CAVAZZONI, Marc'Antonio
Nacque a Bologna probabilmente intorno al 1485 da Ludovico e da Veronica Dall'Oro.
Il nome del padre si desume dai testamenti (nei documenti veneziani sovente egli è denominato M. A. Aloysii, d'Alvise, de Alvise, patronimico d'evidente trasparenza), mentre il nome della madre risulta indirettamente dall'atto di battesimo del 12 luglio 1490 della sorella Isotta (citata nel secondo testamento come madre di quel Giovanni Battista Cavazzoni coerede del C.); il cognome materno è conseguente all'identificazione che proponiamo con la Veronica Dall'Oro, moglie di Ludovico Cavazzoni, che nel 1503 faceva testamento a favore dell'ospedale dei Bastardini di Bologna (cfr. Alidosi).
I Cavazzoni appartenevano ad un ceppo - di probabile origine reggiana - ramificato in numerosi nuclei familiari presenti a Bologna nella seconda metà del '400 e durante tutto il '500, alcuni dei quali erano attivi nel mercato del legname (come tali ebbero ad esempio, rapporti con la Fabbrica di S. Petronio e il Collegio di Spagna, come risulta dai libri di contabilità dei rispettivi archivi; cfr. inoltre gli spogli notarili sub voce nell'IndiceMasini, gli abbozzi di alberi genealogici del Carrati e il Guidicini per Pubicazione delle case dei vari nuclei familiari).
Non sappiamo con chi il C. abbia studiato, ma è probabile che sia cresciuto nell'ambiente ruotante attorno alla scuola e cappella musicale della basilica di S. Petronio, in particolare attorno alla figura di Giovanni Spataro, con il quale intercorsero rapporti di familiarità attestati dal carteggio teoretico-musicale del cod. Vat. Lat. 5318, nel quale figurano dirette al C. lettere dello Spataro del 1°ag. 1517 e 10 nov. 1524, mentre egli è ricordato in altre lettere dello stesso Spataro a Giovanni Del Lago del 1°sett. 1528, 4 gennaio, 26 febbraio, 28 maggio e 24 nov. 1529 e a Pietro Aron del 30 genn. 1531.
La prima notizia della sua attività risale al 1512, se è giusta la sua identificazione con quel "Marco Antonio mio musico" che Eleonora Gonzaga, moglie di Francesco Maria I Della Rovere, duca d'Urbino, ricorda in sue lettere del 2 giugno, 23 luglio e 15 novembre di quell'anno indirizzate da Urbino a suo fratello Federico e al padre Francesco Gonzaga: nella prima e terza lettera la duchessa raccomandava il musicista, "molto amato per le sue virtudi", che si recava a Mantova, mentre nella seconda pregava il fratello di volerglielo mandare da Roma "per non havere... molti ricreationis" dopo la partenza del consorte.
L'identificazione, proposta dal Benvenuti e accettata dallo Jeppesen, è plausibile; perlomeno è l'unico aggancio documentario - oggi noto - del C. con Urbino che possaspiegare perché in seguito egli venga denominato "Marcantonio da Bologna detto d'Urbino" (come si legge nei titoli e nelle dediche dei due libri d'intavolatura del figlio Girolamo). È quindi anche possibile che durante il soggiorno urbinate il C. sia entrato in rapporti con Pietro Bembo (presente in quella città dal 1506 al 1512), del quale egli fu "compare e servidor ... antichissimo e devotissimo", secondo la testimonianza del figlio Girolamo nella lettera dedicatoria allo stesso Bembo del suo primo libro d'intavolatura. È il caso di ricordare qui che riconosciamo il C. anche nel "Marcantonio musico" che la stessa Eleonora Gonzaga raccomandava allo zio Alfonso I d'Este in una lettera da Pesaro del 13 ott. 1531 affinché lo favorisse per la riscossione di un credito della moglie da certo Agostino Dalla Sega fornaro, sottolineando ti meriti ... si della servitu che ha havuto in questa casa, come delle buone parti et virtuti che sonno in lui".
Dopo Urbino incontriamo il C. a Ferrara il 21 giugno 1516 per collaudare, assieme a Pietro Trombone, Sebastiano Piperello e Antonio Donigni, l'organo costruito dal bresciano Giovanni Battista Fachetti per la chiesa di S. Maria in Vado. È probabile tuttavia che in quel tempo egli si fosse già stabilito a Venezia: agli inizi di marzo del 1517, infatti, risultava essere da tempo cantore in S. Marco; al servizio della cappella marciana come contralto resterà poi per tutto il resto della sua vita. Sembra anche che in quello stessotorno di tempo sia entrato al servizio o sotto il patronato di Francesco Corner (nipote della celebre Caterina regina di Cipro); durante la prolungata assenza di questo da Venezia come ambasciatore presso Carlo V (1517-giugno 1521) il C. entrava nella selezionata compagine di "musici secreti" al servizio di papa Leone X, dove risulta stipendiato a venti ducati il mese dal febbraio 1520 al maggio 1521 come suonatore di "gravicembolo".
Rientrato a Venezia - dove non solo gli era stato riservato il posto nella cappella marciana ma anche, appena un anno dopo, dal 1° maggio 1522 gli veniva aumentato di venti ducati l'annuo stipendio, che veniva così portato a cinquanta ducati - dovette riprendere i contatti con il Corner: forse la promozione di questo a procuratore di S. Marco nel 1523 è da porre in relazione con la pubblicazione a lui appunto dedicata dei Recerchari Motetti Canzoni (ristampata, unitamente ai Ricercari e ricercate di G. Foligno, G. Segni e anonimi, a cura di G. Benvenuti, a Milano nel 1941). Appena un mese prima dell'apparizione di questa che doveva rimanere, nonostante l'indicazione di libro primo, l'unica opera a stampa del C., Giovanni Lanzo Gabbiano aveva dedicato nel marzo 1523 un'edizione delle Rime del Petrarca al musicista bolognese, qualificandolo non solo "sommamente venerato et amato ... da gentiluomini generalmente et da signori et al fine da Papa Leone X" ma anche "nel sonare di que' stormenti [sic] e quali hoggi Gravicembali si appellano, non pur sufficientissimo, ma il primo". Circa nello stesso periodo - almeno dal 524 - il C. riceveva l'investitura della "contestabelleria della porta de S. Alessandro" di Brescia: doveva trattarsi di una sine cura che comunque assicurava un onorario, all'assegnazione della quale non erano forse estranei i buoni uffici del Cornaro.
Qualche tempo dopo il C. deve essere entrato in rapporti con Lorenzo Bragadin: infatti il 28 giugno 1526, senza tuttavia perdere il posto, egli otteneva licenza dai Procuratori marciani di accompagnare e trattenersi per un periodo indeterminato al servizio del gentiluomo veneziano, nominato ambasciatore presso il re di Francia; analogamente, una decina d'anni dopo, il C. accompagnava lo stesso Bragadin ambasciatore a Roma: al ritorno, riprendeva il servizio in S. Marco il 27 febbr. 1537.
La notizia trova riscontro Puntuale nella lettera indirizzata il 10 dic. 1537da Pietro Aretino (cfr. Primo Libro de le lettere), nella quale lo scrittore si congratulava con lui per essersi allontanato dalla corte papale esortandolo in pari tempo a entrare al servizio della duchessa di Urbino. In una sua successiva lettera del 16agosto del 1540(cfr. Secondo Libro delle lettere)l'Aretino si serviva del C. come intermediario per mandare a Fortunio Spira un sonetto relativo al ritratto di Diego Urtado de Mendoza dipinto da Tiziano. Lo stesso Aretino, ricordando alcuni musicisti nella sua commedia Il Marescalco (1533), aveva elencato "in cimbalis bene sonantibus, Iulio de Mutina & Marcantonio", senz'altro identificabile con il C. proprio per l'associazione con altro famoso virtuoso della tastiera, Giulio Segni.
È probabile la sua identificazione con "Marcho Antonio da Urbin" che nel 1536-37 risulta aver suonato l'organo della cattedrale di Chioggia; deve tuttavia essersi trattato di impegno occasionale e saltuario, altrimenti difficilmente conciliabile con l'ufficio di cantore marciano e con l'accennato impegno con il Bragadin. Il 16 maggio 1542 otteneva dai Procuratori una licenza di due mesi "pro expediendis certis suis negotiis extra civitatem Venetiarum"; alcuni anni dopo, il 18 giugno 1549, otteneva un'altra licenza di un mese "eundi extra presentem civitatem ad purgandum et gubernandum sese". Il 10 apr. 1553 e nuovamente il 13 luglio 1555 riceveva un aumento di stipendio di dieci ducati all'anno; l'ultimo provvedimento, - che portava la sua retribuzione annua a settanta ducati - faceva seguito a un intervento diretto del doge Francesco Venier a favore di tredici cantori della cappella; potrebbe essere un altro indizio della stima goduta dal Cavazzoni. Del resto, qualche tempo dopo, egli svolse seppur saltuariamente le funzioni di maestro di cappella in S. Marco: una prima volta "per il tempo [che] Domino Adriano [Willaert] stete in Fiandra [8 maggio 1556-20 ott. 1557], con grande sodisfatione di Sue Signorie Eccellentissime" (cioè i Procuratori); una seconda volta nel maggio 1563, in luogo di Francesco Sugana e in attesa dell'insediamento di Cipriano de Rore; l'ultima volta, infine, dal 1° dic. 1564 al 15 ott. 1565, dopo la partenza di Cipriano e prima dell'insediamento di G. Zarlino. Il 21 aprile 1565 venne abolita la separazione tra cappella grande e cappella piccola. È il caso di ricordare che durante tali mansioni il C. venne a trovarsi a capo di una compagine dove figuravano musicisti della qualità di Annibale Padovano, Claudio Merulo, Baldassarre Donato, Andrea Gabrieli.
Il C. rimase nella cappella marciana ancora per pochi anni: infatti il 28 giugno 1569, essendo egli "amalato già molto tempo", gli veniva concessa licenza "de andar a Bressa, a mutar aere, per recuperar la pristina sanità" con la conservazione dello stipendio; è questa l'ultima volta che il suo nome compare nel registri della Procuratoria marciana. È probabile che egli si sia trasferito a Brescia presso il nipote Giovanni Battista (al quale, con petizione al doge del 23 nov. 1564, aveva fatto trasferire la citata "contestabelleria" da lui goduta) e colà sia morto qualche tempo dopo. In effetti il suo ultimo testamento redatto il 17 marzo 1569 è rimasto chiuso, non pubblicato, segno evidente che la sua morte avvenne fuori Venezia.
Un primo testamento era stato compilato il 9 giugno 1560: il C. abitava in parrocchia di S. Giacomo dell'Orio in una casa di proprietà di Marcantonio Pesaro e istituiva suoi eredi la moglie Franceschina de Letti e sua sorella Elena, il nipote Giovanni Battista ("il qual ... al presente habbita alla porta de S. Alexandro in Bressa") e le nipoti Giacomina e Giovanna (figlie di sua sorella Lucia); tra le altre disposizioni è contemplata la vendita della "mia casa che è in Bologna". Nel secondo testamento (17 marzo 1569), essendo nel frattempo morte moglie e cognata, figurano suoi eredi il predetto Giovan Battista (che viene specificato figlio della defunta sorella Isotta), la sorella Lucia e sua figlia Giacomina, e altri tre parenti: "Margarita figlia fu di Oliva mia nece [nipote]", "Baldisin mio nepote [e] Anastasio suo fratello". Sorprendente e inspiegabile la mancanza di qualsiasi accenno al figlio Girolamo.
Si deve ricordare che Adrian Willaert aveva nominato il C. tra i suoi esecutori testamentari nei testamenti del 5 ott. 1552, 26 marzo 1558, 27 dic. 1559 e 20 genn. 1561.
Ove si prescinda dall'isolata composizione manoscritta di Castell'Arquato (Arch. parrocchiale, ms. Musicale n. 2, cc. 5v-6v: Recercada de māca in bologna; edito da Jeppesen nel 1960),la produzione musicale del C. è rappresentata unicamente dalla sola opera a stampa Recerchari Motetti Canzoni composti per Marcantonio di Bologna Libro Primo (Venezia, Bernardino Vercellense, 1523; ristampato dal Benvenuti, cit.., nel 1941, e da Jeppesen nel 1960):essa contiene due ricercari, ciascuno dei quali seguito da un mottetto (Salve Virgo, o Stella maris), e quattro canzoni (Perdone moi sie folie, Madame vous aves mon cuor, Plus ne regres, Lautre yor per un matin). Con essa il C. inaugura la serie dei monumenti della letteratura organistica italiana. Quest'opera risulta fondamentale soprattutto nella storia della progressiva emancipazione della tecnica strumentale a tastiera dai modelli vocali; seconda cronologicamente - tra le opere italiane stampate per organo - alle Frottole intabulate da sonare organi (Roma, per i tipi di Andrea Antico, 1517-18),ne supera di gran lunga l'importanza, non limitandosi come quella ad adattamenti strumentali di composizioni vocali, ma presentando - nei due ricercari - i primiesempi di forme strumentali pienamente autonome. Il ricercare del C. si differenzia dall'omonima forma - di natura contrappuntistica - dei suoi immediati successori, preannunziando nel suo libero fantasioso e virtuosistico dispiegarsi, lo stile della toccata.
Figura di capitale importanza nell'ambiente organistico e cembalistico italiano, il C. occupa un posto di massimo rilievo anche se confrontato ai contemporanei d'Oltralpe. Il problema della creazione di un'ampia forma unitaria ed organica, non più legata a un testo cantato, delineatosi ai primordi dello sviluppo di un'arte strumentale autonoma, trova in lui la prima soluzione veramente geniale e valida. Alla rigidità e alla schematicità dei preamboli dei contemporanei tedeschi egli oppone una scorrevolezza discorsiva e una logica costruttiva; sorprende la facoltà di far scaturire da semplici incisi melodici ampi sviluppi con l'impiego sovente, a tale scopo, di efficaci iterazioni e progressioni. La sua scrittura, di grande interesse anche dal punto di vista strumentale, unisce l'esperienza polifonica derivata dalla pratica vocale a elementi tecnici scaturiti dalla natura del nuovo mezzo espressivo, completamente emancipati dalla vocalità e notevolmente sviluppati; i "passaggi", le "diminuzioni" e i "groppi", che per lungo tempo rimarranno alla base della scrittura organo-cembalistica italiana, appaiono in lui già pienamente affermati. Anche le trascrizioni dei brani vocali sono condotte traducendo completamente l'originale quadro sonoro nella nuova veste strumentale; la notazione stessa, nella disposizione dell'intavolatura italiana, tiene ben più in considerazione le esigenze della tecnica manuale esecutiva che quelle della condotta polifonica.
È opinione corrente degli studiosi che i due mottetti e le quattro canzoni debbano risalire a modelli vocali; a onta delle indagini sinora fatte, tuttavia, soltanto Plusne regres ha rivelato una parentela del genere con Plusieurs regretz di Josquin des Près: il confronto delle due composizioni permette di stabilire che il C. non si è limitato a "intavolare" (con le semplificazioni contrappuntistiche e gli arricchimenti di ornamentazioni consueti in simili casi) la chanson josquiniana, ma ne ha compiuto una "parodia", cioè una rielaborazione profonda, in cui la struttura originale appare liberamente modificata e parafrasata.
La destinazione dell'opera, curiosamente, non è precisata nel frontespizio; soltanto nel privilegio di stampa di papa Adriano VI, figurante al termine del volume, si legge come il C. avesse composto "presentem librum Intabulaturae, quo commodius homines Deum in organis laudare discere possint"; ancor più preciso il testo dell'analogo privilegio concesso dal Senato veneziano il 10 genn. 1523 per "una nova forma de tabulature da metter canti, messe et altre cose, et quelli sonar in organo et altri simel instrumenti". È quella stessa destinazione generica "per ogni sorte di stromenti da tasti" che più tardi s'incontrerà nei frontespizi delle intavolature dei Gabrieli; del resto si è visto come il C. fosse al servizio di Leone X proprio in qualità di clavicembalista e come tale fosse qualificato da G. Lanzo Gabbiano.
K. Jeppesen - nella sua opera Die italienisèhe Orgolmusik - ha attribuito al C. anche una messa polifonica a 4 voci intitolata Missa Domini Marci Antonii, figurante nel manoscritto A. XXXVIII dell'Archivio musicale della basilica di S. Petronio e derivante il suo titolo dal cantus firmus su cui è basata, che si presenta come "soggetto cavato dalle vocali". Tale attribuzione (come si è già avuto modo di osservare in una recensione al volume) è insostenibile e maldestra: innanzitutto perché è impensabile che un compositore dell'epoca del C. perpetuasse la paternità di una sua opera premettendo di propria iniziativa al nome la qualifica di dominus, allora riservata ad un ecclesiastico o tutt'al più a un principe; in secondo luogo lo Jeppesen ha tralasciato qualsiasi ricerca sulla provenienza e la natura del manoscritto contenente la messa, che si rivela invece risalire all'opera di Giovanni Spataro (essendo identificabile con uno dei volumi lasciati, in eredità alla cappella petroniana), sutta cui falsariga è possibile riconoscere il dedicatario della messa, Marco Antonio Marescotti, morto il 22 febbr. 1543, primicerio del capitolo di S. Petronio.
Il C. dovette essere non solo apprezzato per le sue non comuni doti di musicista, ma anche per l'amabilità del carattere e per una certa cultura: di quest'ultimo aspetto possono essere indizio - oltre alla dedica dell'edizione petrarchesca, sopra ricordata - la presenza, tra le cose lasciate in eredità con il secondo testamento, de "la mia bibia con la glosa ordinaria" e "le prediche et altri libri vulgari del R. P. frà Geronimo Savonarolla". In caso diverso nonsarebbespiegabile in maniera del tutto soddisfacente la dimestichezza da lui avuta con personalità eminenti quali Eleonora Gonzaga, Leone X, Pietro Bembo, Francesco Cornaro, Pietro Aretino.
Fonti e Bibl.: Bologna, Arch. battesimale della cattedrale, registri battesimali, ad annum; Arch. di Stato di Bologna, G. Masini, Indice dell'Arch. Notarile; Ibid., G. N. Alidosi, Vacchettino n. 13 di rubriche, 410, p. 11; Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 1069, serie E. XXVI. 2 (lettere di Eleonora); Arch. di Stato di Modena, Archivio Estense, Carteggio con principi esteri, busta 1464/7 (lettera di Eleonora Gonzaga); Bibl. Ap. Vatic., Vat. lat. 5318 (cfr. più oltre R. Casimiri); Arch. di, Stato di Brescia, Ducale veneta, 23 nov. 1564; Arch. di Stato di Venezia, Procuratori de supra, regg. 123-130, ad annum; Ibid., Consultori in iure, regg. 553, 554; Ibid., Atti Bianco, b. 128 rosso, n. 15(testamento del 1560); Ibid., Atti Cigrigni, b. 200a rosso, n. 27 (testamento del 1569). Numerosi documenti sono stati comunicati da Gastone Vio di Venezia. V. inoltre Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio, ms. B. 701: B. Carrati, Alberi genealogici delle famiglie di Bologna, IV, c. 60; P. Aretino, Teatro, a cura di G. Petrocchi, Milano 1971, p. 77; Id., Il primo libro delle lettere, a cura di F. Nicolini, Bari 1913, p. 352 e Il secondo libro delle lettere, ibid. 1916, I, pp. 261 s.;P. Aron, Lucidario inMusica, Venezia 1545, c. 31v; L. N. Cittadella Documenti ed illustraz. risguardanti la storia artistica ferrarese, Ferrara 1868, p. 289; G. B. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna..., I-V, Bologna 1868-73 (cfr. suppl. con, indici a cura di L. Breventani, ibid. 1908); R. Fulin, Docum. per servire alla storia della tipogr. veneziana, in Arch. veneto, XXIII (1882), pp. 84-212; E. van der Straeten, Les musiciens néerlandais en Italie duXIVe au XIXe siècle, Bruxelles 1882, pp. 204, 228-32, 238 s.; A. Pirro, L'art des organistes, in A. Lavignac-L. de la Laurencie, Encycl. dela musique, II, 2, Paris 1925, pp. 1181-1374 (in partic. 1187 s.); Y. Rokseth, La musique d'orgueau XVe siècle et au début du XVIe, Paris 1930, ad Indicem; L. Dorez, La cour du pape PaulIII, Paris 1932, I, pp. 225-32; II, pp. 159, 185; C. I.Tiozzo, Maestri e organisti della cattedraledi Chioggia fino al XVII sec., in Note d'archivioper la storia musicale, XII(1935), pp. 284-96 (in particolare p. 291); R. Casimiri, Il cod. Vat. lat. 5318. Carteggio music. autografo fra teorici emusici del sec. XVI dall'anno 1517al 1543, ibid., XVI(1939), pp. 109-31; C. Sartori, Bibliogr. d. mus. strumentale ital. stamp. sino al 1700, Firenze 1952, ad Indicem; G. Reese, Music in the Renaissance, New York 1954, pp. 534 s.; Th. Dart, C. and Cabezŏn in Music and Letters, XXXVI (1955), pp, 1-6; K. Jeppesen, Cavazzoni-Cabezŏn, in Journal of the American Musicol. Society, VIII(1955), pp. 81-85; Id., Eine frühe Orgelmesse aus Castell'Arquato, in Archiv für Musikwissenschaft, XII(1955), pp. 187-205; H. W. Frey, Regesten zur päpstlichen Kapelle unter LeoX. und zu seiner Privatkapelle, in Die Musikforschung, IX(1956), pp. 140 s.; O. Mischiati-L. F. Tagliavini, L'arte organistica in Emilia, in A. Damerini-G. Roncaglia, Musicisti lombardi edemiliani. Per la XV settim. mus. chigiana, Siena 1958, pp. 97-115 (in particolare pp. 98-100); K. Jeppesen, Die italienische Orgelinusik am Anfang des Cinquecento, Kobenhavn 1960, I-II (nel secondo volume è contenuta tra l'altro la riedizione completa dei Recerchari Motetti Canzoni del 1523, pp. 7-56 e della Recercada dai mss. di Castell'Arquato, pp. 67-70; cfr. recens. di O. Mischiati, in L'Organo. Rivista di cultura organaria e organistica, IV[1963], pp. 230 ss.); W. Young, Keyboard Music to 1600, in Musica Disciplina, XVII(1963), pp. 163-193 (in particolare pp. 168 s.); H. C. Slim, prefazione a MusicaNova... 1540, Chicago 1964, pp. XXIX n. 46, XXXV n. 73; W. Apel, Geschichte der Orgel- undKlaviermusik bis 1700, Kassel 1967, ad Indicem; M. Picker, A Josquin Parody by M. A. C., in Tijdschrift van de Vereniging voor Nederlandsche Muziekgeschiedenis, XXII (1972), pp. 157 ss.