AQUILIO, Manio (M′. Aquilius)
Probabilmente figlio del console del 129. Legato di C. Mario nella guerra cimbrica e poi console con lui nel 101 a. C., gli fu affidata la guerra che durava da tre anni in Sicilia contro gli schiavi ribelli capitanati da Atenione, che aveva sconfitto parecchi pretori romani. Aquilio lo vinse e l'uccise di sua mano in un corpo a corpo, riportando varie ferite, e nel 100, come proconsole, pose termine alla guerra. Ebbe l'ovatio. Accusato subito dopo de repetundis, e palesemente reo, fu tuttavia difeso e fatto assolvere dal celebre oratore M. Antonio, che denudato il petto dell'accusato, fece vedere ai giudici le cicatrici riportate in guerra.
Inviato nel 90 in Asia alla testa di una legazione per riporre sul trono i re Nicomede di Bitinia e Ariobarzane di Cappadocia cacciati da Mitridate, condusse per avidità di denaro le cose in modo, che nell'88 scoppiò la guerra fra Roma e il re del Ponto. Questi batté prima Nicomede, e poi sconfisse a Protopachion, presso il Sangario, lo stesso Aquilio, che fuggì a Pergamo e poi a Mitilene. Ma i Mitilenei lo consegnarono a Mitridate, che odiandolo come autore principale della guerra, lo fece ignominiosamente condurre in giro per le città dell'Asia, fino a Pergamo ove morì (secondo alcune fonti gli fu colato l'oro fuso in gola).
Bibl.: E. Klebs, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., II, col. 324; Th. Reinach, Mithridate Eupator, Parigi 1890, p. 116.