MANOVRA della nave
È l'arte di far muovere le navi secondo la volontà di chi si trova sul ponte di comando assumendo la direzione del movimento. Riposa sullo sfruttamento razionale delle qualità nautiche ed evolutive delle navi, qualità dipendenti dalle dimensioni e forme degli scafi e dalle forze messe in azione per manovrarle.
Navi a vela. - a) Generalità. - Due forze principali agiscono su una nave a vela in moto: la forza propulsiva determinata dalla pressione del vento sulle vele e la forza resistente determinata dalla resistenza dell'acqua alla penetrazione della carena.
Se S è la superficie velica, W la velocità del vento, i l'angolo che la direzione del vento forma con la superficie velica, la forza propulsiva P è:
ed è normale alla superficie velica (il coefficiente K ha un valore medio di 0,1). Il centro di pressione Cp, coincide col centro di figura della vela soltanto se questa è normale alla direzione del vento; altrimenti è spostato sopravvento rispetto al centro di figura. L'entità di questo spostamento è così piccola che nella pratica non ha alcuna importanza.
Dicesi centro velico Cv di una nave il punto di applicazione della risultante di tutte le pressioni esercitate dal vento sulle varie vele. Se Cv è a proravia del centro di gravità G della nave questa tende a "poggiare"; se è a poppavia, tende a "orzare": poiché in pratica è impossibile ottenere che Cv sia sulla verticale di G, occorrerà impiegare un certo angolo di timone per mantenere la nave su una rotta rettilinea. Tuttavia si può, o variando la distribuzione dei pesi a bordo, o serrando qualche vela in posizione opportuna, ottenere che Cv e G si trovino praticamente sulla stessa verticale. La resistenza R dell'acqua dipende dalle dimensioni e dalle forme della carena, nonché dalla velocità V della nave: il centro di resistenza muta di posizione col variare dell'"andatura" della nave.
b) Andature. - Le "andature" di un veliero dipendono dall'angolo che la sua rotta forma con la direzione del vento; esse sono: "di bolina", "di buon braccio", "a mezza nave", "con vento largo", "al giardinetto" o "gran largo", "in poppa" o "in fil di ruota". Il massimo effetto propulsivo si ha bracciando i pennoni in modo che siano orientati in senso normale alla bisettrice tra la direzione della chiglia e quella del vento.
Con l'andatura di bolina si dice che la nave "stringe il vento". I velieri a vele quadre stringono circa 6 quadre e quelli a vele auriche circa 4 quarte (una quarta è l'ottava parte di 90°, ossia 11° 15′).
Si deve stringere il vento per "bordeggiare" quando il punto che si vuole raggiungere si trova in una direzione formante con quella del vento un angolo minore di quello che il veliero è capace di stringere. In tal caso il veliero percorre una rotta a zigzag, prendendo il vento or dall'un lato or dall'altro (v. figura). Si dicono "bordi" i lati dallo zigzag, e per passare da un bordo all'altro si deve compiere una manovra chiamata "viramento di bordo" la lunghezza totale dei bordi è da 4 a 5 volte la lunghezza NA. Un veliero può essere costretto a cambiare l'andatura, senza cambiare la rotta, nel caso di "salti di vento"; può rimanere fermo, con piccole oscillazioni intorno alla posizione prescelta, "mettendo in panna" può infine sostenere una tempesta senza cimentare la velatura, "mettendo alla cappa" (v. appresso).
c) Manovra delle vele. - Le vele si "bordano" (cioè si issano assicurandone le scotte ai bordi) a cominciare, di regola da quelle prodiere e si "serrano" (cioè si imbrogliano e legano) a cominciare da quelle poppiere, per evitare che la nave assuma un'eccessiva tendenza orziera.
Perciò le vele si dànno normalmente in quest'ordine: fiocchi, parocchetto basso, gabbia bassa, parocchetto alto, gabbia alta, velaccino, velaccio, trinchetto, maestra, randa, vele di strallo, controvelaccino, controvelaccio e controfiocco (v. attrezzatura). La velatura si diminuisce in quest'ordine: controvelaccio, controvelaccino, controfiocco; randa e vele di strallo, maestra, velaccio e velaccino, terzaroli alle gabbie, gabbia alta, parocchetto alto, trinchetto e gran fiocco, gabbie basse, trinchettina.
d) Manovra di partenza. - Dopo di essersi "tirati a picco" sull'ancora (ancorati in modo che la catena scenda verticalmente) sí dànno le vele nella successione stabilita.
Poiché in generale una nave all'ancora presenta la prora in direzione del vento, sarà necessario con opportuna manovra delle vele (specie di quelle di prora) farla abbattere di quattro o sei quarte a seconda che si tratti di vele auriche o di vele latine, in maniera che queste comincino a portare. Si dovranno temere in grande considerazione le speciali condizioni del porto dal quale la nave deve uscire, la presenza di ostacoli, l'esistenza di corrente, l'opportunità di abbattere dal lato dell'ancora o dal lato opposto.
e) Viramrnto di bordo. - Manovra che si compie allorché si vuol passare da una linea di bolina all'altra; questo può essere in prua (orzando di sei quarte e poi poggiando di altre sei) o in poppa (poggiando di dieci quarte e poi orzando di altre dieci).
f) Manovra per salti di vento. - Può accadere, per un improvviso cambiamento nella direzione del vento, che le vele "prendano a collo" (prendano il vento sulla faccia opposta alla normale). A evitare sia gravi avarie all'alberata; sia pericolosi sbandamenti della nave, occorre che la manovra sia pronta e decisa.
g) Mettere in panna. - La manovra di mettere in panna è effettuata quando occorre arrestare la nave pur conservando a riva la velatura necessaria a riprendere prontamente la navigazione; in genere si metterà in panna per alzare o ammainare imbarcazioni, ricuperare naufraghi, ecc. Si mette sempre in panna dall'andatura di bolina togliendo le basse vele.
h) Cappa (v.). - È l'andatura che si deve prendere quando il tempo non consenta di continuare la navigazione in buone condizioni di sicurezza. Bisogna ridurre la velatura al minimo in relazione allo stato del tempo e fare attenzione ai groppi e ai piovaschi.
i) Andare all'ancoraggio. - In linea di massima si dà fondo all'ancora orzando fino a prendere a collo, con poche vele, fiocchi ammainati, randa in mezzo; poco prima che la nave si fermi, si dà fondo all'ancora imbrogliando per tutto.
Navi a motore. - a) Generalità. - Per la manovra di una nave a motore ha grande importanza la conoscenza delle sue qualità evolutive e cioè: diametro della curva che descrive con tutti gli angoli di timone da i° a 35° (che è l'angolo per cui si ha il massimo effetto di accostata), spazio che percorre prima di arrestarsi, comportamento nel caso di manovre combinate delle eliche e del timone. È inoltre importante conoscere l'influenza del vento e del mare sulla nave.
Con larga approssimazione si può ritenere che una nave con tutto il timone alla banda descriva una "curva di evoluzione" avente un raggio eguale a poco meno di tre volte la lunghezza dello scafo e che, fermando le macchine per invertirne il moto poco dopo con lo sviluppo della stessa potenza impiegata per la marcia avanti, si arresti dopo aver percorso uno spazio eguale a circa tre volte la lunghezza dello scafo. Su tutte le navi esiste la raccolta degli elementi evolutivi: curve di evoluzione con vari angoli di timone e a varie velocità, diagrammi di estinzione della velocità.
La corrente d'acqua respinta dal propulsore consente di far accostare la nave mettendo il timone alla banda (su cui tale corrente va ad agire) prima ancora che lo scafo acquisti sufficiente velocità. Una nave con una sola elica non può essere girata sul posto senza ormeggiare la prora su una boa o su un'ancora: in questo caso, se si mette l'elica avanti adagio (per non cimentare troppo l'ormeggio) tenendo il timone da un lato, la nave gira intorno al punto di ormeggio. Una nave con due o quattro eliche si può invece far girare sul posto mettendo avanti le eliche di un lato e indietro le eliche dell'altro lato: la rotazione avviene dal lato delle eliche che vanno indietro.
b) Varî modi di ormeggio. - Una nave può rimanere ormeggiata alla ruota (su una boa, un corpo morto, un'ancora, due ancore), in quattro (con ancore o corpi morti di prora e di poppa, con ancore o corpi morti di prora e cime sulla banchina di poppa), di fianco (affiancamento ad altra nave o a una banchina).
Per avere sicurezza stando ormeggiati su un'ancora occorre filare un calumo di catena almeno triplo del fondale, perché l'attrito della catena sul fondo contribuisce ad aumentare la tenuta dell'ancora. Per controllare se l'ancora ara si può far uso di uno scandaglio lasciato pendere in acqua oppure di rilevamenti di punti della costa.
Stando ormeggiati su due ancore (o afforcati) si ha il vantaggio di ruotare in uno spazio minore e di avere maggiore sicurezza nel caso che un'ancora ari. Si ha tuttavia l'inconveniente di dover guarnire il molinello d'afforco, il quale evita che le due catene si aggroviglino quando la nave per mutare del vento ruoti intorno alle ancore.
Sono fondi buoni tenitori quelli di sabbia dura e fangosa, di fango compatto, di sabbia e alghe. Sono da evitarsi quelli di roccia. Sono cattivi tenitori quelli di sabbia fina, di fango molle, di forte declivio. Con cattivo tempo il migliore ormeggio, stando alla ruota, è con un'ancora e lungo calumo di catena. Stando ormeggiati con la poppa a una banchina bisogna, se c'è risacca, dare la preferenza ai cavi di canapa rispetto a quelli di acciaio e allontanare il più possibile la poppa dalla banchina.
c) Andare all'ormeggio. - I preparativi per andare all'ormeggio comprendono la verifica del passaggio delle catene, la prova degli argani, l'approntamento delle imbarcazioni, dei cavi di tonneggio e di ormeggio, dei barcarizzi, delle aste di posta, ecc.
Per dar fondo all'ancora è opportuno che la nave abbia una velocità residua compresa fra quattro e sette nodi, in modo da essere certi di poterla fermare in uno spazio non superiore a 100 metri.
Per prendere una boa o un corpo morto si dirige in modo da giungervi controvento o controcorrente, si manda una cima e poi si guarnisce sulla boa o sulla catena del corpo morto la catena di una delle ancore di bordo (generalmente la catena dell'ancora di speranza).
Per afforcarsi si dà fondo alla prima ancora e poi, filando catena, si dirige sul punto di fonda della seconda ancora. Per ormeggiarsi con la poppa a una banchina le navi più grandi dirigono con rotta parallela alla banchina a conveniente distanza da questa, dànno quindi fondo all'ancora esterna rispetto alla banchina e poi all'interna, si dispongono poi normali alla banchina manovrando con le macchine e aiutandosi con cavi di tonneggio inviati a terra, da ultimo indietreggiano fino a conveniente distanza da terra. Le navi minori prima si girano e poi dànno fondo.
Per affiancarsi a una banchina si dispone la nave parallela alla banchina, si dà fondo soltanto all'ancora esterna, si mandano le cime a terra e ci si tonneggia con prudenza aiutando (se occorre) con le macchine, in modo da avvicinarsi alla banchina con alterni movimenti verso la banchina della prua e della poppa e procurando che sia la parte prodiera a toccare per prima la banchina stessa. Quando lo spazio disponibile per manovrare è ristretto, è molto utile l'uso di rimorchiatori i quali facilitano le evoluzioni, rendono più precisi e sicuti i movimenti della nave, diminuiscono le difficoltà, specie con forte vento o con corrente. Si possono usare mettendoli di prua, di poppa, di fianco.
d) Lasciare l'ormeggio. - I preparativi di partenza comprendono l'approntamento dell'apparato motore e di tutti i macchinarî ausiliarî, la chiusura della portelleria e delle porte stagne, la rizzatura delle imbarcazioni e degli oggetti mobili, la prova dei fanali di navigazione.
Se la nave è alla ruota su un'ancora, si vira fino a che l'ancora lascia il fondo; quando ha lasciato si mette la macchina avanti adagio; quando l'ancora è entrata nella cubia si manovra come si vuole per uscire dal porto. Se la nave è afforcata, si salpa prima l'ancora sottovento e poi quella sopravvento. Per girare nel minimo spazio, se la nave è monoelica, si gira se la nave è bielica si gira manovrando con le macchine dopo salpato. Per lasciare una boa si guarnisce in precedenza un cavo a doppino al posto della catena e, dopo aver mollato il cavo, si dà un poco indietro per scostarsi dalla boa. Per lasciare un corpo morto lo si smaniglia dalla propria catena lasciandolo in potere di una bozza a scocco, che si spara all'atto di muovere. Per lasciare un ormeggio in quattro si sostituiscono in precedenza i cavi di ormeggio con due falsi bracci, poi si virano le catene delle ancore filando i cavi di poppa e mollandoli poco prima che le ancore siano salpate. Se c'è vento o corrente di fianco bisogna stendere dei traversini dal lato del vento o della corrente. Per scostare da una banchina alla quale si sia affiancati, la manovra non presenta difficoltà, con calma di vento o con vento che spiri dalla banchina verso il largo: basta mollare i cavi e largare la nave virando la catena dell'ancora che si è data a fondo prima di attraccare. Se c'è corrente o vento in poppa o in prua, si mollano rispettivamente per primi i cavi di poppa o di prua iniziando la battuta della nave con la macchina, per consentire che il vento o la corrente colpisca il fianco interno dello scafo completando la battuta. Con vento diretto contro la banchina conviene mollare a poppa scostando questa con la macchina in moto avanti e il timone orientato verso la banchina per poi allontanarsi in direzione obliqua dando indietro.
e) Andatura di navigazione. - Il migliore governo si ha col vento e il mare in poppa. Con mare grosso bisogna, se lecondizioni della nave lo richiedano, scegliere la rotta più opportuna in relazione col consumo di combustibile e col comportamento dello scafo.
Con mare grosso di prua può convenire una deviazione dalla rotta non superiore a tre quarte, perché si può avere un guadagno di cammino utile e maggiore di quello che si avrebbe col mare in prua.
Quanto al comportamento dello scafo, si deve tener presente che variando rotta e velocità si può variare artificialmente il periodo apparente delle onde, in modo da evitare il pericoloso fenomeno del sincronismo tra le oscillazioni della nave e quelle del mare ondoso. A parità delle altre condizioni, una nave sostiene il mare tanto meglio quanto minore è la velocità, eccetto che nel caso di mare al traverso: in questo caso una nave rolla tanto meno quanto maggiore è la sua velocità.
In caso di fortunale una nave può stare alla cappa col mare in prua o al mascone (la facciata di qua o di là dalla ruota di prua) tenendo la macchina in moto alla minima velocità necessaria per governare; se anche lo stare alla cappa appare pericoloso la nave deve fuggire il tempo col mare in poppa o all'anca mettendo alla velocità che dà luogo al minimo rollio. Può essere pericoloso navigare ad alta velocità col mare in poppa o al giardinetto.
Per stare alla cappa con macchine ferme si possono filare le ancore con tutte le lunghezze di catene di cui sono dotate. Se la nave è piccola si può servire di un'ancora galleggiante di prua o (assai meglio) di poppa.
Col mare grosso e frangente è efficace l'uso dell'olio sparso sull'acqua da sopravvento o dall'ancora galleggiante con apposito recipiente.
In generale una nave resisterà tanto meglio quanto più vicina sarà mantenuta alla sua naturale posizione di equilibrio.
Per la manovra degli aerei, v. pilotaggio; per quella dei sommergibili, v. sommergibile; per le manovre da compiersi in caso di sinistri marittimi, v. salvataggio; sinistro; circa le regole per evitare gli abbordi in mare v. collisione; per il rimorchio della nave, v. rimorchiatore.
Bibl.: A. Knight, Modern Seamanship, 8ª ed., Londra 1922; F. Imperato, Attrezzatura, manovra navale, segnalazioni marittime e dizionarietto di marina, 6ª ed., voll. 2, Milano 1917-20; G. Fioravanzo, Man. teorico-pratico di cinematica aeronavale, Livorno; A. Baistrocchi, Arte navale, Livorno 1921.