MANSO (mansus)
Anticamente designava il terreno affidato ai coltivatori negli stanziamenti o colonizzazioni primitive. La parola, connessa con mensura, comincia a comparire nelle fonti franche della metà del sec. VII. È quindi probabile che il sistema fosse seguito nei nuovi stanziamenti barbarici. Il manso, come unità agricola, si riconnette col fenomeno dell'affermarsi della piccola proprietà terriera. Notizie sulle antiche forme di stanziamento e di distribuzione della terra in mansi si hanno più ampie nei territorî tedeschi, perchè colà i sistemi, che li regolarono, scomparvero più tardi e più lentamente. È da credere che, almeno alle origini, questi mansi siano stati tutti pressoché uguali fra loro in grandezza, ciò almeno entro ogni territorio di stanziamento; invece poterono essere diversi da territorio a territorio; e questo dipese dalla varia bontà del suolo o dal vario genere delle colture. Col tempo mutarono di dimensioni, anche a causa di divisioni ereditarie. Ma in alcune contrade europee, attraverso divieti e limitazioni, l'istituto della proprietà familiare a mansi si conservò anche lungo molteplici generazioni. Si parla di misure diverse, 40, 30, 20, 12 iugeri per manso (12 iugeri in Italia nel sec. XI), ma è misura approssimativa. I Longobardi in Italia forse procedettero qua e là a una spartizione del suolo in mansi. Ma questo ordinamento lo si trova in Italia più diffuso nell'età carolingia. Il manso diventa allora elemento essenziale del sistema curtense.
Il servizio nella milizia ha per base il censimento dei mansi, e così pure gli altri servizî e prestazioni. Parimenti, per assicurare il servizio divino, ogni chiesa doveva possedere un mansus integer. Le fonti ricordano il mansus legitimus, cioè la porzione che conteneva la quantità di terra portata dalla consuetudine del luogo e che pagava tutte le responsioni e faceva tutti i servizî; questa eguaglianza era adottata dai barbari nelle antiche comunioni. Ma in seguito l'equilibrio fu rotto, cosicché comparve il mansus dimidius o medius, che aveva solo la metà dell'estensione richiesta e che non comportava se non la metà dei carichi ordinarî; oppure taluno poté possedere parecchie sortes. Altri erano detti mansi vestiti distinti dagli absi; ossia i mansi occupati e coltivati regolarmente, che pagavano le responsioni e facevano i servizî portati dalla consuetudine; o i mansi che, per mancanza di coltivatori regolari, erano mal coltivati, non rendevano tutto ciò che avrebbero potuto e nemmeno sopportavano tutti i soliti carichi. V'erano poi i mansi ingenuili, aldionali, servili, secondo le persone che li coltivavano.
Il manso era dunque in questo tempo elemento costitutivo e base dell'ordinamento della proprietà, misura degli obblighi, dei censi, dei servizî. La conservazione era imposta dall'interesse pubblico della guerra, dall'interesse dei signori fondiarî. Il manso era una specie di unità censuaria o catastale rispetto al proprietario o signore. Ma nel sec. IX il sistema dei mansi, almeno in Italia, decadde profondamente e dal suo sfacelo forse nacque la grande proprietà fondiaria. Tuttavia si ricorse a rinnovate suddivisioni in mansi nelle terre di nuova colonizzazione o di bonifica, nel corso dei secoli XI-XII, in alcuni luoghi della Valle Padana, per opera di grandi comuni (p. es., Mantova, Verona). Ma in tal caso manso era espressione neutrale per indicare il podere, il predio velargo modo omnis ager e rispondeva nelle sue particolari dimensioni, forma, ecc., ai nuovi fini amministrativi. La parola rimase ancora più tardi per denotare quel complesso minimo di sostanza patrimoniale sufficiente al mantenimento o al funzionamento di un determinato ente ecclesiastico (v. anche massaro).
Bibl.: A. Pertile, Stor. del dir. ital., Torino 1896, I, pp. 219 seg., 206, 366; III, pp. 31, nota 37 nota; IV, pp. 279-87; F. Schupfer, L'allodio, in Digesto italiano; id., Il diritto privato dei popoli germanici con speciale riguardo all'Italia, Roma 1915, III, pp. 96 segg., 111, 329; P. Torelli, Un comune cittadino in territorio ad economia agricola, Mantova 1930, p. 144 segg.; per la Francia: M. Bloch, Les caractères originaux de l'histoire rurale française, V, Oslo 1931; per la Germania: H. Brunner, Deutsche Rechtsgeschichte, I, 2ª ediz., Lipsia 1906, p. 284; A. Meitzen, Agricoltura, in Biblioteca dell'economista, s. 3ª, XII, i, Torino 1886, p. 229 segg.; G. Schmoller, Lineamenti di economia nazionale generale, in Biblioteca dell'economista, s. 4ª, X, Torino 1904, pp. 443 segg., 576 segg.; S. Forchielli, I mansi diocesani delle parrocchie povere nell'ex stato della Chiesa, in Il diritto ecclesiastico, 1928, p. 98 segg.