manifattura
Modalità di produzione rivolta alla creazione in serie di beni di consumo e di beni di investimento destinati al mercato.
Già nel Medioevo vi erano organizzazioni produttive specializzate nella realizzazione di beni da vendersi sui mercati, come per es. le filature e le tessiture bolognesi che nel 15° e 16° sec. producevano velli in seta da commercializzare in diversi Paesi, a conferma dell’esistenza di esperienze protoindustriali di grande successo. Tuttavia, è solo con la rivoluzione industriale che la m. assunse le forme proprie di organizzazione di riferimento della nuova economia. D. Diderot e J. d’Alembert nel 18° sec. descrissero con grande attenzione gli strumenti e i mestieri di ciascuna produzione, evidenziando come le produzioni dovessero intendersi quali processi articolati e segmentabili in fasi, caratterizzate da competenze e attrezzature specifiche. A. Smith (➔) riprese le considerazioni dell’Encyclopédie e ne derivò la prima teoria generale sulla produzione in larga serie, confrontando il sistema di fabbrica manifatturiero, basato sul principio della divisione del lavoro (➔ lavoro, divisione del), con la stessa produzione realizzata secondo metodi di tipo artigianale, cioè con operatori che svolgevano in sequenza tutte le diverse attività componenti il processo completo. La produzione degli spilli divenne, quindi, il prototipo della m. capitalistica, in cui le fasi furono segmentate e poste in sequenza, con individuazione delle competenze e delle attrezzature necessarie per quella specifica produzione. Con l’utilizzo della macchina a vapore, venne centralizzata la produzione di energia, che permise l’attivazione contestuale di tutte le mansioni del ciclo produttivo, così da definire la ‘fabbrica’ come una ‘macchina’ unitaria, soggetta a una comune disciplina con orari unificati e regole di gestione interna. L’introduzione di macchine automatiche per la produzione ha costituito una successiva accelerazione nei processi di linearizzazione dei cicli produttivi.
Lo sviluppo della m. si realizzò con successivi processi di parcellizzazione del lavoro, ridefiniti con le cosiddette tecniche di divisione scientifica del lavoro, teorizzate (1911) da F.W. Taylor (➔) e poi applicati sistematicamente da H. Ford (➔ fordismo) nelle catene di montaggio delle sue fabbriche di automobili. Lo sviluppo dei processi industriali portò a forme organizzative sempre più rigide, che contrastavano con l’evoluzione dei mercati, i quali, giunti a maturazione, richiedevano crescenti differenziazioni. Dopo la crisi degli anni 1970 si avviò una fase di notevole innovazione (➔ p) caratterizzata sia da massicce automazioni delle fasi produttive sia da sostanziali semplificazioni dei processi. Secondo la definizione elaborata dall’Institute for Manufacturing (IfM), la m. attiene a cicli completi di attività, partendo dalla ricerca e sviluppo, passando alla progettazione, produzione, logistica e servizi, sino alla fine della gestione di questo ciclo produttivo, all’interno di un contesto economico e sociale (IfM, Defining high value manufacturing, 2006). Le imprese manifatturiere trasformano le idee in prodotti e servizi.
Nell’economia globale e competitiva del 21° sec., i manifattori sono inventori, innovatori, responsabili della catena globale e fornitori di servizi. La produzione è ricerca, design ed erogazione di servizi. Il lean manufacturing, ovvero la produzione snella, è un neologismo nella m., elaborato nell’ambito del sistema di produzione della società automobilistica Toyota (➔ Toyota motor corporation) negli anni 1990 e ormai diffuso a livello globale. L’idea centrale è quella di massimizzare il valore per il cliente, riducendo al minimo tutto ciò che non aggiunge valore a un prodotto o a un servizio in qualunque attività manifatturiera. In altre parole, il lean manufacturing deriva dalla capacità di ottenere di più con meno risorse. Alcuni principi importanti di questo modello di m. sono: identificare cosa crea qualità dal punto di vista del cliente, cioè quali azioni o processi un cliente sarebbe disposto a pagare; identificare la sequenza dei processi e passaggi per fornire tale qualità; realizzare le attività che generano flusso di valore senza ritardi o interruzioni; produrre solo ciò che è richiesto dal cliente just in time (➔). Quest’ultima è una strategia di produzione che ha invertito il vecchio metodo, dalla logica di produzione push a quella pull (➔ pull/push), producendo solo ciò che è stato venduto o che si prevede di vendere in tempi brevi, sforzandosi di migliorare il ritorno sugli investimenti e riducendo al minimo le scorte in magazzino e le relative spese.