MANO (lat. manus; fr. main; sp. mano; ted. Hand; ingl. hand)
Nell'uomo è il tratto terminale dell'arto toracico che fa seguito all'antibraccio, e che risulta del carpo, del metacarpo, e delle dita; tratto che, nella pluralità delle raggiere digitali, nel loro proporzionale sviluppo in lunghezza, in rapporto al metacarpo e al carpo, nella loro attitudine ai varî movimenti, nella squisita sensibilità dei suoi tegumenti, acquista il valore e il significato di un organo la cui funzione è tattile e prensile (nei quadrumani viene designata come mano, per assimilazione, anche l'estremità dell'arto pelvico: ma anche la mano antibrachiale ha caratteristiche assai meno perfette che non abbia nel genere Homo).
Rivestita sul dorso di cute sottile (nel maschio provvista di peli), il tegumento della sua palma, che è glabro e privo di ghiandole sebacee, è percorso da numerosi solchi (v. chiromanzia); è ricchissimo di terminazioni nervose, che gli conferiscono una notevole sensibilità tattile, specialmente nei polpastrelli delle dita, e riposa su un sottocutaneo spesso e stipato. La pluralità delle ossa che costituiscono lo scheletro della mano (72), ma più specialmente il grande numero delle articolazioni che le separano (18) e ancora più quello dei muscoli che le attivano (34) - muscoli i cui 43 tendini s'inseriscono in eígua minoranza sul carpo e sul metacarpo (6), mentre gli altri 37 si esauriscono nelle dita - conferiscono alla mano umana una tale perfezione di attitudini motorie dei suoi componenti, da farla corrispondere a tutte le complesse esigenze funzionali della vita di relazione e professionale.
È peculiare funzione della mano la prensione. La mano può far presa su un oggetto o attanagliandolo o impugnandolo o uncinandolo. La presa a tenaglia o a pinza è la più importante; è esclusiva della mano umana, ed è prevalentemente digitale: concorrono in questa funzione almeno due dita; opponendosi il pollice a uno, a due, a tre o a tutte le altre dita: epperciò mantenendo il pollice quel preminente valore che gli deriva da questa particolare attitudine. Nella presa a pugno le ultime 4 dita - in atteggiamento flesso - circondano l'oggetto a guisa di un semianello, addossandolo alla palma; mentre il pollice, che rafforza l'energia della presa non assume qui un azione preminente. Nella presa a uncino le ultime 4 dita, in flessione rappresentano, altrettanti raffî, ai quali resta agganciato l'oggetto che li carica: il pollice in questa presa suole avere un'importanza secondaria (e talora trascurabile). L'attitudine prensile conferisce alla mano la capacità di compiere i lavori più complessi e più perfetti e di mettere in valore gli arnesi e strumenti più disparati (dalla zappa, al pennello, al violino). È ovvio che la valorizzazione professionale di questa attitudine della mano è coordinata alle condizioni anatomiche e funzionali dei restanti segmenti dell'arto (antibraccio, braccio) e particolamiente all'articolarità attiva del polso, del gomito e della spalla, dalle quali dipende l'ampiezza della sfera d'azione dell'organo prensile terminale. Il valore professionale dell'orgȧno "mano" è talmente cospicuo da essere stato ragguagliato, dalle provvidenze assicurative, all'incirca 3/4 della capacità produttiva del lavoro globale dell'infortunato.
Cute, sottocutaneo, fasce, ossa, articolazioni, muscoli, tendini, guaine, vasi (sanguigni e linfatici) e nervi, che costituiscono la mano, sono soggetti a lesioni violente e patologiche. Non è frequente che la mano sia sede di deformità congenite, se mai queste sogliono interessare le dita; può però fino dalla nascita presentarsi torta (talipo-manus congenita) tanto in varismo quanto in valgismo. Sono per contrario frequentissime nella mano le lesioni acquisite patologiche e traumatiche e le conseguenti deformità. Nell'età infantile e nell'adolescenza nella mano è piu frequente la comparsa di processi morbosi di natura infettiva, che si sviluppano primitivamente a carico delle ossa e delle articolazioni, per germi infettanti pervenutivi per via ematica (con prevalenza di localizzazioni tubercolari). Invece nei soggetti giovani, ma ancora più spesso negli adulti, in ragione della straordinaria frequenza delle cause occasionali traumatizzanti, alle quali la mano è esposta nelle esigenze della vita di relazione, e del lavoro, le lesioni violente prevalgono assolutamente in numero. E qui vuol essere ricordato che lesioni violente circoscritte e superficiali - considerate purtroppo dal profano come trascurabili (semplici graffiature, punture, escoriazioni circoscritte) - per infezione diretta o per diffusione da contiguità, spesso aprono la via a infezioni dei varî tessuti e organi profondi (patereccio; v.); e che acquistano un particolare interesse se guadagnano le (11-12) guaine sinoviali nelle quali i tendini sono accolti e protetti; perché queste tendosinoviti - anche quando non evolvano fino alla distruzione (necrosi) e all'eliminazione dei tendini, provocano aderenze fra essi e le guaine, con conseguenze invalidanti cospicue in rapporto alla minorazione o abolizione dell'attività motoria delle loro leve d'inserzione. È evidente che possano avere esito simile quei traumatismi anche più intensi nei quali la causa violenta abbia provocato lesioni più estese e più profonde a carico delle parti molli e insieme anche a carico dei segmenti scheletrici come fratture e lussazioni (v. carpo; dita; metacarpo). In queste vuole essere tenuto presente che l'esito funzionale resta sempre subordinato non solo al ricupero della continuità delle leve ossee nel migliore ortomorfismo e della loro articolarità passiva, ma insieme resta subordinato al ripristino della loro attivabilità da parte degli apparati muscolo-tendinei, attivazione possibile soltanto qualora i tendini conservino la loro scorrevolezza nella guaina e un'adeguata lunghezza. Nella traumatologia della mano merita quindi un particolare rilievo la patologia dei tendini e delle loro guaine.
A preferenza di qualsiasi altro organo dell'economia umana, la mano è soggetta a subire distruzioni dirette segmentali o totali col meccanismo dello strappamento.
Perché abitualmente scoperta, la mano è anche particolarmente esposta alle lesioni da calore o da freddo (ustioni e congelazioni), che, se non provocano necrosi massive, possono determinare escarizzazioni ed eliminazioni di tessuti e quindi cicatrici retrattili, che la contratturano variamente; e di importanza funzionale differente a seconda che la cicatrice interessi i soli tegumenti (contrattura cicatriziale dermogena) o s'estenda anche ai piani sottostanti (c. c. desmogena, tenogena, artrogena).
Devono infine essere ricordate - oltre alla particolare deformità da retrazione della aponeurosi palmare (malattia di Dupuytren; v.) - tutte quelle deformità che derivano da deficit dell'innervazione motrice, da paralisi singola o simultanea del nervo radiale, mediano, ulnare; caratterizzate da particolari atteggiamenti (mano ad artiglio, mano di predicatore, ecc.); o da paralisi spastiche conseguenti a lesioni centrali del nevrasse. E ancora merita che siano tenute presenti le deformità provocate da perturbamento dell'innervazione sensoriale simpatica, con disfunzione vasomotoria: che si manifestano con quadri differenti e che possono arrivare fino all'ischemia e alla cancrena (malattia di Raynaud). Anche altre alterazioni diffuse dell'apparato circolatorio dell'arto possono portare a manifestazioni mutilanti nella mano: tipica la trombo-angioite-obliterante (o malattia di Leo-Buerger).