Maometto
Il profeta dell’Islam
Maometto (dall’arabo Muhammad) è il fondatore dell’Islam. Vissuto tra 6° e 7° secolo, quando aveva quarant’anni ricevette attraverso l’arcangelo Gabriele le prime rivelazioni di Dio, che successivamente andarono a formare il Corano, il libro sacro dei musulmani. Secondo l’Islam Maometto è l’ultimo dei profeti: egli è stato inviato da Dio (rasul Allah) per rivelare la sua parola e per dare vita a una società e a uno Stato a essa conformi. Nonostante le sue qualità di sommo profeta, condottiero, stratega, diplomatico e uomo di profonda fede, Maometto è considerato un essere mortale come ogni altro, quindi senza alcuna dote soprannaturale
Maometto, che appartiene alla potente tribù dei Quraysh, nasce intorno al 570 (non ci sono documenti che attestano con certezza questa data) a Mecca, un florido centro commerciale della Penisola Arabica, sede anche di uno dei principali santuari pagani, la Ka‘ba. Benché siano scarse le informazioni sulla sua infanzia, la tradizione riporta che Maometto rimane orfano molto giovane e viene quindi affidato alle cure dello zio, Abu Talib, un agiato commerciante meccano. Una volta cresciuto, egli intraprende alcuni viaggi con le carovane verso la Siria e inizia a lavorare per conto della ricca vedova Khadija, anch’essa della tribù dei Quraysh. Nonostante le differenze economiche, Khadija – probabilmente attratta dall’intelligenza e dall’onestà di Maometto – decide di sposarlo. Il matrimonio dura circa venti anni, cioè fino alla morte di Khadija, che gli darà sette figli; ne sopravvivranno solo quattro (tutte femmine). Durante questi anni Maometto amministra con estrema rettitudine e generosità il cospicuo patrimonio di Khadija, al punto di essere chiamato Amin («fidato»).
Intorno ai quarant’anni Maometto comincia ad avere le prime rivelazioni. Si tratta di una sorta di visioni seguite da messaggi orali: Maometto che, secondo la tradizione è stato fin dalla prima giovinezza un uomo particolarmente riflessivo, amante della solitudine e della meditazione, parla per bocca di Dio, come sotto una sorta di dettatura, dopo periodi di ritiro spirituale. Dio lo ammonisce a pronunciare esattamente e soltanto la sua parola. Generalmente un freddo insolito e un forte tremore investono Maometto prima di una rivelazione. Durante i primi tre anni Maometto confida le rivelazioni solo a pochi intimi, in particolare a sua moglie Khadija, che è tra i primi a convertirsi all’Islam, insieme ai futuri califfi (v. califfato) Abu Bakr, ‘Ali e ‘Uthman.
Nel 612 la missione di Maometto diventa pubblica ed egli comincia a diffondere la parola di Dio. Iniziano i primi dissidi con i Meccani, che lo accusano di essere un mago. La loro ostilità è dovuta a motivi religiosi, sociali ed economici. Nel 619 muoiono l’amata Khadija e suo zio Abu Talib, che sebbene non si sia mai convertito all’Islam ha però sempre difeso e sostenuto il nipote: per Maometto è un duro colpo e probabilmente è in questo momento che decide di trovare un nuovo campo d’azione e si fa strada in lui l’idea di emigrare.
Non lontana da Mecca c’è Yathrib – la futura Medina (che in arabo vuol dire «città»), centro dilaniato dalle lotte interne, che Maometto sceglie come sede del nascente Stato islamico. Egli stringe un patto con gli abitanti della città – patto di al-‘Aqaba (622) – proponendosi come mediatore: gli abitanti lo riconoscono come loro capo. È l’egira (higra), cioè l’ «emigrazione» da Mecca a Medina, l’anno 1° del calendario musulmano. Maometto è ora il capo di una vera e propria nuova comunità (sebbene il sovrano e capo di tale comunità sia Dio che, attraverso il profeta Maometto, è in contatto con gli uomini): costituita da due gruppi i Muhajirun, cioè i Meccani che avevano seguito Maometto a Medina, e gli Ansar, ossia gli abitanti di Medina che si erano convertiti all’Islam. A Medina ci sono anche molti ebrei, che inizialmente Maometto ritiene parte della nascente comunità.
Col tempo i rapporti diventano più tesi, gli ebrei vengono meno al patto stipulato con Maometto e le rappresaglie dei musulmani non tardano ad arrivare, e a inasprirsi tanto che, se inizialmente la direzione della preghiera era verso Gerusalemme, successivamente viene spostata verso Mecca, dove è sita la Ka‘ba, considerata dall’Islam il primo tempio monoteistico costruito da Abramo; la ;Ka‘ba era stata profanata dai Meccani con l’idolatria e andava quindi riportata alla sua originaria destinazione.
Nel frattempo (623), Maometto sposa ‘Aysha, giovanissima figlia del futuro califfo Abu Bakr e successivamente altre donne. Molte delle sue nuove mogli sono vedove (esclusa ‘Aysha) e alcuni di questi matrimoni sono stipulati per scopi politici.
La guerra contro i Quraysh. Maometto deve ora lottare su un duplice fronte: quello interno, costituito dagli ebrei e dagli elementi medinesi a lui ostili (gli «ipocriti» munafiqun), e quello esterno, costituito dagli abitanti della sua città natale, Mecca. Nel 624 la battaglia di Badr segna la prima vittoria storica di Maometto sui Meccani; la sua grandezza verrà forse accresciuta per compensare la successiva sconfitta, sebbene passeggera, subita da Maometto e dai suoi a Uhud.
Nel 627 i Quraysh organizzano una confederazione e muovono contro Medina, appoggiati dall’interno della città da alcune tribù ebraiche. I musulmani resistono all’attacco costruendo un fossato intorno alla città. Ritiratisi i confederati, Maometto ne esce vittorioso e sferra un durissimo attacco agli ebrei di Medina e a tutti coloro che avevano appoggiato i Meccani. Inizia il periodo della controffensiva musulmana.
Con la cosiddetta battaglia del fossato, Maometto accresce la sua fama: sono numerose le tribù limitrofe alla città che si recano dal profeta per abbracciare l’Islam. In quegli anni Maometto comincia i preparativi per il futuro pellegrinaggio a Mecca. A Hudaybiyya incontra i Meccani con i quali si accorda per entrare a Mecca l’anno successivo. Questo episodio, che da alcuni è considerato un patto umiliante, poiché Maometto firma col proprio nome e non come l’inviato di Dio, accettando il rinvio di un anno per il viaggio a Mecca, si rivela invece un passo di estremo acume diplomatico. I Meccani, infatti, stringendo un patto con Maometto, lo riconoscono come capo e lo considerano alla loro stessa stregua.
La conquista di Mecca. Dopo il pellegrinaggio a Mecca nel 629 (si tratta della ‘umra, ossia «visita o pellegrinaggio minore»), in base al patto di Hudaybiyya, Maometto sente che ha la situazione in pugno e nel 630 entra a Mecca, che accetta l’Islam senza spargimenti di sangue. Qui egli distrugge gli idoli e riporta la Ka‘ba al culto dell’unico Dio introdotto da Abramo, ma non vi sposta la capitale, che resta a Medina. Dichiarata ormai guerra aperta al paganesimo, le truppe musulmane continuano le conquiste contro i beduini e l’Islam si propaga per tutta l’Arabia.
Nel 632 Maometto guida il pellegrinaggio (le cui modalità sono diventate rituali nell’Islam) noto come pellegrinaggio d’addio poiché da qui a poco morirà – come narra la tradizione – tra le braccia della sua amata ‘Aysha.
La fonte principale sulla vita di Maometto è il Corano. Seguono poi la raccolta di hadith (detti e fatti del Profeta) scritta però in epoca successiva, e, in particolare, la Sira («vita, modello») di Ibn Ishaq, vissuto una settantina di anni dopo il Profeta, e rimaneggiata da Ibn Hisham. Questi (morto intorno all’834) apportò una serie di ritocchi aggiungendo e talvolta eliminando alcuni dati.
Sulla seconda parte della vita di Maometto si fa riferimento all’opera di un contemporaneo di Ibn Hisham, al-Waqidi, autore del Kitab al-maghazi («Il libro delle conquiste»). Un’altra fonte è quella di Ibn Sa‘d, segretario di al-Waqidi che scrisse Tabaqat al-Sahaba («Il libro delle classi»). Queste fonti sono state oggetto di una minuziosa critica che ne ha contestato la validità storica, ritenendole opere poco attendibili, lontane dai fatti (i testi più antichi sono stati scritti circa centoventi anni dopo la morte di Maometto), ma riconoscendo loro un alto valore letterario.
Resta dunque il Corano come unica fonte autentica per ricostruire il profilo della figura di Maometto. E come ha sostenuto l’arabista Francesco Gabrieli, al pari di altri iniziatori quali Buddha e Gesù, si frappone tra la realtà del Profeta e il nostro giudizio la deformazione della leggenda, che nel caso di Maometto è duplice: di esaltazione in Oriente (una idealizzazione che ne ha a volte alterato la figura storica), e di denigrazione in Occidente, soprattutto in epoca medievale. È solo con l’età moderna che la figura di Maometto ha riacquistato una più obiettiva considerazione.