MANOMETRO (dal gr. μ,ανύς "rado" e μέτρον "misura")
Strumento usato per la mis11ra. della pressione di un fluido. Esistono svariatissimi tipi di manometri che possono in parte venire raggruppati a seconda dell'ordine di grandezza delle pressioni con questi misurabili e cioè: manometri a tubo aperto per pressioni di poco differenti da quella atmosferica; manometri a tubo chiuso e manometri metallici per pressioni anche molto superiori a quella atmosferica o qualche centinaio di volte minore; manometri per grandissime pressioni, quali quelle prodotte nelle armi da fuoco all'atto dello sparo; infine un grande numero di manometri fondati su principî differenti che con sottili artifizî permettono di conseguire misure di pressioni immensamente piccole quali oggi si sanno raggiungere e nei laboratorî di ricerche e nelle industrie delle lampadine elettriche, delle ampolle per radiotecnica e per raggi X.
Manometro a tubo aperto. - Un tubo di vetro (fig.1) piegato a U, il cui ramo A comunica col recipiente entro al quale si vuol determinare la pressione, mentre l'altro B è in comunicazione con l'aria ambiente, contiene del mercurio, che nei due rami si dispone allo stesso livello, finché sui due menischi terminali agisce la stessa pressione; in seguito a una differenza tra la pressione sul menisco di A e quello di B, si produce tra i due menischi un dislivello, la di cui misura in centimetri esprime il valore della differenza di pressione, espressa in centimetri di mercurio (1 atmosfera = 76 cm. di mercurio alla temperatura di 0°).
La limitata lunghezza che praticamente si può dare alla canna del manometro a tubo aperto, ne limita l'uso alla misura di pressioni non troppo elevate (per misurare una pressione di 10 atmosfere occorrerebbe una canna lunga m. 7,60); quindi, per le pressioni elevate si ricorre invece al manometro a tubo chiuso (fig. 2). Esso consta di un tubo piegato a U contenente del mercurio, che ha nei due rami lo stesso livello, quando le pressioni che agiscono sui due menischi sono eguali, ma che, sotto una pressione piü forte esercitata sul menisco del ramo A, provoca lo spostamento del mercurio, con conseguente compressione del gas contenuto nel ramo B. L'equilibrio è raggiunto quando la pressione del gas eguaglia la pressione che ha provocato il dislivello più, in questo caso, la pressione idrostatica dovuta alla differenza di altezza delle due colonnine di mercurio, che è però generalmente trascurabile rispetto alle pressioni che si usa misurare con questo strumento. Se il tubo B è a sezione costante, la taratura si può fare applicando al gas contenuto in B la legge di Boyle, ma siccome questo è in genere leggermente conico, con la sezione più piccola in alto per facilitare la lettura delle piccole variazioni di volume del gas compresso dal mercurio, la taratura deve essere fatta per confronto con altro strumento.
Manometro metallico. - Il campo di utilizzazione del manometro a tubo chiuso è pure abbastanza limitato, particolarmente nell'industria; a questo si preferisce il manometro metallico, il cui funzionamento è analogo a quello del barometro aneroide. È formato da un tubo piegato (fig. 3) a ferro di cavallo e assai flessibile avendo sezione lenticolare, entro al quale arriva il gas di cui si vuol conoscere la pressione e per effetto della quale tende a svolgersi se la pressione interna è superiore alla esterna o a stringersi in caso contrario, dando luogo a piccoli movimenti dell'estremità libera A che, amplificati per mezzo di leve, sono resi facilmente osservabili per lo spostarsi di un indice lungo una seala graduata. Questo manometro, che è il tipo più usato, permette di conoscere la pressione del gas in osservazione, espressa in atmosfere o in kg. per centimetro quadrato, a seconda del eriterio seguito nel tracciamento della scala.
Manometri per grandissime pressioni. - Quando le pressioni raggiungono valori estremamente alti, anche il manometro metallico non è più adoperato. Per queste pressioni, la cui misura è del resto eccezionale, si ricorre a tipi di manometri il cui schema di principio è rappresentato in fig. 4. Il loro funzionamento si può considerare come inverso a quello del torchio idraulico: la grande pressione P che si vuol misurare, agisce su un pistone di piccola area ss, che trasmette la sollecitazione a un altro pistone SS di grande area, che alla sua volta esercita una pressione p su del mercurio sottostante; è facile capire come questa pressione p sia eguale a quella primitiva, moltiplicata per il rapporto tra la piccola area ss e la grande SS, e come perciò con un semplice manometro a mercurio, a tubo aperto, o chiuso, sia agevole misurare la pressione P, così demoltiplicata.
Manometri per piccolissime pressioni. L'uso di questi manometri si è diffuso notevolmente anche nell'industria. Per piccole pressioni, fino circa a un millimetro di mercurio, cioè circa fin verso pressioni 760 volte più piccole di quella atmosferica, trova utile impiego un manometro a tubo chiuso del tipo rappresentato dalla fig. 5. Il tubo B è riempito di mercurio con la stessa cura con la quale si riempie un'ordinaria canna torricelliana e perciò il dislivello tra i due menischi, se il ramo A è alla pressione atmosferica, è di cm. 76; ma se dal ramo A la pressione diminuisce, l'altezza della colonna in B diminuisce ugualmente (al di sopra del mercurio in B c'è il vuoto torricelliano), così che la pressione determinata dal dislivello del mercurio nei due tubi ha valore assoluto, cioè non è riferita alla pressione atmosferica come lo era per il manometro a tubo aperto. Se il campo di applicazione di un telemanometro si vuole che si estenda dalla pressione atmosferica a quelle minime misurabili con questo mezzo, esso dovrà avere canne di almeno cm. 76, ma se i destinato a funzionare solo per piccole pressioni la sua lunghezza può essere ridotta: nell'uso si vedrà che il mercurio resta aderente alla sommità del tubo B, finché la pressione in A non diviene inferiore a un certo valore. Anche questo tipo peraltro non è bene utilizzabile per misure sotto al millimetro. Per queste uno dei tipi di manometri più diffuso è quello di McLeod (fig. 6). Il recipiente entro il quale è contenuto il gas del quale si vuol conoscere la pressione, si connette al manometro per il tubo T, Mé un comune tipo di manometro a tubo chiuso che informa dell'andamento della pressione fino ad un certo punto, come sopra si è detto; quando questo ha cessato di funzionare e perciò la pressione è scesa sotto al millimetro e in tutto il recipiente A la pressione sarà del pari al di sotto del millimetro, allora sollevando il serbatoio B contenente mercurio si fa salire la colonna di mercurio contenuta in c, finché giuntone il livello in aa chiude la comunicazione tra A e T. Seguitando a far salire il mercurio, il gas contenuio in A si comprime, riducendosene il volume e sempre di più ciò accade perché il gas viene infine costretto nel minimo volume compreso nel tubo capillare R; frattanto il mercurio salito per T ha raggiunto il tubo capillare S di sezione prossima a quella di R, così che il dislivello notato in S e in R non può in alcun modo essere attribuibile a fenomeni di capillarità, e il dislivello osservato misura realmente la pressione del gas così compresso, con un comportamento uguale a quello di un comune manometro a tubo chiuso. Il risalire poi al valore della pressione in A è facile quando si conosca il rapporto dei volumi del recipiente A e quello ora assunto dal gas; il costruttore del resto tara il capillare R in modo da rendere speditiva la lettura della pressione in A. L'uso di questo manometro pressuppone che la legge di Boyle sia applicabile (v. gas, XVI, p. 407) e che perciò il gas contenuto in A sia un gas perfetto. Quindi il manometro non è adatto per misurare la pressione d'una miscela di gas e vapori.
La taratura di questo strumento, cioè la determinazione dei volumi dei varî tratti del tubo R, si fa quando l'apparecchio è in costruzione, introducendo del mercurio nel capillare capovolto, nel quale è stato fatto il vuoto, per permettere al mercurio di occuparlo totalmente; dal peso del mercurio si determina il volume cercato. Col manometro di MacLeod si possono misurare pressioni dell'ordine di mm. 10-5.
Manometri radiometrici. - Sono fondati sul fatto scoperto da A. Fresnel che in un gas rarefatto si manifestano tra due superficie a differenti temperature delle forze dette radiometriche, forze che producono la rotazione delle alette del ben noto radiometro di W. Crooke. Per pressioni molto piccole fu messo in evidenza da M. Knudsen, che la legge che lega queste forze alla pressione è molto semplice, così che la loro misura può facilmente consentire la misura di piccolissime pressioni. Si dimostra che la forza radiometrica è indipendente dalla natura del gas, da ciò il nome dato a questi manometri di manometri assoluti. Schematicamente possono essere rappresentati nel modo seguente. Un piccolo e leggiero telaio di mica A sospeso con un sottilissimo filo si trova affacciato a due (fig. 7) armature B che possono essere riscaldate elettricamente; a causa delle forze suddette, il telaio tende a ruotare sotto la coppia delle forze radiometriche, fornendo così la misura di queste.
Manometri a conducibilità termica dei gas. - Per pressioni relativamente alte la conducibilità termica di un gas non varia con la pressione, perché le molecole venendo in contatto di un corpo caldo sottraggono a questo dell'energia, che ricedono incontrando poi un corpo freddo. Ora se il numero delle molecole presenti diminuisce, il numero dei portatori di energia viene così a diminuire, ma d'altra parte questa diminuzione fa sì che le rimanenti abbiano maggiore mobilità per la diminuita probabilità di collisioni reciproche tra le molecole. Perciò, fino a un certo punto, la conducibilità termica del gas non dipende dalla pressione. Se però la pressione diviene così piccola, che praticamente tutte le molecole raggiungono il corpo freddo senza collisioni reciproche, cioè se il cammino libero medio è nell'ordine di grandezza della distanza che separa il corpo caldo da quello freddo è facice prevedere come, quanto meno numerose esse sono tanto minore a parità di altre condizioni è il calore trasportato e quindi tanto minore sarà la conducibilità termica del gas e perciò si può pensare come una misura di conduzione possa servire a determinare una pressione. Il più comune dei manometri fondati su questo principio è quello di Pirani (1906), che h l'aspetto di una lampada elettrica a incandescenza, il cui filamento è riscaldato elettricamente senza che divenga rosso; a seconda della conducibilità del gas che circonda il filo, questo, a parità di altre condizioni, prenderà temperature differenti e perciò differenti resistenze elettriche. La misura della resistenza elettrica del filo (v. elettriche, misure) permetterà di determinarne la temperatura, quindi la conducibilità del gas ed infine la sua pressione. Il comportamento di questo manometro dipende dalla natura del gas che circonda il filo.
Manometri a ionizzazione. - Se in un gas rarefatto si stabilisce una certa differenza di potenziale tra un filamento incandescente e una placca anodica, gli elettroni emessi dal filamento ionizzano per collisione le molecole del gas: una misura della ionizzazione (v.) del gas fornirà elemento per la misura del numero delle molecole del gas per unità di volume e quindi per la determinazione della pressione. La taratura del manometro varia da gas a gas e si può fare col manometro di McLeod.
Manometri a viscosità. - Come la conducibilità termica, così la viscosiià di un gas è indipendente dalla sua pressione, finché la pressione è relativamente alta, ma quando questa diminuisce, l'indipendenza cessa ed è così possibile di risalire al valore della pressione, noto che sia il coefficiente di viscosità. La determinazione di questo coefficiente viene fatta in varî modi, ma principalmente, od osservando lo smorzamento di un disco oscillante, ovvero il trascinamento di un leggerissimo disco sospeso con un filo esilissimo e avvicinato a un altro disco che viene fatto ruotare per mezzo di un motorino elettrico.