PRIULI, Marc'Antonio Secondo Nicolo
PRIULI, Marc’Antonio Secondo Nicolò. – Nacque a Venezia il 24 maggio 1792 dal conte Marc’Antonio Pietro e dalla nobile Caterina Erizzo.
Tra i suoi antenati, la cui presenza era documentata a Venezia dal XII secolo, si contavano tre dogi, cinque cardinali, vari governatori di città e province, molti personaggi illustri in ambito diplomatico, nell’attività intellettuale e nelle imprese militari.
Come altri giovani di importanti famiglie patrizie veneziane, Nicolò fu educato nel seminario di S. Cipriano sull’isola di Murano. Nel 1828 assunse il primo incarico pubblico in qualità di assessore municipale di Venezia. Si distinse in particolare per l’impegno profuso con successo a favore della concessione alla città del privilegio del porto franco, decretato nel 1829 ed entrato in vigore l’anno successivo: per questo insieme a Pietro Du Bois, Pietro Bigaglia e al podestà Domenico Morosini, Priuli aveva fatto parte della delegazione inviata a Vienna presso l’imperatore Francesco I per perorare quella causa. Resse la carica di assessore fino al 1831, ma anche in seguito continuò a dare il suo contributo all’interno del Consiglio comunale, partecipando nel contempo alla vita culturale della città: fu socio corrispondente per la classe delle lettere dell’Ateneo veneto, ma soprattutto svolse un ruolo significativo nelle iniziative politico-culturali che precedettero il biennio rivoluzionario 1848-49 e che miravano a mobilitare uno schieramento socialmente trasversale per il risorgimento economico e civile della città. Su questa linea, che prevedeva anche una responsabilizzazione degli ex patrizi rispetto agli interessi generali, si inserì il banchetto dato il 21 giugno 1847 in onore di Richard Cobden, sostenitore del libero scambio in tour politico lungo l’Italia: l’evento, promosso fra gli altri da Daniele Manin, Leone Pincherle, Valentino Pasini, Gian Francesco Avesani, Agostino Sagredo e indirettamente legittimato dalla presenza del pur recalcitrante podestà Giovanni Correr, fu presieduto proprio da Priuli, che condivideva altresì con Cobden un interesse particolare per gli asili d’infanzia.
L’appuntamento più importante di quell’anno a Venezia fu tuttavia il IX Congresso degli scienziati italiani, svoltosi nel settembre del 1847 con il sostegno finanziario del Comune ed espressione di un asse tra i settori intellettuali della città e i gruppi economicamente più intraprendenti. Seguendo la consuetudine di quei congressi, il Consiglio comunale offrì ai relatori un’opera collettiva riguardante la città, Venezia e le sue lagune, stampata a cura di una commissione in cui Priuli sedeva a fianco del podestà Correr, di Sagredo e dei segretari dell’Ateneo veneto e dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. I volumi, per cui lo stesso Manin scrisse pagine fondamentali, rappresentarono a Venezia una tappa essenziale nella fase della cosiddetta lotta legale per le riforme.
Dopo lo strappo rivoluzionario del marzo del 1848, Priuli, uomo moderato e figura di mediazione, continuò ad agire sulla scena pubblica soprattutto come consigliere comunale: in quella veste, nel novembre del 1848, quando il Municipio dovette assumere la garanzia di due onerosi prestiti necessari a proseguire la resistenza della città, Priuli sottolineò come Venezia sostenesse il peso economico di una guerra combattuta per l’indipendenza d’Italia e lanciò uno sfortunato appello affinché i prestiti fossero garantiti anche dagli altri Stati della penisola che perseguivano lo stesso obiettivo politico e la cartamoneta emessa in laguna fosse da essi riconosciuta. Verso la fine del biennio rivoluzionario, il 30 giugno 1849, insieme all’abate Pietro Canal, Priuli espresse una posizione di minoranza di fronte alla volontà dell’Assemblea dei rappresentanti di proseguire nella resistenza a ogni costo e propose di prendere in considerazione le condizioni offerte dall’Austria nell’eventualità di una resa. La sera stessa centinaia di dimostranti manifestarono sotto palazzo Priuli abbandonandosi a gesti violenti diretti contro una figura che in quel momento era divenuta simbolo dei settori nobiliari cittadini accusati di cedevolezza verso l’assediante. Proprio per le sue posizioni non intransigenti, al momento della capitolazione, nell’agosto del 1849, Priuli fu tra i rappresentanti del Municipio incaricati da Manin di trattare con i plenipotenziari austriaci.
Quali che fossero le scelte politiche assunte di volta in volta, Priuli si distinse costantemente per la franchezza delle opinioni, che dimostrò in particolare quando si trattò di premere sul restaurato governo asburgico rispetto ai provvedimenti economici riguardanti Venezia. Nel settembre del 1849, con il patriarca Jacopo Monico, il podestà Correr, il principe Giuseppe Giovanelli e per la Camera di commercio Giacomo Treves de’ Bonfil ed Edoardo Becker, Priuli fece parte della delegazione cittadina che si recò a Vienna per far atto di prammatica sottomissione all’imperatore, convincerlo a non adottare provvedimenti punitivi e a confermare il privilegio del porto franco.
Furono forse l’esito fallimentare dell’iniziativa e la visione pesantemente pessimistica rispetto al futuro di Venezia, condannata al declino e all’isolamento dalle vicende storiche e dalle scelte di Vienna, che indussero Priuli a rifiutare la candidatura a podestà offertagli dal Consiglio comunale nella primavera del 1850. Una certa rassegnazione e lo status di cavaliere di terza classe dell’ordine austriaco della corona ferrea non gli impedirono di indirizzare a Francesco Giuseppe, nel luglio del 1850, una lettera assai coraggiosa in cui denunciava le funeste conseguenze della politica punitiva adottata da Vienna verso Venezia e le promesse tradite. La realizzazione di una minima parte dei provvedimenti caldeggiati da Priuli, vale a dire il ripristino del porto franco nel 1851, non valsero a invertire la rotta declinante verso cui egli aveva intuito essersi avviata la città.
Soprattutto dopo il biennio rivoluzionario e fino agli ultimi momenti della sua vita, Priuli dedicò quasi esclusivamente le proprie energie e il proprio sostegno economico alla diffusione degli asili d’infanzia rivolti alle classi popolari, che si erano sviluppati a Venezia a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento sull’esempio del modello realizzato a Cremona da Ferrante Aporti.
Morì a Venezia l’11 febbraio 1854, senza lasciare eredi.
Per iniziativa della commissione direttrice e amministratrice degli asili d’infanzia, di cui era stato deputato e poi presidente, il 12 agosto dell’anno successivo venne inaugurato un busto commemorativo in suo onore nella sala del Senato di Palazzo Ducale.
Opere. Sugli asili infantili e sulla loro utilità e particolarmente in Venezia. Discorso del conte N. P. letto nella pubblica sessione tenutasi il 16 giugno 1839 in sala del Senato nel Palazzo Ducale, Venezia 1840; Della necessità di mantenere gli asili infantili in Venezia. Discorso del conte N. P., Venezia 1844; Venezia all’Italia. Discorso di N. P. pronunciato nell’adunanza del consiglio comunale di Venezia il giorno 6 novembre 1848, Venezia 1848.
Fonti e Bibl.: P. Bembo, Elogio del conte N. P. presidente alla commissione degli asili d’infanzia in Venezia, Venezia 1855; Id., Delle istituzioni di beneficenza nella città e provincia di Venezia. Studii storico-economico-statistici, Venezia 1859, pp. 30, 45; V. Marchesi, Storia documentata della rivoluzione e della difesa di Venezia negli anni 1848-’49 tratta da fonti italiane ed austriache, Venezia 1916, pp. 335-337, 372, 423 s., 448, 458, 484, 486, 490, 535, 556; G. Gambarin, La delegazione veneziana a Vienna nel settembre 1849, in Rassegna storica del Risorgimento, XLIV (1957), 4, pp. 725-733; P. Del Negro, Il 1848 e dopo, in Storia di Venezia. L’Ottocento e il Novecento, a cura di M. Isnenghi - J. Stuart Woolf, Roma 2002, pp. 121, 160, 162 s., 166, 169, 171, 177; P. Ginsborg, Daniele Manin e la rivoluzione veneziana del 1848-49, Torino 2007, pp. 376, 396, 410.