MANGONE (Mangoni, Manzone)
Famiglia di ebanisti, carpentieri, architetti e ingegneri, probabilmente originaria di Caravaggio (nel Bergamasco). Il capostipite fu Giovanni Battista, figlio di Bernardino, nato intorno al 1556-57. Nel 1602 e nel 1610 risulta residente a Milano, in parrocchia S. Giorgio al Pozzo Bianco (Sangiuliano). Sposato con Lucia de' Coghi, ebbe nove figli, di cui tre seguirono le sue orme: Giulio, Fabio e Claudio. Giovanni Battista esordì nel 1585 allestendo l'apparato trionfale per l'insediamento dell'arcivescovo Gaspare Visconti (Annali, IV, p. 221) e da allora, per un trentennio, continuò a fornire la sua opera alla Fabbrica del duomo.
Entro il 1610-12 eseguì le casse degli organi; i rilievi con Storie di s. Ambrogio per gli stalli del coro; gli armadi delle due sacrestie (ibid., IV, pp. 243, 254-257, 290; V, pp. 25, 64, 134) e il soffitto del cosiddetto "scurolo di S. Carlo" (Gatti Perer, 1964, 1, p. 181). Nel 1607 e nel 1613-14 lavorò ai modelli lignei usati come riferimento per discussioni e proposte sul disegno dell'erigenda facciata (Annali, V, p. 52; Della Torre, 1989). Forse forte di una certa esperienza nel campo della costruzione di macchine belliche e da cantiere, nel 1605 concorse contro F.M. Richini alla carica di capomastro della Fabbrica (Repishti - Schofield, 1999). Ne risultò sconfitto, ma dovette ancora svolgere attività da imprenditore tanto che nel 1618, con il figlio Fabio, partecipò agli studi per le colonne colossali della facciata (Annali, V, p. 105).
Dal 1587 al 1606 Giovanni Battista si mosse nell'ambito di parecchi cantieri sulla scia di progetti firmati da P. Pellegrini. Qui, in collaborazione con M. Bassi, L. Buzzi, A. Trezzi e A. Mazenta, realizzò arredi per il refettorio del collegio Borromeo di Pavia, per il palazzo arcivescovile, per la canonica degli ordinari del duomo di Milano (Della Torre, 1989; Balestreri, 2005) e per il santuario mariano di Saronno (modello per la facciata: Sangiuliano; Repishti, 1999). Lavorò anche al santuario di S. Maria dei Miracoli presso S. Celso a Milano. Fra il 1603 e il 1610 vero cimento della famiglia M. fu la monumentale e inedita architettura lignea della sala di lettura della Biblioteca Ambrosiana, fondata dall'arcivescovo Federico Borromeo e inaugurata l'8 dic. 1609.
In questo cantiere Giovanni Battista collaborò come progettista e costruttore, fornendo il modello e i disegni esecutivi (Balestreri, 1992-93 e 2005; Buratti Mazzotta, 1998). Nel contempo operò in altri cantieri "federiciani": la villa di Groppello d'Adda (Balestreri, 1997, p. 235; Buratti Mazzotta, 1998); "case a san Barnaba"; "san Protaso" nel 1611 (Milano, Arch. stor. diocesano, Mensa, Mastri, 19, pp. 140-144); la parrocchiale di Arona (ibid., 18, pp. 176, 341; Buratti Mazzotta, 1998); il seminario Maggiore di Milano (modello del 1607: Baroni, 1968, p. 459).
Morì a Milano nell'autunno del 1627 (Casati, p. 622).
Il figlio Giulio (Giulio Cesare) nacque a Milano il 31 dic. 1584; nel 1632 era residente in parrocchia S. Raffaele. Si formò nella bottega paterna come disegnatore, modellista e intagliatore di rilievi figurativi. Per la Fabbrica del duomo di Milano, fra il 1602 e il 1628, eseguì scene con la Vita di s. Ambrogio per gli stalli del coro e Angeli musicanti per le cantorie degli organi (Annali, V, pp. 34, 64, 76, 103, 107, 112, 144). Per il santuario mariano di Saronno, in collaborazione con il fratello Claudio, realizzò gli armadi della sacrestia (1619-23); ed è noto anche un suo intervento all'altare del santuario mariano di Corbetta nel 1624 (Spiriti). Negli stessi anni Giulio si istruì come ingegnere presso P.A. Barca, risultando iscritto nel Liber creationum del Collegio degli ingegneri, architetti e agrimensori dello Stato di Milano il 18 febbr. 1623. Fu ingegnere dell'ospedale Maggiore e del Collegio dei giureconsulti (1634-44); fu consultato dalla Fabbrica del duomo (1641), dal convento di S. Maria alla Vittoria e dall'arcivescovo cardinale F. Borromeo per la costruzione della cappella di S. Giustina nella chiesa di S. Maria Podone (Milano, Arch. stor. diocesano, Mensa, Atti vari, 16, "Borromeo"). Lavorò anche a Canegrate (1632), Gorgonzola (1642) e Seveso (Frigerio). Presso di lui si formò C. Buzzi, che ne sposò la figlia; fece testamento nel 1644 e morì a Milano entro il 1647.
Personaggio eminente della famiglia fu Fabio (Fabio Massimo) nato a Milano l'11 nov. 1587.
Come il padre fu "uomo del cuore" del cardinale F. Borromeo e in tal senso è stato spesso descritto come l'osservante interprete di un "classicismo senza compromessi", tipicamente controriformista (Wittkower). Oggi invece si riconoscono come tratti caratteristici del suo operare cosciente concretezza e lucida razionalità, ma soprattutto la capacità di mediare riferimenti a modelli classici e tradizionali con le "moderne" esigenze della progettazione (Scotti). Per quanto riguarda le sue scelte linguistiche, più che una sterile forma di ortodossia, gli sono stati attribuiti raffinati riferimenti alla trattatistica, nota e citata sin dagli anni giovanili, e la cura attenta di colte sopravvivenze rinascimentali (Passoni, p. 54; Della Torre, 1996). Tutti gli studi più recenti hanno infine messo in luce un interessante tessuto di rapporti con istituti e committenti, relativamente autonomi rispetto all'autorità curiale.
Come i fratelli, Fabio si formò nel laboratorio paterno, avvicinandosi alla pratica del disegno di architettura grazie alla possibilità di conoscere i numerosi elaborati lì custoditi, utili all'intaglio di numerosi modelli lignei; non è da escludere la possibilità di un suo viaggio d'istruzione a Roma, intorno al 1610, forse sotto l'ala di C. Maderno (ibid., p. 82). Il suo apprendistato ufficiale si svolse comunque, tra il 1610 e il 1616, presso A. Bisnati; con lui, nel 1613, intervenne a modificare il teatro di corte ma soprattutto si istruì nella pratica dell'estimo e dell'agrimensura, attività che continuò a svolgere negli anni (Balestreri, 1997). Già dal 1611 Fabio sembra agire in relativa autonomia anche se, sino al 1616, dovette continuare ad avvantaggiarsi della sfera d'influenza del padre. Dall'autunno del 1610 fu coinvolto nel cantiere del seminario Maggiore (Passoni, p. 55); nel 1612 fu chiamato ad Arona, feudo dei Borromeo, per stime a opere eseguite alla canonica della collegiata (Ceriana) e quindi, nel 1613, fu consultato per il Collegio elvetico (Della Torre, 1992). Nel 1614 stimò opere di modifica del palazzo Trivulzio in Porta Tosa, continuando a seguirne le trasformazioni sino a tutto il 1625-26 (Celati - Crosti, pp. 570-584). Nel 1615 fu consultato dai "fabriceri" del civico tempio di S. Sebastiano che, nel 1616, gli affidarono la costruzione della cappella maggiore, a modifica dell'architettura centrica disegnata da Pellegrini nel 1577 (Rovetta). Luogo della sua definitiva emancipazione professionale fu probabilmente il cantiere della Biblioteca Ambrosiana, dove forse Fabio iniziò a collaborare sin dal 1611 (Baroni, 1968, p. 282; Balestreri, 2005). La sua presenza è documentata tra il 1616 e il 1628 per ampliamenti e adattamenti; nella fattispecie gli sono assegnati: alcuni raffinatissimi disegni (ante 1616-18: Milano, Biblioteca Ambrosiana, F 290 bis), la trasformazione degli spazi destinati all'Accademia Ambrosiana (dove fu docente dall'11 giugno 1621), l'adattamento e il ripristino della quattrocentesca casa dell'Umiltà, originariamente della famiglia Borromeo e in questi anni trasformata in stamperia e abitazione dei dottori del Collegio ambrosiano (Buratti, 1992; Balestreri, 1992-93, II, pp. 283 s., e 2005).
Il 17 maggio 1617, alla morte di A. Bisnati, Fabio fu nominato architetto della Fabbrica del duomo (Annali, V, p. 101) e nonostante alcune controversie, sfociate in un processo per via d'accuse intentate da G.P. Bisnati (Gatti Perer, 1964, 1, p. 184), detenne la carica sino alla sua morte quando, per sostituirlo, furono scelti C. Buzzi e il pittore G.B. Cerano.
Nel cantiere della cattedrale Fabio aveva iniziato a lavorare già dal 1612-13, collaborando prima con il padre e quindi, in modo stabile, con A. Bisnati. Nel dicembre del 1614, per esempio, era stato ricompensato per i disegni della cappella della Madonna dell'Albero e, ancora nel 1615, per altri "dissegni straordinari" (Annali, V, pp. 92, 95). Dal 1613 sino a tutto il 1628 fu una delle anime dell'annoso dibattito sulla facciata alla "romana", da realizzare sulla base del progetto di Pellegrini. A lui si deve attribuire proprio la soluzione allora assunta come definitiva, ottenuta modificando sapientemente ordini e proporzioni previsti dal disegno cinquecentesco nonché scegliendo i materiali per la "messa in pietra" (Repishti - Schofield, 2004). Notissima è in tal senso l'impresa della cavatura, lavorazione e trasporto delle colossali colonne che ne avrebbero dovuto caratterizzare la "modernità": un vero cimento scientifico e tecnologico che, nonostante l'esito fallimentare, rappresentò comunque un momento alto del secolare sperimentalismo dei cantieri lombardi.
Sempre fra il 1616 e il 1629, passò in continuazione da incarichi che lo coinvolsero in modo stabile, come il civico tempio di S. Sebastiano e il santuario di S. Maria dei Miracoli presso S. Celso, a consulenze legate a singole occasioni. Gli edifici che portano la sua cifra stilistica sono senza dubbio il seminario Maggiore e il Collegio elvetico. Due complessi residenziali destinati a giovani studiosi, istituiti da Carlo Borromeo e pienamente rappresentativi dei programmi di suo cugino Federico, caratterizzati da un'architettura rigorosa e monumentale, dove, in modo davvero nuovo si dette forma a soluzioni "gemelle" nel linguaggio e nei significati (Della Torre, 1992 e 1996). Ma a Milano, Fabio ebbe modo di intervenire su residenze per religiosi ed edifici sacri anche grazie alla committenza di diversi Ordini: i gesuiti di S. Fedele (casa professa, 1622: Jappelli; cappella S. Ignazio, 1628: Della Torre - Schofield, 1994), gli oblati di S. Sepolcro (1618-21: Balestreri, 1992-93, II, p. 378), i monaci cistercensi di S. Ambrogio (1623-26: Gatti Perer, 1964, 2) e i barnabiti di S. Alessandro (1628: Giustina). Dietro personale iniziativa del cardinale F. Borromeo, nel 1627, lavorò anche al completamento e al riammodernamento della piccola chiesa di S. Maria Podone che, dal 1442, era sottoposta al giuspatronato del casato (Baroni, 1968, pp. 81-89; Balestreri, 1992-93, II, pp. 253, 272 s.); e non va dimenticato il suo contributo nel cantiere del filaretiano ospedale Maggiore (1625-27) per il quale fornì disegni ed espresse pareri (Righini Ponticelli - Di Silvestro; Celati - Crosti, pp. 603-613).
Nell'ambito di questa serie d'interventi su edifici preesistenti, Fabio si trovò spesso a interpretare progetti avviati da pochi anni, ma, allo stesso modo, ebbe l'opportunità di accostarsi a fabbriche del primo Rinascimento, "gotiche" e "antiche" mostrando di saper stabilire rapporti formali con diversi linguaggi e d'intervenire spesso in loro consapevole conformità. Nell'arco della sua carriera fu interpellato anche per la ricostruzione, l'ampliamento o la semplice manutenzione di edifici sparsi nel vasto territorio della diocesi milanese. In questi casi, come per esempio a S. Benedetto a Crema (ante 1622: Celati - Crosti, pp. 647 s.), nei santuari di Treviglio (Ceriana) e Corbetta (1618-21: Spiriti; Passoni, pp. 255-261), nelle piccole chiese di S. Martino a Carnago (1622-23) e dei Ss. Alessandro e Tiburzio a Besozzo (Rinaldi), Fabio predilesse soluzioni sempre attente al tenore, alla misura e alla proporzione dell'architettura sacra. A fronte della sua ricca esperienza sul campo, nel 1623 sottopose una prima domanda d'ammissione al Collegio degli ingegneri, architetti e agrimensori dello Stato di Milano. La richiesta non ebbe esito positivo; ma il 27 sett. 1623 fu in ogni caso nominato ingegnere della Regia Camera, in sostituzione dell'autorevole P.A. Barca. L'8 genn. 1627, riprovò ad avviare l'istruttoria prevista dal Collegio e molto probabilmente, solo a quella data, G. Barca e G.A. Crivelli, gli concessero il titolo.
Morì di peste a Milano il 2 marzo 1629 senza lasciare testamento.
Nel 1612 aveva sposato una figlia di Antonio Manfredi e dalla loro unione nacquero sei figli (Della Torre, 1992). L'archivio della famiglia M. pervenne a G. Brambilla (Casati, p. 623, n. 1); mentre i disegni di Fabio furono ereditati dal collaboratore G. Besozzi per finire presso un cartolaio di contrada S. Margherita (Celati - Crosti, pp. 25 s.).
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. stor. diocesano, Mensa, Mastri, 18, pp. 176, 341; 19, pp. 140-144; ibid., Atti vari, 16, "Borromeo"; C. Torre, Il ritratto di Milano…, Milano 1674, pp. 135, 143, 155, 185, 264; S. Latuada, Descrizione di Milano…, Milano 1737-38, I, p. 29; III, p. 122; IV, pp. 316, 389; V, p. 340; C. Bianconi, Nuova guida di Milano…, Milano 1787, pp. 31, 33, 53, 75, 228, 258, 269, 334; C. Casati, Treviglio di Ghiara d'Adda e il suo territorio…, Milano 1872, pp. 622-626; Annali della Fabbrica del duomo di Milano…, IV, Milano 1881; V, ibid. 1883, ad indices; C. Baroni, Documenti per la storia dell'architettura a Milano nel Rinascimento e nel barocco, I, Firenze 1940, pp. 64 s.; II, ibid. 1968, p. 35 e passim; Id., L'architettura lombarda da Bramante al Richini…, Milano 1941, pp. 135 s.; M.L. Gatti Perer, Fonti per l'architettura milanese dal XVI al XVIII secolo…, in Arte lombarda, IX (1964), 1, pp. 180-185, 206; 2, pp. 155-158; X (1965), 2, pp. 122, 125; L. Grassi, Province del barocco e del rococò…, Milano 1966, pp. 215-219; P. Mezzanotte - G.C. Bascapè, Milano nell'arte e nella storia, Milano 1968, ad indicem; R. Wittkower, Arte e architettura in Italia: 1600-1750, Torino 1972, p. 97; A. Rovetta, in Milano ritrovata. L'asse via Torino (catal.), a cura di M.L. Gatti Perer, Milano 1986, pp. 220-223; S. Della Torre, in Diz. della Chiesa ambrosiana, III, Milano 1989, pp. 1860-1862; A. Buratti, Da Libreria Borromea a Biblioteca Ambrosiana: genesi ed evoluzione di un'idea nei suoi disegni di progetto, in Storia dell'Ambrosiana. Il Seicento, Milano 1992, pp. 274, 278-285; S. Della Torre, L'archivio edificato dell'architettura milanese, in L'Archivio di Stato di Milano, a cura di G. Cagliari Poli, Firenze 1992, pp. 176-190; F. Jappelli, Una nuova fonte di documenti: i 311 manoscritti del volume 156 della National Library di Malta, in L'architettura della Compagnia di Gesù in Italia: XVI-XVIII secolo. Atti del Convegno, Milano… 1990, a cura di S. Della Torre - L. Patetta, Genova 1992, p. 39; I. Balestreri, I Borromeo e l'architettura. Committenza e promozione. I cantieri nella città di Milano. 1427-1630, dissertazione, Politecnico di Torino, a.a. 1992-93, I, p. 83 e passim; II, p. 253 e passim (con bibl.); S. Righini Ponticelli - A. Di Silvestro, Il cortile del Richini. Il progetto architettonico e decorativo, in La Ca' Granda di Milano. L'intervento conservativo sul cortile richiniano, Cinisello Balsamo 1993, p. 63; N. Celati - F. Crosti, F. M. (1587-1629), tesi di laurea, Politecnico di Milano, a.a. 1993-94 (con bibl.); M. Ceriana, in Diz. degli artisti di Caravaggio e Treviglio, Treviglio 1994, pp. 143-150 (con bibl.); C. Sangiuliano, ibid., pp. 141 s., 156-163 (con bibl.); S. Della Torre - R. Schofield, Pellegrino Tibaldi architetto e il S. Fedele di Milano…, Como 1994, pp. 246-249, 251, 268; A. Spiriti, Il santuario dal manierismo all'eclettismo, in Il santuario di Corbetta, a cura di M.L. Gatti Perer, Milano 1995, pp. 122-124; F. Passoni, Fabio M. architetto (1587-1629), tesi di laurea, Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, a.a. 1995-96 (con bibl.); S. Della Torre, I palazzi del Collegio elvetico e del seminario Maggiore di Milano. Stato degli studi, in L'architettura del Collegio tra XVI e XVIII secolo in area lombarda. Atti del Convegno… 1993, a cura di G. Colmuto Zanella, Milano 1996, pp. 78, 80-83; I. Balestreri, Milano 1595-1623. Notizie sulla presenza di maestranze…, in Magistri d'Europa… Atti del Convegno… 1996, a cura di S. Della Torre - T. Mannoni - V. Pracchi, Como 1997, pp. 227, 231, 234-236; A. Buratti Mazzotta, F. Borromeo, l'Ambrosiana e il suo Sacro Monte di Arona. Disegni e nuove fonti d'archivio, in Studia Borromaica, XII (1998), pp. 317 s., 320, 323, 325; P. Frigerio, F. Castelli e il convento di S. Pietro Martire a Seveso, in Arte lombarda, CXXV (1999), 1, p. 66; L. Rinaldi, Sull'attività di F. M. architetto milanese, in Arte cristiana, LXXXVII (1999), 795, pp. 443-452; F. Repishti, Il santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno, in Il giovane Borromini. Dagli esordi a S. Carlo alle Quattro Fontane (catal., Lugano), a cura di M. Kahn Rossi - M. Franciolli, Lugano-Milano 1999, p. 167; F. Repishti - R. Schofield, Cantiere del duomo: fasi e vicende costruttive, ibid., pp. 92, 94-96; N. Soldini, La cappella della Madonna dell'Albero, ibid., pp. 119, 127; I. Giustina, L. Binago, F.M. Ricchino e la cupola di S. Alessandro a Milano…, in L. Binago e la cultura architettonica dei barnabiti. Atti del Convegno… 2001, in Arte lombarda, CXXXIV (2002), 1, pp. 18 s., 25; A. Scotti, Lo Stato di Milano, in Storia dell'architettura italiana. Il Seicento, Milano 2003, ad indicem; F. Repishti - R. Schofield, Architettura e Controriforma. I dibattiti per la facciata del duomo di Milano: 1582-1682, Milano 2004, pp. 9 s.; I. Balestreri, Le fabbriche del cardinale F. Borromeo, 1595-1631. L'arcivescovado e l'Ambrosiana, Benevento 2005, ad indicem (con bibl.).