Vedi MANFRIA dell'anno: 1961 - 1973
MANFRIA
Complesso collinoso, a circa 10 km ad O di Gela, che si trova sulla grande arteria che collegava questa colonia con la sua sottocolonia, Agrigento.
Abitato, in gruppi sparsi, già dalla Preistoria, lo stesso complesso diventa sede di numerose fattorie che iniziano la loro vita agli inizî del VII sec. a. C., quasi un contrapposto alle altre fattorie con vasi protocorinzî che si trovano sulle prime colline ad oriente di Gela. Tutte le fattorie di M. vengono devastate in occasione delle scorrerie cartaginesi nel territorio circostante, prima dell'assedio e della distruzione di Gela del 405 a. C. Fino al 338 a. C., il complesso collinoso di M. e tutto il territorio geloo resta ἔρημος χώρα. Da questo momento in poi s'inizia il ripopolamento di Gela, del suo territorio e di tutta la Sicilia greca grazie alla decisione di Timoleonte di riportarvi nuova gente dalla Grecia, con nuove distribuzioni di terra.
È il momento della ripresa delle fattorie anche in questa zona. Tra queste, una, tra le più grandi, sorge su uno sperone roccioso, sul lato orientale del complesso.
Intagliata in gran parte nella roccia, la fattoria di M. appare una tra le più grandi e ricche nella zona di Gela. Al limite settentrionale della costruzione viene creato un grande scarico anche per i resti di una fornace sita sul lato orientale della fattoria. Da qui proviene una immensa serie di vasi a figure rosse e a vernice nera in gran parte tipica dell'età timoleontea, in parte con caratteristiche ben distinte nella produzione di vasi a figure rosse della Sicilia timoleontea.
Ben visibili le tracce di un'altra distruzione della fattoria intorno al 311 a. C. quando Agatocle si ritira, incalzato dai Cartaginesi, verso Gela. La fattoria è abbandonata per sempre ma nei dintorni, e specialmente sul lato occidentale del complesso collinoso, sorgono, in età repubblicana ed imperiale, altre grosse fattorie, con impianti termali come nella zona Monumenti. La vita continua fino al periodo bizantino quando nuovamente viene stroncato ogni segno di vita, per riprendere in età sveva ed aragonese.
Il gruppo di vasi a figure rosse di M., ben datato, grazie alle monete, nel periodo timoleonteo, entra a far parte di quella produzione locale siceliota che viene ormai attribuita alla rinascita dell'isola grazie all'intervento di Timoleonte. I vasi fliacici o quelli con scene della vita quotidiana con i numerosi ritocchi in giallo e bianco, pur ravvicinandosi sempre di più al grande gruppo di Lentini, formano tuttavia un piccolo gruppo a sè stante. I vasi del gruppo di M. si ritrovano non soltanto in questa zona, ma anche a Gela ed a Butera, sia nell'abitato, sia nelle necropoli. Qualcuno di questi vasi arriva fino ad Agrigento, trovandosi la fattoria, con la sua fornace, sulla grande via di comunicazione tra Gela ed Agrigento.
Bibl.: P. Orlandini, Vasi fliacici trovati nel territorio di Gela, in Boll. Arte, 38, 1953, pp. 155-1587; D. Adamesteanu, Nouvelles fouilles et recherches à Gela et dans l'arrière-pays, in Revue Arch., 44, 1957, pp. 148-149; id., Butera, Piano della Fiera, Consi e Fontana Calda, in Mon. Ant. Lincei, 44, 1958, cc. 242-248; 600-608; id., Scavi e scoperte nella Provincia di Caltanissetta: Manfria, M. Desusino, Milingiana, Priorato, Suor Marchesa, Fiume di Mallo, Lavanca Nera e Gibil-Gabib, in Not. Scavi, 1958, pp. 311-318; id., L'opera di Timoleonte nella Sicilia centro-meridionale attraverso gli scavi e le ricerche archeologiche, in Kokalos, 4, 1958, pp. 59-63; A. D. Trendall, Vasi italioti del Museo Vaticano, Città del Vaticano 1953-5, pp. 40-42; id., The red-figured Vases of Lucania, Campania and Sicily, Oxford 1958, pp. 575-614.