strettamente legate al centro, le contee poterono costituire la base solida su cui il potere regio poggiava sicuro. Ma questo equilibrio si ruppe non appena i tempi furono meno favorevoli all'accentramento monarchico: si afferma la nuova tendenza, già verso la fine del sec. IX, di raggruppare più contee nelle mani dello stesso comes. Fu il bisogno della difesa, pare, che suggerì questi mutamenti: i quali infatti cominciano a trovarsi nelle circoscrizioni comitali di confine (marchiae), e il titolo stesso di marchiones, assunto allora dai comites che ne furono investiti, conserva evidenti le tracce di queste prime origini storiche. Così, tra i primi a sorgere, sono i marchesati del Friuli, di Spoleto e della Toscana. Poi si moltiplicano, ed è difficile seguirne le sorti (v. appresso); non sorgono soltanto nei territorî di confine, né questi d'altro lato riescon sempre a resistere a lungo come unità compatte: si formano e si scompongono, come le vicende politiche vogliono. A ogni modo, non tardò l'antagonismo col potere regio: la base territoriale più larga, come conferiva ai marchesi una somma di poteri che trascendeva quella ordinaria dei semplici comites, così rafforzava la loro posizione politica e alimentava spesso aspirazioni di autonomia.
La disciplina giuridica dei marchesati - soprattutto per ciò che riguarda la costituzione, l'investitura, la trasmissione, le contese che vi potevan sorgere - si ritrova principalmente nelle Consuetudines o Libri feudorum (v. XV, p. 180): si tratta infatti di norme affermatesi nell'uso. Quanto alla trasmissibilità, in particolare, che è il punto forse più delicato e certamente quello in cui si aprivano le maggiori differenze tra le varie specie di feudi, i marchesati, come quelli che conferivano all'investito poteri pubblici molto lati e gravi, furono originariamente intrasmissibili iure successionis: le stesse Const. feud. (VI, 1; IX, 1) riaffermano la regola: mutando la persona dell'investito, occorre un nuovo atto d'infeudazione. Ma la tendenza a perpetuare il feudo nella stessa famiglia non tardò ad affermarsi, e anche le marche - com'era accaduto per le contee - divennero col tempo trasmissibili ereditariamente. (Cfr. Libri feudorum, ed.C. Lehmann, I, 1; III; VI, 1,7; VIII, 16; IX, 1).
Oltre le tre marche del Friuli, di Spoleto e della Toscana non sembra che nel periodo carolingio ve ne sia stata anche una quarta, quella cosiddetta lombardo-emiliana, comprendente i comitati di Bergamo, Brescia, Cremona, Parma e Piacenza. L'insieme di questi comitati dovette per allora costituire soltanto un ducato (riunione di più comitati sotto un'unica mano, ma senza la speciale difesa del confine), così come semplicemente ducato fu la circoscrizione politica successiva, concessa, col nome di "ducatus Italiae", dall'imperatore Carlo il Calvo al cognato Bosone (876). Nuove marche non si ebbero che con lo sfasciamento dell'impero carolingio nel l'888. Fu allora che, a difesa del confine nord-occidentale e settentrionale furono istituite da Guido due nuove marche, quella di Ivrea e quella di Lombardia, nello stesso modo che nella parte nordorientale, oltre alla marca già ricordata del Friuli, fu istituita quella di Trento, attestata da Liutprando per i tempi di Arnolfo (895). Di queste nuove marche, quella d' Ivrea fu concessa da Guido ad Anscario e n'ebbe così origine la dinastia degli Anscarici (v.). Quella di Lombardia fu affidata da Guido allo zio Corrado e dopo di lui al figlio Radaldo, tuttora vivente nel 926. Le altre due marche tridentina e friulana continuarono a essere divise sino ai tempi di Ottone I, che le riunì per formarne la marca di Verona, data al fratello Enrico, duca di Baviera. Intanto, alla metà del sec. X, o poco dopo, tre nuove marche si formarono, che dal nome dei marchesi che ne furono primi investiti, si chiamarono la marca arduinica, l'aleramica e l'obertenga. La loro costituzione sembra da collegarsi con le vicende che accompagnarono l'elezione a re di Berengario II (15 dicembre 950), il quale avrebbe in questa maniera ricompensato i suoi maggiori fedeli (C. Desimoni). La prima marca, arduinica, comprendeva i comitati di Torino, Auriate e Albenga, e probabilmente anche quelli di Ventimiglia, Bredulo e Alba. Ne fu primo investito Arduino III Glabrione e dopo di lui i suoi discendenti: Manfredo I, Olderico Manfredi e la famosa contessa Adelaide (v. arduinici). La seconda marca, aleramica, riuniva insieme i comitati del Monferrato, di Acqui e di Savona. Ne fu primo investito Aleramo, al quale succedettero i figli, tosto divisi in due rami: quello del Monferrato e quello di Savona (v. aleramici). La terza marca, obertenga, comprendeva i comitati di Genova, Tortona e Bobbio, poi anche quelli di Pavia e di Milano. Ne fu primo investito Oberto, conte del sacro Palazzo, e capostipite della forte stirpe degli Obertenghi (v. obertenghi). Tutte e tre le nuova marche provvedevano così alla difesa del confine lungo il mare di Liguria (ad Albenga, Savona e Genova) e conservavano in tal modo il carattere delle marche anteriori. Nella seconda metà del sec. X un'ultima marca fu istituita dagli Ottoni, quella di Adalberto Azzo di Canossa, detto anche Attone, donde il nome alla marca di attoniana. Questo Attone, già vassallo del vescovo di Reggio e poi conte di Modena e Reggio, appare dopo il 977 anche marchese, e la nuova marca sembra comprendere, oltre Modena e Reggio, Parma, Piacenza, Cremona, Bergamo e Brescia. Si sarebbe così ricostituita la precedente marca lombardo-emiliana, a difesa del confine settentrionale. Da Attone la marca passò nei discendenti, Tedaldo, Bonifacio e la famosa contessa Matilde (vedi attoni). Di un'altra marca ancora parlano le fonti nella seconda metà del sec. X (983), quella fermana, ma appare certo che, mutato il nome, essa non era che quella precedente di Camerino, staccatasi a sua volta nel sec. IX dal ducato di Spoleto, e costituitasi in marca per sé stante (v. fermo: Storia). Il processo formativo delle marche continuò anche nel sec. XI e nel XII, con varia vicenda, e nuove marche conseguentemente si costituirono, tipica fra le altre quella che dal nome del suo primo investito s'intitolò la "marca Guarnerii o Warnerii" e divenne poi la marca di Ancona, nella quale successivamente fu assorbita anche quella precedente di Fermo. Più generalmente però le precedenti marche s'andarono spezzando e dividendo fra i discendenti dei primi investiti e dando così luogo alla formazione dei marchesati (Desimoni).
Bibl.: P. Berretta, De Italia medii aevi. Dissertatio chorographica, in Muratori, Rev. Ital. Script., X, col. LVII segg.; M. Muratori, Antiquitates ital. m. aevi, I, diss. VI: De marchionibus Italiae, col. 267 segg.; H. Breslau, Jahrbücher d. deutschen Reichs unter Konrad II., I, Lipsia 1879; Excursus IV: Zur Genealogie u. Geschichte der hervorrag. Dynastengeschlechtern Ober- u. Mittelitaliens in XI. Jahrhundert; C. Desimoni, Sulle marche d'Italia e sulle loro diramazioni in marchesati, negli Atti della Soc. lig. di st. patria, XXVIII, Genova 1896; O. Stenzel, De marchionum in Germania origine et officio publico, Lipsia 1824; M. Lipp, Die Marken des Frankenreichs unter Karl des Grossen, Lönisberg 1892; id., Das fränkische Grenzsystem unter Karl d. Grossen, Königsberg 1892; E. Mayer, Italienische Verfassungsgeschichte, Lipsia 1909, II, pp. 291 segg., 316 segg.; E. Besta, Il diritto pubblico italiano, II, Padova 1928, p. 121 segg.; Hofmeister, Markgrafen u. Markgrafschaften im italien. Königreich, nelle Mitth. d. Inst. f. österr. Geschichtsf. VII Ergb., Innsbruck 1907; S. Pivano, Stato e chiesa da Berengario I ad Arduino, Torino 1908; id., Il Comitato di Parma e la marca lombardo-emiliana, in Arch. stor. per le prov. parmensi, XXII, Parma 1922.