GOVEANO, Manfredo
Nacque intorno al 1550 a Cahors, nella Francia centromeridionale, figlio del giurista franco-lusitano Antonio e di Catherine Du Four. Lasciata la città natale in tenera età, il G. trascorse la sua giovinezza al seguito del padre, docente nelle Università di Valence (1554-55), Grenoble (1555-62) e di Mondovì (1562-65). Quando Antonio morì (nel 1565), l'educazione del G. e del fratello minore, Giovanni, fu assunta dal duca di Savoia, Emanuele Filiberto, che il 1° apr. 1566 concesse loro una pensione di 100 scudi annui perché potessero mantenersi agli studi. La somma, pagata sui fondi dell'Università, risulta regolarmente versata ai due fratelli sino all'anno accademico 1573-74. Dopo tale data compare il solo G.: il che può far ipotizzare la morte di Giovanni nel 1574.
Laureatosi in utroque iure, nel 1575 il G. fu chiamato da Emanuele Filiberto a far parte del Senato di Piemonte.
In quegli anni il G. fu particolarmente vicino al duca e, soprattutto, al giovane erede al trono, il futuro Carlo Emanuele I. Secondo quanto scritto nel 1607 dal conte Carlo Francesco Luserna di Luserna, cavaliere dell'Annunziata, il G. fu "allevato doppo la morte di suo padre e madre per insegnare al serenissimo duca signor nostro presente, et in età molto giovenile leggeva in tavola alli serenissimi signori" (Arch. di Stato di Torino, Corte, Paesi per A e per B, P, m. 6: Perosa Argentina, filza 1). La testimonianza del Luserna, fra l'altro, spiega come si sia potuta generare l'idea che Antonio Goveano fosse stato precettore di Carlo Emanuele I (tale idea, ripresa ancora, nel Novecento, da M. Zucchi, risulta peraltro palesemente infondata, giacché, quando il Goveano scomparve, il principe aveva appena tre anni).
Nel 1582 il G. sposò Eleonora Piossasco di None, morta nel 1611, figlia del conte Claudio, senatore e consigliere ducale. Il matrimonio inseriva il G. nella più alta élite sabauda, giacché i Piossasco erano una delle più antiche e potenti famiglie della feudalità piemontese (Ettore Piossasco, fratello di Claudia, aveva sposato Giovanna Cravetta, figlia del senatore Aimone, che era stato collega di Antonio Goveano nell'Università di Mondovì). Nel 1586 Carlo Emanuele concesse al G. un introito sul dazio di Susa, del quale il G. stesso fu poi nominato "conservatore" (1605). Fra il 1588 e il 1589 fu riformatore dell'Università di Torino e, nel 1590, ottenne la cittadinanza torinese, necessaria per ricoprire cariche municipali. Fra il 1588 e il 1593 il G. svolse un ruolo centrale nel tentativo sabaudo di acquistare l'importante feudo di Zuccarello, sulla Riviera di Ponente in Liguria. Nell'aprile 1588, il marchese Scipione Del Carretto vendette tale feudo al duca Carlo Emanuele I in cambio di 60.000 scudi d'oro e dei feudi marchionali di Bagnasco e Saliceto, oltre a doti di 1000 scudi l'una per le sue figlie e a una ricca commenda mauriziana per il figlio cadetto.
Un tale esborso, assai vantaggioso per il Del Carretto, era giustificato dal fatto che con tale acquisto, lo Stato sabaudo modificava nettamente a proprio favore gli equilibri territoriali nella Riviera di Ponente.
Mentre Carlo Emanuele I inviava il G. e l'auditore della Camera dei conti, Ranotto, a Zuccarello per prendere possesso del feudo, la Repubblica di Genova reagiva inviando un proprio ambasciatore a Praga per chiedere all'imperatore Rodolfo II di invalidare il contratto. L'inviato genovese poté contare sull'aiuto di Ottavio Del Carretto, fratello minore di Scipione, che si trovava a Praga come gentiluomo di corte ed era contrario alla cessione del feudo. Alla fine del 1588, Rodolfo congelò la vendita e diede vita a una commissione di giuristi per decidere sulla questione.
Per contrastare l'azione genovese, il duca di Savoia si servì prima del proprio ambasciatore e poi del G., inviato a Praga dal maggio del 1591 all'inizio del 1593. Nonostante l'impegno profuso, il G. non poté evitare che il feudo fosse tolto al duca e concesso dall'imperatore a Ottavio Del Carretto: egli riuscì solo a ottenere che all'estinzione dei Del Carretto di Zuccarello, il duca di Savoia avesse il diritto di prelazione all'acquisto del feudo.
Tale diritto, tuttavia, fu annullato nel 1622; due anni dopo Ottavio Del Carretto vendette il feudo alla Repubblica, provocando così la guerra fra questa e lo Stato sabaudo, risoltasi con una sostanziale vittoria genovese.
Tornato in patria, il G., nonostante il sostanziale fallimento della sua missione a Praga, proseguì senza troppi problemi la sua carriera. In ciò giocò, probabilmente, l'amicizia che aveva stretto con il valdostano Pierre Leonard Roncas (nominato da Carlo Emanuele I nel 1588 "scrittore di Cancelleria" per la sua conoscenza della lingua tedesca), che nel 1591 aveva preparato la missione del G. a Praga.
Nel 1592 il duca aveva nominato Roncas "segretario particolare" e nel 1603 lo avrebbe promosso suo "primo segretario". Fu proprio Roncas, nel 1603, a indicare al duca il G. come uno dei funzionari da inviare alla Dieta di Ratisbona, se si voleva ottenere un buon risultato. La collaborazione fra Roncas e il G. ebbe il suo momento più alto fra il 1604 e il 1607, quando Roncas fu incaricato di condurre le trattative per il matrimonio tra Margherita di Savoia, figlia di Carlo Emanuele I, e il principe Francesco Gonzaga. Roncas, allora, scelse come propri collaboratori il presidente del Senato Ludovico Morozzo conte di Briga e il G., i quali nel 1607 costituirono la delegazione sabauda inviata a trattare gli accordi per lo scambio di terre che avrebbe dovuto accompagnare le nozze.
È difficile dire quanto il rapporto con Roncas contasse nella definizione del potere del G.; quando, nel dicembre 1607, Roncas cadde in disgrazia e venne fatto arrestare dal duca, il G. e Morozzo continuarono nelle trattative per il matrimonio di Margherita, che ebbe luogo il 20 febbr. 1608, e nello stesso anno il figlio minore del G., Antonio, già gentiluomo di camera del duca, fu creato cavaliere mauriziano. Tuttavia, dopo il 1607 il G. non risulta avere più ricoperto incarichi particolari per conto del duca, né di carattere amministrativo né diplomatico, mantenendo solo quello di senatore di Piemonte.
Le principali opere del G. di cui abbiamo notizia risalgono agli anni Ottanta e Novanta del Cinquecento. Nel 1584 pubblicò a Lione un importante commento all'opera di Giulio Claro (Opera omnia quae hactenus in lucem prodierunt. Hac postrema editione collatis exemplaribus infinitis erroribus purgata… atque adnotationibus… illustrata, Lugduni, Philippo Tinghi apud Beraud, 1584). L'opera fu assai apprezzata, tanto da essere più volte ristampata almeno sino alla fine del Seicento, e ancora L. Moreri e P. Bayle la ricordarono con apprezzamento nei loro Dictionnaires (1674, 1696). Alla metà del 1586 risale L'allegrezza del senatore Goveano nel felicissimo nascimento del serenissimo principe di Piemonte (Arch. di Stato di Torino, Corte, Storia della Real Casa, catal. IV, Principi diversi, m. 1, filza 1), scritta per celebrare la nascita del principe ereditario Filippo Emanuele, primogenito di Carlo Emanuele I e di Caterina d'Asburgo. Negli stessi anni versi del G. apparvero in diverse opere edite in Piemonte. È il caso, per esempio, di O. Cacherano, Consilia, sive Responsa (Augustae Taurinorum 1588). Parimenti, il G. risulta destinatario di diverse dediche, tra cui, nel 1592, un epigramma in suo onore e una lettera a lui diretta, entrambe opera del vercellese Francesco Bonati (G.P. Molignati, De reconventione tractatus, Vercelli). Nel 1599, scrisse, su incarico del duca, l'Oratione funebre nella morte di Filippo secondo, re di Spagna et del Nuovo Mondo, composta d'ordine del serenissimo duca di Savoia, che fu stampata a Torino (Aluiggi Pizzamiglio, 1599) e a Milano (1609). Nel 1613, infine, altri versi del G. apparvero nella Historia del beato Amedeo terzo duca di Savoia di Pietro Francesco Maletti (Torino 1613).
Nell'aprile 1613 il G. presentò al duca un parere sulla tutela di Maria Gonzaga, figlia di Margherita di Savoia e Vincenzo Gonzaga.
Il G. morì a Torino nello stesso anno 1613. Fu sepolto nel sepolcro che nel 1605 aveva fatto costruire per la sua famiglia nella basilica della Consolata e per il quale, nel 1610, aveva incaricato il Moncalvo di dipingere un S. Bernardo di Chiaravalle (oggi alla Galleria Sabauda di Torino). Il sepolcro fu distrutto in occasione delle ristrutturazioni che nel Settecento interessarono la basilica.
Dal matrimonio con la Piossasco aveva avuto diversi figli, fra cui Emanuele Filiberto e Francesco Antonio. Ebbe anche una figlia, Caterina, sposata nel 1606 a Marco Andrea Piossasco Folgore di Scalenghe, governatore di Nizza, Pinerolo, Torino e cavaliere dell'Annunziata.
Francesco Antonio, gentiluomo di camera e maggiordomo del duca, nel 1614 acquistò il feudo di Casalborgone con il comitato; durante la guerra civile si schierò dalla parte madamista e fu governatore di Carmagnola dal 1645 alla morte, nel 1658. Dai suoi matrimoni con Francesca Solere e Maria Cravetta ebbe due figli maschi: Manfredo (1633-83) e Ludovico Amedeo (1639-67), entrambi senza discendenza maschile, così che i beni dei Goveano di Casalborgone passarono ai Sansoz di Bovile, in seguito al matrimonio della figlia Leonora (1635-98), con il conte Giovanni Claudio Sansoz, segretario di Stato agli Interni e figura centrale nella reggenza di Maria Cristina.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Corte, Materie politiche in rapporto all'interno, Lettere di particolari, "G", m. 39; Materie criminali, m. 2, filza 6; Materie politiche in rapporto all'estero, Negoziazioni, Austria, m. 1, filza 16; Paesi, Asti, m. 16, Frinco, filza 1; Monferrato, m. 33, filza 9; Riviera di Ponente, Zuccarello, m. 2, filze 27-29, 32, 38-39, 41; Camerale, Patenti controllo Finanze, regg. 1584-85, c. 262; 1586-87, c. 57; 1593-94, cc. 22, 89; 1602-03, c. 227; 1612, c. 217; Patenti Piemonte, regg. 9, c. 98; 19, cc. 78, 410, 412; 28, c. 184; A. Bosio, Iscrizioni torinesi, a cura di L. Tamburini, Torino 1968, p. 32; G. Ghilini, Teatro d'huomini letterati, Venezia 1647, II, ad vocem; L. Moreri, Le grand dictionnaire historique, ou Le mélange curieux de l'histoire sainte et profane, Lyon 1674, ad vocem; P. Bayle, Dict. historique et critique, Rotterdam 1697, I, parte II, ad vocem; J. Van Vaasen, Dissertatio de vita et scriptis Antonii Goveani, in A. Goveanus, Opera iuridica, philologica et philosophica, Roterodami 1766, pp. XXIV-XXVI, LVII s.; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, Torino 1841, I, pp. 225, 301; Id., Storia delle università degli studi in Piemonte, I, Torino 1845, p. 194; M. Chiaudano, I lettori dell'Università di Torino ai tempi di Emanuele Filiberto, in Studi pubblicati dalla Regia Università di Torino nel IV centenario della nascita di Emanuele Filiberto, Torino 1928, pp. 55 s.; M. Zucchi, I governatori dei principi reali di Savoia, in Miscellanea di storia italiana, LIII (1933), p. 517; F. Ruffini, Matteo Gribaldi Mofa, Antonio Govea e lo Studio generale di Mondovì, Torino 1928, p. 295; L. Picco, Le tristi compagne d'una città in crisi. Torino, 1598-1600, Torino 1983, p. 147; C. Rosso, Una burocrazia di antico regime: i segretari di Stato dei duchi di Savoia, I, 1559-1637, Torino 1992, pp. 126, 134, 315; S. Mamino, Ludovic Demoulin De Rochefort e il "Theatrum omnium disciplinarum" di Emanuele Filiberto di Savoia, in Studi piemontesi, XXI (1992), 2, pp. 356, 358; G. Romano, Artisti alla corte di Carlo Emanuele I: la costruzione di una nuova tradizione figurativa, in Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, a cura di G. Romano, Torino 1995, pp. 50, 56; E. Stumpo, Spazi urbani e gruppi sociali (1536-1630), in Storia di Torino, III, Dalla dominazione francese alla ricomposizione dello Stato (1536-1630), Torino 1998, p. 200; A.M. Bava, Arti figurative e collezionismo alle corti di Emanuele Filiberto e di Carlo Emanuele I, Torino 1998, p. 333.